Il nucleo dell'atomo

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Testo

Il nucleo
Struttura dell'atomo
"Ernest Rutherford"
Nel 1911 E. Rutherford, in una serie di celebri esperienze in cui particelle a venivano fatte urtare su fogli metallici estremamente sottili, fu indotto a ritenere che la quasi totalità dell'atomo fosse concentrata nel nucleo, una piccola regione, carica positivamente, di raggio pari a 10­5 volte circa il raggio atomico. Questa ipotesi sulla configurazione dell'atomo fu confermata da molti esperimenti e costituisce il punto di inizio degli studi che si svilupparono, e si sviluppano, sotto il nome di fisica nucleare.
La carica elettrica dei nuclei, che è in valore assoluto un multiplo intero della carica di un elettrone, è detta numero atomico (Z): determina il numero di elettroni richiesti a rendere l'atomo neutro ed è perciò una carica positiva dovuta alla presenza di Z protoni. In natura esistono quasi tutti i valori di Z da 1 (idrogeno) a 92 (uranio): nuclei con Z>92 sono stati creati artificialmente, ma sono instabili, cioè esistono per breve tempo. Oltre ai protoni il nucleo contiene dei neutroni. Il numero totale A di protoni e di neutroni (cioè di nucleoni) è detto numero di massa. Nuclei con uguale Z hanno uguali proprietà chimiche, ma possono differire fisicamente nel numero di neutroni e assumere valori differenti di A (isotopi). Per nuclei leggeri A è usualmente vicino a 2Z (numero dei protoni approssimativamente uguale al numero dei neutroni), ma per nuclei più pesanti il numero di neutroni cresce più rapidamente di Z (per es. uno degli isotopi dell'uranio ha 146 neutroni e 92 protoni).
La massa di un nucleo atomico è minore della somma delle masse dei suoi nucleoni costituenti a causa di un contributo negativo alla massa che risulta dall'energia di legame nucleare B(Z, A), che è l'energia che occorre per separare gli Z protoni e gli N neutroni che compongono il nucleo: la teoria speciale della relatività afferma infatti che una perdita di energia in un sistema dinamico dà origine a una perdita di massa proporzionale. Risulta
B(Z, A) = Zmp+(A­Z)mn— m(Z, A),
dove mpe mn sono rispettivamente le masse del protone e del neutrone e m(Z, A) è la massa del nuclide (Z, A). In generale, una grande energia di legame favorisce la stabilità, cioè l'isotopo con l'energia di legame più grande è il più stabile e anche, perciò, il più abbondante in natura. Quando la configurazione del nucleo è stabile si parla di stato fondamentale del nucleo, per distinguerlo dallo stato eccitato, situazione che si verifica quando la configurazione dinamica del nucleo è alterata mediante una “eccitazione”, un cambiamento d'energia provocato da forze esterne (per es. bombardamento con raggi g). Le energie di legame per nucleone [B(Z, A)/A] hanno in tutti i nuclei valori compresi tra i 5 e i 9 MeV, con poche eccezioni tra i nuclei molto leggeri o molto pesanti, a causa delle repulsioni di natura elettrica: questo dato sperimentale è molto interessante perché la costanza del legame di ciascun nucleone della materia nucleare suggerisce che il suo stato di coesione è simile a quello di un liquido o di un solido. Un altro dato sperimentale confermato dall'esame dell'energia di legame dei nuclidi si riferisce agli elementi con lo stesso numero di massa (isobari): risulta che, tra gli isobari con A pari, quelli con Z e N dispari sono meno stabili di quelli con Z e N pari; tra gli isobari con A dispari vi è una sola composizione di protoni e neutroni con configurazione stabile; i soli nuclei stabili con un numero dispari di protoni e di neutroni sono:
²1H, 63LI, ¹º5B, ¹47N.
Il fatto che i nuclei con numero pari di nucleoni sono quelli che più abbondantemente si trovano in natura induce a pensare che le forze che si esercitano all'interno del nucleo (forze nucleari) siano forze a due corpi. È da notare infine che esistono delle formule che forniscono in buona approssimazione le masse m(A, Z) di tutti gli isobari in funzione di Z e A e di altre costanti opportunamente fissate: tra queste la più celebre è la formula semiempirica delle masse di Weizsäcker.
Le informazioni attuali sulle dimensioni nucleari provengono da esperienze molto raffinate di diffusione di elettroni e mesoni m ad alta energia: R. Hofstadter e i suoi collaboratori hanno compiuto una serie di misure molto accurate sulla diffusione di elettroni nell'arco di energia da 100 a 600 MeV e le hanno paragonate con i vari modelli sulla distribuzione spaziale della carica elettrica. In questo tipo di esperimenti (la diffusione da elettroni) il raggio di un nucleo si riferisce al raggio della sua distribuzione di carica, non della sua distribuzione spaziale: ma si hanno buone ragioni per ritenere che le due distribuzioni siano approssimativamente equivalenti. In generale, si è trovato che la densità di carica del nucleo r (r) rimane costante fino a un certo valore del raggio e poi decresce a zero con un andamento caratteristico, come se ci fosse una specie di “buccia”. Questo andamento sembra essere indipendente dal numero atomico eccetto che per i nuclei molto leggeri.
in cui rF è una costante dipendente dal valore della carica nucleare, a è una costante che vale 0,5 fermi e c è un parametro crescente con A secondo la legge c = 1,07 A¹/3 fermi. La funzione riprodotta in figura dimostra chiaramente che la nozione di raggio nucleare non è precisa; infatti la distribuzione di carica si riduce a zero non bruscamente, ma su un tratto di 2÷4 fermi, indipendentemente dal numero di massa. In modo operativo si usa rappresentare il raggio nucleare r mediante la formula r = r0 A¹/3 dove A è il numero di massa, e r0 è approssimativamente costante per tutta la tavola periodica passando da 1,4 fermi per i nuclei più leggeri a 1,2 fermi per quelli più pesanti. In questo modo il nucleo è assimilato a una sfera di raggio r e carica Ze: dall'ipotesi di sfericità si deduce che il volume nucleare dipende linearmente da A, e perciò che la densità della materia nucleare, cioè V/A, è costante per tutti i nuclei ed è pari a 2·10¹4g/cm³: un risultato che conferma lo stato della materia nucleare, quale risulta dagli esperimenti, che ancora suggerisce l'analogia con la materia liquida o solida. Occorre tuttavia rilevare che alcuni nuclei mostrano una distribuzione di carica elettrica non sferica, ma piuttosto ellissoidale. Un'altra proprietà del nucleo è il suo spin (I) che è la somma (intesa nel senso della meccanica quantistica) del momento angolare orbitale dei singoli nucleoni componenti (multipli interi di ®) e dei rispettivi spin (1/2 ®): si può misurare, per es., osservando il numero dei possibili orientamenti del nucleo (2I+1) posto in un campo magnetico. In genere i valori sperimentali di I sono piccoli: crescono con A, raggiungendo il valore massimo di 9/2 per i nuclei più pesanti; tutti i nuclei che hanno un numero pari di atomi e pari di protoni hanno spin zero, mentre nuclei con A dispari hanno spin semintero con l'eccezione dei quattro nuclei stabili che presentano spin nullo. Questi rilievi sperimentali indicano che i nucleoni tendono a disporsi in modo che il loro spin e i momenti angolari si elidano a vicenda. Tra i momenti elettromagnetici dei nuclei, quelli più importanti sono il momento di quadrupolo elettrico (i nuclei non possiedono momento di dipolo elettrico) che dipende dalle piccole deviazioni della distribuzione di carica dalla distribuzione sferica e il momento di dipolo magnetico, che è causato dal moto dei protoni, dai momenti magnetici dovuti agli spin dei protoni e dei neutroni e da certi altri effetti legati alla natura delle forze nucleari.
Accanto alle proprietà fisiche della configurazione più stabile di un nucleo, quali quelle finora esposte, esiste un'ampia conoscenza sperimentale sulle sue configurazioni non stabili (nuclei eccitati). La spettroscopia nucleare si occupa appunto di tutti i possibili stati del nucleo, cioè di tutte le possibili configurazioni energetiche in cui possono trovarsi, per es., dopo una qualsiasi reazione nucleare. Tali configurazioni o livelli di energia, indotte da una perturbazione sul sistema nucleare, costituiscono una utilissima fonte di informazioni sulla struttura del nucleo. Il nucleo eccitato può “decadere” o nel suo stato fondamentale, o in altri stati di energia minore di quella dello stato eccitato: contemporaneamente si può avere emissione di particelle a o b (v. RADIOATTIVITÀ ), o scissione del nucleo (v. FISSIONE ) in due nuclei, con produzione di particelle, oppure radiazione elettromagnetica. Dallo studio sistematico di queste e altre reazioni nucleari e il conseguente esame dei livelli eccitati nucleari si sono rilevati alcuni importanti fenomeni:
1. In corrispondenza dei nuclei con protoni o neutroni in numero di 2, 8, 20, 28, 50, 82, 126 (detti numeri magici) l'energia del primo livello eccitato presenta dei massimi molto pronunciati: in analogia con le forti energie di ionizzazione dei gas nobili della fisica atomica, esistono cioè delle configurazioni nucleari più stabili di altre; la stessa conclusione si ricava dall'esame dei livelli di nuclei il cui numero di protoni e di neutroni differisce di 1 dalla configurazione magica: la successione di questi livelli è infatti simile alla successione dei livelli energetici degli atomi idrogenoidi, come se, nel caso del nucleo, un solo nucleone (nucleone ottico) fosse responsabile dello stato di eccitazione del nucleo. I nuclei magici hanno configurazioni per lo più sferiche.
2. L'esame dei livelli di nuclei che si discostino molto dalle configurazioni magiche pone in luce uno spettro di natura del tutto differente, molto analogo alle bande rotazionali di una molecola*: cioè le energie si dispongono secondo la formula
EI = ®²I(I+1)/2J
dove I è lo spin dello stato eccitato (sempre pari) e J è una costante che si può interpretare come un momento d'inerzia rispetto a un asse di simmetria. I risultati sperimentali indicano che in questi nuclei tutto avviene come se i loro strati esterni scorressero senza attrito su quelli più interni, come in un liquido privo di viscosità. Come nelle molecole, sono stati inoltre riconosciuti livelli di natura vibrazionale, equidistanti tra di loro, a seconda della frequenza della vibrazione indotta sul sistema nucleare.
3. In tutti i nuclei si riconosce un tipo di eccitazione nucleare i cui livelli, molto distanti tra di loro, non sono classificabili tra i casi precedenti: probabilmente corrispondono a movimenti di oscillazione collettiva di quasi tutta la massa nucleare, con una “corrente” protonica che oscilla in fase discorde con la corrispondente corrente neutronica. Si è constatato che sviluppando una teoria fondata su questa idea il modo dipolare di tale oscillazione poteva dare una interpretazione adeguata del livello di energia di 20 MeV circa che presentano tutti i nuclei eccitati dai raggi g e che viene comunemente chiamata risonanza gigante.
4. L'esame dei livelli di nuclei speculari, cioè con uguale numero di massa, ma tali che il numero di protoni nell'uno sia uguale al numero di neutroni nell'altro, e viceversa, dimostra una sostanziale identità: ciò è prova assai importante del fatto che le forze nucleari sono invarianti rispetto alla carica, cioè gli stati dinamici nucleari sono simmetrici rispetto alla sostituzione di neutroni con protoni, e viceversa. In sostanza i nuclei isobari si raggrupperebbero in multipletti di massa le cui componenti si comportano in modo esattamente uguale per quel che concerne la loro struttura puramente nucleare e differiscono solo per la loro diversa struttura elettromagnetica.
Il nucleo atomico è sede di un campo nucleare, la cui natura è tuttora ignorata: le proprietà sperimentali di cui si è parlato portano a schematizzare il nucleo come un sistema di nucleoni che interagiscono con una forza a corto raggio e a due corpi, le cui caratteristiche si possono dedurre dagli esperimenti sull'interazione nucleone-nucleone; tale interazione infatti suggerisce l'esistenza di forze nucleari che:
a) siano indipendenti dalla natura del nucleone (protone o neutrone);
b) siano più intense di quelle elettromagnetiche o gravitazionali;
c) dipendano dalla distanza nel senso che si esercitano a distanze molto ravvicinate (qualche fermi), ma cadano rapidamente a zero a distanze maggiori;
d) dipendano dagli spin dei nucleoni e dal loro moto orbitale (accoppiamento spin-orbita) e dall'orientamento degli spin dei nucleoni rispetto alla direzione della linea che congiunge i loro baricentri (forze tensoriali);
e) mutino con lo stato di parità e di spin del sistema dei due nucleoni (forze di scambio). Si assume l'ipotesi che nei nuclei le forze a più di due nucleoni non siano importanti: tuttavia anche con questa semplificazione (forza nucleare uguale alla somma di tutte le forze che si esercitano tra le coppie di nucleoni) la matematica del problema è ancora estremamente complessa e risolubile solo per successive semplificazioni. Le più semplici ed evidenti proprietà del nucleo che devono essere spiegate sono la costanza, per ogni nucleo, dell'energia di legame per nucleone e quella della densità della materia nucleare, proprietà che costituiscono il fenomeno chiamato della saturazione, rispettivamente dell'energia di legame e della densità. Tale proprietà equivale a dire che nel nucleo la separazione media tra i nucleoni è uguale al raggio delle forze nucleari, cioè ciascun nucleone interagisce in media con un piccolo numero di nucleoni alla volta, indipendentemente da A. La saturazione dell'energia di legame può essere allora capita in termini della saturazione della densità nucleare: ciò restringe ovviamente i tipi di forze nucleari. È infatti chiaro che queste non potrebbero essere dovute all'effetto combinato di forze attrattive propriamente nucleari e forze repulsive coulombiane: si è indotti a pensare che le forze nucleari diventino fortemente repulsive a 0,4 fermi, e questo basta ad assicurare il fenomeno della saturazione. Esistono molti tentativi di descrivere le forze nucleari mediante un potenziale: a grandi distanze si sa che la parte dipendente dalla distanza r di questo potenziale è del tipo di Yukawa:

dove 1/m = 1,4 fermi è la lunghezza d'ondaCompton associata al mesone p (da Yukawa interpretato come la particella responsabile dell'interazione nucleare, in analogia al fotone nell'interazione elettromagnetica). La costante di accoppiamento —g² è notevolmente più grande (di un fattore 10²) della costante e² = ®c/137 caratteristica dell'interazione elettromagnetica. Per quello che riguarda il potenziale nucleare U(r) a distanze sensibilmente inferiori (dell'ordine del fermi), si sono escogitate molte funzioni, tra cui quella più comunemente usata nei calcoli è del tipo:

che è fondata sull'assunzione che il campo di forze nucleari sia rappresentabile mediante la sovrapposizione di un campo centrale di potenziale V(r) che descriverebbe l'effetto “medio” di tutti i nucleoni e ha una forma che è simile alla distribuzione di carica precedentemente descritta (distribuzione di Fermi) e tiene conto dell'interazione coulombiana tra i protoni (potenziale di Saxon-Wood) e di un campo che risulta dall'associazione di tutte le forze agenti su due nucleoni i e j il cui potenziale Vij dipende dalle coordinate dei due nucleoni, dal loro spin e dal loro spin isotopico, tenendo conto della natura dell'interazione nucleone-nucleone.
Niels Henrik David Bohr
Fissione nucleare
Più di dieci modelli sono stati proposti per la descrizione del nucleo atomico: la ragione di ciò sta nel fatto che è in effetti impossibile risolvere in modo analiticamente esatto il sistema nucleare. Tutti i sistemi dinamici, classici e quantistici, costituiti di più di due corpi, devono essere approssimati in modo molto drastico, per essere tradotti in equazioni del moto risolubili. La difficoltà di un sistema dinamico quantistico come quello del nucleo è resa ancor maggiore dal tipo di interazione nucleare, non ben conosciuto, ma certamente estremamente complesso: occorrerebbe scrivere e risolvere l'equazione di Schrödinger con un dato potenziale per un sistema di n corpi, il che è un problema matematicamente irrisolto; del resto il numero delle particelle è grande ma non grandissimo, cosicché sarebbe anche inadeguata una formulazione statistica del problema. In questa situazione, non sorprende il fatto che la maggior parte delle ricerche in questo campo non siano rivolte alla soluzione anche approssimata dell'equazione di Schrödinger, bensì piuttosto alla costruzione di modelli fisicamente plausibili da confrontare con i dati sperimentali disponibili. I modelli nucleari più noti e più usati sono i seguenti.
Modello a goccia. Nella sua origine storica, questo modello è fondato su alcune analogie tra il nucleo atomico e una goccia di liquido: il moto nucleare sarebbe analogo a quello molecolare in un liquido. Questo modello dà ragione del fatto sperimentale della saturazione, strettamente connesso alla costanza della densità di materia nucleare e alle energie di legame. Inoltre permette di descrivere con buona precisione il fenomeno della fissione. Tuttavia il modello non riesce a spiegare le anomalie nelle energie di legame corrispondenti ai numeri magici dei nucleoni; predice spettri di energia che corrispondono a moti collettivi sotto forma di oscillazioni della superficie nucleare, che, se sono riscontrati in alcuni nuclei, non sono sufficienti a identificare molti altri stati nucleari.
Modello a shell (a gusci), quasi-atomico, a particelle indipendenti, o di Hartree- Fock. Completamente opposto al modello a goccia, quello a shell assume che il moto di un nucleone non è sensibilmente correlato con quello degli altri nucleoni, ma piuttosto è determinato da un potenziale di singola particella leggermente variabile, dovuto all'effetto mediato dell'interazione con gli altri nucleoni. Questa impostazione è analoga a quella data da Hartree per l'atomo, nel quale ciascun elettrone è supposto muoversi in un campo centrale dovuto alla media delle interazioni dell'elettrone con gli altri elettroni e il nucleo al centro dell'atomo; nel caso del nucleo si sceglie un potenziale approssimativamente rettangolare o a forma di parabola. Questa forma di potenziale è appunto la ragione della successione irregolare dei livelli energetici del sistema livelli che sono propri di una singola particella in un campo centrale e danno la possibilità di capire perché i numeri magici danno configurazioni protoniche o neutroniche particolarmente stabili. Infatti quando il potenziale rettangolare è associato a un potenziale spin-orbita che accoppia lo spin di un nucleone lungo la direzione del suo momento angolare, la distribuzione dei livelli energetici è molto densa in certe regioni, vuota in altre e i numeri magici sono dati in modo del tutto naturale da quei numeri in corrispondenza dei quali nello spettro energetico dei livelli si verificano i salti maggiori di energia. Il modello a shell dà un buon accordo con gli spin e i momenti magnetici sperimentali di quasi tutti i nuclei allo stato fondamentale e un accordo non sempre soddisfacente con gli spettri nucleari. L'accordo coi risultati sperimentali non è invece soddisfacente nella predizione delle energie di legame, nella descrizione degli spettri e dei momenti di quadrupolo dei nuclei delle terre rare.
Modello unificato. Costituisce una sintesi dei due modelli precedenti (Bohr e Mottelson, 1952) e si fonda sull'idea che, se è vero che il moto di un nucleone all'interno del nucleo è approssimativamente indipendente dal moto degli altri, devono pur tuttavia esistere anche dei moti di natura collettiva, cioè del sistema nucleare considerato globalmente. Il più semplice di questi (non presente nel modello a goccia) consiste nella rotazione del nucleo totale quando questo non è sferico: se infatti da una parte ora si conoscono molti nuclei di forma non sferica, da cui gli elevati valori dei momenti quadrupolari osservati, dall'altra la rotazione di tali nuclei spiega le bande di livelli rotazionali che l'esperienza dimostra. In questo modello anche i nuclei sferici hanno moti di natura collettiva: si tratta delle oscillazioni di superficie del modello a goccia, qui riproposti in altra formulazione. L'equazione che sta alla base di questo modello tratta sullo stesso piano il comportamento dinamico dei singoli nucleoni e quello del nucleo inteso come entità globale, collettiva: di qui una maggior ricchezza di particolari nella risoluzione spettrale dei livelli energetici, spesso in ottimo accordo con i dati sperimentali.
Modello di Hartree-Fock generalizzato. Questo modello, suggerito da Brueckner, cerca di tener conto delle correlazioni tra nuclei deliberatamente trascurate sia nel modello a shell sia nel modello unificato, generalizzando opportunamente il modello a particelle indipendenti. Il metodo adottato, molto complesso dal punto di vista matematico, è di trasformare opportunamente l'equazione di Schrödinger per nucleoni tra di loro correlati in un'altra equazione di Schrödinger equivalente per nucleoni indipendenti: il prezzo di tale trasformazione sta nell'estrema complessità del potenziale “effettivo” che ne risulta. I calcoli sono molto laboriosi, ma sembra che i risultati siano incoraggianti: alcune energie di legame per la prima volta sembrano accordarsi con i dati sperimentali.
Modello a quartoni, estensione del modello a particelle alfa ai nuclei pesanti. Secondo tale modello le caratteristiche preminenti dei nuclei sono sempre fornite dal modello a shell (a gusci o a strati), ma si suppone che i nucleoni dei gusci incompleti si associno in quartetti (2 paia di protoni-neutroni); l'accoppiamento dei quartetti tra loro sarebbe responsabile della deformazione globale del nucleo.
Modello semitrasparente. Per interpretare i processi di diffusione di neutroni da parte di nuclei si usa un modello nel quale il nucleo si comporta come una sfera semitrasparente dotata di un certo indice di rifrazione e di una certa opacità. Questo modello riesce a interpretare le esperienze di diffusione di neutroni i cui risultati non sarebbero spiegabili quantitativamente con un modello in cui il nucleo fosse rappresentato da una sfera opaca.
Infine si deve notare che i modelli esposti vogliono rappresentare la struttura nucleare: per i modelli che intendono descrivere le reazioni nucleari.

Il nucleo
Struttura dell'atomo
"Ernest Rutherford"
Nel 1911 E. Rutherford, in una serie di celebri esperienze in cui particelle a venivano fatte urtare su fogli metallici estremamente sottili, fu indotto a ritenere che la quasi totalità dell'atomo fosse concentrata nel nucleo, una piccola regione, carica positivamente, di raggio pari a 10­5 volte circa il raggio atomico. Questa ipotesi sulla configurazione dell'atomo fu confermata da molti esperimenti e costituisce il punto di inizio degli studi che si svilupparono, e si sviluppano, sotto il nome di fisica nucleare.
La carica elettrica dei nuclei, che è in valore assoluto un multiplo intero della carica di un elettrone, è detta numero atomico (Z): determina il numero di elettroni richiesti a rendere l'atomo neutro ed è perciò una carica positiva dovuta alla presenza di Z protoni. In natura esistono quasi tutti i valori di Z da 1 (idrogeno) a 92 (uranio): nuclei con Z>92 sono stati creati artificialmente, ma sono instabili, cioè esistono per breve tempo. Oltre ai protoni il nucleo contiene dei neutroni. Il numero totale A di protoni e di neutroni (cioè di nucleoni) è detto numero di massa. Nuclei con uguale Z hanno uguali proprietà chimiche, ma possono differire fisicamente nel numero di neutroni e assumere valori differenti di A (isotopi). Per nuclei leggeri A è usualmente vicino a 2Z (numero dei protoni approssimativamente uguale al numero dei neutroni), ma per nuclei più pesanti il numero di neutroni cresce più rapidamente di Z (per es. uno degli isotopi dell'uranio ha 146 neutroni e 92 protoni).
La massa di un nucleo atomico è minore della somma delle masse dei suoi nucleoni costituenti a causa di un contributo negativo alla massa che risulta dall'energia di legame nucleare B(Z, A), che è l'energia che occorre per separare gli Z protoni e gli N neutroni che compongono il nucleo: la teoria speciale della relatività afferma infatti che una perdita di energia in un sistema dinamico dà origine a una perdita di massa proporzionale. Risulta
B(Z, A) = Zmp+(A­Z)mn— m(Z, A),
dove mpe mn sono rispettivamente le masse del protone e del neutrone e m(Z, A) è la massa del nuclide (Z, A). In generale, una grande energia di legame favorisce la stabilità, cioè l'isotopo con l'energia di legame più grande è il più stabile e anche, perciò, il più abbondante in natura. Quando la configurazione del nucleo è stabile si parla di stato fondamentale del nucleo, per distinguerlo dallo stato eccitato, situazione che si verifica quando la configurazione dinamica del nucleo è alterata mediante una “eccitazione”, un cambiamento d'energia provocato da forze esterne (per es. bombardamento con raggi g). Le energie di legame per nucleone [B(Z, A)/A] hanno in tutti i nuclei valori compresi tra i 5 e i 9 MeV, con poche eccezioni tra i nuclei molto leggeri o molto pesanti, a causa delle repulsioni di natura elettrica: questo dato sperimentale è molto interessante perché la costanza del legame di ciascun nucleone della materia nucleare suggerisce che il suo stato di coesione è simile a quello di un liquido o di un solido. Un altro dato sperimentale confermato dall'esame dell'energia di legame dei nuclidi si riferisce agli elementi con lo stesso numero di massa (isobari): risulta che, tra gli isobari con A pari, quelli con Z e N dispari sono meno stabili di quelli con Z e N pari; tra gli isobari con A dispari vi è una sola composizione di protoni e neutroni con configurazione stabile; i soli nuclei stabili con un numero dispari di protoni e di neutroni sono:
²1H, 63LI, ¹º5B, ¹47N.
Il fatto che i nuclei con numero pari di nucleoni sono quelli che più abbondantemente si trovano in natura induce a pensare che le forze che si esercitano all'interno del nucleo (forze nucleari) siano forze a due corpi. È da notare infine che esistono delle formule che forniscono in buona approssimazione le masse m(A, Z) di tutti gli isobari in funzione di Z e A e di altre costanti opportunamente fissate: tra queste la più celebre è la formula semiempirica delle masse di Weizsäcker.
Le informazioni attuali sulle dimensioni nucleari provengono da esperienze molto raffinate di diffusione di elettroni e mesoni m ad alta energia: R. Hofstadter e i suoi collaboratori hanno compiuto una serie di misure molto accurate sulla diffusione di elettroni nell'arco di energia da 100 a 600 MeV e le hanno paragonate con i vari modelli sulla distribuzione spaziale della carica elettrica. In questo tipo di esperimenti (la diffusione da elettroni) il raggio di un nucleo si riferisce al raggio della sua distribuzione di carica, non della sua distribuzione spaziale: ma si hanno buone ragioni per ritenere che le due distribuzioni siano approssimativamente equivalenti. In generale, si è trovato che la densità di carica del nucleo r (r) rimane costante fino a un certo valore del raggio e poi decresce a zero con un andamento caratteristico, come se ci fosse una specie di “buccia”. Questo andamento sembra essere indipendente dal numero atomico eccetto che per i nuclei molto leggeri.
in cui rF è una costante dipendente dal valore della carica nucleare, a è una costante che vale 0,5 fermi e c è un parametro crescente con A secondo la legge c = 1,07 A¹/3 fermi. La funzione riprodotta in figura dimostra chiaramente che la nozione di raggio nucleare non è precisa; infatti la distribuzione di carica si riduce a zero non bruscamente, ma su un tratto di 2÷4 fermi, indipendentemente dal numero di massa. In modo operativo si usa rappresentare il raggio nucleare r mediante la formula r = r0 A¹/3 dove A è il numero di massa, e r0 è approssimativamente costante per tutta la tavola periodica passando da 1,4 fermi per i nuclei più leggeri a 1,2 fermi per quelli più pesanti. In questo modo il nucleo è assimilato a una sfera di raggio r e carica Ze: dall'ipotesi di sfericità si deduce che il volume nucleare dipende linearmente da A, e perciò che la densità della materia nucleare, cioè V/A, è costante per tutti i nuclei ed è pari a 2·10¹4g/cm³: un risultato che conferma lo stato della materia nucleare, quale risulta dagli esperimenti, che ancora suggerisce l'analogia con la materia liquida o solida. Occorre tuttavia rilevare che alcuni nuclei mostrano una distribuzione di carica elettrica non sferica, ma piuttosto ellissoidale. Un'altra proprietà del nucleo è il suo spin (I) che è la somma (intesa nel senso della meccanica quantistica) del momento angolare orbitale dei singoli nucleoni componenti (multipli interi di ®) e dei rispettivi spin (1/2 ®): si può misurare, per es., osservando il numero dei possibili orientamenti del nucleo (2I+1) posto in un campo magnetico. In genere i valori sperimentali di I sono piccoli: crescono con A, raggiungendo il valore massimo di 9/2 per i nuclei più pesanti; tutti i nuclei che hanno un numero pari di atomi e pari di protoni hanno spin zero, mentre nuclei con A dispari hanno spin semintero con l'eccezione dei quattro nuclei stabili che presentano spin nullo. Questi rilievi sperimentali indicano che i nucleoni tendono a disporsi in modo che il loro spin e i momenti angolari si elidano a vicenda. Tra i momenti elettromagnetici dei nuclei, quelli più importanti sono il momento di quadrupolo elettrico (i nuclei non possiedono momento di dipolo elettrico) che dipende dalle piccole deviazioni della distribuzione di carica dalla distribuzione sferica e il momento di dipolo magnetico, che è causato dal moto dei protoni, dai momenti magnetici dovuti agli spin dei protoni e dei neutroni e da certi altri effetti legati alla natura delle forze nucleari.
Accanto alle proprietà fisiche della configurazione più stabile di un nucleo, quali quelle finora esposte, esiste un'ampia conoscenza sperimentale sulle sue configurazioni non stabili (nuclei eccitati). La spettroscopia nucleare si occupa appunto di tutti i possibili stati del nucleo, cioè di tutte le possibili configurazioni energetiche in cui possono trovarsi, per es., dopo una qualsiasi reazione nucleare. Tali configurazioni o livelli di energia, indotte da una perturbazione sul sistema nucleare, costituiscono una utilissima fonte di informazioni sulla struttura del nucleo. Il nucleo eccitato può “decadere” o nel suo stato fondamentale, o in altri stati di energia minore di quella dello stato eccitato: contemporaneamente si può avere emissione di particelle a o b (v. RADIOATTIVITÀ ), o scissione del nucleo (v. FISSIONE ) in due nuclei, con produzione di particelle, oppure radiazione elettromagnetica. Dallo studio sistematico di queste e altre reazioni nucleari e il conseguente esame dei livelli eccitati nucleari si sono rilevati alcuni importanti fenomeni:
1. In corrispondenza dei nuclei con protoni o neutroni in numero di 2, 8, 20, 28, 50, 82, 126 (detti numeri magici) l'energia del primo livello eccitato presenta dei massimi molto pronunciati: in analogia con le forti energie di ionizzazione dei gas nobili della fisica atomica, esistono cioè delle configurazioni nucleari più stabili di altre; la stessa conclusione si ricava dall'esame dei livelli di nuclei il cui numero di protoni e di neutroni differisce di 1 dalla configurazione magica: la successione di questi livelli è infatti simile alla successione dei livelli energetici degli atomi idrogenoidi, come se, nel caso del nucleo, un solo nucleone (nucleone ottico) fosse responsabile dello stato di eccitazione del nucleo. I nuclei magici hanno configurazioni per lo più sferiche.
2. L'esame dei livelli di nuclei che si discostino molto dalle configurazioni magiche pone in luce uno spettro di natura del tutto differente, molto analogo alle bande rotazionali di una molecola*: cioè le energie si dispongono secondo la formula
EI = ®²I(I+1)/2J
dove I è lo spin dello stato eccitato (sempre pari) e J è una costante che si può interpretare come un momento d'inerzia rispetto a un asse di simmetria. I risultati sperimentali indicano che in questi nuclei tutto avviene come se i loro strati esterni scorressero senza attrito su quelli più interni, come in un liquido privo di viscosità. Come nelle molecole, sono stati inoltre riconosciuti livelli di natura vibrazionale, equidistanti tra di loro, a seconda della frequenza della vibrazione indotta sul sistema nucleare.
3. In tutti i nuclei si riconosce un tipo di eccitazione nucleare i cui livelli, molto distanti tra di loro, non sono classificabili tra i casi precedenti: probabilmente corrispondono a movimenti di oscillazione collettiva di quasi tutta la massa nucleare, con una “corrente” protonica che oscilla in fase discorde con la corrispondente corrente neutronica. Si è constatato che sviluppando una teoria fondata su questa idea il modo dipolare di tale oscillazione poteva dare una interpretazione adeguata del livello di energia di 20 MeV circa che presentano tutti i nuclei eccitati dai raggi g e che viene comunemente chiamata risonanza gigante.
4. L'esame dei livelli di nuclei speculari, cioè con uguale numero di massa, ma tali che il numero di protoni nell'uno sia uguale al numero di neutroni nell'altro, e viceversa, dimostra una sostanziale identità: ciò è prova assai importante del fatto che le forze nucleari sono invarianti rispetto alla carica, cioè gli stati dinamici nucleari sono simmetrici rispetto alla sostituzione di neutroni con protoni, e viceversa. In sostanza i nuclei isobari si raggrupperebbero in multipletti di massa le cui componenti si comportano in modo esattamente uguale per quel che concerne la loro struttura puramente nucleare e differiscono solo per la loro diversa struttura elettromagnetica.
Il nucleo atomico è sede di un campo nucleare, la cui natura è tuttora ignorata: le proprietà sperimentali di cui si è parlato portano a schematizzare il nucleo come un sistema di nucleoni che interagiscono con una forza a corto raggio e a due corpi, le cui caratteristiche si possono dedurre dagli esperimenti sull'interazione nucleone-nucleone; tale interazione infatti suggerisce l'esistenza di forze nucleari che:
a) siano indipendenti dalla natura del nucleone (protone o neutrone);
b) siano più intense di quelle elettromagnetiche o gravitazionali;
c) dipendano dalla distanza nel senso che si esercitano a distanze molto ravvicinate (qualche fermi), ma cadano rapidamente a zero a distanze maggiori;
d) dipendano dagli spin dei nucleoni e dal loro moto orbitale (accoppiamento spin-orbita) e dall'orientamento degli spin dei nucleoni rispetto alla direzione della linea che congiunge i loro baricentri (forze tensoriali);
e) mutino con lo stato di parità e di spin del sistema dei due nucleoni (forze di scambio). Si assume l'ipotesi che nei nuclei le forze a più di due nucleoni non siano importanti: tuttavia anche con questa semplificazione (forza nucleare uguale alla somma di tutte le forze che si esercitano tra le coppie di nucleoni) la matematica del problema è ancora estremamente complessa e risolubile solo per successive semplificazioni. Le più semplici ed evidenti proprietà del nucleo che devono essere spiegate sono la costanza, per ogni nucleo, dell'energia di legame per nucleone e quella della densità della materia nucleare, proprietà che costituiscono il fenomeno chiamato della saturazione, rispettivamente dell'energia di legame e della densità. Tale proprietà equivale a dire che nel nucleo la separazione media tra i nucleoni è uguale al raggio delle forze nucleari, cioè ciascun nucleone interagisce in media con un piccolo numero di nucleoni alla volta, indipendentemente da A. La saturazione dell'energia di legame può essere allora capita in termini della saturazione della densità nucleare: ciò restringe ovviamente i tipi di forze nucleari. È infatti chiaro che queste non potrebbero essere dovute all'effetto combinato di forze attrattive propriamente nucleari e forze repulsive coulombiane: si è indotti a pensare che le forze nucleari diventino fortemente repulsive a 0,4 fermi, e questo basta ad assicurare il fenomeno della saturazione. Esistono molti tentativi di descrivere le forze nucleari mediante un potenziale: a grandi distanze si sa che la parte dipendente dalla distanza r di questo potenziale è del tipo di Yukawa:

dove 1/m = 1,4 fermi è la lunghezza d'ondaCompton associata al mesone p (da Yukawa interpretato come la particella responsabile dell'interazione nucleare, in analogia al fotone nell'interazione elettromagnetica). La costante di accoppiamento —g² è notevolmente più grande (di un fattore 10²) della costante e² = ®c/137 caratteristica dell'interazione elettromagnetica. Per quello che riguarda il potenziale nucleare U(r) a distanze sensibilmente inferiori (dell'ordine del fermi), si sono escogitate molte funzioni, tra cui quella più comunemente usata nei calcoli è del tipo:

che è fondata sull'assunzione che il campo di forze nucleari sia rappresentabile mediante la sovrapposizione di un campo centrale di potenziale V(r) che descriverebbe l'effetto “medio” di tutti i nucleoni e ha una forma che è simile alla distribuzione di carica precedentemente descritta (distribuzione di Fermi) e tiene conto dell'interazione coulombiana tra i protoni (potenziale di Saxon-Wood) e di un campo che risulta dall'associazione di tutte le forze agenti su due nucleoni i e j il cui potenziale Vij dipende dalle coordinate dei due nucleoni, dal loro spin e dal loro spin isotopico, tenendo conto della natura dell'interazione nucleone-nucleone.
Niels Henrik David Bohr
Fissione nucleare
Più di dieci modelli sono stati proposti per la descrizione del nucleo atomico: la ragione di ciò sta nel fatto che è in effetti impossibile risolvere in modo analiticamente esatto il sistema nucleare. Tutti i sistemi dinamici, classici e quantistici, costituiti di più di due corpi, devono essere approssimati in modo molto drastico, per essere tradotti in equazioni del moto risolubili. La difficoltà di un sistema dinamico quantistico come quello del nucleo è resa ancor maggiore dal tipo di interazione nucleare, non ben conosciuto, ma certamente estremamente complesso: occorrerebbe scrivere e risolvere l'equazione di Schrödinger con un dato potenziale per un sistema di n corpi, il che è un problema matematicamente irrisolto; del resto il numero delle particelle è grande ma non grandissimo, cosicché sarebbe anche inadeguata una formulazione statistica del problema. In questa situazione, non sorprende il fatto che la maggior parte delle ricerche in questo campo non siano rivolte alla soluzione anche approssimata dell'equazione di Schrödinger, bensì piuttosto alla costruzione di modelli fisicamente plausibili da confrontare con i dati sperimentali disponibili. I modelli nucleari più noti e più usati sono i seguenti.
Modello a goccia. Nella sua origine storica, questo modello è fondato su alcune analogie tra il nucleo atomico e una goccia di liquido: il moto nucleare sarebbe analogo a quello molecolare in un liquido. Questo modello dà ragione del fatto sperimentale della saturazione, strettamente connesso alla costanza della densità di materia nucleare e alle energie di legame. Inoltre permette di descrivere con buona precisione il fenomeno della fissione. Tuttavia il modello non riesce a spiegare le anomalie nelle energie di legame corrispondenti ai numeri magici dei nucleoni; predice spettri di energia che corrispondono a moti collettivi sotto forma di oscillazioni della superficie nucleare, che, se sono riscontrati in alcuni nuclei, non sono sufficienti a identificare molti altri stati nucleari.
Modello a shell (a gusci), quasi-atomico, a particelle indipendenti, o di Hartree- Fock. Completamente opposto al modello a goccia, quello a shell assume che il moto di un nucleone non è sensibilmente correlato con quello degli altri nucleoni, ma piuttosto è determinato da un potenziale di singola particella leggermente variabile, dovuto all'effetto mediato dell'interazione con gli altri nucleoni. Questa impostazione è analoga a quella data da Hartree per l'atomo, nel quale ciascun elettrone è supposto muoversi in un campo centrale dovuto alla media delle interazioni dell'elettrone con gli altri elettroni e il nucleo al centro dell'atomo; nel caso del nucleo si sceglie un potenziale approssimativamente rettangolare o a forma di parabola. Questa forma di potenziale è appunto la ragione della successione irregolare dei livelli energetici del sistema livelli che sono propri di una singola particella in un campo centrale e danno la possibilità di capire perché i numeri magici danno configurazioni protoniche o neutroniche particolarmente stabili. Infatti quando il potenziale rettangolare è associato a un potenziale spin-orbita che accoppia lo spin di un nucleone lungo la direzione del suo momento angolare, la distribuzione dei livelli energetici è molto densa in certe regioni, vuota in altre e i numeri magici sono dati in modo del tutto naturale da quei numeri in corrispondenza dei quali nello spettro energetico dei livelli si verificano i salti maggiori di energia. Il modello a shell dà un buon accordo con gli spin e i momenti magnetici sperimentali di quasi tutti i nuclei allo stato fondamentale e un accordo non sempre soddisfacente con gli spettri nucleari. L'accordo coi risultati sperimentali non è invece soddisfacente nella predizione delle energie di legame, nella descrizione degli spettri e dei momenti di quadrupolo dei nuclei delle terre rare.
Modello unificato. Costituisce una sintesi dei due modelli precedenti (Bohr e Mottelson, 1952) e si fonda sull'idea che, se è vero che il moto di un nucleone all'interno del nucleo è approssimativamente indipendente dal moto degli altri, devono pur tuttavia esistere anche dei moti di natura collettiva, cioè del sistema nucleare considerato globalmente. Il più semplice di questi (non presente nel modello a goccia) consiste nella rotazione del nucleo totale quando questo non è sferico: se infatti da una parte ora si conoscono molti nuclei di forma non sferica, da cui gli elevati valori dei momenti quadrupolari osservati, dall'altra la rotazione di tali nuclei spiega le bande di livelli rotazionali che l'esperienza dimostra. In questo modello anche i nuclei sferici hanno moti di natura collettiva: si tratta delle oscillazioni di superficie del modello a goccia, qui riproposti in altra formulazione. L'equazione che sta alla base di questo modello tratta sullo stesso piano il comportamento dinamico dei singoli nucleoni e quello del nucleo inteso come entità globale, collettiva: di qui una maggior ricchezza di particolari nella risoluzione spettrale dei livelli energetici, spesso in ottimo accordo con i dati sperimentali.
Modello di Hartree-Fock generalizzato. Questo modello, suggerito da Brueckner, cerca di tener conto delle correlazioni tra nuclei deliberatamente trascurate sia nel modello a shell sia nel modello unificato, generalizzando opportunamente il modello a particelle indipendenti. Il metodo adottato, molto complesso dal punto di vista matematico, è di trasformare opportunamente l'equazione di Schrödinger per nucleoni tra di loro correlati in un'altra equazione di Schrödinger equivalente per nucleoni indipendenti: il prezzo di tale trasformazione sta nell'estrema complessità del potenziale “effettivo” che ne risulta. I calcoli sono molto laboriosi, ma sembra che i risultati siano incoraggianti: alcune energie di legame per la prima volta sembrano accordarsi con i dati sperimentali.
Modello a quartoni, estensione del modello a particelle alfa ai nuclei pesanti. Secondo tale modello le caratteristiche preminenti dei nuclei sono sempre fornite dal modello a shell (a gusci o a strati), ma si suppone che i nucleoni dei gusci incompleti si associno in quartetti (2 paia di protoni-neutroni); l'accoppiamento dei quartetti tra loro sarebbe responsabile della deformazione globale del nucleo.
Modello semitrasparente. Per interpretare i processi di diffusione di neutroni da parte di nuclei si usa un modello nel quale il nucleo si comporta come una sfera semitrasparente dotata di un certo indice di rifrazione e di una certa opacità. Questo modello riesce a interpretare le esperienze di diffusione di neutroni i cui risultati non sarebbero spiegabili quantitativamente con un modello in cui il nucleo fosse rappresentato da una sfera opaca.
Infine si deve notare che i modelli esposti vogliono rappresentare la struttura nucleare: per i modelli che intendono descrivere le reazioni nucleari.

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