La luce e gli spettri

Materie:Appunti
Categoria:Fisica
Download:104
Data:04.01.2001
Numero di pagine:16
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
luce-spettri_1.zip (Dimensione: 316.82 Kb)
trucheck.it_la-luce-e-gli-spettri.doc     348.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LA LUCE E GLI SPETTRI
L’arcobaleno artificiale ottenuto da Newton, e da lui chiamato spettro, presentava un passaggio graduale dal violetto al rosso senza alcuna soluzione di continuità: lo strumento utilizzato non consentiva una maggiore dispersione delle varie componenti della luce bianca e perciò la luce solare forniva uno spettro che appariva come continuo. Righe scure nello spettro solare furono esaminate attentamente dal fisico tedesco von Fraunhofer e in suo onore queste righe furono chiamate righe di Fraunhofer. Anche le altre stelle, oltre il Sole, presentano spettri con un fondo continuo solcato da righe scure. Se consideriamo un gas, o un liquido o un solido, ad alta pressione portato all’incandescenza, emette uno spettro continuo, restituisce, cioè, l’energia fornitagli sotto forma di luce che comprende tutte le radiazioni visibili. Se un elemento è allo stato gassoso a bassa pressione ed è portato all’incandescenza, produce uno spettro di emissione a righe. Se una luce caratterizzata da uno spettro continuo attraversa un elemento allo stato gassoso, a bassa pressione e più freddo, essa viene privata delle righe spettrali che quello stesso elemento sarebbe in grado di produrre in condizioni di emissione: è in questo modo che ha origine uno spettro di assorbimento a righe, in quanto i vapori dell’elemento assorbono qualcosa delle radiazioni e ciò che viene assorbito viene rappresentato con le righe nere di Fraunhofer. Ogni elemento emette quello che è in grado di assorbire quindi, emette ed assorbe con la stessa frequenza (LEGGE DI PLANK, E=KF). Nell’interno delle stelle vi sono le condizioni adatte di temperatura e di pressione per la produzione di uno spettro continuo. Nelle zone più esterne delle stelle, invece, gli atomi si trovano in condizioni di temperatura e di pressione così basse da assorbire quantità di energia in modo altamente specifico, in funzione della loro natura chimica. Lo spettro continuo di emissione diventa, così, di assorbimento.
L’EFFETTO DOPPLER
Lo studio delle righe spettrali ha consentito non solo di effettuare un’analisi della composizione chimica delle stelle, ma anche di verificare che esse solo apparentemente sono fisse. La luce proveniente dalle stelle esaminata con uno spettroscopio consente di stabilire immediatamente se
esse sono in moto di allontanamento o di avvicinamento rispetto a noi. La possibilità di ottenere questo risultato è collegata all’analisi di un fenomeno noto come effetto Doppler. Quando una sorgente luminosa si avvicina, le sue onde vengono compresse e risultano avere una lunghezza inferiore a quella che normalmente avrebbero se la sorgente fosse ferma: le righe spettrali risultano
spostate verso il violetto. Quando la sorgente luminosa è in moto di allontanamento, l’aumento della lunghezza comporta uno spostamento verso il rosso.
LE STELLE
Le stelle visibili ad occhio nudo su tutta la sfera celeste sono circa 6000. Le stelle più luminose vengono indicate con nomi propri la cui derivazione è in gran parte araba o greca. In seguito fu introdotto l’uso di indicare le stelle con il nome latino della costellazione di appartenenza preceduto dalle lettere minuscole dell’alfabeto greco, riservando la lettera alfa alla stella più luminosa, la lettera beta a quella immediatamente meno luminosa, e così via. Già nell’antichità fu compilato un catalogo in cui le stelle erano differenziate fra loro per lo splendore con cui appaiono in cielo. La luminosità è la quantità di energia emessa dalla stella: dipende dalle dimensioni e dalla temperatura superficiale della stella. Lo splendore indica la magnitudine apparente. Esso dipende sia dalla quantità di luce emessa dalla stella che dalla sua distanza dalla Terra. Volendo confrontare le stelle per la quantità di luce effettivamente emessa, bisogna esaminarle tutte alla stessa distanza dall’osservatore. Scelta per convenzione la distanza standard di 10 parsec, lo splendore con cui ciascuna stella si presenterebbe a questa distanza è la sua magnitudine assoluta. Attraverso gli spettri di emissione a righe è stato possibile suddividere le stelle in classi spettrali, ogni classe a sua volta è stata suddivisa in 10 sottoclassi. Dall’analisi di tali spettri si è notato che la temperatura superficiale delle stelle va da oltre 40000 a meno di 3000 Kelvin. Le stelle più calde sono azzurre, le più fredde sono rosse. Un’analisi accurata degli spettri stellari consente di risalire alla composizione chimica; si è potuto accertare che l’elemento più abbondante è l’idrogeno. Un’importante classificazione raggruppa le stelle in due Popolazioni. Le stelle della Popolazione I hanno composizione chimica simile a quella del Sole: sono stelle molto calde e giovani, con una quantità non trascurabile di metalli. Le stelle della Popolazione II presentano nei loro spettri righe metalliche meno marcate: sono stelle che hanno completato o stanno completando il loro ciclo evolutivo.
IL DIAGRAMMA HERTZPRUNG-RUSSEL
Agli inizi del 1900 gli astronomi Hertzprung e Russel elaborarono un metodo per classificare le stelle in funzione della loro temperatura e della loro magnitudine. Tale metodo è riassunto nel cosiddetto diagramma H-R.
Sulle ascisse di tale diagramma sono riportati, in ordine decrescente, i valori della temperatura, che corrispondono a determinate classi spettrali e ai colori delle stelle; sulle ordinate sono riportati, invece, i valori della magnitudine assoluta. Considerando il diagramma H-R, si può notare che la maggior parte dei punti, cioè la maggior parte delle stelle, si addensa in una determinata regione del diagramma: la regione che si estende da sinistra, in alto, verso destra, in basso. Tale regione del diagramma viene chiamata sequenza principale. Le stelle in alto a sinistra sono stelle molto luminose e molto calde (giganti azzurre), le stelle in basso a destra sono meno luminose e meno calde (nane rosse). Al di fuori della sequenza principale si collocano due gruppi particolari di stelle: in alto a destra le giganti rosse, in basso, verso sinistra, le nane bianche. L’addensarsi delle stelle in
alcune zone del diagramma non è da
ritenersi puramente casuale: il diagramma
B H-R contiene importanti segnali delle
possibili tappe seguite da una stella nel
corso della sua evoluzione.
NASCITA ED EVOLUZIONE DELLE STELLE
Le stelle nascono dalla contrazione di estese e rarefatte nubi costituite soprattutto da idrogeno. Nelle nubi non è trascurabile la quantità di minuti granuli di polvere, che svolgono il ruolo di promotori per la formazione dei cosiddetti nuclei di condensazione. L’aggregarsi casuale di particelle nelle nebulose sembra alquanto improbabile poiché queste ultime sono molto rarefatte. L’influenza di un campo magnetico, una diversa temperatura da zona a zona all’interno della nube, l’arrivo sulla nube delle onde d’urto generate dall’esplosione di una stella massiccia che si comporta da supernova: possono favorire la momentanea aggregazione destinata a produrre un nucleo di condensazione. Il collasso gravitazionale attorno al nucleo di condensazione porta alla formazione di una struttura sempre più calda. La compressione dei gas comporta il loro riscaldamento. Quando si raggiunge la temperatura di diversi milioni di Kelvin, si innescano le reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno in elio: questo è l’atto ufficiale della nascita di una stella. Ma ancora non si può parlare di stella, siamo, infatti, in presenza di una proto-stella. Una proto-stella ha le caratteristiche di una gigante rossa: mediamente una temperatura superficiale di 2500K, un raggio pari a 110 volte quello del Sole e una luminosità 1000 volte maggiore. Le proto-stelle sono caratterizzate dalla presenza di un disco circumstellare e dall’emissione del vento protostellare. Il disco si forma perché non tutta la materia che collassa raggiunge direttamente la proto-stella e perciò si dispone in orbita attorno ad essa. Il vento protostellare, la cui causa è ancora misteriosa, sarebbe emesso ai poli della proto-stella. L’energia di una proto-stella deriva esclusivamente dalla contrazione gravitazionale. A seguito della progressiva contrazione si riduce la luminosità. Aumenta via via, però, la temperatura sì che, quando all’interno è prossima a 800000K, diventa possibile una prima reazione che fonde un nucleo di deuterio con uno di idrogeno per formare un nucleo di elio-3. Esaurito questo isotopo, riprende la contrazione gravitazionale che si arresta solo quando nella zona centrale si raggiungono temperature prossime a 10 milioni di kelvin. A questo punto l’idrogeno comincia a trasformarsi in elio-4. L’aumento di pressione dovuto al calore sviluppato da questa reazione blocca la contrazione e la stella esce dalla fase fetale ed entra nella sequenza principale del diagramma H-R. Il destino evolutivo di una stella è determinato esclusivamente dalla massa che in essa si è concentrata. Se la massa è prossima a quella del Sole, la stella permane nella sequenza principale, dove si svolge il 90% della sua esistenza. Se la massa iniziale è inferiore ad un centesimo della massa solare, il corpo celeste non riuscirà ad innescare le reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno e non diventerà mai una stella: Giove è una stella mancata. Una volta che l’idrogeno è stato convertito tutto in elio, la stella esce dalla sequenza principale del diagramma H-R perché subisce una complessa serie di trasformazioni. Poiché non avviene più produzione di energia che si contrapponga alla forza di gravità, il nucleo si contrae e con esso si riscalda ulteriormente il materiale circostante. In tal modo possono partire le reazioni di fusione dell’idrogeno contenuto ancora intorno al nucleo. Quando quest’ultimo è diventato abbastanza caldo, raggiungendo temperature di circa 100 milioni di Kelvin, si innescano altre reazioni di fusione, quelle che trasformano l’elio in carbonio. L’aumento della produzione di energia fa espandere la stella, che diventa una grande stella rossa dotata di elevata luminosità. L’incremento della luminosità è da collegare all’aumento della superficie esterna; il colore rosso è dovuto al fatto che la superficie viene a trovarsi più lontana dal nucleo e perciò si raffredda. Le stelle più massicce, al momento dell’esaurimento dell’elio, sono capaci di contrarsi nuovamente e, così facendo, causano un innalzamento della temperatura a diverse centinaia di milioni di Kelvin. In questo modo riescono a utilizzare il carbonio per formare neon e ossigeno e a trasformare, poi, l’ossigeno, così prodotto, in silicio e zolfo, attraverso una serie di reazioni che portano ancora a liberare energia. Altra reazione di fusione è quella che combina nuclei di silicio e produce isotopi di ferro. Il nucleo di questo isotopo è molto stabile e la fusione spontanea non procede oltre perché un’ulteriore fusione assorbirebbe energia invece di liberarne. Una gigante rossa produce un vento stellare molto intenso che ne espelle lo strato esterno. Il nucleo rovente si contrae e diventa sempre più caldo, alimentato dall’energia derivante dalla fusione dell’idrogeno ancora disponibile: si avvia a diventare una nana bianca. Dal distacco delle parti più esterne di alcune giganti rosse che stanno trasformandosi in nane bianche hanno origine le nebulose planetarie. Una stella termina generalmente la propria esistenza come nana bianca. In essa si stabilisce un delicato equilibrio fra la forza gravitazionale e la pressione degli elettroni che, fortemente schiacciati gli uni contro gli altri, si respingono vivamente, impedendo un ulteriore collasso della materia. L’equilibrio fra queste due forze è possibile solo se la massa non supera un certo valore critico, chiamato limite di Chandrasekhar, il cui valore è di 1.44 masse solari. Se la massa va oltre questo limite, la stella è costretta a collassate ulteriormente. Ma può anche succedere che una nana bianca associata gravitazionalmente ad un’altra stella può assorbire materia dalla stella compagna e continuare ad accrescersi finché la sua massa supera il limite di Chandrasekhar. Quando questo succede, la nana bianca collassa così bruscamente che l’energia gravitazionale liberata la lacera del tutto. E’ in questo modo che hanno origine le supernove di tipo I. Una stella adeguatamente massiccia, con una massa almeno otto volte superiore a quella del Sole, non si ferma allo stadio di nana bianca. Essa subisce un collasso gravitazionale che comporta, fra l’altro, la combinazione di protoni ed elettroni così da formare neutroni. All’estrema compressione la materia risponde con un rimbalzo elastico che genera un’onda d’urto capace di far esplodere la stella: si forma così, una supernova di tipo II che si trasforma poi in un residuo gassoso. L’energia che si libera al momento del collasso gravitazionale consente la formazione di elementi più massicci del ferro. Il materiale proiettato dalle supernove va ad aggiungersi al materiale disorganizzato costituente l’Universo primitivo e rappresenta la base di partenza per la formazione di stelle della seconda generazione. Quel che resta della stella al centro della nebulosa di una supernova è una stella di neutroni. A seguito del collasso della materia da cui ha avuto origine, una stella di neutroni è in rapidissima rotazione. Con la materia si addensa anche il campo magnetico. Le stelle di neutroni si possono identificare con le pulsar. Esse sono caratterizzate dall’emissione di un intenso fascio conico di onde radio a intervalli molto regolari non superiori a quattro secondi. Poiché l’energia delle radiazioni emesse viene sottratta a quella necessaria per la rotazione, quest’ultima via via rallenta. Se dopo la fase di supernova, rimangono più di 2,5 masse solari, ciò che resta di una stella si contrae in un buco nero.

LA LUCE E GLI SPETTRI
L’arcobaleno artificiale ottenuto da Newton, e da lui chiamato spettro, presentava un passaggio graduale dal violetto al rosso senza alcuna soluzione di continuità: lo strumento utilizzato non consentiva una maggiore dispersione delle varie componenti della luce bianca e perciò la luce solare forniva uno spettro che appariva come continuo. Righe scure nello spettro solare furono esaminate attentamente dal fisico tedesco von Fraunhofer e in suo onore queste righe furono chiamate righe di Fraunhofer. Anche le altre stelle, oltre il Sole, presentano spettri con un fondo continuo solcato da righe scure. Se consideriamo un gas, o un liquido o un solido, ad alta pressione portato all’incandescenza, emette uno spettro continuo, restituisce, cioè, l’energia fornitagli sotto forma di luce che comprende tutte le radiazioni visibili. Se un elemento è allo stato gassoso a bassa pressione ed è portato all’incandescenza, produce uno spettro di emissione a righe. Se una luce caratterizzata da uno spettro continuo attraversa un elemento allo stato gassoso, a bassa pressione e più freddo, essa viene privata delle righe spettrali che quello stesso elemento sarebbe in grado di produrre in condizioni di emissione: è in questo modo che ha origine uno spettro di assorbimento a righe, in quanto i vapori dell’elemento assorbono qualcosa delle radiazioni e ciò che viene assorbito viene rappresentato con le righe nere di Fraunhofer. Ogni elemento emette quello che è in grado di assorbire quindi, emette ed assorbe con la stessa frequenza (LEGGE DI PLANK, E=KF). Nell’interno delle stelle vi sono le condizioni adatte di temperatura e di pressione per la produzione di uno spettro continuo. Nelle zone più esterne delle stelle, invece, gli atomi si trovano in condizioni di temperatura e di pressione così basse da assorbire quantità di energia in modo altamente specifico, in funzione della loro natura chimica. Lo spettro continuo di emissione diventa, così, di assorbimento.
L’EFFETTO DOPPLER
Lo studio delle righe spettrali ha consentito non solo di effettuare un’analisi della composizione chimica delle stelle, ma anche di verificare che esse solo apparentemente sono fisse. La luce proveniente dalle stelle esaminata con uno spettroscopio consente di stabilire immediatamente se
esse sono in moto di allontanamento o di avvicinamento rispetto a noi. La possibilità di ottenere questo risultato è collegata all’analisi di un fenomeno noto come effetto Doppler. Quando una sorgente luminosa si avvicina, le sue onde vengono compresse e risultano avere una lunghezza inferiore a quella che normalmente avrebbero se la sorgente fosse ferma: le righe spettrali risultano
spostate verso il violetto. Quando la sorgente luminosa è in moto di allontanamento, l’aumento della lunghezza comporta uno spostamento verso il rosso.
LE STELLE
Le stelle visibili ad occhio nudo su tutta la sfera celeste sono circa 6000. Le stelle più luminose vengono indicate con nomi propri la cui derivazione è in gran parte araba o greca. In seguito fu introdotto l’uso di indicare le stelle con il nome latino della costellazione di appartenenza preceduto dalle lettere minuscole dell’alfabeto greco, riservando la lettera alfa alla stella più luminosa, la lettera beta a quella immediatamente meno luminosa, e così via. Già nell’antichità fu compilato un catalogo in cui le stelle erano differenziate fra loro per lo splendore con cui appaiono in cielo. La luminosità è la quantità di energia emessa dalla stella: dipende dalle dimensioni e dalla temperatura superficiale della stella. Lo splendore indica la magnitudine apparente. Esso dipende sia dalla quantità di luce emessa dalla stella che dalla sua distanza dalla Terra. Volendo confrontare le stelle per la quantità di luce effettivamente emessa, bisogna esaminarle tutte alla stessa distanza dall’osservatore. Scelta per convenzione la distanza standard di 10 parsec, lo splendore con cui ciascuna stella si presenterebbe a questa distanza è la sua magnitudine assoluta. Attraverso gli spettri di emissione a righe è stato possibile suddividere le stelle in classi spettrali, ogni classe a sua volta è stata suddivisa in 10 sottoclassi. Dall’analisi di tali spettri si è notato che la temperatura superficiale delle stelle va da oltre 40000 a meno di 3000 Kelvin. Le stelle più calde sono azzurre, le più fredde sono rosse. Un’analisi accurata degli spettri stellari consente di risalire alla composizione chimica; si è potuto accertare che l’elemento più abbondante è l’idrogeno. Un’importante classificazione raggruppa le stelle in due Popolazioni. Le stelle della Popolazione I hanno composizione chimica simile a quella del Sole: sono stelle molto calde e giovani, con una quantità non trascurabile di metalli. Le stelle della Popolazione II presentano nei loro spettri righe metalliche meno marcate: sono stelle che hanno completato o stanno completando il loro ciclo evolutivo.
IL DIAGRAMMA HERTZPRUNG-RUSSEL
Agli inizi del 1900 gli astronomi Hertzprung e Russel elaborarono un metodo per classificare le stelle in funzione della loro temperatura e della loro magnitudine. Tale metodo è riassunto nel cosiddetto diagramma H-R.
Sulle ascisse di tale diagramma sono riportati, in ordine decrescente, i valori della temperatura, che corrispondono a determinate classi spettrali e ai colori delle stelle; sulle ordinate sono riportati, invece, i valori della magnitudine assoluta. Considerando il diagramma H-R, si può notare che la maggior parte dei punti, cioè la maggior parte delle stelle, si addensa in una determinata regione del diagramma: la regione che si estende da sinistra, in alto, verso destra, in basso. Tale regione del diagramma viene chiamata sequenza principale. Le stelle in alto a sinistra sono stelle molto luminose e molto calde (giganti azzurre), le stelle in basso a destra sono meno luminose e meno calde (nane rosse). Al di fuori della sequenza principale si collocano due gruppi particolari di stelle: in alto a destra le giganti rosse, in basso, verso sinistra, le nane bianche. L’addensarsi delle stelle in
alcune zone del diagramma non è da
ritenersi puramente casuale: il diagramma
B H-R contiene importanti segnali delle
possibili tappe seguite da una stella nel
corso della sua evoluzione.
NASCITA ED EVOLUZIONE DELLE STELLE
Le stelle nascono dalla contrazione di estese e rarefatte nubi costituite soprattutto da idrogeno. Nelle nubi non è trascurabile la quantità di minuti granuli di polvere, che svolgono il ruolo di promotori per la formazione dei cosiddetti nuclei di condensazione. L’aggregarsi casuale di particelle nelle nebulose sembra alquanto improbabile poiché queste ultime sono molto rarefatte. L’influenza di un campo magnetico, una diversa temperatura da zona a zona all’interno della nube, l’arrivo sulla nube delle onde d’urto generate dall’esplosione di una stella massiccia che si comporta da supernova: possono favorire la momentanea aggregazione destinata a produrre un nucleo di condensazione. Il collasso gravitazionale attorno al nucleo di condensazione porta alla formazione di una struttura sempre più calda. La compressione dei gas comporta il loro riscaldamento. Quando si raggiunge la temperatura di diversi milioni di Kelvin, si innescano le reazioni nucleari di fusione dell’idrogeno in elio: questo è l’atto ufficiale della nascita di una stella. Ma ancora non si può parlare di stella, siamo, infatti, in presenza di una proto-stella. Una proto-stella ha le caratteristiche di una gigante rossa: mediamente una temperatura superficiale di 2500K, un raggio pari a 110 volte quello del Sole e una luminosità 1000 volte maggiore. Le proto-stelle sono caratterizzate dalla presenza di un disco circumstellare e dall’emissione del vento protostellare. Il disco si forma perché non tutta la materia che collassa raggiunge direttamente la proto-stella e perciò si dispone in orbita attorno ad essa. Il vento protostellare, la cui causa è ancora misteriosa, sarebbe emesso ai poli della proto-stella. L’energia di una proto-stella deriva esclusivamente dalla contrazione gravitazionale. A seguito della progressiva contrazione si riduce la luminosità. Aumenta via via, però, la temperatura sì che, quando all’interno è prossima a 800000K, diventa possibile una prima reazione che fonde un nucleo di deuterio con uno di idrogeno per formare un nucleo di elio-3. Esaurito questo isotopo, riprende la contrazione gravitazionale che si arresta solo quando nella zona centrale si raggiungono temperature prossime a 10 milioni di kelvin. A questo punto l’idrogeno comincia a trasformarsi in elio-4. L’aumento di pressione dovuto al calore sviluppato da questa reazione blocca la contrazione e la stella esce dalla fase fetale ed entra nella sequenza principale del diagramma H-R. Il destino evolutivo di una stella è determinato esclusivamente dalla massa che in essa si è concentrata. Se la massa è prossima a quella del Sole, la stella permane nella sequenza principale, dove si svolge il 90% della sua esistenza. Se la massa iniziale è inferiore ad un centesimo della massa solare, il corpo celeste non riuscirà ad innescare le reazioni di fusione nucleare dell’idrogeno e non diventerà mai una stella: Giove è una stella mancata. Una volta che l’idrogeno è stato convertito tutto in elio, la stella esce dalla sequenza principale del diagramma H-R perché subisce una complessa serie di trasformazioni. Poiché non avviene più produzione di energia che si contrapponga alla forza di gravità, il nucleo si contrae e con esso si riscalda ulteriormente il materiale circostante. In tal modo possono partire le reazioni di fusione dell’idrogeno contenuto ancora intorno al nucleo. Quando quest’ultimo è diventato abbastanza caldo, raggiungendo temperature di circa 100 milioni di Kelvin, si innescano altre reazioni di fusione, quelle che trasformano l’elio in carbonio. L’aumento della produzione di energia fa espandere la stella, che diventa una grande stella rossa dotata di elevata luminosità. L’incremento della luminosità è da collegare all’aumento della superficie esterna; il colore rosso è dovuto al fatto che la superficie viene a trovarsi più lontana dal nucleo e perciò si raffredda. Le stelle più massicce, al momento dell’esaurimento dell’elio, sono capaci di contrarsi nuovamente e, così facendo, causano un innalzamento della temperatura a diverse centinaia di milioni di Kelvin. In questo modo riescono a utilizzare il carbonio per formare neon e ossigeno e a trasformare, poi, l’ossigeno, così prodotto, in silicio e zolfo, attraverso una serie di reazioni che portano ancora a liberare energia. Altra reazione di fusione è quella che combina nuclei di silicio e produce isotopi di ferro. Il nucleo di questo isotopo è molto stabile e la fusione spontanea non procede oltre perché un’ulteriore fusione assorbirebbe energia invece di liberarne. Una gigante rossa produce un vento stellare molto intenso che ne espelle lo strato esterno. Il nucleo rovente si contrae e diventa sempre più caldo, alimentato dall’energia derivante dalla fusione dell’idrogeno ancora disponibile: si avvia a diventare una nana bianca. Dal distacco delle parti più esterne di alcune giganti rosse che stanno trasformandosi in nane bianche hanno origine le nebulose planetarie. Una stella termina generalmente la propria esistenza come nana bianca. In essa si stabilisce un delicato equilibrio fra la forza gravitazionale e la pressione degli elettroni che, fortemente schiacciati gli uni contro gli altri, si respingono vivamente, impedendo un ulteriore collasso della materia. L’equilibrio fra queste due forze è possibile solo se la massa non supera un certo valore critico, chiamato limite di Chandrasekhar, il cui valore è di 1.44 masse solari. Se la massa va oltre questo limite, la stella è costretta a collassate ulteriormente. Ma può anche succedere che una nana bianca associata gravitazionalmente ad un’altra stella può assorbire materia dalla stella compagna e continuare ad accrescersi finché la sua massa supera il limite di Chandrasekhar. Quando questo succede, la nana bianca collassa così bruscamente che l’energia gravitazionale liberata la lacera del tutto. E’ in questo modo che hanno origine le supernove di tipo I. Una stella adeguatamente massiccia, con una massa almeno otto volte superiore a quella del Sole, non si ferma allo stadio di nana bianca. Essa subisce un collasso gravitazionale che comporta, fra l’altro, la combinazione di protoni ed elettroni così da formare neutroni. All’estrema compressione la materia risponde con un rimbalzo elastico che genera un’onda d’urto capace di far esplodere la stella: si forma così, una supernova di tipo II che si trasforma poi in un residuo gassoso. L’energia che si libera al momento del collasso gravitazionale consente la formazione di elementi più massicci del ferro. Il materiale proiettato dalle supernove va ad aggiungersi al materiale disorganizzato costituente l’Universo primitivo e rappresenta la base di partenza per la formazione di stelle della seconda generazione. Quel che resta della stella al centro della nebulosa di una supernova è una stella di neutroni. A seguito del collasso della materia da cui ha avuto origine, una stella di neutroni è in rapidissima rotazione. Con la materia si addensa anche il campo magnetico. Le stelle di neutroni si possono identificare con le pulsar. Esse sono caratterizzate dall’emissione di un intenso fascio conico di onde radio a intervalli molto regolari non superiori a quattro secondi. Poiché l’energia delle radiazioni emesse viene sottratta a quella necessaria per la rotazione, quest’ultima via via rallenta. Se dopo la fase di supernova, rimangono più di 2,5 masse solari, ciò che resta di una stella si contrae in un buco nero.

Esempio