Locke relazione

Materie:Altro
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Testo


John Locke nacque nel 1632 in Inghilterra e morì nel 1704. Frequentò l’ università di Oxford, dedicandosi agli studi umanistici, giuridici e medici per poi abbandonare la carriera accademica e seguire Lord Ashley. Successivamente soggiornò in Francia dove studiò il pensiero di Cartesio e dei libertini. Rientrato in patria dopo l’ esilio in Olanda, grazie alla , Locke potè professare apertamente le sue idee liberali, della tolleranza religiosa, nonché la sua dottrina empirista. Per empirismo si intende quella corrente della filosofia moderna iniziata da Locke, che si sviluppa tra seicento e settecento e che prepara l’ atmosfera culturale che darà origine all’ illuminismo. L’ empirista adopera l’ esperienza, in antitesi al razionalismo, e assume un atteggiamento critico o limitativo nei confronti delle possibilità conoscitive dell’ uomo, negando l’ esistenza delle idee innate. Tuttavia non rinuncia alla religione che ha alla base la fede. Locke concentra la propria riflessione su tre ambiti tematici: la teoria della conoscenza, la politica, la religione. Tra le opere più importanti ricordiamo:
• Saggio sull’ intelletto umano
• Trattati sul governo
• Saggio sulla tolleranza
• Ragionevolezza del cristianesimo
Il Saggio sull’ intelletto umano, dove “saggio” sta per esame e “intelletto” per facoltà conoscitiva, si apre con una critica all’ innatismo:quando parla di innatisti si riferisce in primo luogo a Cartesio con le sue idee innate (quella di Dio ad esempio). La critica di Locke comincia dalla definizione stessa di innatismo, data a suo tempo da Platone: innate sarebbero quelle idee presenti nell' uomo fin dalla sua nascita e che non vengono acquisite con l' esperienza. Dunque stando a questa definizione, se l' idea di Dio fosse innata dovrebbe essere radicata nella mente di ogni uomo di ogni luogo e di ogni tempo: ma Locke fa notare come certe popolazioni retrograde dell' America non credano in alcun Dio e non abbiano insita nella loro mente alcuna idea innata di Dio; con lo stesso criterio, Locke fa notare che se l' idea di bene e di male fosse innata, dovrebbe essere presente nella mente di tutti gli uomini fin dalla loro nascita: ma ciò che per noi europei é un male, per le popolazioni più arretrate dell' America é un bene: il cannibalismo, ad esempio. Ecco allora che non tutti gli uomini hanno lo stesso concetto di bene e di male, concetto che, secondo le tesi innatistiche, dovrebbe essere uguale e presente in tutti gli uomini: di conseguenza, spiega Locke, l' idea di Dio e tutte le altre idee non sono innate, ma derivano dall' esperienza, dal contesto in cui si vive o dalla cultura che si ha. Locke considerava l’ intelletto dell’ individuo al momento della nascita una tabula rasa, una sorta di foglio bianco su cui l’ esperienza imprime tutti i contenuti della conoscenza. “Supponiamo dunque che la mente sia quel che si chiama un foglio bianco, privo di ogni carattere, senza alcuna idea. In che modo giungerà esso a ricevere delle idee?Donde ha tratto tutti questi materiali della ragione e della conoscenza? Rispondo con una sola parola: dall’ esperienza. E’ questo il fondamento di tutte le nostre conoscenze; da qui esse traggono la loro prima origine.” Locke delinea la propria teoria della conoscenza. Essa viene definita come “la percezione dell’ accordo e del disaccordo tre le idee”. L’ intelletto conosce in tre modi:
• Intuizione esistenza dell’ io
• Dimostrazione esistenza di Dio
• Sensazione esistenza delle cose
L’ intuizione è una conoscenza chiara e certa quindi non ha bisogno di alcuna prova;si percepisce in modo immediato senza cioè l’ intervento di alcuna altra idea. La dimostrazione è una conoscenza che opera per prove, in modo mediato grazie ad una serie di passaggi. La sensazione attraverso i sensi, consente la percezione dell’ esistenza degli enti concreti al di fuori di noi. Locke afferma che la conoscenza della nostra esistenza è intuitiva:niente infatti può essere per noi più certo del fatto che esistiamo. Così come Cartesio, Locke sostiene che “se dubito di tutte le altre cose questo stesso dubbio mi fa percepire la mia propria esistenza.” L’ esistenza di Dio deve essere oggetto di dimostrazione e per provarla ripropone un argomento della tradizione: se qualcosa esiste e se il nulla non può generare che il nulla, allora ciò che esiste deve aver avuto una causa e questa ancora un’ altra causa e così via. Ma poiché non è possibile risalire all’ infinito si deve ammettere un essere eterno che ha generato ogni cose. Infine dell’ esistenza delle cose noi abbiamo conoscenza mediante le sensazioni. Il filosofo inglese desume da Cartesio il concetto di idea e afferma che essa è l’ oggetto della nostra conoscenza. Distingue due tipi di idee:
semplici complesse
Le prime sono quelle che l' intelletto riceve del tutto passivamente: come dice il loro nome, esse non sono ulteriormente scomponibili in altre idee. Secondo il filosofo alcune di esse vengono acquisite attraverso le sensazioni della nostra esperienza esterna (come l’ idea di rosso), altre mediante la riflessione interna (come l’ idea di pensiero), altre, infine, attraverso una mescolanza di sensazioni e riflessioni (come l’ idea di piacere che implica la riflessione su determinate sensazioni). “Le due sorgenti da cui discendono tutte le idee che abbiamo o che possiamo avere naturalmente sono: i nostri sensi che venendo in rapporto con particolari oggetti sensibili, ci fanno entrare nell’ anima molte percezioni distinte delle cose, secondo le maniere diverse in cui tali oggetti agiscono sui nostri sensi. E’ così che acquistiamo le nostre idee del bianco, del giallo, del caldo, del freddo, del duro, de molle, del dolce, dell’ amaro e di tutto ciò che chiamiamo qualità sensibili. Poiché questa grande fonte della maggior parte delle idee che abbiamo dipende interamente dai nostri sensi e si comunica all’ intelligenza per mezzo loro, io la chiamo sensazione. L’ altra sorgente delle nostre idee la chiamerò riflessione, poiché per suo mezzo la mente riceve soltanto le idee che essa acquista riflettendo entro se stessa sulla proprie operazioni.” Si definiscono idee complesse, invece, quegli oggetti del pensiero il cui contenuto risulta scomponibile: l’ idea di libro, ad esempio, è un’ idea complessa, nel senso che è costituita da più idee congiunte. Tra le molteplici idee complesse della mente umana, particolarmente importanti sono le idee complesse di sostanza ossia combinazioni di idee semplici percepite sempre insieme con la convinzione che appartengono ad una sola cosa. Ciò che caratterizza certi gruppi di idee semplici, infatti, è di essere percepite sempre assieme, come accade per tutte le idee semplici (ad esempio colore, forma..) che costituiscono una mela. Allo studio del linguaggio, dell’origine dei nomi e del rapporto con le cose e le idee, è dedicato il terzo libro del Saggio. Per Locke il linguaggio non esprime alcuna essenza della realtà: è semplicemente il segno convenzionale delle idee. Esso è lo strumento attraverso il quale gli uomini indicano le proprie idee e, indirettamente, contrassegnano le cose. I termini generali del linguaggio sono solamente nomi che noi usiamo per classificare le cose in generi e specie ,ottenuti attraverso un processo di astrazione operato dalla nostra mente formando idee astratte (idee di cose che non esistono). Ecco allora che accanto al convenzionalismo, Locke sostiene anche il nominalismo. Gli universali (o idee) non esistono, dicevano i nominalisti, né ante rem (come aveva sostenuti Platone) ne in re (come aveva sostenuto Aristotele): sono semplicemente Flatus vocis (soffi di voce) e non possono esistere nella realtà. Uno degli aspetti più importanti della filosofia di Locke è il suo pensiero politico, contenuto nei due Trattati sul governo. Nel primo di essi viene confutata la tesi assolutista sostenuta da Robert Filmer. Tuttavia il trattato più importante per lo sviluppo della filosofia politica è il secondo, dove viene esposta la teoria liberale dello Stato. Sviluppando una dottrina contrattualistica dell’ origine dello Stato, Locke parla dello stato di natura dove ciascuno gode di tre diritti naturali specifici: vita, libertà, proprietà che terminano laddove iniziano quelli degli altri. La prescrive razionalmente la garanzia ad ogni uomo di questi diritti fondamentali. La loro messa in discussione richiede la presenza di un giudice imparziale e ciò non comporta la rinuncia a tutti i diritti, ma solo a quello dell’ autodifesa. Il potere del sovrano non è assoluto; il suo compito infatti consiste nella tutela dei diritti dei cittadini e la loro violazione legittima la resistenza e la ribellione. La resistenza è infatti legittima se atti illegali colpiscono la maggioranza e se l’oppressione minaccia i beni, la libertà e la vita di tutti. Locke infine sostiene la separazione dei tre poteri: legislativo che esprime nella legge la volontà della maggioranza; esecutivo che ha il compito di far eseguire la legge; federativo che ha la funzione di rappresentare lo Stato all’ estero.
“La tolleranza verso coloro che hanno opinioni diverse in materia di religione è a tal punto consona al Vangelo e alla religione, che appare una mostruosità che ci siano uomini ciechi, di fronte ad una luce così chiara. Ritengo che si debba innanzitutto far distinzione fra materia civile e religiosa, e che si debbano fissare convenientemente i conflitti tra Chiesa e Stato. Se non si fa questo, non si possono in alcun modo regolare i conflitti tra quelli che hanno a cuore effettivamente, o fingono di avere a cuore, la salvezza delle anime, o quella dello Stato.” Il problema della tolleranza religiosa, indicata come “il più importante segno distintivo della vera Chiesa”, riveste nel pensiero di Locke un' importanza analoga a quella presentata dai suoi interessamenti politici. La posizione di Locke sulla tolleranza non é stata comunque sempre la stessa. Nei primi scritti dedicati al problema egli rivela ostilità nei confronti di un atteggiamento permissivo da parte dello Stato nelle questioni religiose. Successivamente nel Saggio sulla tolleranza del 1667 Locke afferma che esistono alcune sfere di pensiero e di azione in cui l' individuo non deve subire alcuna limitazione da parte dello Stato, visto che esse non hanno alcun effetto sulla vita politica e sociale della nazione. Tra queste egli colloca le opinioni filosofiche e il culto divino. La piena giustificazione di questa posizione si ha nell’ Epistola sulla tolleranza, la cui modernità consiste nell' aver sancito la netta separazione tra Chiesa e Stato, una teoria che troverà ampio consenso tra ottocento e novecento. Lo Stato non può dunque intervenire con la costrizione in questioni che, come quelle religiose, non hanno attinenza con la difesa dei diritti. E’ comunque importante notare che in altri punti delle Lettere Locke contempla i limiti anche alla tolleranza affermando che due categorie, i cattolici e gli atei, a differenza degli altri non possono fare pubblica professione delle loro convinzioni. Ciò perché i cattolici o papisti, tendono ad essere fedeli a sovrani stranieri (come il papa) piuttosto che al proprio; e gli atei, non esistendo per essi alcunchè di sacro, non possono dare garanzia alcuna sui patti che assicurano la coesione dello Stato e l' armonia della società. La Chiesa é invece un' associazione intesa a procurare ai propri membri la salvezza dell' anima che dipende dalla fede. Quest’ ultima non può essere introdotta negli animi con la forza; quindi la Chiesa non può far ricorso ad essa in alcun modo tranne nel caso in cui si debba allontanare da sé coloro che hanno principi incompatibili con i suoi. La lettera può essere considerata anche un frutto della cultura dell’ illuminismo inglese che opera soprattutto in controversia in materia di religione e culturale. Tale cultura costituirà un modello decisivo per i filosofi come Voltaire. Quest’ ultimo considera la tolleranza un principio fondamentale del diritto di natura. Infatti nelle sue 24 lettere sull’ Inghilterra pone in evidenza la tolleranza religiosa di tale società e l’ empirismo di Locke viene collegato ad una visione deistica del mondo e diventa il modello cui uniformare le proprie convinzioni. Il rifiuto di Locke nei confronti dell’ intolleranza ritorna nella Ragionevolezza del cristianesimo, dove viene proposta una posizione deista in cui si afferma che la Rivelazione stessa deve essere passata al vaglio della ragione. Questo esame fa sì che il cristianesimo venga ridotto ad una religiosità puramente razionale e in cui permane solo la fede rivolta a Cristo come Salvatore. Per Locke la ragione non è lo strumento per attingere la verità assoluta, ma piuttosto quello per rimuovere gli ostacoli per l’ avvicinamento ad una verità sempre circoscritta dai limiti costitutivi dell’ uomo.

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