Locke: i poteri e i limiti della conoscenza

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Locke : Poteri e limiti della conoscenza

Locke punta la sua attenzione sull’intelletto dell’uomo, al fine di stabilirne possibilità e limiti. La ragione non si ritiene più assoluta e infallibile, ma ha dei confini entro cui può esercitarsi che sono rappresentati dall’esperienza. Con Locke e l’empirismo inizia il processo di dissoluzione della metafisica: per lui la ragione deve fare i conti con l’esperienza e non può avventurarsi nei campi che sono al di fuori di essa.
Egli critica la teoria delle idee innate, secondo la quale vi sono alcune idee impresse nella nostra mente fin dalla nascita. La dimostrazione che tali idee non esistono è che i bambini non hanno la minima percezione di esse, infatti se così non fosse allora anche loro dovrebbero percepirle come verità, ma ciò non avviene, quindi non esistono. Se poi prendiamo l’idea di Dio ci accorgiamo che essa varia da uomo a uomo in modo anche radicale.
Dopo aver confutato l’innatismo, Locke definisce la mente come un foglio bianco in cui non c’è scritto niente che riceve le idee dall’esperienza proveniente dalla sensazione e dalla riflessione. Con la sensazione si fa riferimento all’esperienza del mondo esterno,mentre con la riflessione a quella del nostro mondo interiore. Le idee si formano nella nostra mente gradualmente, via via che facciamo esperienza, è per questo motivo che i bambini acquisiscono nuove conoscenze tanto più strutturate quanto più varie e vive sono le esperienze che fanno.
Locke osserva che l’esperienza sensibile (i sensi) ci fornisce le idee semplici (dolce, amaro, caldo, freddo…) che la mente è in grado di immagazzinare (memoria) ed elaborare, formando così le idee complesse. Tutta la conoscenza umana è frutto di quest’attività costruttiva dell’intelletto umano e l’uomo non può né distruggere né creare nuove idee, l’unica cosa che può fare è unirle assieme o dividerle.
Successivamente si pone il problema della conformità tra le nostre idee e la realtà delle cose e giunge alla conclusione che della certezza delle idee semplici possiamo essere sicuri, in quanto la mente rispetto ad esse è del tutto passiva e le riceve dall’esperienza. Non altrettanto possiamo dire delle idee complesse, per la cui elaborazione la mente esercita un potere attivo che potrebbe trarla in errore in quanto essa può produrre una gran varietà di idee complesse, senza esaminare se queste esistano, così unite, in natura. Per questo motivo esse sono chiamate anche nozioni, per sottolineare il fatto che spesso si tratta di concetti astratti.
Le idee complesse si suddividono in tre gruppi: le idee di modi, di sostanza e di relazione. I modi sono quelle idee che non sono esistenti in sé, ma solo in relazione ad altre sostanze, sono di due tipi: “modi semplici”: variazioni o combinazioni di una stessa idea semplice e “modi misti”: risultanti dalla combinazione di modi di specie diverse ( come la bellezza che riguarda sia la figura che il colore). Le sostanze sono idee che attribuiamo a qualcosa esistente in sé e per sé , in questa categoria rientra anche l’idea confusa che noi abbiamo di sostanza. Le relazioni sono idee che derivano dal confronto e dal collegamento di più idee semplici, le più importanti sono quelle di causalità, identità e diversità.
Locke si sofferma in particolare sull’idea di sostanza, prendendo in esame la sostanze corporea e quella spirituale. Della prima afferma che non è altro che il risultato della collezione delle idee semplici che, dato che non riusciamo a concepire da sole, senza un supporto che le sostenga, immaginiamo abbiamo un comune soggetto che le sorregga (la sostanza). Lo stesso ragionamento vale anche per la sostanza spirituale poiché noi siamo soliti attribuire le nostre attività interiori, a una sostanza su cui fondiamo il pensare, il dubitare, il conoscere…e chiamiamo tale sostrato “spirito”. Quanto poi all’idea generale di sostanza, Locke, conferma quanto già detto per le altre due, e cioè che si tratta solo di un presunto sostegno di quelle qualità che non immaginiamo possano esistere senza qualcosa che le sorregga.
Secondo Locke delle cose di cui non abbiamo una percezione sensibile non possiamo mai essere certi, le uniche certezze non sensibili di cui disponiamo sono quella del nostro io e di Dio. La certezza del nostro io ci è data per via intuitiva (senza ragionamento), mentre quella dell’esistenza di Dio per via dimostrativa (attraverso una catena di intuizioni che connettono diversi concetti tra loro), infatti se non si ammettesse la sua esistenza, non si saprebbe a chi attribuire la causa di tutti gli esseri e si procederebbe in un ragionamento all’infinito. Per quanto riguarda la nostra conoscenza del mondo,invece, essa non è assoluta ma probabile e risponde al criterio dell’utilità pratica. Molto spesso però la nostra ragione è tormentata dalla confusione se non adoperiamo un linguaggio corretto e appropriato. Infatti Locke afferma che i fini del linguaggio e della comunicazione sono tre: 1) manifestare agli altri i propri pensieri; 2) farlo nel modo più facile e rapido possibile; 3) comunicare in tal modo la conoscenza delle cose. Se riusciremo a far chiarezza nel nostro linguaggio saremo anche più precisi nelle nostre idee e viceversa.

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