Post-hegeliani

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia
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Testo

Strauss – studia alla scuola teologica di Tubinga, in cui l’influsso hegeliano era stato molto deciso. Nel 1835 pubblica la “Vita di Gesù” in cui sostiene che il racconto evangelico non è storia, ma mito. Il vangelo, ci presenta il Cristo della fede: è una trasfigurazione di fatti, scaturita dall’attesa del Messia da parte del popolo, sotto lo stimolo del fascino del Cristo. Allo stesso tempo però il vangelo non è leggenda; anch’essa è una trasfigurazione della tradizione, ma in essa non c’è un significato metafisico. Nel mito, invece sì. Il mito evangelico trova il suo significato nel principio dell’incarnazione, che è Gesù. I cristiani hanno pensato che l’unità si realizzasse in un individuo, ed è qui che sta il mito secondo Strauss: l’incarnazione si è realizzata in un individuo storico determinato. La realtà è che Gesù è colui nel quale la coscienza dell’unità del divino è sorta per la prima volta. Strauss dice inoltre che l’umanità è l’unificazione fra le due nature, il Dio divenuto uomo: lo spirito alienatosi nella finitezza e lo spirito finito che si ricorda della sua infinitezza. L’umanità è senza peccato, solo l’individuo è contaminato dal peccato. Il contenuto del vangelo e della filosofia è lo stesso: l’unità del finito con l’infinito; solo che nel cristianesimo è espresso come rappresentazione, nel mito di Gesù uomo-Dio, mentre la filosofia traduce ciò in forma razionale, dicendo che la chiave per intendere la cristologia consiste nell’elevare l’idea (non l’individuo) a soggetto dei predicati.
Bauer – passa dalla destra alla sinistra hegeliana accentuando l’opposizione tra egoismo religiose e moralità umana. La religione, infatti, è la passività dell’uomo e la sventura del mondo. Bauer non vuole che l’umanità sia legata ad un al di là chimerico, ma che gli uomini riconoscano se stessi e uniscano i loro sforzi. Ritiene che l’uomo religioso non trovi nulla di buono in questo mondo, ed è egoista. Egli infatti lascia perdere lo stato, la storia e l’umanità, si occupa solo della sua anima, si isola e si pasce di questo isolamento, al contrario dell’uomo che vive e lavora insieme con gli uomini e soddisfa la sua passione per il progresso in stato, arte e scienza.
Stirner – allievo di Hegel, gli si ribella in nome dell’individualismo anarchico, e rimprovera Feuerbach di aver sostituito Dio con un altro pericoloso: l’umanità. La sua opera fondamentale è “L’unico e la sua proprietà”: per essere atei sino in fondo occorre negare sia Dio sia l’umanità, in nome dell’unico valore che è l’individuo. Esso è irripetibile, è misura di tutte le cose, non può essere schiavo né di Dio, né dell’umanità, né di ideali, e a lui si subordina tutto. L’uomo vale nella sua singolarità e non dipende da nessuno; la conseguenza è l’assoluto egoismo. Secondo Stirner gli ideali religiosi sono come fissazioni della follia: l’uomo non può venir soffocato e compresso dalla chiesa, dallo stato, dalla società, dai partiti. E nemmeno dal socialismo, che lo libera dalla schiavitù, ma lo rende un servo della società. “Non valgo io più della libertà? Non sono forse io che rendo libero me stesso?”. L’individuo è un dato immediato, non si può universalizzare. Egli entra in un’associazione solo per diventare più forte e considera gli alti come oggetti, per cui può provare o meno simpatia. Non fa la rivoluzione, perché implica un ordine di costruire, ma l’insurrezione, che vuole che ci si innalzi. Ama con la coscienza dell’egoista, ama gli altri solo perché il loro amore lo rende felice, e perché l’amore è incarnato nella sua natura. Infatti non riconosce nessuna legge che gli imponga di amare, come per il cristianesimo. L’unico deve ancora sorgere, ma non sarà né un cittadino sottomesso allo stato né uno straccione socialista soggetto alle provvidenze e della società, sarà soltanto la sua libertà. “Tu hai il diritto di essere ciò che la tua forza ti permette di essere, e la forza è una bella cosa, perché si va più lontano con una mano piena di forze che con un sacco pieno di diritti.

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