Scienza delle finanze

Materie:Riassunto
Categoria:Finanze

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Testo

FINANZA PUBBLICA ed ECONOMIA di MERCATO
Lo stato e gli enti pubblici esercitano una vasta gamma di attività, che incidono profondamente sulla vita degli individui della società. La concreta cura degli interessi collettivi, svolta dallo stato o da un altro ente pubblico, costituisce l’attività amministrativa pubblica. L’attività amministrativa pubblica è diretta a soddisfare una pluralità di interessi e bisogni mediante l’impiego di risorse materiali e umane che sono disponibili in quantità limitate.
L’insieme coordinato di tutti gli organi ed enti pubblici che gestiscono risorse economiche per fini di interesse pubblico costituisce il settore pubblico dell’economia nazionale.
Principio di efficienza: quando si riesce a raggiungere maggior risultato con il minor impiego di risorse.
Principio di efficacia: capacità di realizzare pienamente gli obbiettivi prefissati e corrispondere in modo soddisfacente ai bisogni della collettività.
L’economia di mercato si basa su rapporti di scambio o di collaborazione posti in essere dai privati mediante liberi accordi contrattuali: logica del tornaconto.
L’economia pubblica: lo stato e gli enti pubblici esercitano un potere di supremazia regolato dalle norme giuridiche e svolgono attività amministrativa emanando provvedimenti che incidono sui diritti e gli obblighi dei privati.
Nel mercato i prodotti sono destinati alla vendita, e quindi i costi sono coperti dai ricavi. Nel settore pubblico i servizi sono erogati (destinare una somma) per realizzare fini di interesse collettivo.
Strumento essenziale dell’azione amministrativa è la finanza pubblica, cioè l’attività svolta dalla Pubblica Amministrazione per acquisire, gestire e impiegare i mezzi finanziari occorrenti per la concreta attuazione di tutti i fini di interesse pubblico.
Lo studio dell’economia finanziaria pubblica ha lo scopo di individuare quale sia il ruolo del settore pubblico nel quadro dell’economia nazionale, conoscere gli obbiettivi e gli strumenti della finanza pubblica, analizzare le scelte che possono essere effettuate dall’operatore pubblico e valutarne le conseguenze economiche.
La scienza delle finanze studia la finanza pubblica non solo sotto l’aspetto economico, ma anche sotto l’aspetto politico, scelta degli interessi da soddisfare e dei mezzi per provvedervi è espressione di valutazioni operate dalle forze politiche che governano il paese; giuridico, attività finanziaria dello Stato e degli enti pubblici è disciplinato da leggi e regolamenti che vincolano i cittadini e limitano il potere della Pubblica Amministrazione; tecnico, gestione del pubblico denaro deve svolgersi secondo regole di correttezza amministrativa e contabile.
Nell’ottocento primo modello dell’intervento dello stato: liberismo puro, stato non interveniva nell’economia svolgeva solo le funzioni pubbliche essenziali, ovvero la legge e l’ordine.
Seconda metà ottocento: sistema di interventi, attribuzione di nuovi compiti dello Stato, ovvero massicci interventi pubblici per opere e servizi destinati a favorire le attività produttive e le comunicazioni; primi interventi sociali volti a sollevare le più gravi situazioni di indigenza.
Per porre rimedio alla grande crisi (1929) che aveva travolto le economie dei paesi industrializzati, lo stato si accorge di dover tutelare i componenti più deboli della collettività e assicurare ai cittadini una migliore qualità della vita, quindi intervento pubblico si intensificò.
Metà novecento intervento nel campo delle attività produttive diventò un elemento strutturale del sistema economico, perché lo stato assunse in via permanente il compito di correggere gli squilibri del mercato e favorire lo sviluppo della piena occupazione. Nasce lo Stato sociale, che cerca di creare le condizioni necessarie per garantire a tutti un’esistenza dignitosa.
Fin dall’inizio del Novanta si è avvertita la necessità do ridurre l’area dell’intervento pubblico e lasciare un maggiore spazio all’iniziativa privata e all’attività di mercato.
Secondo il modello del liberismo puro il ruolo della finanza pubblica dovrebbe essere assolutamente neutrale, si configura come un sistema a sé stante e separato, senza interferenze con il sistema di mercato. Pian piano comincia ad assumere un ruolo attivo, determinato da motivazioni di politica economica o di politica sociale. Acquistò così il ruolo che ha oggi, ovvero quello di strumento da utilizzare in funzione di determinati obbiettivi di politica economica (finanza funzionale).
GLI OBBIETTIVI della FINANZA PUBBLICA
La politica monetaria è l'insieme di misure adottate dalle autorità per regolare la quantità di mezzi di popolamento in circolazione.
Per politica economica si intende l’insieme degli interventi posti in essere dalle autorità pubbliche per indirizzare il sistema economico verso determinati obbiettivi.
La politica fiscale è costituita dall’insieme degli interventi di politica economica effettuati dagli organi di governo mediante variazioni quantitative e qualitative delle entrate e delle spese pubbliche. Si articola in una serie di scelte:
* Vengono individuati gli obbiettivi
* Vengono scelti gli interventi che si ritengono più idonei
* Stabilite le misure finanziarie necessarie a realizzare gli interventi prescelti
* Decidere in che modo dovranno essere reperite le risorse per fare fronte all’aumento di spesa o alla riduzione di entrata derivante dalle misure adottate
Lo stato interviene nel sistema economico non solo perché vuole creare una certa stabilità, ma anche perché vuole dare un certo input per uno sviluppo.
Obbiettivi della politica finanziaria:
1. Allocazione: stato interviene perché ha interesse che le risorse siano distribuite in modo tale da fornire un buon sistema economico, ovvero consente di svolgere meglio al sistema le sue funzioni
2. Redistribuzione: evitare un allargamento tra i vari recipienti di reddito, esempio assegni famigliari
3. Stabilità: evitare fluttuazioni marcate che possano indurre scompensi nel sistema
4. Sviluppo: aumento nel tempo del reddito e quindi del benessere dei cittadini, ad esempio fornire infrastrutture
GLI STRUMENTI della FINANZA PUBBLICA
Lo strumento tipico dell’economia finanziaria pubblica è la gestione di risorse finanziarie, che trova espressione nel bilancio dello Stato, e degli enti pubblici e si articola nella erogazione delle spese pubbliche e nell’acquisizione delle entrate pubbliche. Altri strumenti sono la gestione di beni mobili e immobili appartenenti allo Stato e agli enti pubblici e l’esercizio di imprese da parte di soggetti del settore pubblico.
Gli interventi che il Governo intende attuare mediante la gestione di risorse finanziarie devono essere coordinati tra di loro.
Lo strumento che consente di attuare il coordinamento delle scelte in materia di finanza pubblica è il bilancio. Il bilancio pubblico è un prospetto nel quale sono esposte le entrate e le spese dello Stato, o di altro ente pubblico, relative a un determinato periodo di tempo. I finanziamenti servono a coprire le spese, infatti lo stato deve coordinare le entrate e le spese e stabilire con quali mezzi coprire gli obbiettivi. Nel bilancio entrate e spese sono distinte e contrapposte, in modo che si possa evidenziarne il saldo, che può essere il pareggio, l’avanzo o il disavanzo.
Il bilancio svolge funzioni fondamentali sotto diversi profili:
* Sul piano politico, consente di sottoporre le scelte pubbliche al controllo e all’approvazione degli organi rappresentativi della volontà popolare (si capisce orientamento di chi è al potere)
* Sul piano giuridico, segna i limiti entro i quali la Pubblica Amministrazione è legittimata a gestire le entrate e le spese (bilancio se non è approvato non è applicabile)
* Sul piano economico, dà la possibilità di programmare e valutare gli effetti specifici delle operazioni di entrata e di spesa e l’effetto complessivo dell’attività del settore pubblico (operatore pubblico infierisce sul risultato economico del sistema)
Sono le spese pubbliche che determinano le entrate e rappresentano un impiego di risorse da parte del settore pubblico e costituisce un efficace strumento di politica economica, è la spesa pubblica che muove il sistema economico. Mediante le entrate pubbliche una parte della ricchezza nazionale viene prelevata per essere destinata ai fini di interesse collettivo e servono per finanziare le spese, lo stato preleva ricchezza per fini collettivi, compie scelte: quanto?? Da chi?? E in che tempi (quando)?? L’acquisizione delle entrate può avvenire in forme diverse, di cui la più importante è l’imposizione dei tributi.
I beni appartenenti allo Stato e agli enti pubblici sono suddivisi in due grandi categorie: i beni del demanio pubblico e i beni del patrimonio. Il loro regime è previsto dall’articolo 822 e seguenti del codice civile.
Beni del demanio pubblico: sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei casi e nei modi previsti da norme di diritto pubblico. Si distinguono in due categorie:
a. Demanio necessario, beni che possono appartenere solo allo stato, comprendono il demanio marittimo (lido del mare, spiagge), il demanio idrico (fiumi, torrenti, laghi) e il demanio militare (opere destinate alla difesa nazionale)
b. Demanio accidentale, beni soggetti al regime del demanio pubblico nel caso in cui appartengano allo stato o a un ente territoriale. Comprendono: demanio culturale (immobili di interesse storico, artistico), demanio stradale e ferroviario (strade, autostrade), aeroporti, acquedotti, cimiteri e mercati comunali
Beni del patrimonio: sono disciplinati secondo il regime comune della proprietà privata, salva l’applicazione di norme speciali poste a tutela dell’interesse pubblico. Si distinguono in due categorie:
a. Beni patrimoniali indisponibili, possono essere alienati ma non possono essere sottratti alla loro destinazione. Comprendono: foreste, miniere, acque termali, cose di interesse culturale trovate nel sottosuolo, caserme e armamenti, navi e aeromobili militari, edifici sedi di pubblici uffici e loro arredi, beni della dotazione del Capo dello Stato
b. Beni patrimoniali disponibili, sono liberamente alienabili. Comprendono tutti i beni che appartengono allo Stato o a un ente pubblico e che non sono compresi fra quelli demaniali o patrimoniali indisponibili.
Una parte considerevole del patrimonio disponibile è rappresentata dalle aziende e dalle quote di partecipazione societaria possedute dallo Stato o da enti pubblici.
Il patrimonio dello stato e degli enti pubblici è detto anche demanio fiscale perché ha la funzione di fornire all’Amministrazione Pubblica i mezzi necessari alla sua organizzazione. Ma in realtà la gestione di beni patrimoniali da parte del settore pubblico è sempre stata difficoltosa e inefficiente, fino al punto da ignorare, in molti casi, l’effettivo valore dei beni amministrati. Da circa un decennio sono state attuate attività di valorizzazione dei beni che possono essere utilizzati in modo redditizio e la dismissione di quelli che non sono suscettibili di valorizzazione (dismissione: cessazione di un’attività o trasferimento della proprietà del bene). Lo strumento previsto dalla legge per accelerare la dismissione è la cartolarizzazione del patrimonio immobiliare: gli immobili vengono ceduti in blocco a una società a capitale interamente pubblico, che li acquista finanziandosi con l’emissione di prestiti obbligazionari e pone a garanzia del finanziamento i proventi della vendita degli immobili. Man mano che le vendite sono effettuate, i sottoscrittori dei titoli obbligazionari ricevono la restituzione delle somme anticipate. Oggi esiste una società che si occupa della cartolarizzazione dei beni immobili dello Stato: patrimonio dello Stato SpA.
Uno strumento di intervento pubblico particolarmente penetrante è l’esercizio di attività imprenditoriale da parte dello Stato e degli enti pubblici. Lo strumento dell’impresa pubblica è stato inizialmente utilizzato per la produzione di servizi di pubblica utilità in regime di monopolio. Nella seconda metà del Novecento l’impresa pubblica è diventata strumento per la realizzazione di più ampi obbiettivi di redistribuzione, stabilizzazione e sviluppo:
* Favorire lo sviluppo industriale nelle aree più svantaggiate
* Creare posti di lavoro per combattere la disoccupazione
* Potenziare la produzione nei settori che hanno un’importanza strategica per la crescita economica
Le imprese pubbliche sono state organizzate principalmente in tre forme:
a) Gestione diretta da parte dello Stato o degli enti territoriali, mediante proprie strutture aziendali (hanno diritto pubblico)
b) Istituzione di enti pubblici aventi come oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività industriale o commerciale (hanno diritto pubblico)
c) Acquisto di quote di partecipazione in società per azioni (sottoposta a diritto privato, è la quota di maggioranza che decide)
Il processo di privatizzazione delle imprese, iniziato agli inizi del ’90, prevede i seguenti passaggi:
* Azienda pubblica trasformata in S.p.A.
* Soggetto pubblico deve fare un’offerta sul mercato per far comperare le quote ai privati
I SOGGETTI e i DIVERSI LIVELLI della FINANZA PUBBLICA
A livello nazionale opera lo Stato, l’ente sovrano che aggrega tutto il popolo e tutto il territorio in un unico ordinamento giuridico-politico e gestisce risorse per provvedere ai fini che riguardano l’intera nazione.
All’interno dell’ordinamento statale operano gli enti territoriali, che aggregano le collettività residenti nei rispettivi territori e svolgono attività politica e amministrativa per realizzarne gli interessi e promuoverne lo sviluppo. Inoltre gli enti territoriali godono di un’ampia autonomia perché sono espressione diretta delle rispettive collettività e ne rappresentano gli interessi. Hanno una sfera di attività definita, circoscritta agli interessi pubblici affidati loro dalla legge. Per il conseguimento dei propri specifici fini gestiscono risorse finanziarie, acquisite nei modi previsti dalla legge che li riguardano.
Sistema della finanza pubblica (o centralismo fiscale): l’attività amministrativa era gestita prevalentemente dal Governo centrale: le Regioni avevano competenze amministrative e circoscritte a determinate materie ed avevano un ruolo marginale. La politica finanziaria era gestita unicamente a livello statale.
Decentramento amministrativo: la situazione cambiò quando funzioni e compiti amministrativi precedentemente esercitati dallo Stato cominciarono a essere decentrati e attribuiti agli enti territoriali. Le ragioni del decentramento sono politiche, economiche e tecniche. (In Italia il processo di decentramento amministrativo cominciò a essere attuato negli anni Settanta ed è proseguito mediante lo sviluppo sempre più ampio delle autonomie locali).
Federalismo amministrativo e fiscale: all’inizio degli anni Novanta il sistema dei rapporti fra lo Stato e gli enti territoriali cominciò a cambiare evolvendosi gradualmente verso forme di federalismo amministrativo e fiscale. Sono conferite agli enti locali e alle Regioni tutte le funzioni attinenti delle rispettive comunità, tranne quelle espressamente riservate allo Stato. Il sistema di ripartizione delle competenze amministrative si basa sul principio di sussidiarietà: le funzioni amministrative devono essere svolte dagli enti più vicini alle esigenze collettive da soddisfare e agli enti di livello superiore sono attribuiti soltanto i compiti che non possono essere efficacemente esercitati dagli enti di livello inferiore. Il sistema del federalismo fiscale si basa sul principio che a livello statale debbano essere erogati e finanziati i servizi che riguardano, in modo indivisibile, l’intera collettività nazionale mentre i servizi destinati a soddisfare i bisogni locali debbano essere prodotti dai governi locali e finanziati dalla popolazione locale.
CARATTERI, FUNZIONI e REQUISITI del BILANCIO
Il bilancio è un documento giuridico (previsto dalla costituzione approvato con legge) contabile (contiene i valori di entrate e uscite) obbligatorio, avente forma e forza di legge (approvato dal Parlamento) nel quale sono elencate ordinariamente le spese e le entrate relative all'attività finanziaria dello Stato per un determinato periodo, che può essere della durata di un anno (bilancio annuale) o della durata di più anni (bilancio pluriennale, di solito 3 anni). Il bilancio dello stato e degli enti pubblici è un bilancio finanziario in quanto registra le operazioni che danno luogo a entrate o a spese monetarie. Si conclude con un equilibrio fra entrate e spese (pareggio) oppure con un surplus o con un deficit di risorse finanziarie, cioè con un avanzo o con un disavanzo.
L’attività dello stato viene suddivisa in periodi di dodici mesi, ciascuno dei quali ha una propria individualità amministrativa e contabile e prende il nome di anno finanziario. Il complesso di operazioni che vengono effettuate nel corso di un anno finanziario prende il nome di esercizio finanziario.
Il bilancio di previsione viene redatto prima che abbia inizio l’anno finanziario ed espone le operazioni che si prevede di realizzare. Ha la funzione di dare un indizio sulla gestione e stabilirne le linee di guida.
Il rendiconto viene redatto dopo che l’anno è trascorso e registra i risultati ottenuti.
Il diritto al bilancio è quel diritto esercitato dai cittadini attraverso i loro rappresentati (Camera e Senato) a dare la loro opinione e decidere quali sacrifici e per quali fini bisogna compiere determinati sacrifici.
Il Governo, espressione della maggioranza, fa delle previsioni (bilancio di previsione) che sottomette all’approvazione del Parlamento (approvazione indiretta dei cittadini). L’approvazione del bilancio pluriennale indica la corrispondenza fra la linea politica del Governo e quella della maggioranza parlamentare.
L’approvazione del bilancio annuale deve avvenire tramite una legge, che i cittadini devono rispettare (i sacrifici possono essere richiesti solo per legge), questo non succede per il bilancio di previsione che non ha nessun vincolo, ovvero non diventa legge.
Attraverso l’esame delle voci di entrata o di spesa, e delle somme stanziate per ciascuna di esse nel bilancio si vedono gli obbiettivi che un governo privilegia. Le previsioni di bilancio rappresentano la traduzione in cifre degli interventi programmati. Il bilancio annuale permette di valutarne le conseguenze economiche che si verificano nel breve periodo. Per questo deve essere affiancato dal bilancio pluriennale, che consente di coordinare e monitorare gli interventi di politica economica.
Il rendiconto indica in che misura gli interventi effettivamente attuati corrispondono a quelli programmati e in che misura gli obbiettivi della finanza pubblica sono stati raggiunti. Costituisce la base per la programmazione degli obbiettivi e degli interventi futuri.
L’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese avvengono mediante procedure amministrative regolate dalla legge che si svolgono in più fasi:
1. FASE 1: accertamento delle entrate e impegno delle spese: viene individuato il credito o il debito della Pubblica Amministrazione nei confronti di un determinato soggetto. Per le entrate si ha l’accertamento, con cui si stabilisce il diritto della Pubblica Amministrazione a riscuotere una determinata somma di denaro; per le spese si ha l’impegno con cui l’Amministrazione si vincola a pagare una determinata somma di cui è debitrice.
2. FASE 2: riscossione delle entrate e pagamento delle spese: la Pubblica Amministrazione ottiene la somma di cui era creditrice o corrisponde la somma di cui è debitrice. Per le entrate si ha la riscossione con la quale si ottiene spontaneamente o coattivamente la somma dovuta dal debitore. Per le spese si ha il pagamento con cui viene corrisposta all’avente diritto la somma dovuta dall’amministrazione.
3. FASE 3: residui attivi e passivi: alla fine dell’anno finanziario è possibile che ci siano entrate accertate ma non ancora riscosse (residui attivi) o spese impegnate ma non ancora pagate (residui passivi). Questi residui che si formano in un determinato anno finanziario devono essere riportati alla contabilità dell’anno successivo, in modo che il procedimento di gestione possa continuare fino alla riscossione o fino al pagamento.
Il bilancio di competenza registra le entrate che vengono accertate e le spese che vengono impegnate nell’esercizio considerato. È redatto secondo il criterio della “competenza giurdicio-finanziaria”, perché fa riferimento al momento in cui si accerta il diritto a riscuotere o si assume l’obbligo di pagare. È il tipico strumento per il controllo giuridico e politico del Parlamento nei confronti del Governo e ha la fondamentale funzione di vincolare le decisioni di spesa delle Amministrazioni Pubbliche e di porre un limite alla possibilità di assumere impegni.
Il bilancio di cassa registra le entrate che vengono riscosse e le spese che vengono pagate nell’esercizio considerato. È detto anche “bilancio materiale”, perché fa riferimento al momento in cui le somme di denaro vengono concretamente acquisite o erogate. Ha una funzione più efficace come strumento di politica economica perché mette in evidenza i flussi di moneta immessi dal settore pubblico nel sistema economico attraverso il pagamento delle spese o prelevati attraverso la riscossione delle entrate. Consente di valutare con immediatezza gli effetti della finanza pubblica.
Principi del bilancio:
a. Annualità: deve essere redatto almeno una volta all’anno per consentire un controllo politico e giuridico sull’attività del Governo;
b. Universalità: tutte le entrate e le spese devono essere iscritte in bilancio;
c. Integrità: tutte le entrate e le spese devono essere iscritte al lordo di qualsiasi onere o provento ad esse collegato;
d. Unità: tutte le entrate formano un’unica massa che serve a finanziare qualunque spesa;
e. Specificazione: gli stanziamenti delle entrate e delle spese devono essere iscritte con massima precisione per evitare che i fondi vengano usati per scopi diversi per quelli che erano destinati;
f. Veridicità: il bilancio deve essere fedele alla realtà;
g. Pubblicità: deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale;
h. Tendenziale equilibrio: deve conformarsi a ciò che dice Unione Europea.
IL BILANCIO dello STATO ITALIANO
Articolo 81 Cost. (principi in materia di bilancio): “Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo (questa disposizione delinea il rapporto tra il potere esecutivo e quello legislativo: spetta al Governo formulare le scelte di politica finanziaria e sottoporle all’esame del Parlamento, e spetta al Parlamento approvarle se corrispondono alla linea politica della maggioranza). L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi (questa disposizione riguarda l’ipotesi che l’anno finanziario abbia avuto inizio senza che il bilancio di previsione sia stato approvato). Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte (ha lo scopo di assicurare che il saldo tra le entrate e le spese non peggiori per effetto di leggi successive).”
Sulla base dei principi stabiliti dalla Costituzione il sistema dei conti pubblici è disciplinato da leggi ordinarie: norme sulla contabilità di Stato, che ha subito variazioni:
* Fino alla metà del Novecento il bilancio era disciplinato secondo un criterio patrimoniale-aziendalistico, con l’obbiettivo di garantire una corretta gestione del pubblico denaro e di individuare la responsabilità amministrativa e contabile dei funzionari.
* All’inizio degli anni Settanta furono attuate varie innovazioni finalizzate a valorizzare la funzione economica del bilancio e ad armonizzare il sistema di contabilità italiano con quello dei Paesi appartenenti alla Comunità europea.
* Alla fine degli anni Settanta è stata attuata un’organica riforma delle norme sulla contabilità di Stato allo scopo di rendere più efficace la funzione dei conti pubblici come strumento di programmazione economica.
* Tra gli anni Ottanta e Novanta molte disposizioni sono state modificate o integrate: è stato introdotto il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF); è stata riformata la struttura del bilancio con una nuova classificazione delle entrate e delle spese allo scopo di rendere più chiaro il criterio di ripartizione delle risorse in funzione di diversi obbiettivi e di aumentare l’autonomia e la responsabilità dei dirigenti pubblici nella gestione della spesa; è stato introdotto un sistema di contabilità economica allo scopo di rendere possibile il controllo sui costi, risultai e rendimenti dell’attività amministrativa.
Le entrate e le spese si articolano in unità revisionali di base, ciascuna delle quali è approvata separatamente dal Parlamento. Ciascuna unità revisionale è costituita da un insieme di risorse, destinate a una determinata area di attività e affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa.
Classificazione delle entrate:
a. Titoli raggruppano le entrate a seconda della loro funzione e sono quattro:
* Entrate tributarie: entrate che derivano dal potere d’imperio dello Stato
* Entrate extratributarie: entrate che sono al di fuori del potere d’imperio dello Stato
* Entrate per alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e per la riscossione di crediti: provengono dalla vendita di beni dello Stato e dalla concessione di finanziamenti a terzi (privati o pubblici)
* Entrate per accensione di prestiti: emissione di titoli del debito pubblico (stato chiede dei soldi)
b. Unità previsionali di base rappresentano le entrate che ciascun centro di responsabilità ha il compito di accertare, ma costituiscono una semplice stima
c. Categorie individuano la natura economica del cespite dal quale proviene l’entrata
d. I capitoli distinguono le voci di entrata secondo l’oggetto
Classificazione delle spese:
a. Le funzioni-obbiettivo indicano la destinazione funzionale della spesa con riferimento agli obbiettivi e alle politiche di settore.
b. Le unità previsionali di base sono costituite dalle somme assegnate alla gestione dei singoli centri di responsabilità. La Pubblica Amministrazione non può effettuare variazioni compensative, sono ammesse soltanto le variazioni espressamente autorizzate nella legge di approvazione del bilancio o in altra legge successiva. Ai fini dell’approvazione parlamentare sono distinte in tre titoli:
* Unità di spesa corrente riguardano le spese di ordinaria amministrazione
* Unità di spesa in conto capitale comprendono le spese per infrastrutture, contributi o prestiti per il finanziamento di attività produttive,…
* Unità di spesa per il rimborso di prestiti comprendono le spese per l’estinzione del debito pubblico
c. I capitoli mettono in evidenza l’oggetto della spesa
Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione espone l’ammontare delle entrate e delle spese, distinte per titoli, ed evidenzia i risultati differenziali. Il risultato differenziale è il saldo che risulta dalla somma algebrica fra le entrate e le spese esposte in bilancio. Vengono esposti quattro risultati differenziali:
* Il risparmio pubblico rappresenta il saldo di parte corrente ed è costituito dalla differenza fra il totale delle entrate tributarie ed extratributarie con il totale delle spese correnti
* Il saldo netto da finanziare è il saldo tra il totale delle entrate finali e il totale delle spese finali ed è la differenza fra i primi tre titoli di entrata e l’insieme delle spese correnti in conto capitale
* L’indebitamento netto è il saldo fra le entrate finali e le spese finali con l’esclusione di tutte le voci che si riferiscono a operazioni di finanziamento
* Il ricorso al mercato è dato dalla differenza fra il totale di tutte le spese e il totale dei primi tre titoli di entrata; se negativo indica il disavanzo complessivo che deve essere coperto mediante prestiti pubblici
La politica di bilancio consiste nella manovra coordinata delle entrate e delle spese pubbliche allo scopo di realizzare determinati obbiettivi di politica economica e finanziaria.
Manovra di bilancio:
1. FORMAZIONE delle PREVISIONI: “La impostazione delle previsioni di entrata e di spesa del bilancio dello Stato è ispirata al metodo della programmazione economico-finanziaria”, lo scopo è di assicurare la coerenza fra gli stanziamenti di bilancio e gli obbiettivi a breve e a medio termine che lo Stato intende raggiungere nel periodo considerato. Il punto di partenza della manovra di bilancio è il Documento di programmazione conomomico-finanziaria (DPEF), presentato dal Governo al Parlamento entro il 15 maggio. Espone le linee di politica economica e finanziaria che il Governo intende attuare a breve e a medio termine. Attualmente fa riferimento a un periodo di quattro anni. Indica:
* gli obbiettivi macroeconomici
* gli obbiettivi di finanza pubblica
* l’andamento tendenziale delle entrate e delle spese secondo le leggi attualmente vigenti
* le variazioni che devono essere apportate all’andamento delle entrate e delle spese di coerenza con gli obbiettivi programmati
* il contenuto e la quantificazione degli interventi di finanza pubblica proposti
* il contenuto dei provvedimenti collegati con la manovra finanziaria
Per assicurare che gli stanziamenti previsti siano coerenti con gli indirizzi della manovra, è necessario che prima dell’approvazione del bilancio il legislatore apporti alle leggi vigenti le variazioni necessarie per regolare l’andamento delle entrate e delle spese secondo gli obbiettivi programmati. Lo strumento finanziario che consente questo è la legge finanziaria che deve essere presentato al Parlamento entro il 30 settembre dal ministro dell’Economia e delle Finanze. Le modifiche alla legislazione vigente che non possono essere attuate con la legge finanziaria sono realizzate mediante i cosiddetti collegati, cioè con appositi disegni di legge che si pongono in collegamento logico e contabile con la manovra di bilancio. Sono considerati collegati i disegni di legge che riguardano le materie previste nel DPEF e sono finalizzati a modificare la legislazione di entrata o di spesa di specifici comparti. Presentati al Parlamento entro il 15 novembre. Entro il 30 settembre il ministro dell’Economia e delle Finanze predispone e presenta al Palamento il disegno di legge per l’approvazione del bilancio annuale e del bilancio triennale. Entro il 30 settembre il ministro dell’Economia e delle Finanze presenta la relazione previsionale e programmatica, espone il quadro economico generale e illustra gli indirizzi della politica encomia e gli obbiettivi della manovra.
2. APPROVAZIONE delle PREVISIONI: entro il 31 dicembre, dopo l’approvazione della legge finanziaria, il Parlamento provvede ad approvare il bilancio.
Procedimento di approvazione:
a. il progetto di legge viene esaminato dalla commissione per il bilancio, che svolge un lavoro di carattere preparatorio e ne riferisce all’assemblea.
b. Ha luogo la discussione in assemblea, cui segue il voto espresso con riferimento a ogni singola unità previsionale
c. Il contenuto di ogni singola unità previsionale assume valore vincolante e non può essere variato se non mediante una legge
d. Con l’approvazione di entrambe le Camere il bilancio diventa delle dello stato
e. Promulgazione da parte del Presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
L’approvazione del bilancio annuale autorizza il Governo ad accertare e riscuotere le entrate e a impegnare e pagare le spese in esso previste. Per il bilancio triennale l’approvazione non comporta l’autorizzazione ad acquisire le entrate, né a eseguire le spese. Se il bilancio annuale di previsione non viene approvato entro il 31 dicembre, il Parlamento può concedere l’autorizzazione all’esercizio provvisorio, che consente al Governo di gestire provvisoriamente l’attività amministrativa sulla base del bilancio in corso di approvazione, questo è concesso dal Parlamento con legge e per un periodo non superiore a quattro mesi.
3. LE VARIAZIONI e l’ASSESTAMENTO delle PREVISIONI:nel corso dell’esercizio finanziario possono verificarsi nuove situazioni che implicano la necessità di sostenere spese non previste in bilancio o di aumentare lo stanziamento per quelle previste. Ciò rende necessaria la variazione delle previsioni di bilancio. Per determinati tipi di spesa la copertura è assicurata in via preventiva, mediante l’accantonamento di fondi di riserva o di fondi speciali iscritti in bilancio. Le somme stanziate nei fondi possono essere prelevate per integrare lo stanziamento di determinati capitoli di spesa indicati nelle previsioni di bilancio, la variazione avviene con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze. Esistono anche le assegnazioni di bilancio, ovvero provvedimenti con cui viene incrementato lo stanziamento di determinati capitoli, indicati in appositi elenchi, senza prelevare somme da alcun fondo. Le variazioni delle unità revisionali previste in bilancio possono essere apportate soltanto con legge. Per adeguare le previsioni alle concrete esigenze della gestione finanziaria, entro il mese di giugno di ciascun anno il ministro dell’Economia e delle Finanze presenta al Parlamento un disegno di legge per l’assestamento degli stanziamenti del bilancio. L’assestamento ha la stessa natura del bilancio di previsione e quindi non può introdurre nuovi tributi o nuove spese che non siano previsti dalle leggi in vigore. Dopo l’assestamento possono essere necessari ulteriori variazioni legislative agli stanziamenti previsti. I relativi disegni di legge devono essere presentati al Parlamento non oltre il 31 ottobre, in modo che si possa prevedere alla loro approvazione prima della chiusura dell’esercizio.
4. L’ESECUZIONE delle PREVISIONI e i CONTROLLI:
a. GESTIONE di COMPETENZA: l’attività di gestione del bilancio è sottoposta a controlli interni ed esterni che ne garantiscono la regolarità, la legittimità e l’efficienza.
* I controlli interni sono esercitati da uffici facenti parte della stessa Amministrazione. Ci sono due tipi di controllo:
• Un controllo sulla legalità e sulla regolarità contabile
• Un controllo sulla efficienza, efficacia ed economicità della gestione
* I controlli esterni vengono esercitati dalla Corte dei Conti che ha la funzione di assicurare che gli atti del Governo vengano compiuti nell’osservanza della legge (controllo di legittimità):
• Controllo preventivo, che ha per oggetto soltanto determinati tipi di decreti governativi, indicati dalla legge. Ha lo scopo di verificare se l’atto sia conforme alla legge e trovi riscontro nel bilancio di previsione. Se il controllo ha esito positivo la Corte appone il visto sull’atto e ne ordina la registrazione; l’atto visitato e registrato può ricevere esecuzione;
• Controllo successivo è esercitato sulla gestione svolta dalle Amministrazioni Pubbliche. Alla fine dell’esercizio la Corte sottopone a controllo il rendiconto generale dello Stato.
b. GESTIONE di CASSA: ha luogo mediante l’incasso delle entrate e il pagamento delle spese. Svolta dalla Tesoreria dello Stato (gestiti dalla Banca d’Italia) sotto la vigilanza del Dipartimento del Tesoro. Negli uffici di tesoreria si distinguono due specie di operazioni:
* Operazioni di bilancio, inerenti all’incasso delle entrate e al pagamento delle spese iscritte nel bilancio di previsione
* Operazioni di tesoreria, finalizzate ad acquisire le liquidità necessarie per il regolare svolgimento del servizio di cassa
L’andamento della gestione di cassa dello Stato viene esposta nel conto riassuntivo del Tesoro. Entro il mese di febbraio il ministro dell’Economia e delle Finanze presenta la Parlamento una relazione annuale sulla stima del fabbisogno di casa del settore statale. Entro il mese di maggio, agosto e novembre il ministro presenta le relazioni trimestrali sui risultati della gestione di cassa con riferimento all’intero settore pubblico. Queste due relazioni consento di valutare e verificare la situazione dei flussi di cassa derivanti dalle operazioni di bilancio e di tesoreria.
5. IL RENDICONTO GENERALE dello STATO: al termine dell’esercizio finanziario vi è la necessità di verificare in che modo e con quali risultati le previsioni del bilancio siano state attuate: fase di rendicontazione, che ha un suo documento il rendiconto generale dello Stato, che si compone di due documenti:
a) Conto del bilancio: rappresenta il riassunto della gestione finanziaria svolta nell’esercizio che si è chiuso. È redatto in termini di competenza e di cassa e comprende: le entrate e le spese di competenza dell’anno; la gestione dei residui attivi e passivi degli esercizi precedenti; le somme incassate e quelle pagate; il conto totale dei residui attivi e passivi che si trasmettono all’esercizio successivo.
b) Conto generale del patrimonio: presenta la situazione patrimoniale dello Stato. Comprende: le attività e le passività finanziarie e patrimoniali; le variazioni in aumento o in diminuzione dovute alla gestione del bilancio o ad altre ragioni; la dimostrazione dei punti di concordanza fra la contabilità del bilancio e quella patrimoniale
Il rendiconto è sottoposta al controllo della Corte dei Conti mediante il giudizio di parificazione, che comporta il confronto fra i dati risultanti dal rendiconto e i dati risultanti dalle scritture tenute dalla Corte in sede di controllo sugli atti di gestione. Il disegno di legge per l’approvazione del rendiconto è presentato alle Camere entro il 30 giugno dal ministro dell’Economia e delle Finanze.
L’EQUILIBRIO dei CONTI PUBBLICI e i VINCOLI EUROPEI
In un’impresa si pone il problema dell’avanzo, del disavanzo o del pareggio, questo non si pone per lo Stato, perché può decidere di spendere più delle sue entrate, verificandosi così avanzo, disavanzo o pareggio, senza richiedere che venga raggiunto il pareggio tra le entrate e le spese.
Teorie sul bilancio:
a. Teoria neoclassica: bilancio neutrale che corrisponde alla concezione classica della finanza pubblica come sistema a sé stante, distinto e separato dal sistema economico. Per chiudere il bilancio in pareggio lo stato fornisce servizi che solo lui può offrire (es.: giustizia. L’avanzo non è ammissibile e il disavanzo può essere ammesso soltanto in circostanze eccezionali (guerre, calamità,…), quindi è ammesso il debito pubblico.
b. Superamento teoria classica: teoria del bilancio neutrale è stata superata con l’affermarsi della convinzione che la finanza pubblica non è un sistema chiuso ma è parte integrante del sistema economico del Paese, cioè il pubblico e il privato in alcuni casi si sovrappongono e quindi il pubblico quando interviene nell’economia (obbiettivi di sviluppo ed equilibrio) può portare a un disavanzo. Per questo sono state elaborate diverse teorie:
* Il doppio bilancio: concepisce il bilancio come strumento di politica di sviluppo e si fonda sulla distinzione fra spese ed entrate correnti e spese ed entrate in conto capitale. Il bilancio di parte corrente deve chiudersi ogni anno con un pareggio o con un avanzo, mentre il bilancio in conto capitale può dar luogo a un disavanzo, fronteggiato con l’accensione di prestiti pubblici. Il ricorso all’indebitamento viene giustificato con la considerazione che l’investimento pubblico accresce la ricchezza nazionale e pone le premesse di maggiori entrate future
* La teoria del bilancio ciclico: si fonda sulle teorie di Keynes, il bilancio viene considerato come strumento per una politica di stabilizzazione, ovvero finalizzata a correggere gli squilibri derivanti dalle fluttuazioni cicliche dell’economia. Nelle fasi di recessione viene alleggerito il prelievo fiscale e aumentata la spesa pubblica con il risultato di un disavanzo di bilancio. Nelle fasi di espansione si richiede un aumento del prelievo e una contrazione della spesa pubblica, di conseguenza il bilancio realizza un avanzo.
* La teoria del bilancio funzionale: vede il disavanzo come uno strumento di intervento in funzione dell’equilibrio economico generale. Il prelievo fiscale, la spesa e il debito pubblico sono considerati esclusivamente come strumenti di intervento economico (es.: aumento IVA per scoraggiare il consumo di un dato bene). Il risultato di bilancio viene considerato non più come un fine ma come un mezzo, e l’indebitamento non è ritenuto un sintomo di squilibrio ma una forma di finanziamento che può essere manovrata per fini di politica economica.
* La teoria delle scelte pubbliche: (critica all’economia del disavanzo) evidenzia come il continuo cumularsi dei elevati deficit di bilancio finisca con il porre a carico delle generazioni future il costo dei beni e servizi forniti dal settore pubblico alla generazione presente. Rimedio: vincolo formale all’azione del legislatore, mediante l’introduzione di norme costituzionali che stabiliscano limiti alla creazione di disavanzi. In Europa questi limiti per i Paesi dell’area euro è posto a livello soprannazionale, con il patto di stabilità e crescita (si cerca di contenere il disavanzo attraverso parametri che tutti i paesi dell’UE devono seguire).
L’equilibrio tra i conti pubblici costituisce un preciso impegno per gli stati membri dell’Unione Europea e soprattutto per quelli che appartengono all’area della moneta unica. Per cui con il Trattato di Maastricht del 1992 l’UE ha posto la condizione che il deficit di bilancio non sia superiore al 3% del prodotto interno lordo. La politica di bilancio è disciplinata tramite il Patto di stabilità e crescita, ovvero accordi per cui gli stati dell’UE si impegnano a rispettare le regole dettate per la composizione del bilancio. Gli stati membri devono presentare annualmente un programma triennale che fissa un obbiettivo di bilancio prossimo al pareggio nel medio periodo.
Quando in uno stato il deficit supera la soglia del 3% si applica la procedura dei disavanzi eccessivi. La Commissione europea deve anzitutto valutare la situazione economico-finanziaria del Paese tenendo conto sia dei fattori che hanno determinato il disavanzo sia dei fattori che possono correggere nel tempo lo squilibrio. Dopodiché il Consiglio dei ministri economico-finanziari decide se si tratti di un deficit eccezionale o temporaneo, e decide se è necessario un intervento. Il deficit deve essere corretto entro l’anno successivo; in circostanze particolari questo termine può essere prorogato di un anno, ed eventualmente di altri due anni nel caso in cui si siano verificati eventi economici gravi e inattesi. Se la correzione non ha luogo si applica una sanzione, che consiste nel versamento di una somma di denaro.
Al patto di stabilità europeo fa riscontro il patto di stabilità interno, per quale gli enti territoriali devono concorrere all’equilibrio della finanza pubblica e agli obbiettivi di stabilità derivanti dai vincoli europei. Il ricorso all’indebitamento è ammesso soltanto per finanziare gli investimenti. L’autonomia della contabilità e dei bilanci è conseguenza della più ampia autonomia normativa, amministrativa e finanziaria che caratterizza gli enti pubblici nei confronti dello Stato. Derivano due esigenze:
* che i bilanci dello stato e degli enti pubblici siano redatti secondo criteri omogenei
* che i bilanci di tutte le istituzioni pubbliche siano consolidati in un unico conto che offra una visione unitaria degli indirizzi e dei risultati dell’attività finanziari pubblica
Il quadro unitario del sistema di finanza pubblica è dato dal consolidamento dei conti pubblici. Il conto consolidato è un prospetto contabile che si forma fornendo i bilanci dello Stato e degli altri enti pubblici, con l’eliminazione delle partite che si compensano a vicenda. Vengono predisposti tre conti consolidati:
* il conto del settore statale è un consuntivo finanziario che mette in evidenza il fabbisogno finanziario del settore statale;
* il conto del settore pubblico evidenzia il fabbisogno finanziario complessivo di tutto il settore;
* il conto economico delle Amministrazioni Pubbliche evidenzia l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche. È diviso in tre sottosettori: amministrazioni centrali, amministrazioni locali ed enti previdenziali.
IL DEBITO PUBBLICO
Quando le entrate di bilancio non sono sufficienti a coprire le spese, il pareggio finanziario si ottiene mediante l’accensione di prestiti sul mercato del risparmio. L’indebitamento è una forma di entrata particolarmente rischiosa per l’equilibrio della finanza pubblica perché è fonte di nuove spese. Se i disavanzi sono molto rilevanti e perdurano nel tempo, la spesa per gli interessi incide pesantemente sul bilancio e può creare la necessità di ricorrere a nuovi prestiti, fino a portare il deficit a livelli difficilmente controllabili.
Con l’accensione di prestiti lo Stato raccoglie il risparmio liquido precedentemente accumulato dai cittadini agisce direttamente sul mercato dei capitali con conseguenze immediate sul valore della moneta, sui tassi di interesse e sugli investimenti. Lo stato ricorre all’indebitamento perché l’ammontare della spesa pubblica è tale da non potere essere finanziato con il reddito corrente dell’anno sicché diventa necessario intaccare il risparmio formato negli anni precedenti.
Ci sono altri due strumenti con i quali lo Stato può attingere al risparmio dei cittadini:
* l’alienazione di beni o aziende appartenenti al patrimonio pubblico fornisce alla Pubblica Amministrazione un’entrata costituita dal prezzo pagato dagli acquirenti, i quali ritengono conveniente investire in tal modo i loro risparmi piuttosto che destinarli ad altri impieghi;
* l’imposizione patrimoniale straordinaria è una forma di prelievo che, per le sue caratteristiche, incide sulla ricchezza precedentemente accumulata dai cittadini.
Il debito pubblico è l’ammontare complessivo delle somme di cui lo Stato e gli enti pubblici sono debitori in conseguenza dei prestiti contratti. Esiste una correlazione tra il disavanzo di bilancio e il debito pubblico. Il disavanzo determina la necessità di contrarre prestiti con il conseguente incremento del volume complessivo del debito. Il debito esistente può costituire di per sé una causa di disavanzo dovuto all’onere della spesa per gli interessi.
Si definisce disavanzo primario il saldo negativo fra le entrate e le spese al netto degli interessi, ovvero del disavanzo che ci sarebbe comunque anche se non esistesse il debito pubblico.
Anche per il debito complessivo ci si chiede quale sia il limite sostenibile, ossia il livello oltre il quale si determinano gravi effetti negativi. Questo limite va considerato in relazione all’entità del reddito nazionale (PIL: misura del valore globale della produzione di un paese nel periodo di un anno). Il limite oltre il quale l’indebitamento costituisce un grave ostacolo alla stabilità e alla crescita economica è stato individuato dal Trattato di Maastricht nella misura del 60% del prodotto interno lordo.
Il debito pubblico in Italia nel corso degli anni Ottanta cominciò ad aumentare con ritmo sempre più rapido. All’inizio degli anni Novanta la finanza pubblica si è posto come obbiettivo prioritario il risanamento del disavanzo e del debito. La strategia di risanamento ha avuto come obbiettivo l’eliminazione del disavanzo primario, ovvero si è voluto assicurare con le entrate di bilancio la copertura delle spese di bilancio e ricorrere a prestiti solo per fronteggiare l’onere dei prestiti precedenti. Raggiunto questo primo risultato comincia la seconda fase, che consiste nella graduale realizzazione di avanzi primari crescenti, ovvero le entrate di bilancio sono diventate superiori all’ammontare delle spese finali al netto degli interessi. L’obbiettivo finale è stato quello di eliminare il disavanzo corrente, cioè la differenza fra le spese correnti, compresa quella per interessi, e le entrate correnti. Raggiunti questi risultati l’obbiettivo è stato quello di incrementare l’avanzo corrente in modo da assicurare la copertura delle spese in conto capitale, ridurre l’indebitamento fino a giungere a un sostanziale pareggio e portare il debito pubblico sotto il limite del 100% del PIL.
I prestiti pubblici sono accesi dallo Stato mediante l’emissione di titoli di credito che vengono offerti alla massa dei risparmiatori e danno luogo alla corresponsione di un interresse. L’offerta può avvenire direttamente in Borsa (emissione diretta) oppure mediante l’intermediazione del sistema bancario (emissione indiretta). L’emissione può avere luogo alla pari o sotto la pari. Oltre al mercato interno (prestito interno) il prestito può essere emesso sul mercato internazionale (prestito estero). I titoli di Stato sono dematerializzati, cioè non sono più rappresentati da documenti cartacei, ma da documenti telematici. La scadenza del debito pubblico può essere breve, media o lunga. Il rimborso del debito può avvenire a scadenza fissa, per rimborso graduale (lo Stato paga ogni anno una somma che comprende gli interessi e una quota di capitale) o per sorteggio periodico (viene rimborsato ogni anno interamente un dato numero di titoli, estratti a sorte fra tutti quelli emessi) . I titoli del debito pubblico sono generalmente rimborsabili a scadenza fissa. Per alleggerire l’onere del debito pubblico lo Stato può modificare le condizioni alle quali un prestito era stato emesso: conversione. In genere è facoltativa. L’operazione riesce quando la maggior parte dei creditori non chiede il rimborso e accetta la conversione. Può anche essere mascherata (lo Stato, pur lasciando immutato l’interesse, lo sottopone al prelievo di un’imposta speciale) o forzosa (quando è attuata con provvedimento coattivo). Una sorta di conversione automatica si verifica quando la moneta perde valore: l’interesse nominale resta lo stesso, ma in termini reali viene a diminuire perché si calcola su un capitale svalutato.
LA STRUTURA del SISTEMA TRIBUTARIO
L’imposizione fiscale deve essere strutturata in modo da soddisfare alcune esigenze:
* rendere chiare e comprensibili le forme di prelievo: ogni cittadino è chiamato a contribuire, ma deve sapere quali sono gli obblighi fiscali, cioè ci deve essere chiarezza nel sistema tributario;
* distribuire con equità il carico tributario: presuppone un’esatta conoscenza delle situazioni;
* fornire all’Amministrazione entrate sicure: la struttura amministrativa non dovrebbe costare troppo;
* non creare squilibri o altri effetti indesiderati nell’economia di mercato: il sistema tributario non deve creare squilibri;
* rendere possibili gli interventi pubblici diretti a correggere eventuali disfunzioni del mercato e a favorire lo sviluppo equilibrato del sistema economico: correggere e aiutare le situazioni in cui c’è bisogno, es: assegni familiari.
L’adeguatezza dei singoli tipi di imposte:
* le imposte personali corrispondono al principio di equità: tengono conto dei diversi elementi che influiscono sulla capacità contributiva
* le imposte reali possono essere applicate in modo semplice ed economico: non si adeguano alla complessiva capacità contributiva del soggetto
* le imposte sui consumi sono poco chiare perché si conglobano nel prezzo dei beni consumati: non sono chiare per i consumatori, ma assicurano un gettito immediato per lo Stato
* le imposte sui trasferimenti e gli affari assicurano all’erario un gettito continuo e consistente
* le imposte progressive sono un efficace strumento per politiche di redistribuzione della ricchezza
* le imposte generali consentono manovre globali.
In ogni stato il sistema tributario è costituito da un insieme coordinato di tributi diversi. Requisito essenziale di un buon sistema tributario è l’organicità, ovvero il razionale coordinamento dei tributi che lo compongono, affinché tutte le manifestazioni di capacità contributiva siano sottoposte a prelievo con equità, efficienza e razionalità, senza lacune fiscali e senza doppie imposizioni.
La composizione del sistema tributario è il risultato di una pluralità di fattori che influiscono sulle scelte del legislatore:
* le condizioni economiche e sociali del Paese: Yd=Y-TA+TR (reddito disponibile = reddito – tassazioni + trasferimenti)
* il contesto istituzionale
* l’orientamento politico
Ogni sistema tributario rispecchia il contesto storico in cui si è formato e, in quel contesto, può realizzare, più o meno adeguatamente, i principi di equità distributiva, efficienza amministrativa e razionalità economica.
Ogni sistema è figlio delle sue istituzioni, ma per paesi simili viene adottato lo stesso sistema tributario, che comprende:
* un’imposta sul reddito delle persone fisiche, di solito a carattere personale e progressivo (più hai più contribuisci)
* un’imposta sul reddito delle società
* un’imposta generale sui consumi (imposta plurifase sul valore aggiunto)
* accise aventi a oggetto prodotti petroliferi, alcolici e fonti energiche
* un’imposta sulle successioni a causa di morte
* imposte sugli affari
* tributi erariali o locali sulla proprietà immobiliare o sulle cessioni di immobili
* altri tributi, es: imposte regionali o locali sulle attività d’impresa
Per gli stati che fanno parte dell’Unione europea il ravvicinamento delle legislazioni e l’armonizzazione dei sistemi tributari sono essenziali per evitare che le differenze fiscali possano ostacolare la libera circolazione dei capitali, delle attività e delle persone o alterare le condizioni della concorrenza sul mercato unico europeo. L’armonizzazione non comporta necessariamente l’eliminazione delle differenze esistenti nei sistemi tributari. Lo scopo dell’armonizzazione è di ottenere che i tributi vigenti nei singoli stati, pur se strutturati in modo differente, producano nel mercato europeo effetti economici fra loro compatibili.
I tributi sono prestazioni obbligatorie in denaro che lo stato o altro ente pubblico ha il potere di imporre allo scopo di conseguire un’entrata.
La tassa è un tributo posto a carico di coloro che fanno domanda di determinate prestazioni rese dagli uffici pubblici. Si riferiscono a servizi divisibili e si concretano in atti e provvedimenti rivolti a destinatari determinati ed emessi a richiesta degli stessi interessati. Prelevate secono il criterio della controprestazione, a fronte di un servizio pubblico specifico (es: tassa sui rifiuti urbani).
Il contributo è un prelievo di ricchezza imposto a coloro che traggono uno specifico e individuale vantaggio da opere o servizi pubblici di utilità generale. Ha la funzione di far partecipare alla spesa per opere o servizi pubblici coloro che se avvantaggiano in modo particolare (sono prestazioni patrimoniali atipiche).
L’imposta è un prelievo di ricchezza posto a carico dei cittadini per far fronte a tutti i fini d interesse generale, senza alcuna relazione con specifiche attività o prestazioni pubbliche. Sono entrate per coprire le spese dei servizi pubblici indivisibili. Sono dirette (colpiscono la capacità contributiva, ricchezza) o indirette (colpiscono la manifestazione della ricchezza come l’IVA).
Il sistema delle imposte statali comprende:
* l’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) è un’imposta generale, personale e progressiva sul reddito netto complessivo posseduto dalle persone fisiche
* l’Ires (imposta sul reddito delle società) ha carattere personale e si applica al reddito complessivo posseduto da società con personalità giuridica, enti commerciali e organizzazioni collettive non commerciali
* l’IVA (imposta sul valore aggiunto)
* le imposte di fabbricazione e di consumo (o accise) sono imposte monofase, che colpiscono la produzione o la vendita di determinati tipi di beni
* le imposte sugli affari sono rappresentate principalmente dall’imposta di registro e dall’imposta di bollo
Il sistema delle imposte regionali comprende:
* l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) si applica sulla produzione realizzata nell’esercizio di imprese, arti, professioni o da parte di società ed enti nel territorio della regione
* l’addizionale regionale all’Irpef
* le imposte automobilistiche
* addizionale regionale all’IVA
* accisa sulla benzina
I principali tributi applicati dai Comuni sono:
* l’Ici (imposta comunale sugli immobili)
* l’addizionale comunale
* la tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani (tarsu)
* il contributo per le opere di urbanizzazione
* l’imposta sulla pubblicità e la tassa per l’occupazione di aree pubbliche
* addizionale provinciale all’Irpef
* imposta provinciale sulle trascrizioni nel pubblico registro automobilistico
* tributo provinciale per la tutela ambientale
L’IMPOSIZIONE sul REDDITO
Il reddito complessivo del contribuente è considerato negli ordinamenti moderni il migliore indice della capacità contributiva.
Nell’ordinamento italiano la fonte normativa a cui fare riferimento in materia di tassazione del reddito è il testo unico delle imposte sui redditi (Tur), che indica a quali categorie di redditi va applicata l’imposta:
a. redditi fondiari
b. redditi di capitale
c. redditi di lavoro dipendente
d. redditi di lavoro autonomo
e. redditi di impresa
f. rediti diversi
L’elenco ha carattere tassativo e di conseguenza i redditi che non rientrano in una di queste categorie non sono imponibili. Le prime 5 categorie corrispondono al concetto di reddito-prodotto (compenso dei fattori produttivi), mentre l’ultima comprende alcuni tipi di reddito-entrata specificamente determinati.
La determinazione del reddito, vale a dire la sua individuazione e quantificazione, avviene in modo analitico, in quanto fa riferimento alle singole categorie di redditi, e ciascuna di queste ha propria natura, propria fonte e propri caratteri, anche se alla fine tutte confluiscono nel reddito complessivo che viene sottoposto a tassazione in modo unitario. Per i redditi fondiari la determinazione avviene con riferimento al reddito medio ordinario. Per le altre categorie di redditi si fa riferimento al reddito effettivo.
Sono redditi fondiari quelli “inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello Stato, che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel catasto edilizio urbano” (art. 25 Tuir). Il catasto è un sistema di rilevazione degli immobili fondato su un insieme di registri che contengono la dettagliata rappresentazione dei terreni esistenti nel territorio dello Stato, con l’indicazione delle caratteristiche, della destinazione e dell’appartenenza, e con la stima del reddito che normalmente può derivarne. Tale reddito è determinato mediante le tariffe d’estimo (tabelle che contengono le valutazioni della rendita dei beni immobili iscritti in catasto), stabilite per unità di misura a seconda delle caratteristiche dell’immobile. I redditi fondiari sono determinati in base alle risultanze catastali, con riguardo non al reddito effettivo, ma al reddito medio ordinario che in base a criteri tecnici si considera ritraile dall’immobile tenuto conto delle sue caratteristiche. Si tratta di un reddito presunto, che viene imputato al contribuente per il solo fatto che egli ha il possesso del bene e a prescindere dall’utilità che effettivamente ne trae. Un’altra particolarità è la territorialità dei redditi fondiari, in quanto derivano da immobili situati nel territorio dello Stato. I redditi fondiari si distinguono in:
a. Redditi dominicali dei terreni: parte del reddito di un terreno dovuta alla naturale fertilità del suolo aumentata eventualmente da opere durevoli di trasformazione, es: bonifiche. Viene imputato a colui che possiede il terreno, perché è il proprietario o il titolare di un diritto reale. È determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo catastale, rivalutate nella misura dell’80%.
b. Redditi agrari: parte del reddito di un terreno dovuta all’impiego del capitale di esercizio e dall’organizzazione dell’attività agricola, ovvero derivante dalla coltivazione della terra. Viene imputato al soggetto che esercita l’agricoltura ed è determinato in base alle tariffe d’estimo catastale, rivalutate nella misura del 70%.
Non danno luogo a reddito dominicale né a reddito agrario i redditi dei terreni che costituiscono pertinenze di edifici urbani, i redditi dei terreni affittati per usi non agricoli e i redditi dei terreni appartenenti a società ed enti commerciali soggetti a Ires.
c. Redditi dei fabbricati: costituiti dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unità immobiliare urbana, e cioè da ogni costruzione, o parte di costruzione, che sia suscettibile di reddito autonomo. Imputato al soggetto che possiede l’immobile. Non è considerato reddito di fabbricati quello delle costruzioni che non danno reddito autonomo ma concorrono a formare altri tipi di reddito, cioè:
* Le costruzioni rurali
* Gli immobili relativi a imprese commerciali
* Gli immobili per l’esercizio di arti o professioni da parte del possessore.
Se il fabbricato è tenuto a disposizione del possessore la determinazione del reddito avviene mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo catastale, rivalutate nella misura del 5%. Un regime particolare è previsto per gli immobili destinati ad abitazione: per l’abitazione principale (prima casa) il possessore ha diritto a una deduzione del reddito complessivo pari alla rendita catastale dell’imponibile e delle sue pertinenze; mentre per le altre abitazioni tenute a disposizione del possessore e dei familiari, anche come residenze secondarie, il reddito imponibile è pari alla rendita catastale aumentata di un terzo.
Se il fabbricato è dato in locazione l’imponibile è determinato in misura pari al reddito effettivo netto, se questo è superiore alla rendita catastale rivalutata. È previsto un regime speciale per gli immobili destinati ad abitazione: per le abitazioni date in locazione in regime canone convenzionale nei comuni ad alta tensione abitativa il reddito imponibile è ridotto del 30%, mentre per le abitazioni date in locazione, qualora si sia concluso un procedimento di sfratto per morosità dell’inquilino, i canoni non percepiti non fanno parte del reddito imponibile.
Il legislatore non fornisce una definizione unitaria dei redditi di capitale, ma elenca una serie di fattispecie specifiche (art. 44 Tuir), accomunate dal fatto che in ogni caso si tratta di proventi derivanti dall'impiego di capitale liquido.
Sono espressamente esclusi dalla categoria dei redditi di capitale i rapporti in cui possono essere realizzati differenziali positivi o negativi dipendenti da eventi incerti. E così i capital gains (guadagni di capitale) non sono compresi fra i redditi di capitale ma fra i redditi diversi, perché la loro realizzazione è incerta e dipende dalle oscillazioni del mercato mobiliare. I proventi non sono considerati redditi di capitale qualora siano conseguiti nell'esercizio di imprese commerciali o da società commerciali, ma vengono presi in considerazione non come redditi autonomi, ma come componenti positivi del reddito di impresa.
Il reddito di capitale è costituito dall'intero ammontare percepito durante il periodo di imposta (criterio di cassa), senza alcuna deduzione di spese o altre passività (al lordo). La ritenuta ha luogo a titolo di imposta quando il reddito percepito da una persona residente, in tal caso la ritenuta ha carattere definitivo e sostitutivo. Quando i redditi sono percepiti nell'esercizio di impresa, o da società ed enti commerciali, la ritenuta ha luogo a titolo di acconto e il reddito concorre a formare la base imponibile come componente positivo del reddito di impresa.
Un particolare regime è previsto per la tassazione dei dividendi:
* Dividendi percepiti al di fuori dell'esercizio di impresa da persone fisiche residenti, per partecipazioni non qualificate: tassati con aliquota del 12,50%
* Dividendi corrisposti da enti e società residenti a persone fisiche non residenti: ritenuta del 27%
* Dividendi delle azioni di risparmio percepiti da persone fisiche al di fuori dell'esercizio di impresa: tassati con aliquota del 12,50%
* Dividendi percepiti al di fuori dell'esercizio di impresa e non assoggettati a ritenuta definitiva alla fonte: concorrono a formare il reddito complessivo ai fini dell'Irpef limitatamente al 40% del loro ammontare
* Dividendi distribuiti a soggetti residenti da società ed enti non residenti:
Come dispone l'art. 49 Tuir, sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione altrui. Rientrano il salario o lo stipendio percepito per il lavoro prestato, ma anche tutte le indennità e gli assegni che traggono origine dal rapporto di lavoro, le pensioni di ogni genere e il trattamento di fine rapporto quando non è soggetto a tassazione separata.
Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori percepiti nel periodo d'imposta in relazione al rapporto di lavoro, a qualunque titolo e anche sotto forma di erogazioni liberali. Vi sono compresi anche i compensi in natura.
Sono escluse dalla formazione del reddito i compensi in natura di valore non superiore a €258,23 annui e determinate somme e prestazioni elencate nel comma 2 dell'art. 51 Tuir (es: contributi sociali, servizio mensa o gli asili nido).
I redditi di lavoro dipendente sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d'acconto. Il datore di lavoro deve rilasciare una certificazione dalla quale risultano le somme corrisposte nell'anno, le ritenute operate, le deduzioni e detrazioni operate e i contributi versati per previdenza e assistenza (CUD, Certificazione unica per i dipendenti).
Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni (art. 53 Tuir).
Per l'esercizio di arti o professioni si intende l'esercizio svolto per professione abituale di attività autonome diverse da quelle che danno luogo a reddito di impresa.
Sono considerati redditi di lavoro autonomo anche alcuni redditi non derivanti dall'esercizio di arti o professioni, ma da altri rapporti che implicano un apporto di attività personale senza vincolo di subordinazione. Vi sono compresi i diritti d'autore o di inventore, gli utili spettanti ai soci fondatori e ai promotori di società di capitale, i proventi di rapporti di associazione in partecipazione con apporto di puro lavoro, ecc… Per questi la determinazione del reddito avviene sulla base dei compensi effettivamente percepiti, depurati da una quota a forfait stabilità in misura diversa per i vari tipi di attività.
Il reddito derivate dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza fra l'ammontare dei compensi, in denaro o in natura, e l'ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso.
La deducibilità delle spese, o delle quote di ammortamento, per i beni adibiti non solo all'uso professionale e a quello personale e familiare è ammessa nei limiti del 50%. Lo scopo di queste limitazioni è di evitare facili forme di elusione (saper di dover pagare, ma alla fine non pagare).
Se il saldo fra i compensi e le spese è negativo, l'importo della perdita derivante dall'attività di lavoro autonomo si sottrae dalla somma degli altri redditi posseduti dal contribuente, ai fini della determinazione del reddito complessivo.
Il regime normale per gli esercenti arti e professioni è quello della contabilità semplificata, ma il contribuente ha facoltà di optare per il regime di contabilità ordinaria comunicando l'opzione nella successiva dichiarazione IVA. La legge prevede due sistemi di contabilità semplificata per i lavori autonomi. Il primo consiste nell'obbligo di tenere un registro degli incassi e pagamenti annotati cronologicamente. Il secondo consiste nell'obbligo di tenere soltanto i registri IVA, purché vi vengano annotate le operazioni che danno luogo a incassi e pagamenti ai fini Irpef.
Il lavoratore autonomo cha abbia optato per il regime di contabilità ordinaria deve tenere un registro cronologico nel quale vanno annotate le operazioni produttive di componenti positivi o negativi di reddito.
Per incentivare le nuove iniziative economiche il Testo Unico prevede che in alcuni casi si può pagare in separata sede un forfait:
* 10% se non superano 30.987,41€
* 15% se non supera 25.822,84€
* 78% del volume d'affari se non è superiore a 10.329,14
Sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali (art. 55 Tuir). La norma precisa che si considerano redditi d'impresa quelli derivanti dalle seguenti attività:
• l'esercizio per professione abituale di una delle attività indicate nell'art. 2195 c.c.
• le prestazioni di servizi che non rientrano fra le attività previste dall'art. 2915 c.c.
• l'attività di sfruttamento di miniere, cave, saline, laghi,…
• le attività agricole esercitate da società in nome collettivo o in accomandita semplice
Tutto il reddito delle società con personalità giuridica e degli enti commerciali soggetti a Ires si considera reddito di impresa.
Il concetto civilistico e fiscale di impresa:
• secondo le norme civilistiche l'impresa commerciale esiste quando ci sono contemporaneamente due elementi: l'organizzazione in forma d'impresa e l'esercizio di una delle attività indicate nell'articolo 2195 c.c.
• per le norme fiscali è sufficiente che sussista uno solo di tanti elementi. Sono considerate produttive di reddito di impresa sia le attività indicate dall'art. 2195 c.c., anche se non organizzate in forma di impresa, sia i servizi organizzati in forma di impresa anche se diversi dalle attività previste dall'art. 2195 c.c.
Alla formazione del reddito di impresa concorre una pluralità di componenti positivi e componenti negativi. Il Testo Unico detta alcune regole di carattere generale:
* criterio di competenza: i componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito dell'esercizio in cui sono maturati
* criterio dell'inerenza: le spese e gli altri oneri sono deducibili se si riferiscono ad attività o beni da cui derivano i ricavi e i proventi che concorrono a formare il reddito
* criterio della documentazione: i componenti negativi non sono ammessi in deduzione se non sono imputati al conto economico
Componenti del reddito d'impresa:
• componenti positivi: ricavi, plusvalenze, sopravvenienze attive, rimanenze, interessi, dividendi, proventi immobiliari, titoli.
• componenti negativi: interessi passivi, oneri fiscali e contributivi, spese per prestazioni di lavoro, erogazione per scopi di utilità sociale, minusvalenze, sopravvenienze passive, perdite, ammortamenti, accantonamenti, spese per studi e ricerche.
La determinazione del reddito d'impresa avviene sulla base delle scritture contabili ed è effettuata con criteri diversi a seconda che si tratti di imprese in regime di contabilità ordinaria o di imprese minori in regime di contabilità semplificata.
Il sistema di contabilità ordinaria delle imprese implica l'obbligo di tenere: il libro giornale e il libro degli inventari; le scritture ausiliarie; i registri Iva; altre scritture richiese in relazione alla natura, alle dimensioni e all'attività dell'impresa.
Le imprese in regime di contabilità ordinaria sono obbligate alla redazione del bilancio di esercizio. Il reddito viene rilevato in base al risultato netto del conto economico, tenendo conto delle variazioni in aumento o in diminuzione secondo i criteri stabiliti dalle norme fiscali.
Se il risultato del conto economico è negativo, la perdita può essere dedotta dall'ammontare dei redditi di impresa e dei redditi di partecipazione a società di persone conseguiti dal contribuente nello stesso esercizio. Il contribuente non è libero di scegliere quello che egli ritiene più conveniente per compensare la perdita, ma deve imputarla all'esercizio immediatamente successivo e soltanto se il reddito di questo non è sufficiente a compensarla, può riportarla all'esercizio seguente per la differenza, e così via, fino al quinto esercizio.
Per le imprese minori esiste un regime di contabilità semplificata. Sono considerate imprese minori le imprese individuali, le società di persone e gli enti non commerciali che abbiano conseguito ricavi non superiori a €309.874,14 se l'impresa ha per oggetto la prestazione di servizi, oppure a €516.456,90 se l'impresa ha per oggetto altre attività. Non sono ammesse al regime di contabilità semplificata le società e gli enti commerciali soggetti a Ires. L'impresa in regime di contabilità semplificata è obbligata soltanto alla tenuta dei registri Iva, purché siano integrati con l'annotazione delle operazioni non soggette a registrazione Iva. Devono essere annotati i dati relativi a tutti i componenti positivi e negativi che hanno rilevanza sulla determinazione del reddito.
Il reddito delle imprese in contabilità semplificata è determinato dalla differenza fra i ricavi risultanti nei registri Iva e le spese documentate; questa differenza va aumentata o diminuita in relazione alle rimanenze finali e alle esistenze iniziali, alle plusvalenze, alle minusvalenze e alle sopravvenienze attive e passive.
Per gli imprenditori che tengono la contabilità semplificata la perdita di esercizio è deducibile dal reddito complessivo. Non è consentito il riporto della perdita agli esercizi successivi.
Le persone fisiche che esercitano attività di impresa possono avvalersi dei regimi speciali per i quali il reddito viene tassato con imposta sostitutiva e non entra a far parte dell'imponibile ai fini dell'Irpef:
* imposta sostitutiva del 10% per le nuove iniziative
* imposta sostitutiva del 15% per le attività marginali soggette agli studi di settore
I redditi diversi sono quelli previsti e disciplinati dagli art. 67 e ss. Tuir. Questa categoria comprende forme diverse di reddito che non si possono inquadrare in nessuna delle altre categorie e che quindi non rientrerebbero nella base imponibile se la legge non le prevedesse in modo specifico. Carattere comune alle tipologie elencate è che si tratta di redditi derivati da attività o situazioni occasionali.
Un primo gruppo di redditi diversi sono le plusvalenze immobiliari realizzate mediante: lottizzazione di terreni e successiva vendita; vendita di immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni; vendita di terreni edificabili.
Un secondo gruppo sono le plusvalenze finanziarie o "guadagni di capitale", che sono imponibili quando si realizzano mediante: cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (rappresenta più del 20% di titoli non quotati e più del 2% di titoli quotati); cessione a titolo oneroso di partecipazioni non qualificate; cessione a titolo oneroso di valute estere; rapporti dai quali risulti il diritto o l'obbligo di acquistare o vendere a termine titoli; cessione di crediti pecuniari o strumenti finanziari e operazioni che possono dar luogo a guadagni o a perdite differenziali. Sono compresi anche: le vincite delle lotterie, concorsi e premi e giochi, tranne che siano soggetti all'imposta unica sulle vincite; i premi attribuiti in riconoscimento di meriti; le indennità di trasferta per attività sportive dilettantistiche o per attività di cori, bende, …
Esistono altre tipologie di redditi diversi:
* redditi fondiari non determinabili catastalmente
* redditi degli immobili situati all'estero
* diritti di autore o di brevetto quando non siano percepiti dallo stesso autore o inventore
* redditi derivati da attività commerciali o di lavoro autonomo occasionale o dall'assunzione di altri obblighi.
L'IMPOSTA sul REDDITO delle PERSONE FISICHE
L'imposta personale sul reddito è alla base dei sistemi tributari moderni perché più delle altre forme di prelievo può adeguarsi alla capacità contributiva di ciascuno. Mette al centro dell'attenzione la "persona". Obbiettivo: dare rilevanza fiscale alle numerose e varie circostanze che possono influire sul benessere dell'individuo, ed esprimerle in termini quantitativi.
Esistono dei problemi attinenti alle imposte personali e le soluzioni che sono state adottate in alcuni stati europei e nel nostro Paese. Primo problema: scelta dei criteri per l'identificazione e la quantificazione del reddito. Altri problemi: scelta del sistema di aliquote; scelta se tassare il reddito individuale o il reddito familiare; tecniche per attribuire rilevanza alla situazione personale e familiare del contribuente.
Le imposte personali hanno carattere progressivo e realizzano due obbiettivi: attuare una discriminazione quantitativa secondo il principio di equità verticale; attuare una redistribuzione del reddito. La scelta di graduare le aliquote secondo una progressività più o meno accentuata corrisponde agli obbiettivi di politica economica e sociale che il legislatore intende realizzare in un dato momento storico. Gli stati europei praticarono una politica di elevato tasso di progressività, con aumento delle aliquote a ogni piccolo incremento del reddito e con notevole divario fra l'aliquota minima e quella massima. Successivamente ha prevalso l'intento di favorire la formazione del risparmio e lo sviluppo della produzione. Oggi ci si va avvicinando a quella che nei paesi anglosassoni si chiamava flat tax (tassa piatta), un'imposta formalmente proporzionale nella quale la progressività è ottenuta mediante deduzioni dall'imponibile: è questo il metodo della progressività per deduzione anziché per scaglioni e opera a favore dei redditi molto bassi.
Un altro problema inerente all'imposizione familiare è quello della rilevanza della situazione familiare del contribuente. Ci si chiede si il punto di riferimento dell'imposta personale debba essere il reddito individuale o quello familiare. Soluzioni:
* cumulo dei redditi: assume come base imponibile la somma dei redditi posseduti dai coniugi e dai figli conviventi, imputandoli al capofamiglia, e nell'individuare scaglioni e aliquote in relazione al valore complessivo dei redditi. Con questo sistema però la pressione fiscale sulla famiglia si accentua.
* Tassazione individuale: imposta si applica separatamente sul reddito di ciascun componente della famiglia.
* Splitting: consiste di evitare sia le distorsioni della tassazione separata sia gli aggravi di cumulo. I redditi dei coniugi si sommano e la somma si divide per due. Su questa cifra si calcolano scaglioni e aliquote e si determina l'imposta, moltiplicata poi per due. Aliquota colpisce il reddito medio dei coniugi.
* Quoziente familiare: non fa riferimento soltanto ai redditi dei coniugi ma tiene conto della dimensione complessiva del nucleo familiare, includendo nel calcolo anche i figli.
Un alleggerimento del peso dell'imposta può essere ottenuto in due modi: con deduzione dall'imponibile, ovvero si riduce sulla base imponibile, o con detrazioni d'imposta. La prima comporta un vantaggio maggiore per i contribuenti che sono sottoposti ad aliquote più altre, mentre la detrazione è neutra.
L'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) è stata istituita nel 1973. E' un'imposta generale, personale e progressiva. Presupposto di quest'imposta è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell'art. 6 Tuir.
Il possesso dei redditi si svolge in modo continuo, è frazionato in unità di tempo, ciascuna delle quali costituisce un periodo di imposta a cui corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria. Il periodo di imposta è l'anno solare.
I soggetti passivi sono tutte le persone fisiche che posseggono redditi imponibili, sia quelle residenti nel territorio italiano, sia quelle non residenti se posseggono redditi prodotti in Italia.
Imputazione dei redditi nell'ambito della famiglia:
* I coniugi sono soggetti passivi dell'Irpef individualmente
* Se i beni sono in regime di comunione legale, o se sono costituiti in fondo patrimoniale, i redditi vengono imputati a ciascun coniuge per la metà del loro ammontare
* I beni dei figli minori sono imputati ai genitori che ne hanno il possesso a titolo di usufrutto legale
* Il reddito dell'impresa familiare è imputato per almeno il 51% al titolare
I redditi prodotti dalle società di persone residenti nel territorio dello Stato sono imputati ai singoli soci secondo le rispettive quote di partecipazione, a prescindere dal fatto che siano stati effettivamente percepiti dai singoli soci.
La base imponibile dell'Irpef è costituita dal reddito complessivo al netto degli oneri deducibili, della deduzione per la progressività e delle deduzioni per oneri di famiglia, sempre che tali deduzioni siano effettivamente spettanti.
Il punto di partenza per la determinazione della base imponibile è il reddito complessivo. Sono esclusi dalla base imponibile: i redditi esenti; i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva; gli assegni periodici spettanti al coniuge per il mantenimento dei figli in caso di separazione, scioglimento o annullamento del matrimonio; l'assegno per il nucleo familiare; la maggiorazione sociale delle pensioni.
La determinazione del reddito complessivo avviene:
a. Determinazione di tutti i redditi posseduti
b. Sommarli e sottrarre dal totale le eventuali perdite derivanti dall'esercizio di arti o professioni o di imprese minori in regime di contabilità semplificata.
Sul reddito complessivo vanno applicate le deduzioni per determinati oneri e spese che riducono la capacità contributiva della persona.
La deduzione dal reddito complessivo è ammessa soltanto nei casi e nei limiti espressamente previsti dalla legge. La deducibilità è prevista principalmente in base a 3 criteri:
1. oneri che il contribuente deve sostenere per legge
2. oneri inerenti a esigenze primarie e vitali
3. oneri inerenti a valori meritevoli di tutela
Sul reddito complessivo al netto degli oneri viene applicata una deduzione forfetaria avente lo scopo di assicurare la progressività dell'imposta e alleggerire il carico fiscale sui redditi medio-bassi.
Il contribuente può inoltre applicare al proprio reddito complessivo le deduzioni previste dall'art. 12 Tuir per oneri di famiglia. Queste deduzioni sono attribuite al contribuente che abbia a proprio carico: il coniuge; i figli; le persone che hanno diritto agli alimenti.
Il familiare è fisicamente a carico quando il suo reddito complessivo non è superiore a 2840,51€.
Queste due deduzioni sono stabilite dalla legge in misura teorica.
Il reddito complessivo al netto degli oneri deducibili e delle atre deduzioni spettanti costituiscono la base imponibile dell'Irpef. Ai fini della tassazione devono applicarsi le aliquote previste per legge e cioè: 23%; 33%; 39%; 39%+4%.
Mediante l'applicazione delle aliquote viene determinata l'imposta lorda, su cui si applicano le detrazioni previste dalla legge per giungere alla determinazione dell'imposta netta.
Le detrazioni per oneri si riferiscono a spese personali e familiari che giustificano una riduzione del peso dell'imposta, queste spese devono essere documentate e sostenute nel periodo di imposta.
L'art. 16 Tuir prevede una detrazione forfetaria a favore degli inquilini per il pagamento del canone di locazione dell'abitazione principale.
Dall'ammontare dell'imposta netta vengono detratti: i crediti di imposta (evitano una doppia imposizione); le ritenute d'acconto e il versamento dell'acconto. Può accadere che l'ammontare dei versamenti delle ritenute e dei crediti d'imposta sia superiore all'ammontare dell'imposta netta dovuta, per cui il contribuente può compensare l'eccedenza a credito con gli importi a debito per altre imposte dovute o per i contributi previdenziali.
Esiste anche una tassazione separata. Un primo gruppo riguarda redditi che si ricollegano a rapporti di lavoro dipendente o a rapporti assimilati al lavoro dipendente (es: indennità di disoccupazione, trattamento di fine rapporto,…). Un secondo gruppo riguarda entrate che si collegano in vario modo ad attività commerciali e professionali, o a operazioni speculative (es: indennità per perdita di avviamento).
Ai fini della tassazione separata l'imponibile è costituito dall'ammontare del reddito conseguito, l'aliquota è quella corrispondente alla metà del reddito complessivo netto conseguito nel biennio precedente.
L'IMPOSTA sul REDDITO delle SOCIETA'
L'imposta sul reddito delle società (Ires) corrisponde all'esigenza di realizzare in modo completo il principio dell'imposizione generale sul reddito. Vi sono redditi che non sono in alcun modo imputabili a persone fisiche (es: utili non distribuiti dalle società di capitali). Per ciò si tassa direttamente il reddito posseduto dalle società o dagli enti.
L'Ires si applica in modo unitario al reddito complessivo posseduto dal soggetto passivo e per i soggetti residenti. È un'imposta personale e ha carattere proporzionale.
Il presupposto di imposta consiste nel possesso di redditi rientranti nelle categorie indicate dall'art. 6 Tuir.
I soggetti passivi dell'Ires sono distinti in quattro gruppi:
* le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, le cooperative e le mutue assicuratrici, residenti nel territorio dello Stato.
* Gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale
* Gli enti pubblici e privati residenti nel territorio dello Stato, che non hanno come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale
* Le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato
La base imponibile Ires è costituita dal reddito complessivo netto, l'aliquota dell'Ires è costante ed è determinata nella misura del 33%.
Il periodo di imposta corrisponde alla durata dell'esercizio o periodo di gestione del soggetto passivo.
L'IMPOSTA sul VALORE AGGIUNTO
L'IVA costituisce la più importante forma di prelievo nell'ambito delle imposte indirette. Pesa per il 25% delle imposte e per questo è un'essenziale fonte di finanziamento per lo Stato. Ha una grande elasticità, perché può variare in tempi reali. Costituisce un efficace strumento di politica economica, perché ha un impatto notevole sulle scelte economiche.
Funzione: sottoporre a tassazione il consumo di beni e servizi.
Presupposto: operazione economica di cessione di beni o di prestazione di servizi.
È un'imposta plurifase, ovvero si applica in tutte le fasi della catena produttiva e distributiva. La struttura delle imposte plurifase sugli scambi ha subito nel tempo una profonda evoluzione, dall'originaria forma di imposte sul valore pieno a quella sul valore aggiunto. Le imposte sul valore pieno (come Ige) produce effetti cumulativi a cascata, colpisce ogni passaggio,così che il peso dell'imposta può risultare maggiore o minore a seconda del numero di passaggi che la merce a subito. L'imposta plurifase sul valore aggiunto tassa solo il maggior valore dovuto dall'attività produttiva,ovvero si tassa solo ciò che viene aggiunto.
Il valore aggiunto, dal punto di vista economico, è il maggior valore che un bene o servizio consegue per effetto dell'attività produttiva svolta da un imprenditore o da un lavoratore autonomo. Il prelievo si applica con riferimento alla cifra di affari, cioè all'entità complessiva delle operazioni effettuate dal contribuente in un determinato periodo di tempo. Il valore aggiunto fiscale si calcola per deduzione con i seguenti modi:
a. Deduzione base da base: dal ricavo complessivo dei beni e servizi ceduti si deduce la spesa complessiva per i beni e servizi acquistati;
b. Deduzione imposta da imposta: dall'importo complessivo dell'imposta applicata alle singole cessioni di beni o servizi si detrae l'importo complessivo dell'imposta pagata sui singoli beni e servizi acquistati.
L’applicazione dell’imposta riguarda tre soggetti: il fornitore, il cliente e l’erario. L’imposta pagata sugli acquisti non deve restare a carico dell’operatore che acquista u bene o un servizio e perciò rappresenta un credito che dovrà essere recuperato. L’imposta riscossa sulle vendite non deve restare a carico dell’operatore che vende ma rappresenta un debito nei confronti dell’erario. Periodicamente l’operatore ha l’obbligo di versare all’erario l’ammontare complessivo dell’imposta a debito relativa al periodo considerato, dopo aver detratto l’ammontare dell’imposta a credito relativa allo stesso periodo.
L’IVA, è stata introdotta nel 1972 in Italia, e può essere definita per molte ragioni un tributo europeo:
* Esiste in tutti gli stati dell’unione europea ed è stata adottata da ciascuno di essi a seguito di precisi impegni comunitari.
* La disciplina dell’Iva trova fondamento nelle norme comunitarie prima che in quelle interne, in quanto scaturisce da un insieme di direttive a cui devono uniformarsi tutti gli stati membri.
* Il gettito dell’Iva è destinato in parte ad alimentare il bilancio comunitario, come risorsa propria dell’Unione europea.
Presupposto IVA: l’Iva si applica sulle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni, e sulle importazioni da chiunque effettuate. È stabilito sotto tre profili:
a. presupposto oggettivo: le operazioni devono costituire cessioni di beni o prestazioni di servizi. Per cessione di beni si intende il trasferimento a titolo oneroso di beni di qualunque genere, a titolo di proprietà o di diritti reali di godimento. Sono escluse: operazioni che ai fini dell’imposta non sono considerate come cessioni di beni né come prestazioni di servizi (es: cessione o conferimento di aziende)
b. presupposto soggettivo. Cessione di beni o prestazione di servizi è imponibile quando è effettuata nell’esercizio di impresa o nell’esercizio di arti e professioni. Sono estranee al campo di applicazione dell’Iva le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non inerenti all’impresa, arte o professione esercitata dal contribuente e quelle compiute occasionalmente da privati.
c. presupposto territoriale: operazioni che hanno requisiti oggettivi e soggettivi sono imponibili quando sono effettuate nel territorio dello Stato. Si considerano effettuate nel territorio dello Stato: le cessioni di beni che hanno per oggetto beni esistenti nel territorio e le prestazioni di servizi rese da soggetti domiciliati nel territorio.
Applicazione dell’Iva nel commercio internazionale: le importazioni sono operazioni imponibili da chiunque siano effettuate; le esportazioni sono operazioni non imponibili perché si considerano effettuate fuori dal territorio dello Stato. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei rapporti con altri Paesi membri dell’Unione europea non si considerano importazioni né esportazioni,ma operazioni interne al mercato unico europeo.
Operazioni esenti dall’Iva: operazioni che si riferiscono a servizi di particolare utilità sociale (es: prestazioni sanitarie, didattiche,…); esigenze di armonizzazione sul mercato europeo (es: cessioni di oro non lavorato). Le operazioni esenti sono soggette a fatturazione e registrazione e concorrono a formare il volume d’affari, costituito dall’ammontare complessivo delle operazioni imponibili, non imponibili ed esenti, che sono effettuate, registrate o soggette a registrazione nel corso di un anno solare.
Il presupposto Iva si realizza nel momento in cui viene effettuata una recessione di beni o una prestazione di servizi soggetta all'imposta, che diventa esigibile, ovvero per l'erario sorge il diritto a percepire il tributo. Le cessioni di beni si considerano effettuate per i beni mobili nel momento della consegna e per i beni immobili nel momento della stipulazione dell'atto di trasferimento; le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel momento del pagamento del corrispettivo.
Gli elementi strutturali dell'Iva sono: i soggetti passivi (coloro che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili); la base imponibile (costituita dall'ammontare dei beni o al prestatore dei servizi secondo le condizioni contrattuali); l'aliquota (differenziata in relazione alla natura del bene o del servizio: 20% aliquota normale; 4% aliquota a beni e servizi di prima necessità; 10% a beni e servizi di largo consumo).
Il contribuente che effettua operazioni imponibili deve determinare la relativa imposta e addebitarne l'importo, a titolo di rivalsa, al cessionario del bene o al committente del servizio. L'esercizio della rivalsa è obbligatorio perché è proprio attraverso la rivalsa che si realizza la funzione dell'Iva come imposta destinata a colpire il consumo.
Il diritto alla detrazione ha per oggetto l'imposta addebitata al contribuente a titolo di rivalsa in relazione ai beni e ai servizi acquistati o importati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione. È indetraibile l'imposta sugli acquisti relativi a operazioni esenti. Per evitare forme di elusione è espressamente esclusa la detrazione dell'Iva relativa all'acquisto di determinati beni e servizi che normalmente sono destinati al consumo individuale, a meno che tali beni o servizi siano soggetti all'attività dell'impresa.
I soggetti che iniziano l'esercizio di impresa, arte o professione devono entro 30 giorni presentare all'ufficio locale dell'Agenzia delle entrate la dichiarazione di inizio attività. Al contribuente viene attribuito un numero di partita che ha la funzione di identificarlo in tutti gli atti e i documenti che possono riguardare l'Iva. Allo stesso ufficio vanno poi dichiarate le variazioni degli elementi indicati nella denuncia, e infine la cessazione dell'attività. I contribuenti devono osservare vari adempimenti formali e sostanziali: la documentazione delle operazioni effettuate; la tenuta di libri contabili; la liquidazione e il versamento dell'imposta dovuta.
La documentazione delle operazioni avviene mediante l'emissione della fattura. Devono essere fatturate tutte le operazioni imponibili, non imponibili ed esenti. Le fatture che documentano le operazioni effettuate devono essere annotate su appositi libri contabili:
* le fatture emesse devono essere annotate entro 15 giorni nel registro delle fatture
* le fatture di importo non superiore a €154,94 possono essere registrate in un unico documento riepilogativo
* le fatture relative agli acquisti e le bollette doganali devono essere annotate nel registro degli acquisti prima della liquidazione nella quale viene esercitata la detrazione dell'Iva a credito.
Le operazioni di cessione e quelle di acquisto danno luogo a imposte a debito e imposte a credito che periodicamente devono essere poste a raffronto ai fini della liquidazione dell'imposta dovuta, che consiste nella somma fra l'ammontare dell'Iva a debito e l'ammontare dell'Iva a credito dello stesso mese. Invece il versamento della somma risultante a debito deve essere effettuata entro il giorno 16 del mese successivo.
Anche per l'Iva esiste un regime semplificato per i contribuenti minori:
• le operazioni effettuate possono essere documentate mediante un bollettario a madre e figlia, nel quale la parte "figlia" costituisce la fattura, mentre la parte "madre" ha la stessa funzione del registro delle fatture
• il contribuente può optare per un regime di liquidazione e versamenti trimestrali. Per il quarto trimestre il versamento dell'acconto deve essere effettuato entro il 27 dicembre nella misura dell'88%.
Esistono anche particolari semplificazioni per i commercianti al minuto, e per altri operatori a essi assimilati (bar, ristoranti,…), che effettuano prestazioni nei confronti dei consumatori finali. Non sono obbligati a emettere fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente, e documentano le operazioni mediante l'emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale. L'importo complessivo delle operazioni effettuate giornalmente è annotato il giorno successivo nel registro dei corrispettivi, con l'indicazione delle rispettive aliquote. Le liquidazioni e i versamenti avvengono operando lo scorporo dell'imposta che è compresa nell'incasso lordo. Lo scorporo può essere operato applicando all'ammontare lordo dei corrispettivi le percentuali stabilite dalla legge in correlazione alle varie aliquote.
Le IMPOSTE sui CONSUMI e sugli AFFARI
Nel sistema delle imposte dirette, oltre al tributo fondamentale che è l'Iva, vi sono altri due componenti: le imposte speciali sui consumi e le imposte sui trasferimenti e sugli affari. Queste imposte indirette sono imposte speciali, che colpiscono determinati tipi di beni di consumo o determinate tipologie di atti economici.
La legge 7 aprile 2003 aveva disposte che le imposte speciali sui consumi fossero razionalizzate con un'unica modalità di prelievo (l'accisa) e così pure le imposte sui trasferimenti e gli affari fossero accorpate in un'unica obbligazione tributaria, ma questa legge non ha ricevuto attuazione.
Nel settore delle imposte speciali sui consumi l'esigenza dell'armonizzazione (dei tributi) è stata avvertita con particolare urgenza fin dall'inizio del processo di integrazione, e soprattutto dopo l'istituzione del mercato unico. Nel campo delle accise l'armonizzazione è stata attuata in modo abbastanza completo. Sono applicabili solo a tre categorie: i prodotti petroliferi, i tabacchi e i superalcolici. Si è deciso di fare convergere l'aliquota sui prodotti petroliferi verso la media di quelle esistenti nei vari Stati e di adottare aliquote piuttosto alte per i prodotti dannosi alla salute.
Sono denominate accise le imposte che colpiscono la fabbricazione e il consumo di prodotti determinati in modo specifico. La disciplina di queste imposte è contenuta nel testo unico approvato nel 1995. Le accise in vigore hanno a oggetto: gli oli minerali, gli alcolici e le bevande alcoliche, l'energia elettrica e i fiammiferi.
La disciplina delle accise si può riassumere come segue:
* presupposto di imposta: fabbricazione o importazione del bene
* imposta diventa esigibile quando il bene è immesso in circolazione
* la base imponibile è costituita dalla quantità prodotta
* la misura dell'imposta è diversa in relazione ai diversi prodotti ed è determinata in importo fisso riferito all'unità di misura del prodotto
* la fabbricazione dei beni soggetti a imposta deve essere espressamente autorizzata ed è soggetta a notevoli controlli.
Le imposte sui trasferimenti e gli affari colpiscono la ricchezza quando viene emessa da un soggetto a un altro o comunque viene utilizzata per operazioni economiche. I trasferimenti possono essere attuati a titolo gratuito o a titolo oneroso.
Il regime fiscale dei trasferimenti a titolo gratuito è il seguente:
* le quote di eredità e i legati non sono più soggetti a imposizione
* se nell'eredità sono inclusi beni immobili e diritti immobiliari li eredi hanno l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione all'ufficio dell'Agenzia delle entrate
* non sono soggette a imposizione le donazioni effettuate nei confronti del coniuge, dei discendenti in linea retta e degli altri parenti fino al quarto grado
* le donazioni nei confronti di altri soggetti
L'imposta di registro si applica agli atti giuridici per i quali è disposto l'obbligo della registrazione e a quelli presentati volontariamente alla registrazione.
Presupposto dell'imposta di bollo è la formazione di documenti e registri indicati nella tariffa allegata al decreto. Si distinguono: gli atti a bollo "fin dall'origine" (momento della formazione del documento, come cambiali e atti notarili); gli atti soggetti a bollo "in caso d'uso" (nel caso in cui atto presentato per la registrazione, come conti degli amministratori pubblici); gli atti esenti da bollo (come contrassegno per invalidi, titoli del debito pubblico).
Presupposto dell'imposta ipotecaria è l'esecuzione di iscrizioni, trascrizioni, cancellazioni e altre formalità nei pubblici registri immobiliari. Presupposto dell'imposta catastale è l'esecuzione della voltura catastale (passaggio da un soggetto a un altro rispetto a un registro, come passaggio di proprietà). Si applicano in misura fissa quando l'atto è soggetto all'Iva e in alcuni altri casi, come acquisto della prima abitazione, conferimenti di aziende,… .
I TRIBUTI REGIONALI e LOCALI
Con l'accentuarsi delle autonomie territoriali e con il conseguente superamento dei condizionamenti derivanti dal centralismo fiscale, il rapporto tra la finanza statale e quella regionale e locale si è andato orientando verso un sistema di federalismo fiscale basato sul principio dell'autosufficienza finanziaria degli enti territoriali e sul riconoscimento di un loro autonomo potere di imposizione. Le risorse autonome su cui si fonda la finanza delle Regioni e degli enti locali sono costituite (articolo 119 cost.) da:
* tributi propri: forniscono alle Regioni e agli enti territoriali risorse autonome
* compartecipazioni al gettito di tributi erariali: sono riferite al territorio dei singoli enti
* fondo perequativo: fondo senza vincoli di destinazione, viene erogato a favore dei territori con minore capacità fiscale.
Queste entrate devono assicurare l'integrale finanziamento delle funzioni attribuite a ciascun ente. Lo stato può erogare risorse aggiuntive mediante interventi speciali finalizzati a rimuovere squilibri economici e sociali.
Entrate tributarie delle Regioni:
* Irap (imposta regionale sulle attività produttive)
* Addizionale all'Irpef, varia a seconda delle regioni dallo 0,9 all'1,4%
* Tasse sulle concessioni regionali, es: atti e provvedimenti compiuti da una regione
* Imposte sulle concessioni statali, uso del demanio e patrimonio indisponibile dello stato
* Tassa sull'occupazione di spazi ed aree pubbliche
* Tasse automobilistiche regionali
* Addizionale sull'imposta di consumo di metano
* Imposta regionale sulla benzina per autotrazione
* Tassa speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi
* Quota sulle accise statali e sulla benzina
Entrate tributarie delle Province:
• Addizionale all'Irpef
• Addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica
• Gettito che deriva dall'imposta sulla responsabilità civile
• Tassa di esercizio delle funzioni di tutela e igiene dell'ambiente (dal 1999)
• Tassa sull'occupazione di spazi e aree pubbliche
Entrate tributarie dei comuni:
* Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche
* TARSU: tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
* Imposta per le pubblicità e le pubbliche affissioni
* Addizionale Irpef
* ICI: imposta comunale sugli immobili. È un'imposta reale che si applica in misura al valore dei singoli immobili senza considerare la situazione personale del contribuente. Ha carattere territoriale in quanto è applicata a ciascun Comune.
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