Wittgenstein

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Categoria:Filosofia

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Testo

Wittgenstein
Tractatus logico-philosophicus
Caratteristiche formali
526 sono le “osservazioni” o proposizioni disposte in successione numerica. La numerazione avviene con notazione decimale, pare per la prima volta introdotta da Wittgenstein stesso. In rapporto alle 7 proposizioni principali, ce ne sono altre che da ciascuna discendono, secondo l’ordine decrescente d’importanza delle proposizioni. Le sue proposizioni presentano una sobrietà stilistica e una concisione estrema.
Il Tractatus è una summa, un sistema d’aforismi che rimanda a Goethe, a Schopenhauer, a Nietzsche, a Krauss. Per quanto riguarda il rigore formale, possiamo dire che l’antecedente è l’Ethica di Spinoza e l’Ideografia di Frege.
Per quanto riguarda l’ambito filosofico si può fare riferimento ai binomi senso-significato e funzione-argomento di Frege; Wittgenstein legge Platone e Schopenhauer, ma dimostra di avere difficoltà con Spinoza e Kant; si avvicina al pensiero di S.Agostino, di Kierkegaard, di Tolstoj; la sua è inizialmente una formazione di carattere tecnico e scientifico e la sua cultura è espressione di quella viennese per quanto riguarda la lingua.
Contenuto
Ci sono 7 proposizioni principali. La prima sezione, di argomenti ontologici, contiene le proposizioni 1 e 2; la seconda sezione, che è la più ampia, tratta l’argomento logico e contiene le proposizioni dalla 3 alla 6.4 esclusa: in questa sezione fa corrispondere alla realtà una teoria del linguaggio, in due punti che sono la teoria dell’immagine e della proposizione; la terza sezione, di argomento filosofico e specificamente etico, contiene poche proposizioni e più precisamente quelle dalla 6.4 alla 7. Una nota da fare riguarda la stesura dell’opera: la prima sezione è scritta dopo la seconda e la terza.
Il punto di partenza è quasi un postulato:
1. il mondo e la vita mostrano e nascondono il loro senso essenzialmente nel linguaggio. E’ come un ritorno al logos, che rimanda a quello greco
2. per comprendere il mondo e per scoprirne la logica, è necessario comprendere il senso del linguaggio o le proposizioni del linguaggio sono raffigurazioni dei fatti del mondo; che il mondo sia è una condizione primitiva che il linguaggio ha come presupposto e la cui esperienza è per noi immediata.
a) Che cosa s’intende per mondo
b) Teoria raffigurativa del linguaggio:
1. teoria dell’immaginazione
2. teoria della proposizione
a) Il mondo è tutto ciò che accade, ossia la totalità dei fatti (Tatsachen). Un fatto può constare di altri fatti, cioè essere un fatto complesso.
Un “fatto atomico” che non consta di altri fatti è chiamato stato di cose (Sachverthalt).
Uno stato di cose si presenta come una combinazione di oggetti (Gegenstände) o di cose (Dingen) che sono le realtà semplici e non ulteriormente scomponibili che costituiscono i fatti.
Nello stato di cose, gli oggetti ineriscono l’un l’altro come le maglie di una catena (o riferimento ad Hegel “il vero è l’intero”).
Il modo in cui sono connessi è la struttura (Strukture) dello stato di cose. Gli oggetti sono la sostanza del mondo, hanno il carattere della permanenza, della fissità, dell’immutabilità (cfr. Parmenide). Il cambiamento non è altro che l’alternanza nella configurazione degli oggetti e cioè negli stati di cose. Gli oggetti restano sempre quelli che sono perché la sostanza è “ciò che sussiste indipendentemente da ciò che accade, e ciò che accade è il fatto”. Non è mai possibile considerare il singolo oggetto se non nella relazione che esso ha con gli altri oggetti, cioè in quanto concorre a formare uno stato di cose. Come non possiamo mai concepire oggetti spaziali fuori dallo spazio e oggetti temporali fuori dal tempo, così non possiamo concepire alcun oggetto fuori dalla possibilità del suo nesso con gli altri.
Il paragone ontologico può essere confrontato con gli scacchi. Gli oggetti del mondo possono essere interpretati i pezzi degli scacchi e i quadrati della scacchiera; gli stati di cose, la relazione (insieme delle regole) tra pezzi e quadrati; il fatto d’occupare da parte di un pezzo, un quadrato della scacchiera; il mondo, la posizione dei pezzi in un determinato momento. Il mondo sarà quindi la totalità dei fatti, non delle cose, quindi non i pezzi della scacchiera ma le posizioni dei quelli su questa. I pezzi sono oggetti semplici, non si possono pensare separatamente dalle regole del gioco, cioè dall’insieme delle mosse possibili che sono ammesse.
b1) Teoria dell’immaginazione
Dopo aver esposto la concezione del mondo inteso come unità strutturale dei fatti, Wittgenstein enuncia la teoria raffigurativa del linguaggio. Il linguaggio viene definito come sistema raffigurativo complesso, “rappresenta la realtà” nel senso che ne costituisce l’immagine speculare o meglio, ne presenta le peculiarità formali. Che il linguaggio sia, è per Wittgenstein una concezione primitiva; dei fatti che compongono il mondo, noi abbiamo delle immagini, il rapporto di immagini è inteso come un particolare rapporto tra fatti: da un lato c’è il fatto raffigurante, dall’altro quello raffigurato. Il fatto raffigurante consta di oggetti e cioè gli elementi dell’immagine non meno del fatto che esso raffigura. Nell’immagine stanno gli elementi stanno per gli oggetti, tra fatto e immagine c’è un rapporto di corrispondenza che Wittgenstein chiama di relazione raffigurativa, per cui agli elementi dell’uno corrispondono gli elementi dell’altro. Nell’immagine trova rappresentazione il modo in cui gli oggetti sono connessi l’un l’altro nel fatto raffigurato, ossia trova rappresentazione la sua struttura. Chiamiamo “struttura dell’immagine” la connessione degli elementi dell’immagine in quanto questo raffigura la connessione degli oggetti di cui si compone il fatto. La verità o la falsità di un’immagine dipende dalla sua corrispondenza o non corrispondenza con lo stato delle cose che essa rappresenta. Un’immagine è provvista di senso se può essere vera o falsa; un’immagine è inoltre sensata se rappresenta una situazione possibile.
In che modo l’immagine è connessa col mondo? Come possono i fatti renderla vera o falsa?
Wittgenstein dice che ciò si può affermare quando c’è identità di forma.
b2) Teoria della proposizione
Le proposizioni del nostro linguaggio sono un complesso di segni, formato secondo regole grammaticali e sintattiche. Wittgenstein intende la proposizione come un particolare tipo di immagine, “è l’espressione simbolica di un fatto”.
Nomi sono chiamati gli elementi semplici della proposizione. Il nome nella proposizione è il rappresentante dell’oggetto (dello stato di cose). Alla configurazione dei nomi, che chiamiamo struttura della proposizione, corrisponde la configurazione degli oggetti, la struttura del fatto. Il nome che può essere considerato come il segno primitivo, è anche il costituente ultimo della proposizione: esso denota e designa l’oggetto, la proposizione invece descrive il fatto.
La descrizione di un fatto avviene da parte di una proposizione, seguendo dei caratteri:
1. rapporto tra nomi e oggetti rappresentati
2. identità di struttura tra proposizione e fatto.
In tal senso si parla di significato del nome e di senso della proposizione. Il significato di un nome è ciò che questo designa, il senso della proposizione è il suo essere una rappresentazione possibile di uno stato di cose, cioè il suo poter essere vera o falsa. Comprendere il senso di una proposizione vuol dire cogliere la connessione logica dei segni che la compongono. Però per cogliere il significato di una proposizione, è necessario il rinvio al mondo reale, cioè allo stato di cose raffigurato.
Il nome ha una sola relazione con la realtà, se non designa qualcosa, non è simbolo dotato di significato. Una proposizione invece ha una duplice relazione con la realtà, e cioè può mantenere il suo significato anche quando non è vera; tuttavia solo all’interno della connessione stabilita dalla proposizione, il nome ha significato: infatti come un oggetto non può sussistere indipendentemente dal suo accadere in stati di cose, così il significato del nome dipende dalla sintassi della proposizione in cui si trova inscritto, i nomi cioè svolgono la loro funzione referenziale solo all’interno di un contesto. Agli oggetti corrispondono i nomi, agli stati di cose le proposizioni elementari, ai fatti le proposizioni complesse, al mondo il linguaggio.
Linguaggio
L
Totalità delle proposizioni
T
Proposizioni complesse
P
Proposizioni elementari o “atomiche” (possiamo conferire a queste un senso, dire se sono vere o false)

Nomi (elementi semplici della proposizione) che rimandano ad un significato.
Il nome è il segno primitivo che denota un oggetto.
Mondo
M
Totalità dei fatti [Tatsachen]
composti
Fatti complessi

Stati di cose o “fatti atomici” [Sachverthalt]
Forma: modo con il quale gli oggetti si combinano in fatti atomici (spazio, tempo, colore)
Oggetti semplici [Gegenstände] = Sostanza del Mondo

Il mondo
viene
raffigurato
logicamente nel linguaggio
1. Il mondo è la totalità dei fatti, i quali constano di stati di cose
2. Il linguaggio è l’immagine del mondo
3. Il linguaggio si esprime attraverso proposizioni che hanno senso, in quanto sono possibili raffigurazioni dei fatti
4. La proposizione elementare esprime stati di cose, se essa è vera lo stato di cose esiste, se è falsa non esiste (Tractatus, 4.25).
Terza Sezione: Proposizione 6.4.1
Wittgenstein fa una netta distinzione tra ciò di cui si può parlare e ciò di cui al contrario si deve tacere, cioè tra l’ambito ristretto (la scienza) di ciò che è esprimibile in modo chiaro ed esaustivo, e la vastità di quanto invece si sottrae alla possibilità di un linguaggio rigoroso (= ineffabile). Risultano per Wittgenstein prive di senso cioè ne vere ne false, le pseudo-proposizioni della metafisica, dell’etica, dell’estetica e in generale tutti gli asserti che non sono immagini di alcun fatto.
Gran parte dei problemi della filosofia sono dovuti ad un cattivo uso del linguaggio, e l’autentico compito della filosofia deve essere quello di smascherare l’insensatezza della metafisica, i cui enunciati apparentemente corretti, non hanno alcuna funzione descrittiva. La filosofia non da’ immagini della realtà, ne è in grado di confermare o infirmare teorie scientifiche: il suo campo è piuttosto il linguaggio. Essa è per essenza un metodo o un’attività di chiarificazione logica del linguaggio. Una volta chiariti definitivamente i problemi logici, noi sentiamo attraverso una sorta di “sentimento mistico” che i nostri problemi vitali rimangono nel dominio dell’inesprimibile (cfr. con la proposizione (7): “ Su ciò che non si può parlare di deve tacere il dovere di tacere su ciò che trascende la possibilità della logica e del linguaggio, non esclude e non nega ciò che si tace. Il silenzio quindi non significa che ciò su cui si tace non esiste, ma si è inadatti a parlarne”).

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