Manifesto del partito comunista

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
Download:1862
Data:15.09.2005
Numero di pagine:14
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
manifesto-partito-comunista_3.zip (Dimensione: 11.86 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_manifesto-del-partito-comunista.doc     47 Kb


Testo

Associazione Internazionale dei Lavoratori: Secondo Marx compito dell’Internazionale è la lotta volta al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli operai mediante i metodi sindacali e l’agitazione in favore di leggi come quelle che avevano condotto a una riduzione della giornata lavorativa; inoltre non va trascurato l’impegno volto a organizzare un partito operaio teso a conquistare il potere politico.
Il suo scopo dichiarato è quello di saldare in un unico corpo l’intero proletariato militante di Europa e America.
Idea di Marx: In ogni epoca storica il modo prevalente di produzione e scambio economici, e l’organizzazione sociale che necessariamente ne scaturisce, forma la base su cui viene edificata, e da cui soltanto può essere spiegata, la storia politica e intellettuale di quell’epoca; si è raggiunto uno stadio dove la classe sfruttata e oppressa – il proletariato – non può conseguire la propria emancipazione dal dominio della classe sfruttatrice e dominante – la borghesia – senza, allo stesso tempo, e una volta per tutte, emancipare la società nel suo insieme da qualsiasi sfruttamento, oppressione, distinzioni di classe e lotte di classe.
Presupposti per un’unificazione proletaria: Senza la ricostituzione dell’indipendenza e dell’unità di ogni nazione (1848, primavera dei popoli) non si sarebbe potuta compiere né l’unificazione internazionale del proletariato né la pacifica, intelligente collaborazione di queste nazioni per raggiungere obiettivi comuni.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Storia della composizione del Manifesto: Composto da Marx ed Engels tra il 9 dicembre 1847, giorno di chiusura del secondo congresso della Lega dei Comunisti, e il 1 febbraio 1848. Questa velocità nella redazione dell’opera può essere probabilmente spiegata dal poter contare su diversi documenti messi a disposizione dal Comitato Centrale della Lega, su proprie precedenti elaborazioni teoriche, su alcuni scritti di Engels e sulla discussione tra i due autori. Privo del nome dei due autori, il Manifesto venne stampato nella seconda metà di febbraio 1848 in mille esemplari di 23 pagine destinati inizialmente non alla vendita, bensì alla propaganda interna.
- tre ristampe nel mese di marzo
- uscita del testo sulla "Deutsche Londoner Zeitung" (dal 3 marzo al 28 luglio 1848)
- seconda edizione di 30 pagine, tra aprile e maggio 1848
- terza edizione nel 1872, in cui il titolo veniva mutato in Das Kommunistische Manifest e il testo preceduto da una prefazione dei due autori
- quarta edizione del 1883, prefazione del solo Engels
- quinta edizione del 1890, prefazione del solo Engels
Il Manifesto del Partito Comunista
Perché scrivere un manifesto?
1- Il comunismo viene ormai riconosciuto da tutte le potenze europee come una potenza.
2- È dunque tempo che i comunisti espongano apertamente la loro prospettiva, i loro scopi, le loro tendenze, e oppongano alla favola dello spettro del comunismo un manifesto del partito.
1. BORGHESI E PROLETARI
Borghesia = classe dei capitalisti moderni, che posseggono i mezzi di produzione sociale e impiegano il lavoro salariato
Proletariato = classe dei moderni lavoratori salariati che, non possedendo nessun mezzo di produzione, per vivere sono ridotti a vendere la loro forza-lavoro.
Nelle precedenti epoche storiche noi troviamo una suddivisione completa della società in diversi ceti e una multiforme strutturazione delle posizioni sociali. L’intera storia dell’umanità (dalla dissoluzione della società tribale primitiva, caratterizzata dal possesso comune delle terre) è stata una storia di lotte di classe, di conflitti tra classi sfruttatrici e sfruttate, dominanti e oppresse; la storia di tali lotte di classe forma una serie evolutiva in cui, al giorno d’oggi, si è raggiunto uno stadio che si caratterizza per la semplificazione delle contrapposizioni di classe.
La società si divide oggi in due grandi classi opposte l’una all’altra: borghesia e proletariato.
La borghesia moderna è il prodotto di un lungo processo di sviluppo, di una serie di trasformazioni nel modo di produzione e di scambio. Ciascuno di questi stadi di sviluppo della borghesia era accompagnato da un corrispondente progresso politico, fino alla conquista dell’assoluto dominio politico. Durante questo sviluppo, la borghesia
- non ha salvato nessun altro legame tra le singole persone che non sia il puro rendiconto
- ha reso il potere statale moderno un comitato che amministra gli affari comuni della classe borghese
- ha affermato come unica libertà quella di commerciare
- ha come caratteristica principale il rivoluzionamento di strumenti di produzione, rapporti di produzione e rapporti sociali, quindi la trasformazione, l’eterna incertezza e l’eterno movimento
- ha strutturato la produzione e il consumo di tutti i paesi in modo cosmopolitico (non vi è più autosufficienza né indipendenza nazionale, tutte le nazioni sono legate tra loro e interdipendenti)
- ha portato alla civiltà tutte le nazioni costringendole a far proprio il modo di produzione borghese
- ha sottomesso la campagna alla città
- ha sottomesso i paesi barbarici a quelli civilizzati
- ha sottomesso i contadini ai borghesi
- ha sottomesso l’Oriente all’Occidente
- ha riunito province indipendenti in un’unica nazione, in un unico governo, con un’unica legge, un unico interesse di classe nazionale, un’unica barriera doganale
- ha prodotto forze produttive più massicce di tutte le altre generazioni messe insieme
- ha introdotto la libera concorrenza con la costituzione sociale e politica che le è propria, e con il proprio dominio economico e politico
Oggi:
- la borghesia, dopo aver prodotto questo sviluppo, non lo sa controllare
- le moderne forze produttive si sollevano da decenni contro i moderni mezzi di produzione e contro il dominio della borghesia (es crisi commerciali → sovrapproduzione)
Questo perché le forze produttive di cui essa dispone non servono più allo sviluppo della civiltà borghese e dei rapporti borghesi di proprietà, ma sono diventate troppo potenti per quei rapporti, tanto da mettere in pericolo l’esistenza stessa della proprietà borghese.
La borghesia supera la crisi con l’annientamento coatto di una massa di forze produttive da una parte, e lo sfruttamento dei vecchi mercati e la conquista di nuovi mercati dall’altra, ossia provocando crisi ancora più gravi. La borghesia ha anche prodotto una classe sociale che la ucciderà: il proletariato.
Il proletariato si sviluppa di pari passo con la borghesia. E’ la classe dei lavoratori, che vive finché trova lavoro e trova lavoro finché il loro lavoro accresce il capitale. Esso è una merce e perciò come essa esposto alle oscillazioni del mercato. A causa dell’espansione delle macchine e della divisione del lavoro, il lavoratore diventa un accessorio della macchina, il lavoro a lui richiesto aumenta, così come l’orario di lavoro, ma il loro costo diminuisce. Le masse dei lavoratori vengono organizzate militarmente; esse sono schiave della classe e dello stato borghesi e viene loro richiesta sempre meno forza e abilità man mano si sviluppa l’industria moderna, tanto che le differenze di sesso ed età non hanno più alcuna rilevanza sociale.
Tutte le classi inferiori alla borghesia sprofondano nel proletariato, in parte perché il loro esiguo capitale non basta per mantenere una grande industria che possa sopportare la concorrenza, in parte perché il loro talento è svalutato dalle macchine. Il proletariato passa attraverso diverse fasi di sviluppo:
- all’inizio a lottare sono i singoli lavoratori, poi i lavoratori di una fabbrica, poi quelli di un ramo produttivo in un luogo specifico contro il singolo borghese che li sfrutta direttamente. Essi contestano non solo i rapporti di produzione borghesi ma gli stessi strumenti di produzione; distruggono le merci concorrenti che provengono dall'estero, fanno a pezzi le macchine, incendiano le fabbriche. In questo stadio i lavoratori costituiscono una classe dispersa in tutto il paese e divisa dalla concorrenza; essi non combattono quindi i loro nemici, ma i nemici dei propri nemici. L'intero movimento storico è in tal modo concentrato nelle mani della borghesia.
- con lo sviluppo dell’industria il proletariato cresce di numero, diventa più forte e più consapevole della propria forza. Le macchine annientano le differenze nel lavoro e abbassano il salario di tutti i proletari, tanto che le loro condizioni di vita sono sempre più simili. I lavoratori iniziano a formare coalizioni contro il borghese, fino a costituire associazioni permanenti che siano in grado di difenderli, a volte anche tramite rivolte.
- il vero risultato delle lotte non è il successo immediato, ma il rafforzamento dell’unità dei lavoratori, che si mettono in contatto con lavoratori di altre località. Questo collegamento centralizza le rivolte locali in una lotta nazionale di classe.
- l’organizzazione dei proletari in classe e quindi in partito politico, sfrutta le divisioni nella borghesia, che è sempre in lotta (contro l’aristocrazia, la borghesia concorrente) e deve fare appello al proletariato per vincere queste lotte. Per ottenere l’aiuto del proletariato, la borghesia prende in considerazione il suo aiuto e lo immette, favorendone lo sviluppo, nel circuito politico.
- quando infine la lotta di classe si avvicina allo scontro decisivo, il processo di dissolvimento della classe dominante assume un carattere così forte che una piccola parte della borghesia va con il proletariato, classe a cui appartiene il futuro.
Il proletariato è l’unica classe opposta alla borghesia ad essere rivoluzionaria: i ceti medi combattono la borghesia per assicurarsi l’esistenza come ceti medi, sono quindi conservatori e cercano di riportare indietro la storia.
- Il proletariato distrugge già nelle sue condizioni di vita le condizioni di vita della vecchia proprietà: egli è senza proprietà, il suo rapporto con i figli e la moglie non ha più niente in comune con la famiglia borghese.
- I proletari possono impossessarsi delle forze produttive sociali solo eliminando il loro stesso modo di acquisizione della ricchezza.
- I proletari non hanno nulla di proprio da difendere.
- Il movimento proletario è il movimento autonomo della stragrande maggioranza nell’interesse della stragrande maggioranza e non si può sollevare senza far saltare l’intera costruzione dei ceti che formano la società ufficiale.
- La borghesia non è in grado di garantire l’esistenza ai suoi schiavi all’interno del suo stesso schiavismo, perché la condizione per l’esistenza e per il dominio della borghesia è l’accumulazione della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e la moltiplicazione del capitale. La condizione necessaria a creare il capitale è il lavoro salariato, che riposa sulla concorrenza tra i lavoratori. Il progresso dell’industria invece produce non l’isolamento dei lavoratori prodotto dalla concorrenza, ma la loro unificazione.
2. PROLETARI E COMUNISTI
I comunisti, a differenza degli altri partiti di lavoratori, esprimono sempre l’interesse complessivo di tutto il proletariato nelle diverse fasi della lotta contro la borghesia. Il primo compito dei comunisti è lo stesso di tutti gli altri partiti proletari:
- costituzione del proletariato in classe
- annientamento del dominio della borghesia
- conquista del potere politico da parte del proletariato
Le formulazioni teoriche dei comunisti sono l’espressione generale di rapporti effettivi di una lotta di classe che esiste. Il comunismo non vuole eliminare la proprietà in quanto tale, ma la proprietà borghese, ultima e più compiuta espressione dello sfruttamento di una classe nei confronti di un’altra. La teoria comunista è sintetizzabile nell’espressione “abolizione della proprietà privata”. I comunisti sono malvisti perché vogliono eliminare la proprietà privata da una società in cui la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri.
Il lavoro salariato non dà al proletario una proprietà, ma si limita a creare la proprietà che sfrutta il lavoro salariato. La proprietà deriva quindi nella sua forma attuale dalla contrapposizione di capitale e lavoro salariato.
Il capitale è un potere sociale (è un prodotto collettivo messo in moto solo grazie alla comune attività di tutti). Se allora il capitale viene trasformato in proprietà collettiva di tutti i membri della società, in questo modo la proprietà non è più di classe (non si trasforma da proprietà privata a proprietà collettiva, perché il capitale non è potere personale, ma sociale).
Il lavoratore oggi lavora per un salario che corrisponde al minimo, cioè alla somma dei mezzi puramente di sussistenza necessari a mantenere in vita il lavoratore. I comunisti vogliono eliminare il carattere miserevole della situazione in cui il lavoratore si mantiene in vita solo per accrescere il capitale. Per i comunisti il lavoro accumulato è solo un mezzo per migliorare la vita dei lavoratori. Nella società borghese il capitale è indipendente e personale, mentre l’individuo attivo è dipendente e impersonale.
Se il commercio scomparisse, scomparirebbe anche il libero traffico. Se il lavoro non può più essere trasformato in capitale e denaro, si abolisce la borghesia. Se non esiste più il capitale, non esiste più nemmeno il lavoro salariato, né la famiglia borghese, che è basata su una cultura e un modo di vedere tipico della borghesia stessa (anche l’educazione infatti è determinata dalla società), né la prostituzione ufficiale e ufficiosa (perché le donne sono “in comune”), né la nazionalità (i lavoratori non hanno patria: con l’eliminazione della borghesia, verranno eliminati anche divisioni e antagonismi nazionali tra popoli e di conseguenza l’ostilità tra le nazioni). La coscienza di ciascuno cambia insieme alle sue condizioni di vita, alle sue relazioni sociali, alla sua collocazione nella società; in ogni epoca hanno sempre dominato le idee della classe dominante e la dissoluzione di vecchi modi di vita coincide con la dissoluzione delle vecchie idee. Il comunismo invece contraddice il corso della storia: liquida le verità eterne, la religione e la morale, perché non c’è più classe dominante.
Una volta elevato il proletariato a classe dominante (= conquista della democrazia), il proletariato userà il suo potere politico per strappare alla borghesia tutti i suoi capitali e per centralizzare tutti gli strumenti di produzione nelle mani del proletariato organizzato in classe dominante (nello stato). Ciò può accadere per mezzo di interventi sul diritto di proprietà e i rapporti di produzione borghesi, che diventeranno strumenti di trasformazione dell’intero modo di produzione. Nei paesi più sviluppati si potranno prendere queste misure:
- Espropriazione della proprietà fondiaria e suo impiego per le spese dello stato
- Forte imposta progressiva
- Abolizione del diritto di successione
- Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli
- Centralizzazione del credito nelle mani dello stato attraverso una banca nazionale con capitale di stato e monopolio assoluto
- Centralizzazione di ogni mezzo di trasporto nelle mani dello stato
- Moltiplicazione di fabbriche nazionali e strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano sociale
- Obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l’agricoltura
- Unificazione dell’esercizio dell’agricoltura e dell’industria e abolizione della contrapposizione tra città e campagna
- Educazione pubblica e gratuita, abolizione del lavoro minorile, fusione di educazione e produzione materiale
Sparite le differenze di classe, il potere pubblico, che è il potere organizzato di una classe per soggiogarne un’altra, perderà il suo carattere politico. Il proletariato avrà così eliminato non solo una classe egemone, ma anche le condizioni di esistenza della contrapposizione tra classi e così anche il suo dominio in quanto classe. Al posto della vecchia società subentra così un’associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti.
3. LETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA
1. Il socialismo reazionario
a) Il socialismo feudale
L’aristocrazia francese e inglese, per conquistarsi delle simpatie, fa finta di perdere di vista i propri interessi per formulare il proprio atto d’accusa contro la borghesia nell’interesse esclusivo dei lavoratori. Il socialismo feudale, metà lamentazione, metà pamphlet, colpisce la borghesia con giudizi amari ma non sa capire il corso della storia moderna: esso accusa la borghesia di produrre un proletariato rivoluzionario, che farà saltare in aria tutto il vecchio ordine sociale, e intende riproporre il sistema di sfruttamento feudale.
b) Il socialismo piccolo-borghese
La piccola borghesia viene spinta dalla concorrenza sempre più verso il proletariato. Il socialismo nato da questa classe sociale rovesciata dalla borghesia ha dimostrato gli effetti distruttivi delle macchine e della divisione del lavoro, la concentrazione di capitali e della proprietà fondiaria, la sovrapproduzione, le crisi, il necessario assorbimento di piccoli borghesi e contadini nel proletariato, le sproporzioni nella distribuzione della ricchezza, la guerra industriale tra le nazioni, la liquidazione dei vecchi costumi, dei vecchi rapporti familiari, delle vecchie nazionalità. Questo socialismo vuole però
- o ricostruire la vecchia società e i vecchi rapporti di proprietà
- o rinchiudere di forza i moderni mezzi di produzione e scambio nei vecchi rapporti di proprietà
In entrambi i casi questo socialismo è reazionario (corporazioni nelle industrie ed economia patriarcale nelle campagne) e utopistico.
c) Il socialismo tedesco, ovverosia il "vero" socialismo
In Germania la letteratura socialista e comunista francese fu importata quando la borghesia iniziava la sua lotta contro l’assolutismo feudale. Ma a causa della diversa situazione in cui si trovava la Germania rispetto alla Francia, questa letteratura perse ogni significato pratico. I letterati tedeschi si appropriarono delle idee francesi dal loro punto di vista filosofico e così facendo trasformarono quella letteratura in un portavoce del bisogno della verità, dei bisogni del genere umano in assoluto, dell’uomo che non appartiene a nessuna classe. La lotta della borghesia contro l’assolutismo regio e i feudatari divenne intanto più seria e il socialismo tedesco poté a questo punto opporre le rivendicazioni socialiste alla società borghese. Il socialismo tedesco divenne così un’arma nelle mani dei governi contro la borghesia e un mezzo di diffusione degli interessi della piccola borghesia tedesca, chiave dell’attuale società tedesca.
Il socialismo tedesco divenne così il rappresentante di questa borghesia. Esso ha attribuito a ogni azione della piccola borghesia un nascosto alto senso socialistico, e così facendo si è opposto a ogni comunismo.
2. Il socialismo conservatore, ovverosia borghese
Una parte della borghesia (economisti, filantropi, benefattori, miglioratori della condizione delle classi lavoratrici…) conta di garantire l’esistenza della società borghese rimediando alle ingiustizie sociali: nasce così il socialismo borghese.
I socialisti borghesi vogliono la società attuale, ma senza gli elementi intesi a rivoluzionarla e a eliminarla, e per questo sono detti conservatori. Vogliono la borghesia, che si rappresenta come il migliore dei mondi possibili, senza il proletariato.
Una seconda forma di questo socialismo cercava di togliere al proletariato ogni tentazione rivoluzionaria, sostenendo che a giovargli sarebbe non un mutamento politico, ma solo un mutamento delle condizioni materiali di esistenza e quindi dei rapporti economici, ossia miglioramenti amministrativi che restino inquadrati nei rapporti di produzione già esistenti, senza andare a toccare il rapporto tra capitale e lavoro salariato. Questo socialismo consiste nella tesi che i borghesi sono borghesi nell’interesse della classe operaia.
3. Il socialismo e comunismo critico-utopistici
I primi tentativi del proletariato di imporre il proprio interesse nel periodo della liquidazione del potere feudale fallirono a causa della forma immatura del proletariato stesso e perché mancavano le condizioni materiali per la sua emancipazione, prodotte solo nell’età borghese. I fondatori di questi primi sistemi colsero la contrapposizione fra le classi, ma non il ruolo autonomo storico del proletariato, né le condizioni materiali per l’emancipazione del proletariato; si lanciano allora alla ricerca di una scienza sociale utile a creare queste condizioni, ma per ottenere questo devono far subentrare condizioni immaginarie nate dalla loro inventiva personale. Essi sanno benissimo che il proletariato è una classe che soffre, ma si considerano in grado di eliminare la contrapposizione di classe, in quanto vogliono migliorare le condizioni di vita di tutti i membri della società, indistintamente dalla classe. Rifiutano quindi ogni azione rivoluzionaria, puntando a raggiungere il loro obiettivo per vie pacifiche.
Questa rappresentazione fantastica della società futura rispecchia il primo impulso del proletariato. Gli scritti socialisti e comunisti contengono anche elementi critici: attaccano infatti tutte le fondamenta della società esistente, e così facendo stimolano la maturazione dei lavoratori, benché questi scritti valgano sempre meno man mano procede lo sviluppo della storia. Più si procede nello sviluppo della lotta di classe, e più si rivela priva di valore l’utopistica elevazione al di sopra di essa proposta da questi scritti. Di conseguenza, dai sistemi rivoluzionari dei fondatori si passa negli allievi a sette reazionarie, che cercano di mediare tra le due classi e si oppongono a ogni movimento politico dei lavoratori.
4. POSIZIONE DEI COMUNISTI NEI CONFRONTI DEI DIVERSI PARTITI DI OPPOSIZIONE
. Verso i partiti di lavoratori appena costituitisi (cartisti in Inghilterra e riformatori agrari in America del Nord): essi lottano per raggiungere gli scopi e servire gli interessi più immediati della classe lavoratrice e rappresentano il futuro del movimento.
. In Francia: i comunisti si uniscono al partito socialdemocratico contro la borghesia conservatrice e radicale
. In Svizzera: i comunisti sostengono i radicali, senza dimenticare però che questo partito si compone di elementi contraddittori (socialisti democratici e borghesi radicali)
. In Polonia: i comunisti sostengono il partito che fa della rivoluzione agraria la condizione della liberazione nazionale
. In Germania: i comunisti lottano insieme alla borghesia contro la monarchia assoluta, la proprietà fondiaria feudale e la piccola borghesia, non trascurando di promuovere nei lavoratori una coscienza della contrapposizione tra borghesia e proletariato, in modo che i lavoratori, appena ottenuta l’eliminazione dei nemici comuni, si rivoltino contro la borghesia.
I comunisti concentrano il massimo dell’attenzione sulla Germania, perché essa è alla vigilia di una rivoluzione borghese e perché porta a compimento questa rivoluzione nel contesto di un proletariato molto più evoluto che non l’Inghilterra o la Francia nei secoli passati. La rivoluzione borghese tedesca non è quindi altro che l’immediato preludio di una rivoluzione proletaria.
I comunisti sostengono ovunque ogni movimento rivoluzionario diretto contro le condizioni sociali e politiche esistenti, mettono al centro la questione della proprietà, lavorano al collegamento e al rafforzamento dei partiti democratici di tutti i paesi, non nascondono di poter raggiungere i propri obiettivi solo con il rovesciamento violento di ogni ordinamento sociale finora esistente. Le classi dominanti possono pure tremare al pensiero di una rivoluzione comunista; i proletari hanno da perdervi solo le proprie catene e da guadagnarvi un mondo.

Esempio