superuomo e volontà di potenza

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia

Voto:

2.5 (2)
Download:1209
Data:03.10.2005
Numero di pagine:29
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
superuomo-volonta-potenza_2.zip (Dimensione: 29.73 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_superuomo-e-volont+     95.5 Kb


Testo

DECADENTISMO:
• COME SI SVILUPPA
• ESTETISMO
• FIGURA DEL DANDY
• POETA-VATE
GABRIELE D’ANNUNZIO
• LA VITA
• IL PERSONAGGIO E LA POETICA
• “IL SUPERUOMO” E LE IDEOLOGIE
• L’ESPERIENZA FIUMANA
FRIEDRICH NIETZSCHE
• INTRODUZIONE
• IL SUPERUOMO
• LA VOLONTA’ DI POTENZA
OSCAR WILDE
• INTRODUZIONE
• ESTETISMO
• “THE PICTURE OF DORIAN GRAY”
FASCISMO
• ORIGINE
• SVILUPPO DEL MOVIMENTO
• IL FASCISMO E IL POTERE
• PROPAGANDA DEL REGIME ATTRAVERSO LE IMMAGINI
IL DOPING
• COS’ E’?
• SOSTANZE DOPANTI..COSA FANNO?
• PERCHE’ VA COMBATTUTO
• CHI LO COMBATTE
• COME VA COMBATTUTO
• INTEGRATORI:VITAMINE,MINERALI,
;
DECADENTISMO a cura di Grazia Andolina
COME SI SVILUPPA…
In contrapposizione alle ideologie e al pensiero scientifico, che stava influenzando gran parte della cultura europea, dando vita a movimenti culturali come il NATURALISMO, nasce il DECADENTISMO.
Questo movimento segna appunto la fine del naturalismo, con l’uscita del primo romanzo d’impronta estetica, “A REBOURS “ del francese Huysmans.
Il termine Decadentismo, indica la decadenza o il tramonto di una cultura, in questo caso quella romantica, a cui segue l’origine di una nuova, basata sull’estetismo, perciò sul culto della bellezza e sul piacere.
Più avanti il termine indica quel movimento culturale e letterario, che influenza gran parte d’Europa, a partire dalla metà degli anni ’80, per terminare nel primo decennio del novecento, dando spunto alle seguenti nascenti poetiche dell’ ERMETISMO, FUTURISMO, CREPUSCOLARISMO.
Il decadentismo, mira ad esaltare la figura dell’ intellettuale, rispetto alla società di massa nascente, recuperando i valori classici e tradizionali, rivalutando il privilegio del ruolo dell’artista, e dando origine alla figura del DANDY, del PROFETA-VATE e del SUPERUOMO. Tutti questi atteggiamenti si identificano perfettamente nella nuova società, dove l’artista, esaltando la sua figura , facendo della propria vita un’opera d’arte che tende all’ inimitabillita’, plagia la massa, diventando un vero e proprio mito, con lo scopo di pubblicizzare il proprio lavoro, soddisfacendo perfettamente le esigenze del pubblico e della società volte alla mercificazione dell’ arte. Uno dei personaggi che riassume tutte queste caratteristiche è GABRIELE D’ANNUNZIO che con il romanzo “IL PIACERE” inaugura il decadentismo italiano
(dagli anni ’90 ai primi anni del novecento) affiancandosi ad un altro italiano PASCOLI, e ad altri scrittori europei come il francese HUYSMANS e l’inglese OSCAR WILDE.
Da un punto di vista stilistico e letterario, nasce dal SIMBOLISMO francese, dove di seguito, quest’ultimo, ne diventa la poetica principale. Perciò tende alla rappresentazione per mezzo dei simboli, attraverso cui il poeta tramite l’intuizione mistica, panica e magica, rivela nel particolare l’universale, prediligendo l’irrazionalità e lo studio profondo dell’anima, perciò dell’inconscio, dell’ignoto e dell’immaginario.
Questo movimento è mosso inoltre da ideologie IMPERILAISTE e NAZIONALISTE, entrambe nascenti nello stesso periodo, e si rifà ai seguenti punti:
• Rifiuto del metodo scientifico e razionale e predisposizione ad atteggiamenti irrazionalistici, ispirati al sensualismo o al misticismo;
• Soggettivismo e individualismo: l’arte è intesa come mezzo d’espressione del soggetto delle sensazioni di vita interiore e sensuale. L’artista e’ un personaggio isolato ed eccezionale, il quale si trasforma in Dandy che disprezza la massa ispirandosi al gusto della distinzione e dell’artificio;
• Scoperta dell’inconscio: attraverso l’arte si esprimono le associazioni dell’io, i presentimenti e collegamenti tra il mistero dell’anima e della vita stessa dell’universo;
• Ricorso al simbolismo: da qui la corrispondenza fra l’anima del soggetto e la vita dell’universo, il ricorso alla metafora e alla sinestesia;
• Estetismo e religione dell’arte: i decadenti affermano l’autonomia dell’arte attraverso la teoria dell’ arte per l’arte, obbedendo cioè solo a se stessa, liberandosi dai criteri di natura morale - politica –sociale; ma affermano anche la superiorità dell’arte, basandosi sul culto della forma e perciò sull’ESTETISMO sul culto della bellezza come ragione di vita, e vera e propria religione;
• Concezione del poeta come artefice supremo o profeta –vate : visto che la poesia è concepita come rivelazione dell’assoluto, l’immagine del poeta è quella di mediatore o sacerdote di questa rivelazione. L’artista è inventore e creatore, non deve più imitare la vita come i naturalisti ma crearla.
DANDY
La figura del dandy nasce in Inghilterra con il romanticismo, ma si diffonde in Europa negli anni del Decadentismo, grazie soprattutto all’esempio di Oscar Wilde. Il dandy è l’eccentrico che si diverte a stupire e a colpire l’attenzione del pubblico, con gli atteggiamenti, con il modo di vestire, di vivere, con i gesti provocatori. Esibisce la propria “diversità” e, mentre ne fa spettacolo, cerca di imporla e di servirsene come trampolino di lancio per il successo. Si diverte dunque a scandalizzare e a provocare, ma in realtà vuole il riconoscimento e il plauso del pubblico. La figura del dandy presuppone l’isolamento sociale dell’artista e la spinta della concorrenza che lo induce a differenziarsi con gesti clamorosi; ma rivela anche quanto sia ambiguo il suo anticonformismo : dietro la rivolta si nasconde in realtà il desiderio di successo. Questo personaggio bene esprime, dunque, il destino dell’artista nella società che mercifica l’arte ed in cui l’artista deve fare propaganda a se stesso per vendere i propri prodotti.
ESTETISMO
E’ un fenomeno letterario e di costume legato alla poetica del Decadentismo. Il suo atteggiamento principale sta nell’esaltazione della bellezza e dell’arte come sostituti dei valori tradizionali, e si manifesta nella ricerca dell’oggetto o della parola rari e squisiti, nel gusto per l’esotico e per gli aspetti più morbosi della sessualità. L’esteta o il dandy è spesso il protagonista delle opere decadenti, come ad esempio il Des Esseintes nel romanzo “A Rebours” di Huysmans.
POETA-VATE
La parola vate viene dal latino ”vates” = indovino. Poiché gli indovini rilasciavano i loro responsi generalmente in versi, “vates “ passò a significare anche poeta o cantore. In italiano la parola vate significa profeta o anche poeta di alta e nobile ispirazione morale e civile.
Nel linguaggio critico l’espressione assume due significati: può essere riferita alla letteratura italiana dell’ottocento, che indicava la funzione dello scrittore romantico –risorgimentale il quale guida il processo storico e ne anticipa o profetizza gli sviluppi futuri. In questo caso vengono citati Foscolo e Leopardi.
O si riferisce anche alle letterature romantiche nordiche e decadenti europee, indicando la funzione oracolare e sacerdotale del poeta, considerato interprete privilegiato e rivelatore dei significati profondi della natura e della vita, in cui prevale l’aspetto mistico religioso ed estetizzante.
GABRIELE D’ANNUNZIO
LA VITA
Nasce a Pescara, il12 Marzo del 1863,terzo figlio di Paolo Rapagnetta, fu in seguito adottato da un ricco zio da cui prese il nome. La sua formazione culturale inizia a Prato con gli studi liceali, seguita dall’ esperienza universitaria nel’81 a Roma alla facoltà di lettere che mai terminerà. Qui inizia la sua carriera da giornalista. Dopo esser stato collaboratore di alcuni periodici(cronaca bizantina), diventa cronista della società aristocratica, che subito conquista con la sua vita sontuosa e scandalosa. E’ stato un uomo pieno di vita e di passioni, infatti tanti si sono rivelati i suoi amori, a cominciare da Giselda Zuccconi ,per continuare con la duchessa Maria Hardouin, che sposerà nel’83. Torna subito a fare notizia con un’altra nuova avventura, con Elvira Fraternali Leoni. Intanto le sue prime composizioni appartenenti all’opera PRIMO VERE(’79).Di questo periodo, fanno parte le raccolte di rime, come CANTO NOVO(’82) INTERMEZZO DI RIME(84) L’ISOTTEA E LA CHIMERA(90) ELEGIE ROMANE(92) POEMA PARADISIACO(93), i racconti riuniti di TERRA VERGINE(82), i romanzi IL PIACERE(89) GIOVANNI EPISCOPO(91) INNOCENTE(92). In seguito ad un esperienza napoletana, vissuta insieme a Maria Gravina entrano a far parte della sua cultura, Nietzsche e Wagner da cui prende spunto nella composizione dell’ opera IL TRIONFO DELLA MORTE(94). Questo è un anno di svolta per il poeta, caratterizzato da un‘ altro amore con Eleonora Duse, ma soprattutto, da una vicenda finanziaria che lo costringe a trasferirsi prima a Firenze(‘98-’10), dove compone i primi tre libri delle LAUDI DEL CIELO DELLA TERRA DEL MARE E DEGLI EROI, che sono: MAIA ELETTRA ALCYONE-(’03). Scrive anche il romanzo IL FUOCO(00) ed una tra le sue più importanti opere teatrali ,LA FIGLIA DI IORIO(’04). Alla Duse succede la Rudini’, e prosegue la produzione teatrale con LA NAVE(’07) acclamando grande successo. Si inserisce nella vita politica schierandosi nelle fila di destra , ma clamorosamente tre anni dopo, vi si oppone schierandosi verso sinistra, per protesta nei confronti del governo repressivo Pelloux. Nel ’10 si trasferisce in Francia, sfuggendo a debiti editoriali, e dove vi rimane in esilio volontario fino al ’15. Qui entra in contatto con una nuova società, affermandosi subito con la sua personalità , e fu circondato da numerosi ammiratori, in particolare ammiratrici. La sua ispirazione letteraria viene tradotta in diverse opere, come il quarto libro delle LAUDI ,MEROPE(’12) e diverse opere teatrali di notevole importanza. Ha una corrispondenza con l’Italia ,tramite “IL CORRIERE DELLA SERA”, di cui è collaboratore, fino a quando scoppia la guerra nel ’15 e torna in Italia. Il suo spirito nazionalista ed avventuriero, lo spinge a schierarsi tra gli interventisti e a partecipare a diverse imprese ardite, soprattutto aeree. Perde l’ occhio destro, e compone il NOTTURNO(’16). Divenne un‘idealista precursore del Fascismo, e finita la guerra, nel ’19 occupa di forza la città croata di Fiume. Qui stabilisce un governo militare, che dopo quindici mesi è costretto a cadere per un intervento delle truppe governative. Si ritira così nel’21 a Gardone Riviera sul lago di Garda in una villa detta ”Il Vittoriale degli Italiani”, morendovi nel ’38.
IL PERSONAGGIO E LA POETICA
Il personaggio di D’Annunzio nasce in opposizione a quella cultura scientifica che si stava sviluppando e che aveva portato ad una svalutazione dell’artista, il quale in conseguenza alla nascita della società di massa, era stato emarginato poiché non rispondeva più alle nuove esigenze scientifiche. Per questo D’Annunzio allo stesso modo degli altri decadenti, ne rifiuta ogni concezione creando un proprio modello in grado di recuperare i valori tradizionali, ma soprattutto di ristabilire il giusto ruolo ed i privilegi dell’artista, inteso come unico mediatore e rivelatore di verità assolute attraverso la poesia, e l’arte. Da origine così ad una poetica del tutto nuova sui palcoscenici della letteratura, in grado di stupire, di colpire e allo stesso tempo di esaltare la propria figura al cospetto di una società non protagonista, ma che dovrà essere soggetta alla figura del “SUPERUOMO”, da cui verrà educata alla religione dell’arte.
In lui si scopre il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, la sensualità di un artista che sente con gioia e voluttà i profumi, i colori, i suoni, che con la sua immaginazione rende tutto più bello, più entusiasmante, più esageratamente clamoroso. Un personaggio perciò raffinato che basa la vita sull’estetismo ossia sul culto della bellezza sull’edonismo, che mira al piacere immediato, e sul panismo, la tendenza da identificarsi nella natura, osservando la realtà da questo punto di vista; il tutto integrato in una vita inimitabile, fatta come un’opera d’arte, che deve far scalpore tra la gente al fine di diventare un vero e proprio mito di massa e su cui strumentalizzare il suo prodotto e perciò la sua opera soddisfacendo a pieno merito le esigenze di una società all’ avanguardia, spinta dalla mercificazione dell’arte. Da qui vengono messe in evidenza le sue contraddizioni, espresse nel disprezzo verso la massa che minaccia la borghesia, ma che nonostante ciò cerca di persuadere con il suo stile, proprio per riuscire a sponsorizzare la sua opera. In lui si scopre il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, la sensualità di un artista che sente con gioia e voluttà i profumi, i colori, i suoni, che con la sua immaginazione rende tutto più bello, più entusiasmante, più esageratamente clamoroso.
Nel realizzare tutto ciò, unisce la cultura classica attraverso personaggi come il profeta –vate alle nuove nascenti filosofie irrazionali come quella di Nietzsche, che ha un’influenza particolare sulla teoria del superuomo e quella psicoanalitica, anticipandone l’avvenire, la quale descrive le sensazioni, ed i vari movimenti dell’anima, su cui viene collocato il senso di ignoto e di piacere per una nuova sensazione.
La sua produzione suscita enorme interesse al pubblico, il quale è attratto dal contrasto messo in scena da D’Annunzio, sui protagonisti delle sue opere che si rivelano allo stesso tempo nel poeta, ma che al contrario di questi non riescono nel loro intento di una vita basata sull’estetismo e perciò inimitabile. In conseguenza del fallimento dei personaggi, lui mette in risalto la sua figura che a questo punto diventa superuomo, perché l’unico in grado di realizzare la vita esteticamente.
Da un punto di vista stilistico la sua produzione assume un atteggiamento particolarmente elegante, poiché coglie gli aspetti del mondo con la sensualità e riesce a scomporli in tanti piccoli momenti, godendoli uno ad uno. La sua raffinatezza si rivela anche nello stile, nel linguaggio, nella ricercatezza della parola che sappia ammaliare, ad un’esaltazione del potere della parola: la “scienza delle parole” è una scienza “suprema”; “ chi conosce questa, conosce tutto”, affermò nel 1892, dopo aver affidato a IL PIACERE la parola d’ordine ”il verso è tutto”. Parola e verso, cioè linguaggio e forma, coincidono senza mediazioni.
Dal simbolismo, il frequente uso di figure retoriche come l’analogia, quale tecnica privilegiata della rappresentazione, e quale criterio organizzativo della conoscenza. L’analogismo, la metafora, la sinestesia, sono i modi per ristabilire il contatto tra uomo e natura, per scavalcare i limiti della civilizzazione, senza fare i conti con essi. L’arte è insomma anche un modo privilegiato per superare il divario tra civiltà e natura, tra cultura e istinto: “Natura e Arte sono un dio bifronte”. Il tentativo da lui perseguito è quindi, quello di dare vita ad una scrittura che esprima e manifesti questa duplicità, una scrittura che sia il massimo dell’artificialità presentato come il massimo della naturalezza.
IL SUPERUOMO
Questa figura nasce in D’annunzio conseguentemente di quella esteta. Egli prova un odio ed un disgusto per i valori, li considera mediocri e rispetto ai quali si sente superiore. Il poeta fugge dalla realtà verso un mondo di bellezza raffinata, insolita, preziosa. Tutto questo non solo nell’arte, ma anche nella vita. La vita stessa, cioè, è un’opera d’arte da costruire con raffinatezza e ricercatezza. L’esteta ha il culto del bello fine a se stesso, ritiene i valori estetici primari riducendo tutti gli altri: “un’azione non dev’essere giusta, ma bella!”. L’eroe decadente si considera eccezionale, speciale, disprezza l’uomo comune e la massa, costruisce la sua vita come un’opera d’arte attraverso l’artificio, sprezzando la spontaneità. Egli giunge ad un fallimento finale inevitabile.
E’ riscontrabile nel poeta nell’adolescenza, il desiderio di imporsi, di agire, cosa che nella maturità viene risentita nella nuova filosofia tedesca di Nietzsche il quale da vita al superuomo, che in D’annunzio viene interpretata in maniera diversa ma che sarà caratterizzante nella sua poetica e nella sua vita.
Egli avendo rifiutato una problematica del vivere, si proiettò in una vita attiva e combattiva rivelando il suo vitalismo attraverso due concezioni:
• L’insofferenza di una vita comune e normale;
• Il vagheggiamento della “bella morte eroica”;
Insiste perciò sui temi della grandezza, dell’orgoglio, dell’eroismo estetizzante, ritrovando nel superuomo la perfetta identificazione con l’artista. In questo modo, valorizzando l’arte da un senso di superficialità in quanto stabilisce una stretta relazione tra vita e arte, dove è la seconda che segue la mutevolezza e la particolarità della prima, e non la prima a tenere dietro l’arte.
LE IDEOLOGIE
D’Annunzio, oltre che ad essere uno scrittore fu anche un’importante ideologo e politico, che lo coinvolse in diverse questioni di natura politica, che lo videro al centro dell’ attenzione riguardo ad ardite imprese militari, soprattutto aree, mettendo in mostra quel suo esibizionismo, che mira a colpire ma non a riflettere, a persuadere ma non a convincere.
Tutto ciò si riconduce ad un progetto di vita, in cui conta la sensibilità ai processi in atto, che lo videro schierato dalla parte vincente, appariscente e scandalosa.
Il suo ideale è quello di nazionalismo, ripreso anche da Pascoli, ma che in chiave più individuale ed eroica, con aperte concessioni al razzismo. Tuttavia se si volesse ricondurre la sua ideologia ai fatti espressi nella sua vita, non sarebbe possibile in quanto segue ideali:
• Post-politici, dove non mira a conciliare le differenze tra le ideologie, o ad esaltare un’ideale, non è interessato da programmi, ma vuole ottenere il massimo utile dai meccanismi culturali della società di massa;
• Pre-politico, che mira ad una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del soggetto, coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale.
L’IMPRESA FIUMANA
“O FIUME O MORTE”
Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio
Gabriele D'Annunzio
11 settembre 1919
Così Gabriele D'Annunzio scriveva a Benito Mussolini: iniziava l'impresa di Fiume.
D'Annunzio, che non ha mai rinunciato a rivendicare i diritti dell'Italia su Fiume, organizza un corpo di spedizione. A Venezia egli raggruppa gli ufficiali che fanno parte di un nucleo d'agitazione che ha per motto "O Fiume o morte!". Questi ufficiali assicurano a D'Annunzio un contingente armato di circa mille uomini, ai quali altri se ne aggiungono poi durante la marcia sulla città irredenta.
Gabriele D'Annunzio si autonomina capo del corpo di spedizione e il giorno 12 settembre 1919 entra in fiume alla testa delle truppe. La popolazione alla vista di questa entrata, acclama le truppe di granatieri italiani ed il “poeta- soldato”.
L'impresa di D'Annunzio riesce anche grazie alla compiacente collaborazione del generale Pittaluga, comandante delle truppe italiane schierate davanti a Fiume, il quale concede via libera al piccolo esercito. Le truppe alleate nella città non oppongono resistenza e sgomberano il territorio chiedendo l'onore delle armi. Di fronte al colpo di mano il presidente Nitti, nel duplice intento di salvare la nazione da un pronunciamento militare e di non provocare incidenti internazionali, pronuncia un violento discorso:
"L'Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterari dei vanesii".
Mussolini, fronteggiando l'attacco contro il suo amico D'Annunzio, scrive sulle colonne del Popolo d'Italia:
"Il suo discorso è spaventosamente vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla paura che egli ha degli alleati. Quest'uomo presenta continuamente un’Italia vile e tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacalli di Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosi piccini, che diminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E' più facile il contrario".
D'Annunzio non reagisce agli attacchi del Presidente del Consiglio come Mussolini, ma conia per Nitti un soprannome, nel quale c'è tutto il suo disprezzo per il moderato che disapprova "le gesta sportive". Lo battezza "Cagoja".
20 settembre 1919. Gabriele D'Annunzio ottiene i pieni poteri e comincia a firmare decreti qualificandosi "Comandante della città di Fiume". Il 16 ottobre le truppe regolari dell'esercito continuano a bloccare la città e D'Annunzio dichiara Fiume "piazzaforte in tempo di guerra". Questo gli consente di applicare tutte le leggi del codice militare che in tal caso prevede anche la pena di morte con immediata esecuzione per chiunque si opponga alla causa Fiumana.
Il plebiscito del 26 ottobre segna il trionfo di D'Annunzio che ottiene 6999 voti favorevoli all'annessione su 7155 cittadini fiumani votanti.
Sull'onda del successo, D'Annunzio esprime a Mussolini un proprio progetto: marciare su Roma alla testa dei suoi uomini e impadronirsi del potere. Mussolini lo dissuade e lo convince che la cosa finirebbe in un fallimento. In realtà la marcia su Roma è il suo grande sogno ma egli vuole ancora aspettare perché intende essere il solo condottiero di quella marcia, e non certo l'articolista di D'Annunzio, in questo momento più popolare di lui. Nel frattempo le potenze alleate ammoniscono il governo italiano sulle complicazioni che l'impresa fiumana può portare nelle trattative ma la loro presa di posizione è abbastanza moderata, tale da indurre Nitti a non intervenire con la forza contro D'Annunzio ma a intavolare con lui pacifici negoziati.
Arriviamo così alla vigilia delle elezioni. D'Annunzio riprende la sua attività espansionistica ed il 14 novembre sbarca a Zara, debolmente contrastato dal governatore militare. Occupata Zara, D'Annunzio riparte pochi giorni dopo lasciando una guarnigione a presidiare la città, mentre corre voce che egli stia per tentare altre imprese del genere a Sebenico ad a Spalato.
Gli italiani vanno alle urne ignorando le ultime imprese di D'Annunzio, perché il governo blocca la notizia attraverso la censura, temendo che il nuovo fatto d armi possa mutare il corso della consultazione. Le elezioni del 1919 vedono la sconfitta dei fascisti e nel giugno del 1920 Giolitti subentra come Presidente del Consiglio a Nitti.
Il 1920 vede la conclusione definitiva dell'avventura fiumana di Gabriele D'Annunzio.
I rappresentanti delle potenze alleate si riuniscono a Rapallo. Il 12 novembre viene firmato un trattato che dichiara Fiume stato indipendente e assegna la Dalmazia alla Jugoslavia tranne la città di Zara che passa all'Italia. Il "poeta soldato" viene invitato ad andarsene da Fiume. Questa volta l'esercito e la marina italiana non potranno più mostrarsi compiacenti con D'Annunzio. Il generale Enrico Caviglia viene inviato a Fiume per far sgomberare la città dagli occupanti. E' Natale. D'Annunzio dichiara che quello sarà un Natale di sangue e promette che verserà anche il suo, ma il generale Caviglia ordina ad una nave da guerra di aprire il fuoco contro il palazzo del governo. Le prime bordate segnarono la fine dell'avventura di D'Annunzio che se ne va. I suoi legionari lo seguono. Portano una divisa che diverrà famosa: camicia nera sotto il grigioverde e fez nero.

IL FASCISMO
LE ORIGINI
Le origini del fascismo risalgono alla fine della prima guerra mondiale, la quale nonostante la vittoria italiana, mette in crisi la classe dirigente liberale, che non era in grado ne di favorire una ripresa economica, ma soprattutto di soddisfare e dominare la nuova società di massa.
Tutto ciò, permette l’emergere di nuove forze, quali Cattoliche e socialiste, che si consideravano estranee alle tradizioni dello stato liberale, e non compromesse nelle responsabilità della guerra e dunque inquadrando larghe masse, potevano meglio interpretare le nuove dimensioni assunte dalla lotta politica.
Furono i cattolici a portare il primo e più importante fattore di novità, abbandonando la tradizionale linea astensionistica, e dando vita al PPI.
Seguì la nascita di partito socialista a cui si iscrissero numerose persone; in questo partito c’era una grossa maggioranza della corrente di sinistra, chiamata massimalista, che si impose su l’altra parte, quella riformista.
All’interno del PSI furono molti i gruppi che si schierarono, infatti ai massimalisti si oppose l’estrema sinistra, composta per lo più da giovani che combattevano per un coerente impegno rivoluzionario, e prendevano come riferimento i comunisti russi.
Quest’ideale rivoluzionario del partito socialista, finì con l’isolare il movimento operaio e ridurne i margini di azione politica, perché prospettando una soluzione alla russa, si preclusero ogni possibilità di collaborazione con le forze democratico- borghesi, spaventate dalla minaccia della dittatura proletaria. Insistendo nella condanna indiscriminata di tutto ciò che avesse a che fare col passato conflitto, e in genere nel rifiuto di ogni logica nazionale, ferirono il patriottismo della piccola borghesia, e fornirono argomenti all’oltranzismo nazionalista dei numerosi gruppi che si formarono nell’ immediato dopoguerra con lo scopo di difendere “i valori della vittoria”. Tra i tanti quello che riscosse maggior successo, fu quello fondato da Benito Mussolini con il nome di Fasci di combattimento. Politicamente il nuovo movimento si schierava a sinistra, chiedeva audaci riforme sociali, e si dichiarava favorevole alla repubblica, ostentando allo stesso tempo, un acceso nazionalismo e una feroce avversione nei confronti dei socialisti. Ai suoi esordi, il Fascismo raccolse solo scarse adesioni, tra cui ex repubblicani, ex sindacalisti rivoluzionari ed ex arditi di guerra, ma si fece subito notare per il suo stile politico aggressivo, insofferente di vincoli ideologici, e tutto teso verso l’azione diretta.
LO SVILUPPO DEL MOVIMENTO FASCISTA
Il movimento inizia ad avere sempre maggiore tra il popolo, ma non in maniera eccessiva. Il suo leader Mussolini stava programmando tutto per l’ascesa al potere, era solo questione di tempo, e di sfruttare gli eventi favorevoli. Infatti in un primo momento l’interesse era marginale. Nel frattempo l’Italia era in balia di una grande crisi che si manifestò con l’inflazione, dovuta soprattutto alla questione del caro- viveri. A questo punto le classi operaie erano in una situazione disperata, organizzando perciò delle forme di protesta, come gli scioperi, che sconvolse del tutto la situazione nel paese, e provocando la reazione dell’Opinione Pubblica, che diede il nome di “Scioperomania” a questo fenomeno. Allo stesso modo degli operai, si ribellarono anche i contadini, sottoposte al bracciantato delle leghe rosse e bianche, che diedero vita a movimenti, sviluppatisi spontaneamente che occuparono le terre incolte.
Queste rivoluzioni però, non avendo un nesso logico tra di loro, rivelandosi spesso una contro l’altra, deteriorarono la questione politica, esasperando le tradizionali linee di divisione della società italiana, portando di conseguenza ad un cambiamento della classe dirigente. Nelle elezioni del ’19, le prime del dopoguerra, e con il metodo della Rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista. La frammentazione della classe liberale non poté che portarla ad un’insuccesso, proclamando così la nuova dirigenza nelle mani dei socialisti. Al governo salì Giolitti che cercò di ripetere la stessa politica che aveva adottato ad inizio secolo, ma che nonostante ciò introdusse alcune riforme importanti, cercando di ristabilire la situazione economica, ma senza alcun esito rilevante.
Visto che la questione rimase invariata e perciò la classe borghese rimaneva sempre salda nella sua posizione rispetto a quella operaia, si iniziarono a muovere i sindacati, di cui primo tra tutti la CGL, ma anche un'altra categoria compatta e combattiva: i consigli di fabbrica, eletti direttamente dai lavoratori . Questi diedero inizio a delle vere e proprie proteste che si finalizzarono con l’occupazione delle fabbriche proprio per opporsi ai ricchi industriali, che rifiutarono ogni proposta di collaborazione con il movimento operaio. Dopo mesi di occupazione, il tutto si risolse con l’accordo sindacale che però non ebbe nessun risvolto nella questione. Alla delusione della classe operaia, si oppose il proposito di rivincita borghese, pronti a sfruttare ogni situazione.
Inizia così un’altra fase di accentuata crisi, in seguito al biennio rosso in Italia, ma da cui emerse un nuovo fenomeno, che ebbe origine nelle campagne, identificato come Fascismo agrario. Fino ad allora il Fascismo aveva svolto un ruolo marginale nella vita politica, ma che tra la fine del ’20 e l’inizio del ’21, subì un rapido processo di mutazione che lo portò ad accantonare l’originario programma radical-democratico, e a fondarsi su strutture para- militari(le squadre d’azione) e a puntare le carte su una lotta spietata contro il movimento socialista ed in particolare contro organizzazioni contadine della Valle Padana.
Da una giusta e decisiva scelta di Mussolini, ossia quella di cavalcare l’ondata di riflusso antisocialista, si sviluppò il Fascismo che attraverso lo squadrismo dilagò, prima in tutte le province padane, poi in alcune parti dlla Toscana e dell’Umbria, e qualche comparsa anche nel cento- nord, del tutto assente invece al Sud dove prevaleva il socialismo.
Erano appunto delle squadre tutte con le stesse caratteristiche che furono generosamente sovvenzionate dai proprietari terrieri, i quali scoprirono nei fasci, lo strumento capace di abbattere il potere delle leghe. L’obbiettivo delle spedizioni erano i municipi, le camere del lavoro, le sedi delle leghe, le case del popolo, che vennero sistematicamente tutti incendiati e devastati, costringendo le leghe a sciogliersi e molti dei loro rappresentanti, con atti di violenza anche, furono costretti ad aderire alle nuove organizzazioni che venivano instaurate dagli stessi fascisti.
Il successo travolgente dell’ offensiva fascista non può spiegarsi solo con fattori di ordine militare, ne può essere interamente imputato agli errori dei socialisti, ma attraverso un analisi della situazione del periodo, che vedeva alla classe operaia, opposta una forza che godeva dell’appoggio di buona parte della classe dirigente e degli apparati statali, e di una voglia di rivincita della borghesia nei confronti degli operai. La forza pubblica sembrava essere estranea agli avvenimenti, che spesso si risolvevano in scontri violenti con le forze socialiste.
IL FASCISMO E IL POTERE
Al potere c’era ancora Giolitti che non si dimostrò indifferente allo sviluppò del Fascismo, ma anzi lo vide con compiacenza, pensando di servirsene per ridurre a più miti pretese i socialisti e di poterlo in seguito costituzionalizzare, assorbendolo nella maggioranza liberale.
Strategicamente furono convocate delle nuove elezioni nel ’21, al fine di favorire l’ingresso di candidati fascisti nei cosiddetti blocchi nazionali, cioè nelle liste di coalizione in cui i gruppi costituzionali(conservatori, liberali, democratici) si unirono per impedire una nuova affermazione dei partiti di massa. I fascisti ottenevano così una legittimazione della classe dirigente, senza dover perciò rinunciare ai metodi illegali. Anzi la campagna elettorale, fornì loro lo spunto per intensificare intimidazioni e violenze contro gli avversari. Ciò nonostante, l’elezioni non ebbero i risultati desiderati da chi le aveva volute, ma tuttavia, la maggiore novità fu costituita dall’ingresso alla camera di 35 deputati fascisti, capeggiati da Mussolini. Al governo salì Bonomi, che tentò di far uscire il paese dalla guerra civile, concludendo nel ’21 un “patto di pacificazione” tra i socialisti ed i fascisti. Questo provocò la reazione dei RAS (fascisti intransigenti: Grandi, Farinacci, Balbo, che sabotarono in ogni modo il patto giungendo a mettere in discussione la leadership di Mussolini, che si rese conto di non poter fare a meno della massa d’urto dello squadrismo agrario, sconfessando il patto. A questo punto, i ras lo riconobbero come leader ed accettarono la trasformazione in un partito, pur sapendo di dover limitare la loro azione.
Nasce così il PNF, (Partito NazionaleFascista)che potè contare su molti iscritti. L’affermazione della forza fascista mette del tutto in crisi il governo Bonomi che viene poi sostituito da Facta, un giolittiano dalla personalità al quanto sbiadita, che apre le porte all’affermazione del Fascismo, che allo stesso tempo, vede l’immobilismo socialista, sia sul fronte politico, che su quello armato.
Viste queste indecisioni, i sindacati cercarono di muoversi organizzando uno sciopero legalitario, ma che videro la pronta e fulminante reazione delle camicie nere (forze Fasciste, squadristi) che si scatenarono per reprimere lo sciopero e manifestando il loro atteggiamento come custodi dell’ordine, lanciando una nuova e violenta offensiva contro il movimento operaio.
Assicuratosi il controllo della piazza e sbaragliato il movimento operaio, Mussolini si pose il problema della conquista del potere. Iniziò a lavorare su due fronti: da un lato intrecciò le trattative con tutti i più autorevoli esponenti liberali; dall’altro lasciò che l’apparato militare si preparasse al colpo di stato. Organizzò così la marcia su Roma, fissata per il 27 ottobre, che però militarmente non era ben preparata, in quanto gli squadristi non erano organizzati in truppe, ma che però fu favorita dalla decisione del Re, che in un certo senso appoggiò l idea, senza ostacolare l’ingresso a Roma dei fascisti. Mussolini si proclama così capo del governo con l’approvazione del Re. Ad una indifferenza generale da parte del popolo e delle forze di opposizione, si instaurò la politica autoritaria la quale iniziò una repressione legale per tutti i movimenti antifascisti.
Iniziarono così le riforme ed i progetti, basando il tutto su una politica liberista. Per mantenersi fedele alle promesse della vigilia, fu restituita la libertà d’azione e i margini di profitto all’iniziativa privata. Furono alleggerite le tasse gravanti sulle imprese, e abolito il monopolio statale delle assicurazioni sulla vita. Si cercò infine di contenere la spesa pubblica con un energico sfoltimento nei ruoli del pubblico impiego, con 20 mila licenziamenti. Sul piano economico, la politica liberista, parve ottenere discreti successi, con un aumento della produzione sia industriale, sia agricola. In buona parte questa ripresa era dovuta all’opera degli ultimi ministri liberali, ma valse ugualmente a rafforzare il governo e rinsaldare i legami fra potere economico e fascismo.
Iniziò così, una scalata verso la supremazia fascista, dovuta prima dal sostegno della chiesa, conseguentemente dalla dissociazione delle altre forze degli alleati, ma soprattutto dall’annullamento delle forze antifasciste, nelle elezioni del ’23, grazie alla nuova legge elettorale maggioritaria. La vittoria schiacciante del Fascismo dimostrò la sua supremazia che fu però poi criticata nei suoi metodi da Giacomo Matteotti, che fu poi ucciso da un gruppo di squadristi, membri illegali del PNF. Questo provocò un isolamento del Fascismo ed un maggiore interesse per le forze antifasciste, che però nella loro debolezza politica non furono in grado di ripristinare la legalità democratica.
Di qui in poi si iniziò a parlare di fascismo o antifascismo, tra dittatura e libertà e a cui presero parte anche gli intellettuali fino ad allora neutrali. Nacquero così manifesti come ”Manifesto degli intellettuali fascisti” per iniziativa di Giovanni Gentile, e dall’altra parte fu Benedetto Croce a organizzare manifesti che rivendicavano i diritti di libertà ereditati dalla tradizione risorgimentale.
Seguirono delle persecuzioni degli antifascisti, fu fascistizzata anche la stampa, tutti i grandi quotidiani d’informazione, ma soprattutto la Confindustria, riconobbe la rappresentanza dei lavoratori, ai soli sindacati fascisti. Furono pian piano sciolti tutti i partiti d opposizione, segnando così la fine del potere liberale. Per eliminare del tutto il vecchio potere introdusse delle leggi fascistissime, prima tra le quali, fu quella che rafforzava i poteri del capo del governo sia rispetto al parlamento, che agli altri ministri.
In conseguenza di tutto ciò furono molti gli attentati a scapito di Mussolini, che non ebbero però alcun effetto, e che lo portarono al ripristino della pena di morte per i colpevoli di reati contro “la sicurezza dello stato”. Infine la costruzione del regime, sarebbe stata completata successivamente, con la legge elettorale, che introduceva il sistema della lista unica.
E’ segnata così la fine dello stato liberale e la definitiva affermazione del regime fascista, dando vita ad una diarchia Re- Duce al vertice dello stato.
PROPAGANDA DEL REGIME ATTRAVERSO LE IMMAGINI
L’intera ideologia fascista non presenta particolare originalità nei contenuti, ma fa derivare le proprie basi teoriche da interpretazioni più o meno faziose delle dottrine filosofiche del recente passato, prima fra tutti l’esaltazione del Superuomo di Nietzsche, al solo scopo di rendere accattivante e convincente la rivoluzione fascista attraverso immagini e mezzi pubblici di comunicazione. Centrale diventa la figura del capo carismatico, il duce del fascismo Benito Mussolini, che fonda il suo potere sulle sue presunte doti eccezionali che ne fanno una figura infallibile.
Gli ideali principali che permisero al fascismo di presentarsi come interprete dell’interesse generale, furono la pretesa eticità dello stato, cioè un’immagine dello stato quale interprete del diritto e della moralità, e l’espansione fra il popolo del mito dell’autarchia. L’ideologia fascista si identificava infatti nella fede cieca nella nazione, sintetizzata dal motto “Credere, Obbedire, Combattere”.
Mussolini sottolineava l’importanza, sul piano della suggestione collettiva, di sfruttare l’idea che il nuovo ordine nascesse dalla rivoluzione fascista: “A noi occorre questa parola, perché fa un’impressione mistica sulle masse, dà all’uomo comune l’impressione di prendere parte ad un movimento eccezionale”.
Le tecniche di condizionamento con le quali si raggiungeva il consenso furono: la pubblicità, i giornalini a fumetti, la radio e il cinema, le celebrazioni, le manifestazioni di massa e i dialoghi dal balcone del duce con il popolo italiano radunato in piazza.
Fin dal 1931 il regime impartì alla stampa direttive molto precise, ordinando di improntare ogni giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nell’avvenire, eliminando le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.
Nel 1933 l’Istituto Luce (L’Unione Cinematografica Educatrice) venne posto alle dipendenze del Ministero della Cultura Popolare, con il compito di documentare le opere del regime e diffondere le immagini ufficiali attraverso servizi fotografici, film, documentari propagandistici e cinegiornali distribuiti nelle sale cinematografiche di ogni parte d’Italia. Tutti gli argomenti trattati svolgevano una funzione politica, tutte le immagini e le parole che Mussolini e i suoi gerarchi decidevano di trasmettere avevano lo scopo di plagiare le masse all’ideale radioso della dittatura.
L’immagine diffusa di Mussolini era quella dell’uomo di governo, brillante, sportivo, elegante, super - attivo; il suo volto isolato era ingigantito o moltiplicato ossessivamente all’infinito dai fotomontaggi.
La sua immagine, quella del DUCE era ormai onnipresente e onnipotente allo scopo di comprovare il rapporto di forte legame e di identificazione con il popolo. La sua gestualità teatrale, lo sguardo duro e truce, l’impennarsi del mento, le pose atteggiate e le mani sui fianchi venivano magnificate per far conoscere i molteplici aspetti del suo carattere impulsivo, esuberante, passionale.
La propaganda, insomma, aveva permesso ad un uomo partito dal nulla di conquistare la fiducia di quasi tutto il popolo italiano e di modificare totalmente l’assetto governativo del paese, che si era trasformato in una dittatura. Per poter procedere alla trasformazione in senso autoritario dello stato e per raggiungere la massima potenza, il duce aveva operato gradualmente l’eliminazione sistematica di tutte le forze liberali.
FRIEDRICH NIETZSCHE
LA VITA
Fridrich Nietzsche, nacque nel 1844 a Rocken in Germania, figlio di un pastore e di madre di origini anch’essa pastorizie. Rimasto orfano del padre in tenera età, crebbe affidato alle cure della madre, donna di solite qualità morali ma di cultura limitata. A Naumburg, dove la famiglia si era trasferita, ricevette i suoi primi insegnamenti di religione, latino e greco e imparò a suonare il pianoforte. Dopo avere abbandonata la celebre scuola teologica di Pforta, con disappunto della madre, Nietzsche studiò filologia classica all’università di Bonn e Lipsia, diventando professore della disciplina all’università di Basilea a soli 24 anni; in quel periodo si iniziarono a delineare sempre più le sue inclinazioni filosofiche. Entrò in relazione con Richard Wagner, del quale divenne amico ed estimatore. Il loro rapporto si andò affievolendo sempre più con il tempo quando egli iniziò ad orientarsi nostalgicamente verso il cristianesimo e l’abbandono dei valori vitali, propri dell’antichità classica, verso uno spirito di rinuncia e rassegnazione; tutto ciò al contrario di Wagner che era visto come estremo rappresentante del Romanticismo. L’ultimo periodo della vita, fu caratterizzato da una precaria condizione fisica, dovuta alla pazzia, ed un continuo spostarsi tra la Svizzera e l’Italia settentrionale, tra cui Torino, che divenne una delle sue città preferite. Fu molto condizionato da una visione malinconica, che lo portò all’attesa della morte, espressa nell’opera “UMANO TROPPO UMANO”, ma che non arrivò. La svolta la ebbe con “AURORA” e “LA GAIA SCIENZA” nel quale afferma la speranza del filosofo, di poter condurre l’umanità verso un’altra prospettiva di vita. A questo punto ritrovò in se stesso un senso di ottimismo, pensando di poter uscire dalla solitudine e di poter trovare comprensione e successo; ma fu subito deluso a causa di uno spiacevole fatto. La vita amorosa non vide particolari interessi, tranne che una ragazza di 24 anni che lo segue nella sua filosofia, ma che poi lo illude di essere sua discepola, la quale si innamora di un suo discepolo. Negli ultimi anni della sua vita quando ormai è sopraffatto dalla malattia, inizia ad avere successo, con la composizione di diverse opere, tra cui le più importanti: “COSI’ PARLO’ ZARATHUSTRA” “AL DI LA’ DEL BENE E DEL MALE” “ECCE HOMO”. Muore infine a Weimar nel 1900.
IL PENSIERO
Friedrich Nietzsche, un nome che ha fatto la storia di quest’ultimo secolo, oltre che la filosofia. Il suo pensiero ha influenzato tutta la cultura novecentesca, da cui sono nati, infatti, movimenti come il Decadentismo, il Simbolismo, e via via tutti gli altri del primo novecento, senza escludere l’influenza che ha avuto sul Nazismo e su personaggi come D’annunzio. La sua è la filosofia dell’irrazionalità, lui è un “ maestro del sospetto”, cioè, un pensatore eminentemente critico – negativo, che attraverso un processo di “demitizzazione” e “ desacralizzazione” è riuscito a distruggere tutti i miti e le credenze, in quanto convinto che gli uomini abbiano costruito una serie di certezze(metafisiche, morali, religiose…) per poter sopportare l’impatto con il caos della vita, che ad uno sguardo profondo si rivelano solo come delle necessità di sopravvivenza, le quali il filosofo, mediante una serie di itinerari del proibito, ha il compito di mettere a nudo. Deve svelare dietro le apparenze, ogni verità, dietro ogni sistema etico o ogni modello di comportamento, individuare sempre precisi condizionamenti esterni, istintuali psicologici, sociali. Questo tipo di polemica del passato, non è semplicemente una critica delle idee o dei sistemi, ma una messa in discussione della civiltà occidentale, che ha dato vita a delle credenze, cui l’uomo è stato influenzato e condizionato. Da qui la critica verso Socrate in quanto il fondatore della razionalità, che dava spiegazione attraverso la ragione a qualsiasi cosa.
Nella sua prima opera “ LA NASCITA DELLA TRAGEDIA”, egli contesta l’immagine della grecità di impronta classicista, secondo la quale i greci, crearono opere belle e armoniose, perché tale era il loro spirito. La tragedia è la massima espressione artistica e culturale della civiltà ellenica, perché in essa si verifica un incontro, che è il superamento del dualismo che ha caratterizzato l’essenza della grecità, e dalla cui lotta e conciliazione, la tragedia sarebbe appunto nata.
Questa dualità, è rappresentata da:
• Lo spirito Dionisiaco, scaturisce dalla forza vitale, dal senso caotico del divenire, l’istinto originario della ragione e si esprime nell’esaltazione dei sentimenti, nell’ebbrezza vitalistica e nella creatività della musica. Questo spirito è legato alla figura di Dioniso, Dio dell’oscurità, del disordine e del non conforme, che rappresenta l’energia istintuale , l’eccesso e dunque gli impulsi di emancipazione e di abbandono per cui la sua forma espressiva, non può essere che la musica passionale che a sua volta genera passione.
• Lo spirito Apollineo scaturisce dalla fuga di fronte al flusso imprevedibile degli eventi, e che si esprime nelle forme limpide ed armoniche dell’arte plastica. L’apollineo è dunque legato alla figura di Apollo, Dio della luce, della misura e della bellezza formale, che simboleggia il moto verso la perfezione, dando vita alla scultura e all’architettura.
Il primo è lo spirito della natura dell’uomo, che da origine alla vita, mentre il secondo è stato creato, proprio come tentativo di razionalizzare il caos dell’esistenza rendendo accettabile la vita; è dal loro contrasto che nasce la tragedia, riconosciuti nella parte drammatica recitata, nel canto e nella danza del coro.
Lo spirito Apollineo, con Euripide, prende il sopravvento su quello Dionisiaco, in quanto si inizia a rappresentare nell’arte la mediocrità del quotidiano. Ciò segna la fine della tragedia, parallelamente segnata dalla vittoria dello spirito socratico, che con la sua razionalità, pretende di racchiudere in concetti l’esistenza, imponendo sulla vita e sul mondo il primato della ragione.
La morte della tragedia e l’abbandono dello spirito Dionisiaco, affermano un processo di decadenza , con la nascita della religione dell’etica e della morale, che ha segnato profondamente tutta l’esistenza dell’uomo, fino a che non è arrivato appunto Nietzsche, il quale si considera “il primo decente uomo” dopo “la falsità che dura da millenni”, ed è pienamente consapevole del suo destino d’eccezione che porta il suo nome, ad “una crisi, quale mai si era vista sulla faccia della terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono una dinamite”.
Il suo compito è perciò ora quello di preparare l’umanità ad un’altra visione, alla pura realtà che non sia in grado di frenare LA VOLONTA’ DI POTENZA dell’uomo. Prepararla ad un duro colpo che sconvolgerà l’esistenza, quello della “morte di Dio”, di cui il vero artefice è l’uomo, che abbandonando tutti i valori, potrà tornare alla sua natura, alla sua origine dove non era vincolato da nessuna credenza, viveva in un unico mondo, ed una sola vita, senza quella ultraterrena, perché l’aldilà non esisterà più. Sara Zrathustra ad abolire per sempre il dualismo tra questi due mondi, tra quello vero e quello apparente, creato dalla filosofia greca, e da cui nascerà un altro uomo:
“UEBERMENSCH” O “ IL SUPERUOMO”
La morte di Dio, segna l’avvento del Superuomo, che diventa protagonista della storia, porgendosi al di sopra dei valori della civiltà occidentale, la religione, la morale e la scienza, in quanto considerate nient’altro che mistificazioni volute dalla massa per ostacolare il cammino degli uomini superiori, ed il risultato dello spegnersi nel corso dei millenni dell’originaria “volontà di potenza”, ossia dell’energia creatrice dell’uomo e dei suoi valori vitali.
Il Superuomo è colui che è in grado di accettare la vita; di rifiutare la morale tradizionale e di operare una trasvalutazione dei valori; di “reggere” la morte di Dio, guardando in faccia il reale al di là delle illusioni metafisiche; di superare il nichilismo; di collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno e di porsi come volontà di potenza. Alla base di queste considerazioni, il Superuomo si proietta nel futuro, perciò viene tradotto con l’oltre – uomo, proprio per evidenziare la differenza tra il Superuomo del futuro e l’uomo del presente.
Questa concetto, è alla base della filosofia nicciana, ed in cui tutto è riassunto e si risolve.
Il Superuomo, in un quadro generale, risulta abbastanza chiaro, al contrario però di una visione concreta sfuggente.
Ha avuto diverse interpretazioni, come ad esempio quella di sinistra, che vede nell’incarnazione del soggetto, un’umanità liberata; le interpretazioni di destra sono state quelle più sconvolgenti, prendendo in considerazione il Nazismo, che vede la proclamazione di un’elitè superiore.
Tute queste interpretazioni, derivano dalla complessità di questa tematica, rivelata anche, politicamente parlando da una ambiguità di fondo, come egli si sia contemporaneamente servito a fr valere ideali sia liberale che antiliberali, sia democratiche che antidemocratiche.
Queste contraddizioni, sono proprio volute per una denunzia nel corso della sua opera a tutti gli idoli politici, dai nazionalisti ai socialisti, ai democratici.
Tutto ciò spiega quale sia il suo vero messaggio, di carattere esclusivamente filosofico, del suo significato più profondo, di cui Nietzsche si serve per esprimere il progetto di un nuovo essere qualificato da una serie di caratteristiche che emergono oggettivamente dall’insieme della sua opera, perciò: accettazione della vita, critica della morale, morte di dio, superamento del nichilismo. Perciò non un Superuomo di carattere politico, la quale conseguente interpretazione ne dimostra il suo fallimento, ma piuttosto colui, che avendo preso coscienza del fatto che tutti i valori sono tradizionali sono crollati, è in grado di ritornare ad essere “fedele alla terra”, liberandosi dalle culture. Il superuomo ha in sé una forza creatrice, che gli permette di operare la traslazione dei valori e di sostituire ai vecchi doveri la propria:
VOLONTA’ DI POTENZA
2

Esempio