Vari percorsi filosofici

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

P e r c o r s i d i F i l o s o f i a
Metodo Scientifico:
La nascita del metodo scientifico ha segnato l’ inizio di quella che può essere considerata la Filosofia Moderna. Questo perché, a differenza di quella medievale, basata sulle osservazioni aristoteliche, che si poneva come obiettivo la qualità delle cose e la causa finale, la nuova filosofia ricerca esclusivamente gli aspetti misurabili della realtà, servendosi delle cause efficienti. Assieme al metodo scientifico sorgono le scienze matematiche e naturali, che si basano sull’ osservazione e l’ esperimento. Inizia così una critica al sapere antico, tradizionale, basato su inesattezze, che altro non fanno che intralciare, con credenze e superstizioni, il vero sapere. Ecco quindi la profonda opposizione di Galilei, il fondatore del Metodo Scientifico, nei confronti degli aristotelici. Il filosofo, rendendosi conto dell’ impossibilità di conoscere l’ essenza umana, le cosiddette qualità soggettive, si rivolge alle uniche conoscibili e misurabili, quelle oggettive, e crea così un metodo in grado di classificarle. Il metodo è basato su tre fasi: Ipotesi (esiste una connessione tra una determinata causa e un dato effetto), Esperimento (la creazione artificiale di un avvenimento), verifica dell’ Ipotesi (durante l’ avvenimento l’ effetto è realmente derivato dalla causa). Il metodo dunque è un connubio fra sensi ed intelletto, Induzione e Deduzione. E’ proprio per questo che, nella generazione successiva, c’è una netta diramazione dei seguaci del Metodo. Da una parte Empiristi (che seguono l’ Induzione), dall’ altra Razionalisti (che seguono la Deduzione). Primo fra gli Empiristi è Bacone. L’utopista della scienza avanza dei forti dubbi sulla veridicità della Verifica dell’ Ipotesi. Infatti, se l’ intelletto produce esclusivamente nozioni arbitrarie e i sensi indicazioni inconcludenti, come potrà mai essere vera la scienza? Risponde trovando una sola soluzione, imponendo ai sensi l’ intelletto, e ad esso la conoscenza sensibile, definendo l’ unico procedimento per fare ciò: il metodo induttivo. Esso è costituito, inizialmente, da due parti: Pars Destruens (distruzione, liberare la mente da falsi pregiudizi avuti con la conoscenza precedente [Idola]), Pars Instruens (costruzione, osservare i fatti reali). Dopo di che il tutto va annotato nelle tre tavole (della Presenza, dell’ Assenza, dei Gradi), che servono per formare una prima ipotesi, che va verificata empiricamente. Si oppone a lui il Razionalista Cartesio, che dà, come Galilei, gran valore alla matematica, elevandolo a strumento indispensabile per il sapere; si discosta però dal suo predecessore ampliando l’ interesse degli studi, includendo anche l’ essenza qualitativa. Il Metodo Cartesiano segue quattro regole fondamentali: dell’ Evidenza (sono vere solo le idee che ci paiono chiare e distinte), della Scomposizione (grandi problemi vanno scissi sino a che non se ne hanno tanti piccoli e più facilmente risolvibili), della Sintesi (i pensieri vanno ordinati secondo complessità, per poi ripartire dal più semplice facendo una sintesi), dell’ Enumerazione completa (enumerare e rivedere finché si è sicuri di non aver commesso alcun errore). Newton invece, nel suo libro “Principia Matematica Philosophiae Naturalis” utilizzando l’ esperienza, base di ogni teoria scientifica, e utilizzando un metodo descrittivo e non finalistico, crea quattro norme fondamentali, quelle che poi gli permetteranno di raggiungere la Legge di Gravitazione Universale: Regula Filosofandi (possono essere ammesse soltanto le cause che servono per dimostrare un fenomeno [Principio di Semplicità]), Uniformità della natura (Effetti dello stesso tipo vanno ricondotti alle stesse cause), Valore dell’ Induzione (è lecito estendere una legge alla generalità in casi dello stesso tipo), Priorità dell’ Esperienza (un’ ipotesi non può smentire l’ esperienza). Locke invece, Empirista come Bacone, segue ancora un metodo Induttivo. Nel “Saggio sull’ Intelletto Umano” (1609) nega la presenza di Idee Innate, mostrando però un metodo per giungere alla conoscenza; tre sono i passi da compiere: Intuizione (la conoscenza certa ed evidente, immediata, senza passaggi tramite il ragionamento [Cogito di Cartesio]), Dimostrazione (si raggiunge per ragionamento e deduzione, partendo da altre conoscenze, è certa ma non evidente [Conoscenza di Dio]), Sensazione (si è avvertiti di cose esterne a noi, i sensi convergono ad una conoscenza, ma più ci si allontana dall’ atto più vi è incertezza [Valore della Testimonianza]).
Filosofia & Religione:
Il rapporto tra Filosofia e Religione è un nodo che molti filosofi hanno dovuto affrontare. Il problema si è posto ancora di più con l’ inizio della Rivoluzione Scientifica. E’, infatti, Galilei che affronta questo spinoso punto per poter così dar libero avvio alle sue pubblicazioni, contrarie a tutte le ipotesi Bibliche. Egli, infatti, sostiene che le Sacre Scritture vadano interpretare, e non seguite alla lettera, poiché, a suo parere, la Bibbia insegna come “funziona” il cielo, mentre invece la Scienza spiega come si svolgono i fatti sulla terra, senza che questi due elementi si escludano o si intralcino l’ uno con l’ altro. Inoltre, sostiene l’ italiano, sia i Testi che la Natura vengono da Dio, che per quanto riguarda le vicende naturali, ha potuto esprimersi liberamente, mentre per le scritture si è dovuto rivolgere ad un pubblico ignorante, dovendo così sfruttare similitudini che non vengono però colte. Il rapporto tra Religione e Fede subisce un’ evoluzione quando viene a crearsi un contrasto tra due differenti modi di vedere Dio. I due principali oppositori sono il francese Cartesio e il Giansenista Pascal. Per il primo Dio è un entità di Ragione, unica certezza del nostro pensiero contro il Dubbio metodico. Per Pascal invece Dio è Dio di fede, entità cui ci si può affidare, criticando così il francese, accusandolo di aver relegato Dio al compito di dare un “calcio al modo”. Pur di “convincere” gli uomini a credere, attua addirittura un discorso basato sulla convenienza, riassumibile in “Credere perché è vantaggioso”. Propone, infatti, una scommessa, e dimostra come, in ogni caso, sia che Dio esista, sia che non, convenga credere in lui. Dio è inoltre concepito come uno degli estremi tra cui è posto l’ uomo, l’ Infinitamente Grande, opposto all’ atomo. Con la nascita del dibattito filosofico sul Deismo, dottrina che intendeva Dio conoscibile esclusivamente tramite la descrizione tratta dalla ragione (Religione Naturale) e non dalle rivelazioni e dai dogmi creati dalle varie religioni (Religioni Positive), molti luminari iniziarono un ricco dibattito riguardo il modo migliore di intendere Dio. Locke affronta l’ argomento nel “Discorso sulla Ragionevolezza del Cristianesimo” (1695) dove viene espresso come Scienza e Fede debbano collaborare alla creazione dell’ educazione umana, attraverso le tre verità assolute che ci derivano dai Testi Sacri, dicendo così fondamentale le nuove Rivelazioni e la creazione di Dogmi: Esistenza di Dio, Funzione Salvifica di Cristo, Insegnamenti Morali; denuncia inoltre la presenza degli Atei che, non credendo ad alcuna legge divina, nemmeno hanno timore di una possibile punizione “post mortem” e quindi sono privi di morale. L’ Ateo Bayle, sostenitore delle Religioni Naturali, si scontra, nella sua concezione, con il “Discorso sulla Ragionevolezza del Cristianesimo” di Locke, arrivando così ad opporsi alle Religioni Positive; smentisce, infatti, che gli atei, non credendo in un' entità superiore, siano privi di alcun senso morale, ma anzi afferma che siano coloro che riescono a tollerare maggiormente gli altri credi, poiché non si affidano alla morale Religiosa, ma a quella Naturale e della Ragione, che ancora di più accomuna tutti gli uomini, mentre i veri Intolleranti sono coloro che, attraverso la propria Religione Positiva, credono veri esclusivamente i proprio Dogmi. Per Hume è invece impossibile dimostrare razionalmente l’ esistenza di Dio, è per questo che la religione deve avere come unico interesse il fattore umano, è stata infatti creata dall’ uomo per darsi sicurezza contro la precarietà del mondo, per riuscire, in un qualche modo, a sedare un unico sentimento: la Paura. Vi è una critica alle religioni, ma non perché Dio non possa essere dimostrato, ma perché esse sono intolleranti e dogmatiche; nei confronti delle stesse, dice Hume, bisogna essere scettici. Il Deista Voltaire, invece, afferma l’ esistenza di Dio basandosi sul fatto che sarebbe più difficile dimostrarne la non esistenza che l’ esistenza; sfruttando un' ipotesi di Parmenide (“dal nulla non nasce nulla” = è necessaria un' entità iniziale), esclude la non esistenza di Dio, e ne definisce così l’ Esistenza. Con la sua Esistenza va accettato anche il male che fa parte dell’ essere e quindi della vita degli uomini. Fra i Deisti Inglesi si può citare, uno fra tutti, Newton; egli, dopo aver ricondotto l’ ordine dell’ universo alla Legge di Gravitazione Universale si domanda, nello “Scoglium Generale” , chi abbia creato questo ordine e chi abbia dato inizio al moto che ora coinvolge tutti gli esseri. Non fa altro quindi che ricondurre quest’ entità ad un essere intelligente identificabile con Dio, per la semplice volontà di conciliare Meccanicismo e Religione, infatti, esistendo, Dio fonda spazio (infinito) e tempo (eterno).
Filosofia politica:
La politica è uno dei tanti campi cui sono applicate le menti dei più grandi pensatori. Molti, infatti, si sono messi e mossi al servizio dello stato, per riuscire a migliorare quello esistente o per creare un modello cui lo stesso doveva ispirarsi, un Utopia. Il primo pensatore al servizio della politica, che da questo momento in poi diventerà una vera e propria Scienza, è Machiavelli. Nel suo “De Principatibus”, una specie di manuale d’uso, elenca quelle che devono essere le doti e le procedure da seguire per un novello Principe, per portare il proprio stato all’ apice della gloria, sempre però nella più completa realisticità, rimando su un piano strettamente pratico. In esso, per la prima volta nella storia, spiega come Morale ed Interessi Politici non possano e non debbano coesistere; Morale e la Religione sono, infatti “Instrumenta Regni”, utili, se usati saggiamente dal sovrano, a controllare le masse; introduce poi l’ idea di realismo politico, di come, per essere un buon politico, sia necessario arrivare sino in fondo alla verità delle cose, comprenderle, e poi agire. Se l’ italiano però spiega, dal punto di vista pratico, come fare per creare uno stato solido, con esempi di situazioni dell’ epoca, l’ inglese Moro invece porta alla luce un Utopia, cui tutti gli stati dovrebbero aspirare per uscire dal grigiore e dalle difficoltà di quel periodo. Nell’ “Utopia” crea un' isola, da opporre alla “sua” Inghilterra, dove non vi è proprietà privata, ogni cittadino può usufruire di tutti i beni nella quantità necessaria, tutti si dedicano a rotazione all’ agricoltura, metalli preziosi non hanno valore, tutti lavorano tanto da non stancarsi e il resto del tempo è dedicato allo studio, dove le cariche sono elettive e non vi sono guerre se non per difendersi. L’isola perfetta, che mai esisterà. Discorso diverso per il primo Giusnaturalista, Grozio, che ipotizza la presenza di norme naturali, prima ancora della creazione di quelle giuridiche, che l’ uomo seguiva ciecamente. Nel “De Iure Belli ac Pacis” delinea due differenti situazioni umane, che richiedono la presenza di regole diverse: la situazione di Pace e quella di Guerra. Nella prima vi sono sia lo Ius Gentium (leggi giuridiche) che lo Ius Naturale (leggi di natura); nella seconda situazione esclusivamente lo Ius Naturale, ovvero il diritto alla Vita, alla Libertà, all’ Uguaglianza, alla Proprietà e, su questo si discute ancora, il diritto di ribellione all’ oppressione. Queste sono leggi sempre presenti, poiché intrinseci della natura umana e della ragione, sin dallo Stato di Natura, ancor prima che le norme scritte esistessero. Per Hobbes, invece, la politica deve sottostare al naturale spirito d’auto-conservazione dell’ uomo. Se uno stato fosse anarchico, l’ uomo non avrebbe arginate le sue passioni, arrivando così a guerre e morte. Deve essere perciò creato un singolo essere, o un apparato, che regoli e difenda la vita dei cittadini. Questo è il Leviatano, nello Stato di Natura. Ciò che egli si prefigge di difendere è riassumibile in tre cose: Pace, Diritto d' Auto-Conservazione, Pacta Servanda Est (il cosiddetto Contratto Sociale). Il Leviatano è quindi il detentore della Ius in Omnia, ed è, in quanto Dio Mortale, sottoposto esclusivamente all’ unico Dio Immortale. Locke, altro Giusnaturalista, segue il modello di Hobbes, non affidando però il controllo delle leggi ad un sottoposto, ma al Dio Immortale. Il Diritto Naturale viene quindi, secondo il filosofo, a coincidere con quello Divino. Per confermare questa sua ipotesi fa in modo da dimostrare che le leggi naturali siano universali, e senza legame con la situazione storica, e che esse siano rispettate esclusivamente perché Dio ha convinto l’ uomo che sono giuste. Mandeville, nella “Favola delle Api” (1705), sostiene che, per la prosperità della vita pubblica, e la potenza dello stato, si possano accettare i Vizi privati. Questo perché ciò che viene reputato vizio, cioè negativo, in verità è quello che rende l’ uomo creatura socievole e quindi più unito e compatto lo stato in cui gli uomini vivono. Montesquieu, invece, attraverso la sua critica sociale e politica all’ assolutismo francese, si domanda, nello “Spirito delle Leggi” (1748), quale sia il principio ispiratore della creazione delle leggi, per poter così dare effettivamente avvio alla creazione della scienza politica e della scienza della società. Le tre tipologie di governo sono ispirate da tre diversi principi: Repubblica = Virtù (ad esempio il Costituzionalismo Inglese, con il potere esercitato in conformità con le leggi), Monarchia = Onore (con il potere affidato ad un' elite che deve controllare il “capo di stato” per impedire che lo stato stesso si trasformi in Dispotismo), Dispotismo = Paura (quando il “capo di stato” non ha freni ed ha potere assoluto). Ultimo, ma non meno importante, Rousseau tratta largamente di Politica. Nel suo “Origine dell’ Ineguaglianza” (1755) critica la Proprietà Privata, alla base della disuguaglianza che il filosofo ci spiega come annullare, ma che è, in ogni caso, un processo naturale, non voluto però da dio, come invece la religione vuole farci intendere. Se però non si interromperà questo processo degenerativo, che porta alla creazione di tutti gli altri mali della società, si arriverà sino al male ultimo, l’ Abuso Politico.
Etica:
Il discorso sull’ etica si protrae dai tempi più antichi, ed è stato affrontato anche dai filosofi della rivoluzione scientifica e dai loro successori. Cartesio, che ha dato largo spazio a quest’ argomento, nella terza parte del “Discorso sul Metodo”, crea alcune regole a riguardo della Morale, ovvero necessarie per il buon vivere; riguardano l’ obbedienza ai costumi del proprio paese, l’ osservanza delle norme religiose, la moderazione e la pacatezza in ogni azione, la fermezza e la decisione, l’ essere padroni di se stessi e delle sole cose che possiamo realmente cambiare, ovvero i nostri pensieri. Passando poi ad un’ analisi dei sentimenti umani ne sottolinea l’ importanza in quanto quelli che fanno comprendere alla nostra anima cosa può nuocere o giovare, sempre però, è fondamentale, mai facendosi guidare dalle passioni, ma agendo con raziocinio e temperanza, ben distinguendo bene e male.
Hobbes sostiene che le passioni siano sì frutto di stimoli, lo stimolo a desiderare o rifiutare qualcosa, ma che il tutto sia fatto seguendo soltanto lo spirito di Auto-Conservazione. Cerchiamo quello che lo rafforza e rifuggiamo ciò che lo indebolisce. La Ragione non ha altri compiti se non quello di discernere ciò che può esserci utile o avverso, ha esclusivamente Funzione Utilitaristica. Non esiste alcun principio matematico, tutte le nostre scelte sono pre-determinate. Ecco quindi il concetto di Determinismo, secondo cui nulla avviene per caso o per libertà individuale. Secondo il Panteista Spinoza lo spirito umano è perfettamente consapevole di cosa sia giusto e di cosa non lo sia, ma riesce a seguire il bene esclusivamente se in possesso di una conoscenza superiore. Trattando l’ etica dal punto di vista geometrico mostra come, ad ogni determinato livello di conoscenza, corrisponda un comportamento: alla semplice Immaginazione corrisponde la Schiavitù dalle Passioni, alla Ragione corrisponde la Virtù, all’ Intelletto Massimo corrisponde l’ Amor Dei Intellectualis (massimo grado di felicità). Hume, per costruire una nuova scienza della natura umana, afferma invece che la stessa sia composta da due differenti elementi, l’ Intelletto e il Sentimento. L’ intelletto è ciò che ci fa capire il mondo e come esso vada, il sentimento è invece tutto ciò che ci fa apprezzare o rifuggire un determinato oggetto, situazione, individuo, a seconda che esso venga accettato e collegato a qualcosa che ci fa piacere. Per dimostrare tutto ciò si sfrutta il metodo newtoniano, secondo cui mai si possono oltrepassare i limiti dell’ esperienza e non si possono accettare ipotesi contrarie agli esperimenti, tutto ciò passando per una dura critica alla metafisica. Per l’ inglese Smith la vita morale umana è soggetta ad un semplice principio di Armonia e Finalità. Ne tratta nella “Teoria dei Sentimenti Morali” (1759), dove teorizza l’ idea di Simpatia, ovvero il vedere noi stessi come gli altri ci vedono, come spettatori passivi, approvando o disapprovando le nostre scelte a seconda che gli altri simpatizzino o no con esse. Questo Simpatizzare a vicenda è un accordo, implicito, tra tutti gli individui, fornitoci dall’ Essere Grande (Dio). La teoria di Smith potrebbe però crollare se fosse dimostrata la fallacità degli interessi comuni, essendo essa, infatti, basata sulla convinzione che tutti gli accordi comuni siano infallibili e perfetti, e che le morali di ogni singolo siano identiche. Altro filosofo ad aver affrontato il tema dell’ Etica è Mandeville. Tutta quanta la sua teoria è basa su una frase: “Privati Vizi, Pubblici Benefici”. Il filosofo è convinto che tutti quelli che, dalla società, vengono considerati vizi, siano, in realtà, il collante della comunità, e che, grazie ad essi, rispetto che senza, la produttività sia incrementata. I vizi sono quello che è più del “Nudo Selvaggio”. Anche se viene considerato male è comunque da accettare, perché ci permette di vivere meglio. Mentre invece la Virtù è mortificazione dei bisogni naturali, grazie al disfacimento dei quali è stata creata la società umana.

Filosofia & Storia
Il rapporto tra Storia e Filosofia non ha mai risolto la sua situazione, tanto che se ne è trattato anche durante il secoli XVII e XVIII. Uno di quelli che ne ha maggiormente discusso è stato il Filosofo della Storia Vico. Egli afferma infatti che sia impossibile, a differenza delle affermazioni Cartesiane, conoscere la Natura in quanto tale, poiché creata da Dio, non dall’ uomo. L’ unica cosa che noi possiamo conoscere veramente è qualcosa di Artificiale. Ecco perché la creazione di una “Scienza Nuova”, che studi qualcosa che è conseguenza delle azioni degli uomini, creta quindi dall’ essere umano: la Storia; è invece esclusa la Matematica, ma solo perché materia astratta. Grazie alla storia infatti “Verum Factum Converctuntur” (La verità e cioè che è fatto diventano conoscibili), mentre invece, se ci si fosse affidati esclusivamente al “Cogito Ergo Sum” cartesiano, avremmo magari saputo dell’ esistenza, ma non di che cosa si sia fatti. La Storia è la fusione fra due dottrine, Filologia (Scienza del certo [gli scritti]) e Filosofia (Scienza del vero). Bayle poi, nel suo “Dizionario Storico e Critico”, mette in evidenza quelli che sono i principali compiti del neonato ruolo dello storico, ovvero quelli di scoprire la verità dietro i dati, ricondurli alle proprie fonti certe, senza parteggiare in alcun modo per il proprio paese d’ origine o tenendo a freno, assolutamente, le proprie passioni, per il bene della sola verità. Infine lo storico Voltaire è colui che, maggiormente, si è applicato al difficile rapporto tra Filosofia e Storia, con ben tre testi: “Il Secolo di Luigi XIV”, “Saggio sui Costumi e Spirito delle Nazioni” e “Filosofia della Storia”; prendendo in esame quest’ ultimo possiamo riassumere la sua tesi. Essa consiste nell’ attribuire alla Storia il ruolo di ricostruttrice degli eventi umani, separandoli infatti dall’ incertezza data dai tanti documenti confusi, essa riporta i fatti in quanto tali; ha un senso esclusivamente se intesa come Storia Ragionata, cioè come Storiografia, che deve evidenziare e chiarire le cause del progresso delle nazioni. Va notato poi come lo storico abbia una profonda attenzione anche per le altre culture, sottolineando come la Storia non debba rivolgersi solo all’ occidente del mondo, ma anche alle tradizioni più sconosciute, proprio per portarle alla luce.

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