Per la pace perpetua, di Immanuel Kant

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Categoria:Filosofia

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Testo

Rebecca De Marco V B

Relazione di Filosofia

Immanuel Kant – Per la pace perpetua

Scritto in tarda età (1795, anno di pubblicazione) il progetto etico giuridico contenuto nel saggio “per la pace perpetua” si colloca in un contesto storico piuttosto significativo: da una parte la rivoluzione francese con la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, dall’altra quella americana suggeriscono un profondo tema di riflessione per il filosofo tedesco.
Come saggiamente suggerisce il titolo, il tema centrale della speculazione è il conseguimento di una pace duratura e le condizioni che permettono di giungere ad essa.
Il saggio è strutturato in maniera semplice e sistematica: due sezioni per gli “articoli preliminari” e per gli “articoli definitivi”, due supplementi (il secondo aggiunto in una seconda edizione del 1796), e un’appendice, divisa a sua volta in due parti.
Nella prima parte, gli “articoli preliminari”, Kant racchiude 6 articoli, o per meglio dire, 6 leggi che vengono accompagnate da un’ampia spiegazione.
I sei articoli preliminari sono:
1. “nessun trattato di pace deve essere stipulato con la tacita riserva di argomenti per una guerra futura”
2. “nessuno stato indipendente deve essere acquistato da un altro mediante eredità scambio compera o donazione”
3. “col tempo gli eserciti permanenti devono essere aboliti”
4. “non si debbono contrarre debiti pubblici in vista di conflitti esterni allo stato”
5. “nessuno stato si deve intromettere con la forza nella costituzione di un altro stato”
6. “ nessuno stato in guerra deve permettersi atti di ostilità tali da rendere impossibile la reciproca fiducia futura”

Possiamo facilmente notare come tutti gli articoli, tranne il secondo, siano estremamente attuali.
Particolarmente interessante è la definizione di stato contenuta nella spiegazione del secondo articolo: Kant sostiene infatti che uno stato non è un patrimonium ma è “una società di uomini su cui nessun altro tranne essa può comandare e discutere”. Con questa affermazione il filosofo lancia una pesante critica al vigente diritto dinastico che rendeva l’intero stato un bene materiale del sovrano e rivendica l’identità dello stato come territorio con l’ideale di nazione.
La seconda parte, che contiene gli articoli definitivi, si apre con una riflessione sullo stato di natura che è definito come uno stato di guerra nel senso che, sebbene non ci siano conflitti aperti, il rischio di questi non è del tutto estinto. Per questo motivo risulta necessario istituire uno stato legalmente. Secondo questo filo logico Kant introduce il primo articolo definitivo ovvero: “ la costituzione civile di ogni stato deve essere repubblicana” e per essere tale deve essere fondata sui principi di libertà, dipendenza da un’unica legislazione e uguaglianza.
Segue un’analisi dettagliata delle forme di governo possibili per permettere al lettore di non confondere il vero significato di repubblica, e una teorizzazione di questa: la repubblica (che è caratterizzata dalla separazione dei poteri) deve essere di tipo rappresentativo e non democratico poiché “quanto più piccolo è il numero delle persone che rivestono il potere, quanto maggiore è la loro forza rappresentativa tanto più la costituzione politica si avvicina al regime repubblicano”.
Il secondo articolo definitivo (“Il diritto internazionale deve fondarsi su una federazione di stati liberi”) esprime la necessità di un ordinamento fra gli stati simile ad una costituzione civile che assicuri a ciascuno il proprio diritto, giungendo quindi a teorizzare una federazione di popoli il cui fine sia costituire una “lega per la pace”.
Il terzo articolo definitivo “Il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni di un'ospitalità universale” regola il diritto di visita ovvero il diritto di uno straniero che arriva sul territorio altrui di non essere trattato in maniera ostile in quanto la terra non è infinita e gli uomini “alla fine devono rassegnarsi a convivere”.
Nel primo supplemento si analizza la garanzia della pace perpetua che è individuata da Kant nella Natura (intesa come provvidenza) che ha permesso agli uomini di popolare tutte le zone della terra mediante le inclinazioni egoistiche che hanno portato alle guerre e che, con lo stesso mezzo, ha permesso agli uomini di “unirsi in rapporti più o meno giuridici”. La natura attua le sue decisioni senza chiedere il consenso umano costringendo gli uomini a sottostare alle sue leggi (fata volentem ducunt, nolentem trahunt) e, sempre secondo questo ragionamento Kant afferma che:
1.“anche se un popolo non fosse costretto da discordie interne a sottostare alla costrizione di leggi pubbliche vi sarebbe costretto dalla guerra esterna per la suddetta disposizione della natura”
2. “L'idea del diritto internazionale presuppone la separazione di molti stati vicini e indipendenti tra loro”, il che è “sempre meglio della fusione di tutti questi stati per mezzo di una potenza che soverchi tutte le altre e si trasformi in una monarchia universale, poiché le leggi, con l'accrescersi dell'ambito di governo, perdono di vigore”. La natura è garante di questo postulato poiché ha provveduto a separare (e a mantenere separati) i popoli mediante le differenze linguistiche e religiose
3.D’altro lato, però, la natura “unisce i popoli con l’attrattivo del reciproco interesse”. E’ il caso dello spirito commerciale.
Da questi tre punti possiamo quindi concludere che la natura, mediante il meccanismo delle inclinazioni umane garantisce la pace perpetua.
Il secondo supplemento contiene quello che Kant chiama l’articolo segreto per la pace perpetua, ovvero la necessità di lasciar parlare pubblicamente i filosofi e di prendere in considerazione le loro conclusioni in quanto solo loro possono esercitare il libero giudizio (che è corrotto dall’esercizio del potere).
Nella prima parte dell’appendice è trattato il rapporto fra la morale e la politica. Kant sostiene che il conflitto fra morale e politica è, almeno teoricamente, inesistente per la definizione di politica e morale. A questo punto il filosofo analizza le due figure politiche più comuni: il politico morale, ovvero colui che “intende i principi dell’arte politica in maniera tale che essi possano coesistere con la morale” e il moralista politico il quale utilizza artefifici e sofismi per governare e perseguire i propri interessi.
Emerge quindi chiaramente che sotto la guida di un politico morale politica e morale sono perfettamente conciliate e anzi la morale diventa quasi garante del diritto.
La seconda parte dell’appendice contiene un’interessante riflessione sulla pubblicità: la possibilità di rendere pubblica una pretesa giuridica è garanzia della giustizia della suddetta. La veridicità di questa affermazione è messa alla prova dal filosofo in tre diverse situazioni: nel caso del diritto interno poiché conferma l’illegalità della ribellione in quanto se essa fosse resa pubblica renderebbe vano il suo fine e nel caso del diritto internazionale (che è possibile solo in una federazione di stati) in quanto permette di risolvere alcune antinomie fra politica e morale. (kant nomina in seguito anche il diritto cosmopolitico ma non lo approfondisce per la sua analogia col diritto internazionale).
Il rapporto fra la morale e la politica risulta tuttavia ancora tenebroso in quanto la morale può essere intesa in una duplice maniera e per questo motivo kant introduce l’ultimo principio trascendentale: “tutte le massime che hanno bisogno della pubblicità (per non mancare al loro scopo) concordano con la politica e il diritto insieme” poiché in tal caso esse “debbono trovarsi d’accordo col diritto del pubblico poiché solo in questo è possibile l’unione di tutti”.
Il saggio si conclude con l’auspicio che una condizione di pace perpetua “si avvicinerà sempre di più al suo adempimento”.

Esempio



  


  1. graziana

    vorrei scaricare l'opera di kant per la pace perpetua in quanto dobbiamo analizzarla