L'ottica

Materie:Tesina
Categoria:Fisica
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Testo

Esame di stato 2005/2006
Liceo scientifico “E. Torricelli”
L'ottica

Indice
INTRODUZIONE 3
RIFLESSIONE E RIFRAZIONE 3
LE LEGGI DELLA RIFLESSIONE 3
LA RIFLESSIONE SU UNO SPECCHIO PIANO 4
GLI SPECCHI CURVI 4
LE LEGGI DELLA RIFRAZIONE 5
FENOMENO DELLA BIRIFRAZIONE 5
LA RIFLESSIONE TOTALE 6
IL PRISMA 6
LE FIBRE OTTICHE 6
LA DISPERSIONE DELLA LUCE 6
LE ONDE LUMINOSE: IL MODELLO ONDULATORIO ED IL MODELLO CORPUSCOLARE 7
LA DIFFRAZIONE 7
L’INTERFERENZA DELLA LUCE 8
L’ESPERIMENTO DI YOUNG 8
I COLORI E LA LUNGHEZZA D’ONDA 9
LE ONDE ELETTROMAGNETICHE 9
I COLORI DEGLI OGGETTI 9
L’EMISSIONE E L’ASSORBIMENTO DELLA LUCE 10
L’EFFETTO DOPPLER 11
CURIOSITÀ 11
RIFRAZIONE ATMOSFERICA 11
MIRAGGIO 11
FATA MORGANA 12
BIBLIOGRAFIA 12
Introduzione
Il mio percorso si articola su uno dei rami della fisica che altamente influenza la vita di tutti i giorni: l’ottica. Non si tratta di un lavoro interamente dedicato all’ottica in tutto il suo insieme, ma solo di un’illustrazione di alcune parti che mi hanno particolarmente interessato e colpito e che ritenevo più importanti da sottolineare rispetto ad altre. Durante il mio lavoro ho usufruito del mio libro di testo con aggiunte dal web per completare il tutto con delle curiosità e approfondimenti.
Riflessione e rifrazione
Quando un raggio di luce che si propaga nell’aria incontra la superficie liscia dell’acqua, si spezza in due raggi: un raggio riflesso ed un raggio rifratto.
Il raggio riflesso continua a propagarsi nell’aria con la stessa ampiezza dell’angolo del raggio incidente. L’altro raggio, cioè quello rifratto, penetra nell’acqua e si piega verso la normale, cioè verso la retta perpendicolare alla superficie di separazione tra aria e acqua.
Il percorso seguito dalla luce tra due punti è sempre quello più breve in termini di durata, come in questo caso.
Questa suddivisione del raggio in due parti si verifica ogni volta che la luce attraversa la superficie che separa due mezzi trasparenti (aria-vetro; plexiglas-acqua; aria-acqua…). Se invece il secondo mezzo è opaco, il raggio rifratto manca. Se poi la superficie di separazione è piana e ben levigata, non soltanto manca il raggio rifratto, ma il raggio riflesso trasporta un’energia quasi uguale a quella del raggio incidente. In questo caso la superficie di separazione è una superficie riflettente.
L’energia del raggio incidente equivale a quella del raggio rifratto, sommata a quella del raggio riflesso e ad alcune perdite.
Iincid. = Irifrat. + Irifl. + perdite
Quindi, nel caso in cui la superficie sia uno specchio, manca il raggio rifratto, e il raggio incidente e riflettente hanno quasi la stessa energia, tenendo conto delle perdite.
Le leggi della riflessione
La riflessione è governata da due leggi:
1. Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza giacciono tutti sullo stesso piano;
2. L’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione.
Queste due leggi sono vere anche quando la superficie su cui incide il raggio luminoso è scabra, cioè presenta delle asperità. Dato che tutte le piccole porzioni di superficie hanno inclinazioni diverse tra di loro, i singoli raggi riflessi vengono sparpagliati in tutte le direzioni e non deviati uniformemente. L’effetto risultante è quindi una luce diffusa.
Questo fenomeno si può osservare anche nei telescopi: le piccole particelle di polvere che si depositano col tempo sullo specchio possono causare un lieve effetto di scattering (una o più particelle cambiano traiettoria per via della collisione con altre particelle; ciò è dovuto all'urto fra i fotoni [i corpuscoli che compongono la luce] e le particelle del materiale attraversato dai raggi luminosi) della luce, che può causare una perdita di contrasto nelle immagini. La luce interagisce con le molecole e viene da queste deviata. In particolare vengono deviate in maniera maggiore le frequenze elevate (blu) rispetto a quelle basse (rosso).
La riflessione su uno specchio piano
Una sorgente luminosa puntiforme emette luce in tutte le direzioni. Se la mettiamo vicino ad uno specchio, oltre a vederla direttamente, osserviamo anche una sua immagine, che sembra provenire da dietro lo specchio. Alcuni raggi luminosi arrivano direttamente al nostro occhio, mentre altri ci arrivano riflessi dallo specchio. Se prendiamo in considerazione solo due degli infiniti raggi che vengono emessi dalla sorgente, cioè il raggio perpendicolare alla superficie e un altro casuale che viene riflesso, osserviamo che il raggio perpendicolare viene riflesso percorrendo lo stesso cammino all’indietro mentre il raggio riflesso sarà quello che arriverà all’occhio dell’osservatore. I prolungamenti di questi due raggi si incontrano in un punto virtuale dietro lo specchio: infatti l’osservatore vede la sorgente nel punto dietro lo specchio anziché nella sua posizione reale. Questo punto virtuale si può definire immaginario, dato che i raggi raccolti dall’occhio dell’osservatore non passano per questo punto. Tutti gli oggetti riflessi su uno specchio piano mantengono le stesse dimensioni e risultano simmetrici rispetto all’oggetto reale: ad esempio se si fa riflettere la mano sinistra si può notare che sembra la mano destra.
Gli specchi curvi
Un rudimentale specchio curvo è un normale cucchiaio: se ci si riflette dalla parte convessa (esterna), l’immagine ci appare rimpicciolita e diritta, mentre dalla parte concava (interna), ci sembra capovolta e rimpicciolita. Altri esempi di specchi convessi sono gli specchietti retrovisori e quelli che si trovano nelle curve con poca visibilità. Gli specchi curvi sono la configurazione di base dei grandi telescopi.
Per capire come si forma l’immagine, consideriamo uno specchio sferico (porzione di una superficie sferica). I raggi di luce emessi da un oggetto luminoso si riflettono sulla parte convessa secondo le leggi di riflessione. L’immagine virtuale prodotta oltre lo specchio, che è poi quella che vediamo noi, ci risulta, come detto prima, rimpicciolita e diritta.
Per quanto riguarda lo specchio concavo, esso ci restituisce immagini diverse, a seconda della distanza a cui si trova l’oggetto. L’immagine che si forma, a meno che l’oggetto non sia molto vicino allo specchio, è capovolta e rimpicciolita e non sarà più un’immagine virtuale, ma reale, dato che i raggi riflessi da uno specchio convergono tutti nel punto A’.
Le leggi della rifrazione
Facendo passare un fascio di luce di un solo colore su una bacinella piena d’acqua. Il raggio rifratto si avvicina verso la normale. L’angolo di rifrazione, che ha per lati la normale e il raggio rifratto, è minore dell’angolo di incidenza. Questo accade quando la luce passa dall’aria al vetro o dall’acqua al vetro. Quando la luce compie il percorso inverso, allora il raggio rifratto si allontana dalla normale e sarà maggiore di quello di incidenza.
Il comportamento del raggio rifratto è descritto dalle leggi di rifrazione:
1. La prima legge afferma che il raggio incidente, quello rifratto e la normale alla superficie di separazione dei due mezzi giacciono sullo stesso piano;
2. La seconda legge, scoperta da Snell (astronomo e matematico olandese; Leida 1580 - 1626), afferma che il rapporto tra i seni dei due angoli, di incidenza e rifrazione, è costante:
( sen i / sen r ) = nab= va/vb = cva/cvb = nb/na
Il valore nab dipende solo dai due mezzi in cui passa la luce. nab è l’indice di rifrazione del mezzo B (in cui la luce entra) relativo al mezzo A (da cui la luce proviene). Se nab è maggiore di 1, si dice che il mezzo B è otticamente più denso del mezzo A, o anche è più rifrangente.
Quando la luce incide perpendicolarmente alla superficie di separazione, non cambia direzione, dato che gli angoli di incidenza e rifrazione sono uguali.
Nell’esperienza quotidiana si può notare come un oggetto che si trova sul fondo di un recipiente pieno d’acqua è visto in una posizione più alta di quella in cui si trova realmente. Un tipico esempio è quello del cucchiaio immerso in un bicchiere d’acqua che appare piegato. Questi fenomeni sono dovuti alla rifrazione dei raggi luminosi che, partendo dai punti di un corpo immerso nell’acqua, deviano quando passano nell’aria, allontanandosi dalla normale.
Fenomeno della birifrazione
La birifrazione è un fenomeno secondo il quale un raggio luminoso che attraversa un solido cristallino si sdoppia in due raggi. Il raggio luminoso che colpisce il cristallo si sdoppia al suo interno; uno dei due raggi prosegue il suo cammino senza deviazioni (raggio ordinario). Il secondo raggio (raggio straordinario) viene deviato dalla sua direzione iniziale allontanandosi dal raggio ordinario, secondo un angolo tipico del cristallo. All’uscita dal cristallo il raggio straordinario si riprende la direzione parallela al raggio ordinario, ma sarà tanto più distante da questo quanto più sarà lungo il suo percorso all’interno del cristallo. La deviazione infatti avviene solo all’interno del solido cristallino. Il fenomeno dello sdoppiamento non è una proprietà della luce, ma una proprietà del materiale attraversato. Il caso della birifrazione si può osservare nello spato d’Islanda o nella calcite (CaCO3).
La riflessione totale
Se si immagina di posizionare una sorgente di luce puntiforme all’interno di un blocco di vetro, si può osservare come i raggi rifratti ottenuti subiscano un allontanamento sempre maggiore dalla normale, questo perché si passa da un corpo più denso ad uno meno denso. Per ottenere una rifrazione, l’angolo di incidenza non deve superare l’angolo limite. Se questo avviene, o si ottiene un raggio rifratto radente alla superficie, nel caso l’angolo di incidenza corrisponda all’angolo limite, oppure esso si annulla e si ottiene solamente un raggio riflesso. Questo fenomeno si chiama riflessione totale. Un esempio è il prisma ad angolo retto.
L’applicazione di due prismi adiacenti crea un sistema di prismi a porro utilizzato nei cannocchiali o nei periscopi (ad esempio quelli dei sommergibili) per raddrizzare le immagini.
Il prisma
All’interno dei periscopi ci sono dei prismi che sono dei mezzi trasparenti limitati a superfici piane non parallele. La luce che penetra, ad esempio in un periscopio, è deviata due volte di 90° da due prismi a forma di triangolo rettangolo isoscele. Dentro ciascun prisma il raggio colpisce la faccia inclinata con un angolo superiore all’angolo limite ed è quindi riflesso totalmente.
Le fibre ottiche
Le fibre ottiche sono dei fili molto sottili di vetro o di plastica con le pareti estremamente lisce e regolari spesso coperte da un sottile strato di materiale trasparente di basso indice di rifrazione. La luce che vi penetra all’interno si riflette totalmente (dato che hanno un angolo limite abbastanza basso, 42°) diverse volte sulla superficie laterale della fibra ed esce all’estremità. Le fibre ottiche vengono attualmente usate in medicina, nelle telecomunicazioni.
La dispersione della luce
Un fascio di luce monocromatico, che incide sulla faccia di un prisma di vetro a sezione triangolare, subisce due rifrazioni. Una quando passa dall’aria al vetro e l’altra quando passa dal vetro all’aria, dopo aver attraversato il prisma. Nella prima rifrazione, l’angolo di rifrazione è minore dell’angolo di incidenza, nella seconda è maggiore. Il raggio che emerge dal prisma ha una direzione diversa da quella del raggio incidente. L’angolo formato dalla direzione del raggio incidente con quella del raggio che emerge dal prisma, si chiama angolo di deviazione. Esso è tanto maggiore, quanto maggiore è l’angolo formato dalle due facce del prisma. Se sul prisma incide un sottile fascio di luce bianca, come la luce solare, dall’altra parte emerge un fascio più spesso e colorato. Raccogliendo la luce che esce dal prisma su uno schermo si osserva una striscia luminosa nella quale si susseguono con continuità diversi colori. Nell’ordine si distinguono il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, l’indaco e il violetto; non esiste però una distinzione netta tra i colori. Questo fenomeno, chiamato, dispersione della luce, fu studiato da Newton nella seconda metà del ‘600. Egli chiamò spettro la striscia colorata di luce in cui si suddivide la luce bianca. La deviazione prodotta dal prisma dipende soltanto dall’indice di rifrazione del vetro.
La luce bianca è una mescolanza dei diversi colori spettrali. Il prisma non fa altro che separarli e disperderli, grazie al diverso indice di rifrazione del vetro per ognuno di essi. Un colore spettrale non può essere ulteriormente scomposto. Newton, per provare che la luce bianca è la combinazione dei colori dello spettro, ricombinò i raggi colorati ottenendo di nuovo luce bianca. I colori dello spettro ricordano i colori dell’arcobaleno che sono il risultato della diffusione, rifrazione e riflessione interna dei raggi solari da parte delle goccioline d’acqua (che fungono da prisma).
Le onde luminose: Il modello ondulatorio ed il modello corpuscolare
Esistono due modelli di onde luminose: quello corpuscolare e quello ondulatorio. Secondo il modello corpuscolare, la luce consiste in un flusso di particelle microscopiche (corpuscoli) che sono emesse a ritmo costante dalle sorgenti luminose. Esse si muovono in linea retta, attraversano i materiali trasparenti, rimbalzano come piccole palline sulle superfici dei materiali opachi e quando penetrano nel nostro occhio stimolano il senso della vista. Il modello ondulatorio sostiene invece che la luce sia un’onda. Essa consiste quindi in un trasferimento di energia e non di materia. Le sue proprietà sono simili a quelle delle onde elastiche, come per esempio le onde che si propagano su una corda.
Ci sono comunque delle differenze tra i due modelli. Il modello corpuscolare afferma che la luce si muove più velocemente in un mezzo più rifrangente che in un mezzo meno rifrangente. Il modello ondulatorio sostiene invece il contrario. Per decidere quali delle due teorie è sbagliata, occorre misurare la velocità della luce nel vuoto e in alcuni mezzi rifrangenti. Fizeau (fisico francese) mostrò che la luce si propaga tanto più lentamente quanto più il mezzo è otticamente denso. La velocità della luce in un mezzo che ha indice di rifrazione n rispetto al vuoto è v = ( c / n ) dove c è la velocità nel vuoto. Il moto ondulatorio, da quel momento prese il nome di teoria ondulatoria della luce. Nel ventesimo secolo sono state messe in evidenza nuove proprietà corpuscolari della luce.
Nel caso del modello corpuscolare, la rifrazione si spiega con una forza che agisce perpendicolarmente alla superficie di separazione tra i due mezzi rifrangenti. Se così fosse, il raggio rifratto in un mezzo più rifrangente (p.es. acqua) dovrebbe muoversi a velocità maggiore di quella del mezzo meno rifrangente (p.es. aria) da cui proviene e non c’è nessuna evidenza sperimentale di ciò anzi ci sono evidenze contrarie. Inoltre c’è il problema della diffrazione. Sono queste le “pietre tombali” del modello corpuscolare.
La diffrazione
Si consideri un fascio di raggi paralleli monocromatici che illuminano uno schermo opaco con una fenditura di larghezza regolabile. Se la fenditura è abbastanza larga, su uno schermo posto al di là di essa si osserva una striscia luminosa dai contorni ben definiti. Se la fenditura è più stretta, la striscia luminosa invece di assottigliarsi, si allarga. La luce invade così quella che dovrebbe essere la zona d’ombra.
Questo fenomeno, per cui la luce aggira gli ostacoli e invade la zona d’ombra geometrica, si chiama diffrazione. E’ un fenomeno tipico delle onde e possiamo osservarlo con le onde che si propagano sulla superficie dell’acqua.
Un gruppo di onde rettilinee che si propagano sull’acqua, provenendo da sinistra, incontrano una barriera con un’apertura di ampiezza variabile.
La diffrazione si manifesta in modo evidente quando le dimensioni dell’apertura (o dell’ostacolo) sono paragonabili o minori della lunghezza d’onda della perturbazione. Quando una lunghezza d’onda è grande rispetto alle dimensione dell’apertura (o dell’ostacolo) si ha la diffrazione, altrimenti non si ha la diffrazione e le ombre sono nette.
Ad esempio la lunghezza d’onda del suono è dell’ordine del metro. Anche le porte e le finestre hanno questa dimensione. Quindi attraverso di esse il suono diffrange in modo consistente.
La lunghezza d’onda della luce è uguale a 0,5 x 10-6 m. Questo spiega perché è impossibile vedere oggetti estremamente piccoli, come ad esempio gli atomi. Essi, anche con un microscopio potentissimo, non restituiscono un immagine chiara, ma solo una complessa figura di interferenza.
L’interferenza della luce
Un esempio di interferenza si può osservare con le onde di superficie che si propagano sull’acqua. La vaschetta di onde è un dispositivo costruito per visualizzare questo tipo di onde. Usando delle punte o delle barre che si immergono e si sollevano nella vaschetta, l’acqua viene perturbata e si ottengono diverse configurazioni. Un esempio di configurazione particolare nell’acqua è stato usato in precedenza con la diffrazione. Tornando all’esempio delle due punte, come si può notare in figura ci sono delle zone dove le perturbazioni si rinforzano (interferenza costruttiva) e dove si annullano (interferenza distruttiva). Ciò è dovuto alle differenti lunghezze d’onda delle onde. Quando la sorgente 1 e 2 hanno la differenza di una lunghezza d’onda si avrà un’interferenza costruttiva, quando la lunghezza d’onda della seconda è metà della prima, allora distruttiva.
L’esperimento di Young
L’esperimento consiste nel far passare un fascio di luce attraverso due fenditure vicine. L’esperimento fu eseguito da Thomas Young (1773 - 1829), scienziato inglese, per la prima volta nel 1801, concludendo che vi doveva essere una fortissima corrispondenza tra la natura del suono e quella della luce. Facendo passare i due fasci di luce attraverso le due fenditure, a causa del fenomeno della diffrazione le onde luminose al di là delle fenditure vanno ad interferire tra loro. Su uno schermo posto a distanza, se il fascio è monocromatico si possono osservare strisce luminose di luce chiare e scure. Le strisce chiare sono il prodotto di un’interferenza costruttiva, mentre quelle scure di un’interferenza distruttiva. Poiché l’interferenza è un fenomeno caratteristico della propagazione di onde, Young trovò nell’esperimento delle due fenditure una forte conferma della teoria ondulatoria della luce.

I colori e la lunghezza d’onda
I colori possiedono una propria lunghezza d’onda che va dai 380 nanometri del violetto ai 750 del rosso.
Violetto
380-430 nm
Azzurro
430-470 nm
verde
470-520 nm
Giallo
520-590 nm
Arancione
590-610 nm
Rosso
610-750 nm
Queste lunghezze d’onda vanno da un millesimo di millimetro a un decimillesimo di millimetro.
La frequenza che corrisponde a ciascuna lunghezza d’onda si ricava dalla relazione:
f = c / λ , dove c è la velocità della luce.
La frequenza delle vibrazioni luminose va dai 1014 Hz ai 1015 Hz ed è molto più grande delle vibrazioni acustiche, che varia tra circa 20 e 12000 Hz.
Le onde elettromagnetiche
Le onde luminose sono delle onde elettromagnetiche che si propagano anche nel vuoto, oltre che nei mezzi materiali. La propagazione nel vuoto è dovuta al fatto che nel vuoto esiste un campo magnetico variabile che genera un campo elettrico variabile che a sua volta genera un campo magnetico. Questo lavoro di rinforzo fa si che ci sia una propagazione di onde. Nei mezzi materiali avviene invece perché esiste del campo.
I colori degli oggetti
La luce bianca è costituita dai diversi colori dello spettro. Essa è una miscela di onde che hanno lunghezze d’onda diverse. Quando la luce bianca, come quella del sole o quella di una lampadina, illumina un oggetto, non sempre questo rimanda ai nostri occhi la stessa luce bianca. Più spesso diffonde un colore ben definito; a volte appare nero. Ma perché gli oggetti che ci circondano hanno colori diversi?
Ciò è dovuto al minore o maggiore assorbimento di determinati colori. Ad esempio una foglia appare verde perché assorbe tutti i colori della luce bianca e riflette il verde, che essa diffonde e rimanda ai nostri occhi.
Un corpo bianco riflette tutti i colori della luce bianca e ci appare tale, mentre uno nero li assorbe tutti. Quindi il nero, a differenza del bianco, che è un insieme di colore, non può essere considerato un colore, ma assenza di colore. Il colore non è una proprietà tipica di un oggetto, ma dipende dalla luce che lo colpisce. Una prova è data dall’illuminazione di qualsiasi oggetto con luce rossa. Tutti gli oggetti illuminati risultano rossi, tranne quelli neri.
L’emissione e l’assorbimento della luce
Per ottenere uno spettro si seleziona un fascio di luce, irradiato da una sorgente, mediante un diaframma con una fenditura. Lo si fa poi passare attraverso un prisma che lo suddivide nelle sue componenti spettrali. Così scomposto, il fascio viene raccolto di solito su una pellicola fotografica a colori, che rimane impressionata.
In genere i corpi solidi e liquidi portati all’incandescenza emettono uno spettro continuo, che appare sottoforma di una striscia luminosa continua di vari colori. L’emissione e l’assorbimento sono dovuti ai livelli elettronici quantizzati. Essi emettono quindi radiazioni visibili di tutte le lunghezze d’onda. Esempi di spettri continui sono quelli emessi dai filamenti di una lampadina, da un blocco di metallo (sia solido che allo stato liquido) che si trova a temperatura molto elevata o da un pezzo di carbone incandescente. Anche il Sole e le altre stelle danno luogo ad uno spettro. Questi corpi, però non sono nè liquidi nè solidi. Essi si trovano nello stato di plasma e irraggiano uno spettro continuo a causa della loro temperatura estremamente elevata. Le sostanze gassose fortemente riscaldate, o attraversate dalla corrente elettrica, emettono uno spettro a righe. Invece di una striscia continua colorata, appare una serie di righe brillanti e isolate. Ciascuna di esse è un’immagine colorata della fenditura. Una sostanza gassosa emette quindi soltanto alcune lunghezze d’onda.
Gli spettri a righe emessi da gas monoatomici sono caratteristici del particolare elemento chimico di cui il gas è costituito. Essi sono, per così dire, una carta d’identità dell’atomo, che lo rende riconoscibile fra tutti gli altri. Per esempio, il vapore di sodio, che si può ottenere ponendo su una fiamma un po’ di sale da cucina (NaCl), emette, tra le altre, una caratteristica luce gialla. Lo stronzio emette una luce rossa, il rame una luce verde ed il potassio, una luce blu

Analizzata nelle sue componenti spettrali, essa è costituita da due intense righe gialle molto vicine (di lunghezza d’onda pari a 589,0 nm e a 589,6 nm).
Ogni volta che in uno spettro vengono osservate queste due righe, si può affermare con certezza che nella sorgente luminosa si trova del sodio. Questo metodo di analisi chimica, che si chiama analisi spettrale, consente di rilevare tracce minime di sostanze e può essere applicato anche a corpi lontani, come il Sole e le stelle. Le radiazioni che una sostanza emette sono anche quelle che essa è in grado di assorbire. Per esempio, inviando un’intensa luce contenente tutte le frequenze attraverso una fiamma al sodio, nello spettro continuo si osservano due righe scure. Esse occupano esattamente le stesse posizioni delle due righe luminose gialle nello spettro di emissione del sodio.
L’effetto Doppler
L’effetto Doppler si verifica ogni volta che una sorgente di onde e l’osservatore sono in moto relativo, l’uno rispetto all’altro. Il suono udito dall’osservatore ha una frequenza f1 che è diversa dal suono emesso f. Se la sorgente è ferma e l’osservatore si muove con velocità ur, allora f1 = (v + o – ur) / v . Il segno “+” serve se l’osservatore si avvicina, mentre il segno “-“, se si allontana. Se invece l’osservatore è fermo e la sorgente si muove con velocità us, allora f1 = v / (v + o – us ) . Il segno “-” serve se la sorgente si avvicina, altrimenti si utilizza il segno “+”.
All’inizio del ‘900 Hubble notò che gli spettri di molte stelle “tendevano verso il rosso”: questo è il fenomeno del cosiddetto “redshift”. Egli spiegò che le stelle in allontanamento tendevano verso il rosso, mentre quelle in avvicinamento, verso il blu. Per notare questo spostamento negli spettri, bisogna prendere come riferimento delle righe di assorbimento. Ad esempio se si prende in esame lo spettro di una stella, in essa sono contenuti idrogeno ed elio, che ad esempio hanno una lunghezza d’onda, rispettivamente di 6000 e 6300 nanometri. Quindi si noteranno delle righe a 6000 e 6300. Se essa è in avvicinamento, allora queste righe saranno spostate ad esempio a 5900 e 6200, quindi più verso il rosso. Si deduce quindi che la stella è in avvicinamento.
In astronomia, l’effetto Doppler ha aiutato a riconoscere il fatto che l’universo è in continua espansione. L’effetto Doppler permette inoltre di misurare la velocità di una sorgente luminosa.
Curiosità
Quando la luce si mette a giocare con l'atmosfera si possono verificare fenomeni curiosi e talvolta insoliti. Alcuni, come l'arcobaleno, sono ben noti, mentre altri, come il miraggio, li notiamo magari di sfuggita senza preoccuparci tanto di come e perché si verificano.
Rifrazione Atmosferica
La pressione dell'aria, e con essa la sua densità, decresce con l'altezza; se, cioè, al livello del mare un metro cubo d'aria pesa mediamente 1,29 kg, a 5500 metri il suo peso è ridotto di circa la metà. Ma variando la densità dell'aria varia anche il suo indice di rifrazione. Di conseguenza i raggi luminosi che provengono dagli astri devono attraversare, nell'ultima parte del loro cammino, un mezzo non omogeneo di densità via via crescente, col risultato che s'incurvano verso il basso.
Se la stella si trova in S, per un osservatore O situato sulla superficie terrestre sembra che la stella sia in realtà situata in S', ossia un poco più alta sull'orizzonte; questa apparente elevazione prende appunto il nome di rifrazione atmosferica.
Miraggio
È un fenomeno dovuto all'incurvamento dei raggi luminosi quando attraversano strati d'aria non omogenei. Il tipo più comune di miraggio si osserva spesso d'estate sulle vaste distese di sabbia riscaldate dal Sole o, forse più frequentemente, sulle strade rettilinee asfaltate o sulle autostrade. Può capitare di avere l'impressione che in lontananza l'assolata carreggiata appaia bagnata, con le auto che si rispecchiano in essa. Questo è dovuto al fatto che gli strati d'aria a contatto della strada si riscaldano fortemente, mentre quelli soprastanti hanno temperature decrescenti con l'altezza. Di conseguenza, l'aria a contatto del suolo sarà meno densa (con un indice di rifrazione minore) di quella agli strati superiori e i raggi che si immergono negli strati più bassi saranno costretti a incurvarsi verso l'alto.
Nella figura, all'osservatore posto in O i raggi dell'oggetto giungono contemporaneamente da 2 diverse direzioni, ossia da S e da S'; questi ultimi, tuttavia, sembreranno provenire da un'apparente riflessione dell'oggetto come se si trattasse effettivamente della riflessione su uno specchio d'acqua.
Fata Morgana
Dalla costa peninsulare dello Stretto di Messina può capitare di assistere a un raro fenomeno per cui la costa siciliana sullo Stretto appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro del mare. Si tratta anche in questo caso di un effetto dovuto alla particolare distribuzione dell'indice di rifrazione della luce solare nei diversi strati d'aria e quindi, in un certo senso, analogo al miraggio; la differenza sta nel fatto che l'indice di rifrazione assume un valore crescente con l'altezza sino a un valore massimo, per poi tornare a diminuire. Oltre a questo le immagini, a differenza di quanto si osserva nel miraggio, sono assai mutevoli, totalmente deformate e quindi irriconoscibili.
Per spiegare la Fata Morgana basta tenere presente la luce proveniente da un punto viene, per così dire, "spalmata" verticalmente in modo tale che gli oggetti lontani assumono le sembianze di torri, pinnacoli e obelischi. Il fenomeno può ovviamente verificarsi con diversa intensità, ma in certi casi, dalla costa Calabra, si può vedere Messina più vicina del normale con immagini distorte riflesse sul mare o sul suolo; in sostanza si ha l'impressione di osservare nello Stretto una città irreale che si modifica e svanisce in brevissimo tempo.
Bibliografia
http://www.galassiere.it/ottica1.htm
http://www.fisicamente.net/index-1060.htm
http://www.wikipedia.org
http://www.bathmath.it
http://www.ba.infn.it/~evangel/piccolo/tesi/index.html
http://flycase.esmartstudent.com
Ugo Amaldi: Fisica (secondo volume): idee ed esperimenti
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Esame di stato 2005/2006
Liceo scientifico “E. Torricelli”
L'ottica

Indice
INTRODUZIONE 3
RIFLESSIONE E RIFRAZIONE 3
LE LEGGI DELLA RIFLESSIONE 3
LA RIFLESSIONE SU UNO SPECCHIO PIANO 4
GLI SPECCHI CURVI 4
LE LEGGI DELLA RIFRAZIONE 5
FENOMENO DELLA BIRIFRAZIONE 5
LA RIFLESSIONE TOTALE 6
IL PRISMA 6
LE FIBRE OTTICHE 6
LA DISPERSIONE DELLA LUCE 6
LE ONDE LUMINOSE: IL MODELLO ONDULATORIO ED IL MODELLO CORPUSCOLARE 7
LA DIFFRAZIONE 7
L’INTERFERENZA DELLA LUCE 8
L’ESPERIMENTO DI YOUNG 8
I COLORI E LA LUNGHEZZA D’ONDA 9
LE ONDE ELETTROMAGNETICHE 9
I COLORI DEGLI OGGETTI 9
L’EMISSIONE E L’ASSORBIMENTO DELLA LUCE 10
L’EFFETTO DOPPLER 11
CURIOSITÀ 11
RIFRAZIONE ATMOSFERICA 11
MIRAGGIO 11
FATA MORGANA 12
BIBLIOGRAFIA 12
Introduzione
Il mio percorso si articola su uno dei rami della fisica che altamente influenza la vita di tutti i giorni: l’ottica. Non si tratta di un lavoro interamente dedicato all’ottica in tutto il suo insieme, ma solo di un’illustrazione di alcune parti che mi hanno particolarmente interessato e colpito e che ritenevo più importanti da sottolineare rispetto ad altre. Durante il mio lavoro ho usufruito del mio libro di testo con aggiunte dal web per completare il tutto con delle curiosità e approfondimenti.
Riflessione e rifrazione
Quando un raggio di luce che si propaga nell’aria incontra la superficie liscia dell’acqua, si spezza in due raggi: un raggio riflesso ed un raggio rifratto.
Il raggio riflesso continua a propagarsi nell’aria con la stessa ampiezza dell’angolo del raggio incidente. L’altro raggio, cioè quello rifratto, penetra nell’acqua e si piega verso la normale, cioè verso la retta perpendicolare alla superficie di separazione tra aria e acqua.
Il percorso seguito dalla luce tra due punti è sempre quello più breve in termini di durata, come in questo caso.
Questa suddivisione del raggio in due parti si verifica ogni volta che la luce attraversa la superficie che separa due mezzi trasparenti (aria-vetro; plexiglas-acqua; aria-acqua…). Se invece il secondo mezzo è opaco, il raggio rifratto manca. Se poi la superficie di separazione è piana e ben levigata, non soltanto manca il raggio rifratto, ma il raggio riflesso trasporta un’energia quasi uguale a quella del raggio incidente. In questo caso la superficie di separazione è una superficie riflettente.
L’energia del raggio incidente equivale a quella del raggio rifratto, sommata a quella del raggio riflesso e ad alcune perdite.
Iincid. = Irifrat. + Irifl. + perdite
Quindi, nel caso in cui la superficie sia uno specchio, manca il raggio rifratto, e il raggio incidente e riflettente hanno quasi la stessa energia, tenendo conto delle perdite.
Le leggi della riflessione
La riflessione è governata da due leggi:
1. Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza giacciono tutti sullo stesso piano;
2. L’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione.
Queste due leggi sono vere anche quando la superficie su cui incide il raggio luminoso è scabra, cioè presenta delle asperità. Dato che tutte le piccole porzioni di superficie hanno inclinazioni diverse tra di loro, i singoli raggi riflessi vengono sparpagliati in tutte le direzioni e non deviati uniformemente. L’effetto risultante è quindi una luce diffusa.
Questo fenomeno si può osservare anche nei telescopi: le piccole particelle di polvere che si depositano col tempo sullo specchio possono causare un lieve effetto di scattering (una o più particelle cambiano traiettoria per via della collisione con altre particelle; ciò è dovuto all'urto fra i fotoni [i corpuscoli che compongono la luce] e le particelle del materiale attraversato dai raggi luminosi) della luce, che può causare una perdita di contrasto nelle immagini. La luce interagisce con le molecole e viene da queste deviata. In particolare vengono deviate in maniera maggiore le frequenze elevate (blu) rispetto a quelle basse (rosso).
La riflessione su uno specchio piano
Una sorgente luminosa puntiforme emette luce in tutte le direzioni. Se la mettiamo vicino ad uno specchio, oltre a vederla direttamente, osserviamo anche una sua immagine, che sembra provenire da dietro lo specchio. Alcuni raggi luminosi arrivano direttamente al nostro occhio, mentre altri ci arrivano riflessi dallo specchio. Se prendiamo in considerazione solo due degli infiniti raggi che vengono emessi dalla sorgente, cioè il raggio perpendicolare alla superficie e un altro casuale che viene riflesso, osserviamo che il raggio perpendicolare viene riflesso percorrendo lo stesso cammino all’indietro mentre il raggio riflesso sarà quello che arriverà all’occhio dell’osservatore. I prolungamenti di questi due raggi si incontrano in un punto virtuale dietro lo specchio: infatti l’osservatore vede la sorgente nel punto dietro lo specchio anziché nella sua posizione reale. Questo punto virtuale si può definire immaginario, dato che i raggi raccolti dall’occhio dell’osservatore non passano per questo punto. Tutti gli oggetti riflessi su uno specchio piano mantengono le stesse dimensioni e risultano simmetrici rispetto all’oggetto reale: ad esempio se si fa riflettere la mano sinistra si può notare che sembra la mano destra.
Gli specchi curvi
Un rudimentale specchio curvo è un normale cucchiaio: se ci si riflette dalla parte convessa (esterna), l’immagine ci appare rimpicciolita e diritta, mentre dalla parte concava (interna), ci sembra capovolta e rimpicciolita. Altri esempi di specchi convessi sono gli specchietti retrovisori e quelli che si trovano nelle curve con poca visibilità. Gli specchi curvi sono la configurazione di base dei grandi telescopi.
Per capire come si forma l’immagine, consideriamo uno specchio sferico (porzione di una superficie sferica). I raggi di luce emessi da un oggetto luminoso si riflettono sulla parte convessa secondo le leggi di riflessione. L’immagine virtuale prodotta oltre lo specchio, che è poi quella che vediamo noi, ci risulta, come detto prima, rimpicciolita e diritta.
Per quanto riguarda lo specchio concavo, esso ci restituisce immagini diverse, a seconda della distanza a cui si trova l’oggetto. L’immagine che si forma, a meno che l’oggetto non sia molto vicino allo specchio, è capovolta e rimpicciolita e non sarà più un’immagine virtuale, ma reale, dato che i raggi riflessi da uno specchio convergono tutti nel punto A’.
Le leggi della rifrazione
Facendo passare un fascio di luce di un solo colore su una bacinella piena d’acqua. Il raggio rifratto si avvicina verso la normale. L’angolo di rifrazione, che ha per lati la normale e il raggio rifratto, è minore dell’angolo di incidenza. Questo accade quando la luce passa dall’aria al vetro o dall’acqua al vetro. Quando la luce compie il percorso inverso, allora il raggio rifratto si allontana dalla normale e sarà maggiore di quello di incidenza.
Il comportamento del raggio rifratto è descritto dalle leggi di rifrazione:
1. La prima legge afferma che il raggio incidente, quello rifratto e la normale alla superficie di separazione dei due mezzi giacciono sullo stesso piano;
2. La seconda legge, scoperta da Snell (astronomo e matematico olandese; Leida 1580 - 1626), afferma che il rapporto tra i seni dei due angoli, di incidenza e rifrazione, è costante:
( sen i / sen r ) = nab= va/vb = cva/cvb = nb/na
Il valore nab dipende solo dai due mezzi in cui passa la luce. nab è l’indice di rifrazione del mezzo B (in cui la luce entra) relativo al mezzo A (da cui la luce proviene). Se nab è maggiore di 1, si dice che il mezzo B è otticamente più denso del mezzo A, o anche è più rifrangente.
Quando la luce incide perpendicolarmente alla superficie di separazione, non cambia direzione, dato che gli angoli di incidenza e rifrazione sono uguali.
Nell’esperienza quotidiana si può notare come un oggetto che si trova sul fondo di un recipiente pieno d’acqua è visto in una posizione più alta di quella in cui si trova realmente. Un tipico esempio è quello del cucchiaio immerso in un bicchiere d’acqua che appare piegato. Questi fenomeni sono dovuti alla rifrazione dei raggi luminosi che, partendo dai punti di un corpo immerso nell’acqua, deviano quando passano nell’aria, allontanandosi dalla normale.
Fenomeno della birifrazione
La birifrazione è un fenomeno secondo il quale un raggio luminoso che attraversa un solido cristallino si sdoppia in due raggi. Il raggio luminoso che colpisce il cristallo si sdoppia al suo interno; uno dei due raggi prosegue il suo cammino senza deviazioni (raggio ordinario). Il secondo raggio (raggio straordinario) viene deviato dalla sua direzione iniziale allontanandosi dal raggio ordinario, secondo un angolo tipico del cristallo. All’uscita dal cristallo il raggio straordinario si riprende la direzione parallela al raggio ordinario, ma sarà tanto più distante da questo quanto più sarà lungo il suo percorso all’interno del cristallo. La deviazione infatti avviene solo all’interno del solido cristallino. Il fenomeno dello sdoppiamento non è una proprietà della luce, ma una proprietà del materiale attraversato. Il caso della birifrazione si può osservare nello spato d’Islanda o nella calcite (CaCO3).
La riflessione totale
Se si immagina di posizionare una sorgente di luce puntiforme all’interno di un blocco di vetro, si può osservare come i raggi rifratti ottenuti subiscano un allontanamento sempre maggiore dalla normale, questo perché si passa da un corpo più denso ad uno meno denso. Per ottenere una rifrazione, l’angolo di incidenza non deve superare l’angolo limite. Se questo avviene, o si ottiene un raggio rifratto radente alla superficie, nel caso l’angolo di incidenza corrisponda all’angolo limite, oppure esso si annulla e si ottiene solamente un raggio riflesso. Questo fenomeno si chiama riflessione totale. Un esempio è il prisma ad angolo retto.
L’applicazione di due prismi adiacenti crea un sistema di prismi a porro utilizzato nei cannocchiali o nei periscopi (ad esempio quelli dei sommergibili) per raddrizzare le immagini.
Il prisma
All’interno dei periscopi ci sono dei prismi che sono dei mezzi trasparenti limitati a superfici piane non parallele. La luce che penetra, ad esempio in un periscopio, è deviata due volte di 90° da due prismi a forma di triangolo rettangolo isoscele. Dentro ciascun prisma il raggio colpisce la faccia inclinata con un angolo superiore all’angolo limite ed è quindi riflesso totalmente.
Le fibre ottiche
Le fibre ottiche sono dei fili molto sottili di vetro o di plastica con le pareti estremamente lisce e regolari spesso coperte da un sottile strato di materiale trasparente di basso indice di rifrazione. La luce che vi penetra all’interno si riflette totalmente (dato che hanno un angolo limite abbastanza basso, 42°) diverse volte sulla superficie laterale della fibra ed esce all’estremità. Le fibre ottiche vengono attualmente usate in medicina, nelle telecomunicazioni.
La dispersione della luce
Un fascio di luce monocromatico, che incide sulla faccia di un prisma di vetro a sezione triangolare, subisce due rifrazioni. Una quando passa dall’aria al vetro e l’altra quando passa dal vetro all’aria, dopo aver attraversato il prisma. Nella prima rifrazione, l’angolo di rifrazione è minore dell’angolo di incidenza, nella seconda è maggiore. Il raggio che emerge dal prisma ha una direzione diversa da quella del raggio incidente. L’angolo formato dalla direzione del raggio incidente con quella del raggio che emerge dal prisma, si chiama angolo di deviazione. Esso è tanto maggiore, quanto maggiore è l’angolo formato dalle due facce del prisma. Se sul prisma incide un sottile fascio di luce bianca, come la luce solare, dall’altra parte emerge un fascio più spesso e colorato. Raccogliendo la luce che esce dal prisma su uno schermo si osserva una striscia luminosa nella quale si susseguono con continuità diversi colori. Nell’ordine si distinguono il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, l’indaco e il violetto; non esiste però una distinzione netta tra i colori. Questo fenomeno, chiamato, dispersione della luce, fu studiato da Newton nella seconda metà del ‘600. Egli chiamò spettro la striscia colorata di luce in cui si suddivide la luce bianca. La deviazione prodotta dal prisma dipende soltanto dall’indice di rifrazione del vetro.
La luce bianca è una mescolanza dei diversi colori spettrali. Il prisma non fa altro che separarli e disperderli, grazie al diverso indice di rifrazione del vetro per ognuno di essi. Un colore spettrale non può essere ulteriormente scomposto. Newton, per provare che la luce bianca è la combinazione dei colori dello spettro, ricombinò i raggi colorati ottenendo di nuovo luce bianca. I colori dello spettro ricordano i colori dell’arcobaleno che sono il risultato della diffusione, rifrazione e riflessione interna dei raggi solari da parte delle goccioline d’acqua (che fungono da prisma).
Le onde luminose: Il modello ondulatorio ed il modello corpuscolare
Esistono due modelli di onde luminose: quello corpuscolare e quello ondulatorio. Secondo il modello corpuscolare, la luce consiste in un flusso di particelle microscopiche (corpuscoli) che sono emesse a ritmo costante dalle sorgenti luminose. Esse si muovono in linea retta, attraversano i materiali trasparenti, rimbalzano come piccole palline sulle superfici dei materiali opachi e quando penetrano nel nostro occhio stimolano il senso della vista. Il modello ondulatorio sostiene invece che la luce sia un’onda. Essa consiste quindi in un trasferimento di energia e non di materia. Le sue proprietà sono simili a quelle delle onde elastiche, come per esempio le onde che si propagano su una corda.
Ci sono comunque delle differenze tra i due modelli. Il modello corpuscolare afferma che la luce si muove più velocemente in un mezzo più rifrangente che in un mezzo meno rifrangente. Il modello ondulatorio sostiene invece il contrario. Per decidere quali delle due teorie è sbagliata, occorre misurare la velocità della luce nel vuoto e in alcuni mezzi rifrangenti. Fizeau (fisico francese) mostrò che la luce si propaga tanto più lentamente quanto più il mezzo è otticamente denso. La velocità della luce in un mezzo che ha indice di rifrazione n rispetto al vuoto è v = ( c / n ) dove c è la velocità nel vuoto. Il moto ondulatorio, da quel momento prese il nome di teoria ondulatoria della luce. Nel ventesimo secolo sono state messe in evidenza nuove proprietà corpuscolari della luce.
Nel caso del modello corpuscolare, la rifrazione si spiega con una forza che agisce perpendicolarmente alla superficie di separazione tra i due mezzi rifrangenti. Se così fosse, il raggio rifratto in un mezzo più rifrangente (p.es. acqua) dovrebbe muoversi a velocità maggiore di quella del mezzo meno rifrangente (p.es. aria) da cui proviene e non c’è nessuna evidenza sperimentale di ciò anzi ci sono evidenze contrarie. Inoltre c’è il problema della diffrazione. Sono queste le “pietre tombali” del modello corpuscolare.
La diffrazione
Si consideri un fascio di raggi paralleli monocromatici che illuminano uno schermo opaco con una fenditura di larghezza regolabile. Se la fenditura è abbastanza larga, su uno schermo posto al di là di essa si osserva una striscia luminosa dai contorni ben definiti. Se la fenditura è più stretta, la striscia luminosa invece di assottigliarsi, si allarga. La luce invade così quella che dovrebbe essere la zona d’ombra.
Questo fenomeno, per cui la luce aggira gli ostacoli e invade la zona d’ombra geometrica, si chiama diffrazione. E’ un fenomeno tipico delle onde e possiamo osservarlo con le onde che si propagano sulla superficie dell’acqua.
Un gruppo di onde rettilinee che si propagano sull’acqua, provenendo da sinistra, incontrano una barriera con un’apertura di ampiezza variabile.
La diffrazione si manifesta in modo evidente quando le dimensioni dell’apertura (o dell’ostacolo) sono paragonabili o minori della lunghezza d’onda della perturbazione. Quando una lunghezza d’onda è grande rispetto alle dimensione dell’apertura (o dell’ostacolo) si ha la diffrazione, altrimenti non si ha la diffrazione e le ombre sono nette.
Ad esempio la lunghezza d’onda del suono è dell’ordine del metro. Anche le porte e le finestre hanno questa dimensione. Quindi attraverso di esse il suono diffrange in modo consistente.
La lunghezza d’onda della luce è uguale a 0,5 x 10-6 m. Questo spiega perché è impossibile vedere oggetti estremamente piccoli, come ad esempio gli atomi. Essi, anche con un microscopio potentissimo, non restituiscono un immagine chiara, ma solo una complessa figura di interferenza.
L’interferenza della luce
Un esempio di interferenza si può osservare con le onde di superficie che si propagano sull’acqua. La vaschetta di onde è un dispositivo costruito per visualizzare questo tipo di onde. Usando delle punte o delle barre che si immergono e si sollevano nella vaschetta, l’acqua viene perturbata e si ottengono diverse configurazioni. Un esempio di configurazione particolare nell’acqua è stato usato in precedenza con la diffrazione. Tornando all’esempio delle due punte, come si può notare in figura ci sono delle zone dove le perturbazioni si rinforzano (interferenza costruttiva) e dove si annullano (interferenza distruttiva). Ciò è dovuto alle differenti lunghezze d’onda delle onde. Quando la sorgente 1 e 2 hanno la differenza di una lunghezza d’onda si avrà un’interferenza costruttiva, quando la lunghezza d’onda della seconda è metà della prima, allora distruttiva.
L’esperimento di Young
L’esperimento consiste nel far passare un fascio di luce attraverso due fenditure vicine. L’esperimento fu eseguito da Thomas Young (1773 - 1829), scienziato inglese, per la prima volta nel 1801, concludendo che vi doveva essere una fortissima corrispondenza tra la natura del suono e quella della luce. Facendo passare i due fasci di luce attraverso le due fenditure, a causa del fenomeno della diffrazione le onde luminose al di là delle fenditure vanno ad interferire tra loro. Su uno schermo posto a distanza, se il fascio è monocromatico si possono osservare strisce luminose di luce chiare e scure. Le strisce chiare sono il prodotto di un’interferenza costruttiva, mentre quelle scure di un’interferenza distruttiva. Poiché l’interferenza è un fenomeno caratteristico della propagazione di onde, Young trovò nell’esperimento delle due fenditure una forte conferma della teoria ondulatoria della luce.

I colori e la lunghezza d’onda
I colori possiedono una propria lunghezza d’onda che va dai 380 nanometri del violetto ai 750 del rosso.
Violetto
380-430 nm
Azzurro
430-470 nm
verde
470-520 nm
Giallo
520-590 nm
Arancione
590-610 nm
Rosso
610-750 nm
Queste lunghezze d’onda vanno da un millesimo di millimetro a un decimillesimo di millimetro.
La frequenza che corrisponde a ciascuna lunghezza d’onda si ricava dalla relazione:
f = c / λ , dove c è la velocità della luce.
La frequenza delle vibrazioni luminose va dai 1014 Hz ai 1015 Hz ed è molto più grande delle vibrazioni acustiche, che varia tra circa 20 e 12000 Hz.
Le onde elettromagnetiche
Le onde luminose sono delle onde elettromagnetiche che si propagano anche nel vuoto, oltre che nei mezzi materiali. La propagazione nel vuoto è dovuta al fatto che nel vuoto esiste un campo magnetico variabile che genera un campo elettrico variabile che a sua volta genera un campo magnetico. Questo lavoro di rinforzo fa si che ci sia una propagazione di onde. Nei mezzi materiali avviene invece perché esiste del campo.
I colori degli oggetti
La luce bianca è costituita dai diversi colori dello spettro. Essa è una miscela di onde che hanno lunghezze d’onda diverse. Quando la luce bianca, come quella del sole o quella di una lampadina, illumina un oggetto, non sempre questo rimanda ai nostri occhi la stessa luce bianca. Più spesso diffonde un colore ben definito; a volte appare nero. Ma perché gli oggetti che ci circondano hanno colori diversi?
Ciò è dovuto al minore o maggiore assorbimento di determinati colori. Ad esempio una foglia appare verde perché assorbe tutti i colori della luce bianca e riflette il verde, che essa diffonde e rimanda ai nostri occhi.
Un corpo bianco riflette tutti i colori della luce bianca e ci appare tale, mentre uno nero li assorbe tutti. Quindi il nero, a differenza del bianco, che è un insieme di colore, non può essere considerato un colore, ma assenza di colore. Il colore non è una proprietà tipica di un oggetto, ma dipende dalla luce che lo colpisce. Una prova è data dall’illuminazione di qualsiasi oggetto con luce rossa. Tutti gli oggetti illuminati risultano rossi, tranne quelli neri.
L’emissione e l’assorbimento della luce
Per ottenere uno spettro si seleziona un fascio di luce, irradiato da una sorgente, mediante un diaframma con una fenditura. Lo si fa poi passare attraverso un prisma che lo suddivide nelle sue componenti spettrali. Così scomposto, il fascio viene raccolto di solito su una pellicola fotografica a colori, che rimane impressionata.
In genere i corpi solidi e liquidi portati all’incandescenza emettono uno spettro continuo, che appare sottoforma di una striscia luminosa continua di vari colori. L’emissione e l’assorbimento sono dovuti ai livelli elettronici quantizzati. Essi emettono quindi radiazioni visibili di tutte le lunghezze d’onda. Esempi di spettri continui sono quelli emessi dai filamenti di una lampadina, da un blocco di metallo (sia solido che allo stato liquido) che si trova a temperatura molto elevata o da un pezzo di carbone incandescente. Anche il Sole e le altre stelle danno luogo ad uno spettro. Questi corpi, però non sono nè liquidi nè solidi. Essi si trovano nello stato di plasma e irraggiano uno spettro continuo a causa della loro temperatura estremamente elevata. Le sostanze gassose fortemente riscaldate, o attraversate dalla corrente elettrica, emettono uno spettro a righe. Invece di una striscia continua colorata, appare una serie di righe brillanti e isolate. Ciascuna di esse è un’immagine colorata della fenditura. Una sostanza gassosa emette quindi soltanto alcune lunghezze d’onda.
Gli spettri a righe emessi da gas monoatomici sono caratteristici del particolare elemento chimico di cui il gas è costituito. Essi sono, per così dire, una carta d’identità dell’atomo, che lo rende riconoscibile fra tutti gli altri. Per esempio, il vapore di sodio, che si può ottenere ponendo su una fiamma un po’ di sale da cucina (NaCl), emette, tra le altre, una caratteristica luce gialla. Lo stronzio emette una luce rossa, il rame una luce verde ed il potassio, una luce blu

Analizzata nelle sue componenti spettrali, essa è costituita da due intense righe gialle molto vicine (di lunghezza d’onda pari a 589,0 nm e a 589,6 nm).
Ogni volta che in uno spettro vengono osservate queste due righe, si può affermare con certezza che nella sorgente luminosa si trova del sodio. Questo metodo di analisi chimica, che si chiama analisi spettrale, consente di rilevare tracce minime di sostanze e può essere applicato anche a corpi lontani, come il Sole e le stelle. Le radiazioni che una sostanza emette sono anche quelle che essa è in grado di assorbire. Per esempio, inviando un’intensa luce contenente tutte le frequenze attraverso una fiamma al sodio, nello spettro continuo si osservano due righe scure. Esse occupano esattamente le stesse posizioni delle due righe luminose gialle nello spettro di emissione del sodio.
L’effetto Doppler
L’effetto Doppler si verifica ogni volta che una sorgente di onde e l’osservatore sono in moto relativo, l’uno rispetto all’altro. Il suono udito dall’osservatore ha una frequenza f1 che è diversa dal suono emesso f. Se la sorgente è ferma e l’osservatore si muove con velocità ur, allora f1 = (v + o – ur) / v . Il segno “+” serve se l’osservatore si avvicina, mentre il segno “-“, se si allontana. Se invece l’osservatore è fermo e la sorgente si muove con velocità us, allora f1 = v / (v + o – us ) . Il segno “-” serve se la sorgente si avvicina, altrimenti si utilizza il segno “+”.
All’inizio del ‘900 Hubble notò che gli spettri di molte stelle “tendevano verso il rosso”: questo è il fenomeno del cosiddetto “redshift”. Egli spiegò che le stelle in allontanamento tendevano verso il rosso, mentre quelle in avvicinamento, verso il blu. Per notare questo spostamento negli spettri, bisogna prendere come riferimento delle righe di assorbimento. Ad esempio se si prende in esame lo spettro di una stella, in essa sono contenuti idrogeno ed elio, che ad esempio hanno una lunghezza d’onda, rispettivamente di 6000 e 6300 nanometri. Quindi si noteranno delle righe a 6000 e 6300. Se essa è in avvicinamento, allora queste righe saranno spostate ad esempio a 5900 e 6200, quindi più verso il rosso. Si deduce quindi che la stella è in avvicinamento.
In astronomia, l’effetto Doppler ha aiutato a riconoscere il fatto che l’universo è in continua espansione. L’effetto Doppler permette inoltre di misurare la velocità di una sorgente luminosa.
Curiosità
Quando la luce si mette a giocare con l'atmosfera si possono verificare fenomeni curiosi e talvolta insoliti. Alcuni, come l'arcobaleno, sono ben noti, mentre altri, come il miraggio, li notiamo magari di sfuggita senza preoccuparci tanto di come e perché si verificano.
Rifrazione Atmosferica
La pressione dell'aria, e con essa la sua densità, decresce con l'altezza; se, cioè, al livello del mare un metro cubo d'aria pesa mediamente 1,29 kg, a 5500 metri il suo peso è ridotto di circa la metà. Ma variando la densità dell'aria varia anche il suo indice di rifrazione. Di conseguenza i raggi luminosi che provengono dagli astri devono attraversare, nell'ultima parte del loro cammino, un mezzo non omogeneo di densità via via crescente, col risultato che s'incurvano verso il basso.
Se la stella si trova in S, per un osservatore O situato sulla superficie terrestre sembra che la stella sia in realtà situata in S', ossia un poco più alta sull'orizzonte; questa apparente elevazione prende appunto il nome di rifrazione atmosferica.
Miraggio
È un fenomeno dovuto all'incurvamento dei raggi luminosi quando attraversano strati d'aria non omogenei. Il tipo più comune di miraggio si osserva spesso d'estate sulle vaste distese di sabbia riscaldate dal Sole o, forse più frequentemente, sulle strade rettilinee asfaltate o sulle autostrade. Può capitare di avere l'impressione che in lontananza l'assolata carreggiata appaia bagnata, con le auto che si rispecchiano in essa. Questo è dovuto al fatto che gli strati d'aria a contatto della strada si riscaldano fortemente, mentre quelli soprastanti hanno temperature decrescenti con l'altezza. Di conseguenza, l'aria a contatto del suolo sarà meno densa (con un indice di rifrazione minore) di quella agli strati superiori e i raggi che si immergono negli strati più bassi saranno costretti a incurvarsi verso l'alto.
Nella figura, all'osservatore posto in O i raggi dell'oggetto giungono contemporaneamente da 2 diverse direzioni, ossia da S e da S'; questi ultimi, tuttavia, sembreranno provenire da un'apparente riflessione dell'oggetto come se si trattasse effettivamente della riflessione su uno specchio d'acqua.
Fata Morgana
Dalla costa peninsulare dello Stretto di Messina può capitare di assistere a un raro fenomeno per cui la costa siciliana sullo Stretto appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro del mare. Si tratta anche in questo caso di un effetto dovuto alla particolare distribuzione dell'indice di rifrazione della luce solare nei diversi strati d'aria e quindi, in un certo senso, analogo al miraggio; la differenza sta nel fatto che l'indice di rifrazione assume un valore crescente con l'altezza sino a un valore massimo, per poi tornare a diminuire. Oltre a questo le immagini, a differenza di quanto si osserva nel miraggio, sono assai mutevoli, totalmente deformate e quindi irriconoscibili.
Per spiegare la Fata Morgana basta tenere presente la luce proveniente da un punto viene, per così dire, "spalmata" verticalmente in modo tale che gli oggetti lontani assumono le sembianze di torri, pinnacoli e obelischi. Il fenomeno può ovviamente verificarsi con diversa intensità, ma in certi casi, dalla costa Calabra, si può vedere Messina più vicina del normale con immagini distorte riflesse sul mare o sul suolo; in sostanza si ha l'impressione di osservare nello Stretto una città irreale che si modifica e svanisce in brevissimo tempo.
Bibliografia
http://www.galassiere.it/ottica1.htm
http://www.fisicamente.net/index-1060.htm
http://www.wikipedia.org
http://www.bathmath.it
http://www.ba.infn.it/~evangel/piccolo/tesi/index.html
http://flycase.esmartstudent.com
Ugo Amaldi: Fisica (secondo volume): idee ed esperimenti
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