L'uomo in cammino verso Dio

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia

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Testo

Dosio Jennifer
IVALSS
a.s. 2006/2007

INDICE
• Introduzione
• Il Demiurgo e Platone
• Il motore immobile e Aristotele
• Il Dio degli ebrei
• Il Dio dei cristiani
• Concezione di Dio nel popolo dei sioux
• Conclusione
INTRODUZIONE
Nel corso della propria esistenza, ogni essere umano si trova a dover riflettere su alcuni interrogativi fondamentali: “chi è Dio?”, “qual è la sua natura?”, “qual è il rapporto che mi lega a lui?”. Ciò accade oggi, accadrà in futuro ed è accaduto dall’inizio della storia dell’uomo, perché nessuno è in grado di vivere senza chiedersi il come ed il perché. Ogni individuo porta dentro sé una parte di infinito che lo spinge continuamente a rapportarsi con il tutto. L’importanza della domanda su Dio è testimoniata anche dal fatto che gli uomini, in ogni tempo, si sono interessati alla religione; ciò è successo anche ai filosofi, i quali hanno cercato di vagliare, ad esempio, gli argomenti a favore o contro l’esistenza di Dio, prendendo spunto dalle dottrine comunicate dai testi sacri delle religioni, soppesandone le prove e valutandone la ragionevolezza. La filosofia della religione, infatti, è quella disciplina che studia le idee religiose, cercando di capire se sono sostenibili o meno, alla luce di un’analisi razionale.
Non tutte le idee religiose possono essere convalidate dal ragionamento; la maggior parte di esse, secondo i filosofi, supera le forze conoscitive dell’uomo e deve essere soltanto oggetto di fede o di credenza. Proprio per questa ragione molto spesso l’esistenza di Dio è stata ritenuta una delle questiono che esorbita dalla filosofia, in quanto su di essa la ragione non può esprimersi. Tale posizione non è sostenuta soltanto dagli atei o dagli agnostici, ma anche dai credenti che esaltano la superiorità della fede o affermano assoluta inconciliabilità tra fede e ragione.
Nel linguaggio religioso e filosofico, Dio è un’entità superiore dotata di ogni perfezione. Filosoficamente, Dio può essere inteso sia come causa creante (creazionismo), sia come ordinatore del caos primordiale (demiurgo), sia come principio da cui sgorgano gli altri esseri, i quali si appropriano parte della sua vitalità (emanatismo). Può essere concepito come persona libera, e perciò intelligente e volente, trascendente il mondo (teismo), oppure come coincidente con il mondo stesso, di cui è l’anima o il soffio vitale. Gli si può attribuire un’azione regolatrice e motrice sulle cose e sugli spiriti (provvidenza), oppure negare ogni intervento nelle vicende terrene. Dio può essere considerato come unico, oppure come un duplice principio antitetico (dualismo, manicheismo).
Dio nel corso della storia non rappresenta soltanto un oggetto di studio della filosofia o della teologia, ma la suprema fonte e oggetto di amore, spiegazione ultima in cui si ricompongono le parti di un tutto armonico e significato ultimo della vita di ogni creatura.
IL DEMIURGO E PLATONE
Il bisogno di unità e ordine nella dimensione cosmica, sono per Platone un punto fondamentale, che egli sviluppa soprattutto nel Timeo e nelle Leggi. Secondo la sua teoria, tutto l’universo pulsa di una vita ordinata e armoniosa, avvolto dalle braccia protettive di una grande e intelligente divinità, che egli chiama l’anima del mondo naturale, un cosmo costruito a immagine e somiglianza dell’idea del Bene. Esso, per quanto inferiore rispetto al perfetto mondo delle idee eterne e incorruttibili, è il migliore dei mondi possibili. In questa estrema riflessione platonica, viene ad attenuarsi notevolmente la separazione tra il mondo ideale e quello naturale, proprio in virtù del fatto che la generazione del mondo fisico viene fatta dipendere dal modello eterno.
Il Timeo, libro platonico più letto e commentato nell’antichità fino al Medioevo, narra la storia dell’origine dell’universo in forma di mito, in quanto l’autore non aspira a dare una spiegazione scientifica e religiosa del mondo fisico, ma una descrizione altamente probabile. Il mito narra che all’inizio, il mondo era soltanto disordine e caos, in cui era presente una materia priva di vita, informe e trascinata da un movimento irregolare. Tale disordine, era però in contrasto con il mondo delle idee illuminato dal Bene, che tendeva a diffondere la sua luce ordinatrice su ogni cosa. Il caos, dunque, non era ammissibile. Ecco allora comparire un divino artefice, che Platone chiama Demiurgo (dal greco demos, popolo + ergon, opera, = artigiano), una divinità positiva, intelligente e priva di invidia, che decide di dare ordine al mondo, per renderlo migliore e vivibile; come precedentemente accennato, in questa sua attività ordinatrice, egli si ispira al migliore modello possibile, quello delle idee e in particolare del Bene.
E’ però corretto definire il Demiurgo divinità solo entro certi limiti: se la divinità per definizione è il principio supremo, allora la divinità platonica dovrebbe essere il bene in sé: se la divinità è principio della realtà, allora è evidente che non deve dipendere da nulla, ma il Demiurgo dipende dalla super-idea del Bene e dalle altre idee che è costretto ad imitare. Ne consegue dunque che è limitato e non indipendente, al contrario del Bene in sé, che è illimitato e principio della realtà.
La materia caotica primordiale, viene quindi modellata dal Demiurgo, che non ne risulta comunque il creatore in quanto le idee, il Demiurgo e la materia sono sempre esistiti. Il concetto di creazione dell’universo, infatti, non esiste nella cultura greca, ma sarà introdotto solo con l’ebraismo. Il Demiurgo, al contrario della divinità cristiana, non è onnipotente; esso ha infatti due grandi limiti: la materia, che gli impedisce di costruire un mondo perfetto, e le idee, modello a cui deve obbligatoriamente attenersi. Esso, dunque, ispirandosi al modello supremo, dà forma alla recalcitrante materia disordinata, trasformando il caos in un armonioso organismo vivente dotato di un’anima: il cosmo. Quest’anima, denominata l’anima del mondo, avvolge l’universo ed è la signora e la dominatrice invisibile dei corpi presenti nel mondo fisico; essa è stata generata dal Demiurgo, ed è la cosa più perfetta che sia mai stata creata. Il Demiurgo, dunque, comincia a plasmare nella materia e arriva a generare tutta la realtà. Platone afferma che la prima cosa generata nello spazio furono quattro solidi geometrici fondamentali, che rappresentano i quattro elementi fondamentali descritti da Empedocle.
Il Demiurgo, tra le altre cose plasma anche gli astri, il cui movimento regolare si identifica con il tempo, l’immagine mobile della realtà. Il tempo è la plasmazione dell’eternità ideale da parte del Demiurgo, e viene inoltre identificato con il movimento circolare: se si vuole rappresentare la realtà con una metafora di movimento, la migliore è quella del cerchio, il movimento circolare in cui si compie un giro per poi tornare al punto di partenza. La cosa più simile a ciò che non si muove mai, è quella che torna sempre su sé stessa.
Per Platone, vi è inoltre una grande affinità tra gli astri del cielo, che egli considera divinità visibili, e l’anima degli uomini. Ciò si spiega con il fatto che il dio fece tante anime quanti erano gli astri del cielo. Emerge dunque una vera e propria religione astrale che Platone avrebbe elaborato nelle riflessioni della vecchiaia. Egli assegna al Bene, nel mondo, una precisa collocazione situandolo negli astri, considerati dei in quanto eterni e perennemente regolari nel loro movimento. Essi influiscono inoltre sul mondo e sugli uomini: nel loro ordinato girare, disegnando meravigliose orbite regolari, costituiscono l’orologio del mondo.
Le anime degli uomini partecipano della stessa natura divina, per questo, una volta liberati dai corpi mortali, faranno ritorno alla casa degli astri. In questa visione, mutata in parte dai pitagorici, possiamo scorgere la realizzazione, agli occhi di Platone, del progetto della sua vita: ricercare una risposta alla domanda sull’ordine e la giustizia.
ARISTOTELE E IL PRIMO MOTORE IMMOBILE
Aristotele parla di Dio sia nella Fisica, che nell’ultimo libro della Metafisica. Egli afferma che Dio non è una persona, né un ente assoluto o buono, che con la propria volontà ama il mondo e provvede a regolarlo secondo un piano provvidenziale. Il Dio di Aristotele non si identifica con quello delle religioni monoteiste e neppure con la visione che di esso ci darà nel Medioevo un pensatore aristotelico come Tommaso.
Dio, infatti, è per Aristotele la sostanza immutabile ed eterna che causa il movimento dell’universo. Esso è il principio supremo dell’universo, il culmine logico a cui mette capo la macchina cosmica elaborata dal filosofo e la spiegazione ultima del movimento e del cambiamento. Nella filosofia aristotelica, ogni cosa che si muove ha un movimento alle spalle che gli consente di farlo, ogni mutamento ha un mutamento alle spalle che lo rende possibile; tuttavia, questa catena di cause non può essere infinita. Ecco perché il filosofo individua l’esistenza necessaria di un entità che rappresenti la causa originaria di ogni cosa, un primo movente che dia moto ad ogni altra cosa ma che sia immobile: tale principio è Dio. Dio rappresenta dunque per Aristotele il primo motore immobile, vale a dire colui che ha per primo acceso il motore dell’universo, imprimendo in tal modo al primo cielo (quello delle stelle fisse) il suo caratteristico movimento continuo, uniforme, eterno e circolare (segno di perfezione). Dal primo cielo o primo mobile, il movimento si è propagato agli altri cieli, eterni e immortali.
Il Dio descritto da Aristotele, è immateriale, poiché la materia è potenza, cioè possibilità di divenire e di assumere ulteriori determinazioni. Ma Dio non può essere un ente potenziale, non ancora determinato, in via di sviluppo o crescita. Se Dio fosse potenza, occorrerebbe ammettere necessariamente un altro principio in atto, sopra di lui, capace di muovere le sfere celesti. Regredendo all’indietro, a un certo punto bisognerebbe fermarsi e ammettere logicamente l’esistenza di un essere attuale e immobile, causa del movimento universale.
Dio dunque esiste, anzi deve esistere, perché nel mondo ci sia movimento. E deve essere necessariamente atto puro, motore immobile, mente pura che non ha altra attività se non il pensiero, un perenne pensare al pensare, al pensare al proprio pensiero, perché se pensasse a qualcosa di esterno a se stesso sarebbe incompleto e imperfetto, bisognoso di apprendere cose che non conosce, dunque potenza.
Secondo Aristotele, Dio causa il movimento rappresentando il fine, l’oggetto di amore e di desiderio delle sfere celesti e, in particolare, del primo cielo, considerato come intelligente e vivente. Dio diviene dunque il polo di attrazione dell’universo; il primo cielo, cioè la sfera delle stelle fisse, desidera la perfezione di Dio e la imita movendosi di moto perfetto, cioè circolare. Il desiderio della perfezione divina, vale a dire la tendenza naturale di tutte le cose verso la pura attualità e realizzazione della miglior forma possibile, è ciò che mette in moto l’universo, attirando gli enti a Dio, causa finale eterna e incorruttibile e garante dell’ordine che regna nel mondo.
Anche per Aristotele, come per Platone, Dio è quindi il creatore dell’ordine, ma non dell’universo stesso. Parimenti bisogna evitare di pensare che il Dio di Aristotele sia unico, come il Dio degli ebrei o dei cristiani; egli ammette infatti una pluralità di dei, non diversamente da Platone e dagli altri pensatori greci.
La differenza tra l’iperuranio platonico e il motore immobile aristotelico, che sono uniti nel rappresentare l’immutabilità e l’eternità che garantisce che il tutto non sia nulla, sta nel fatto che, mentre per Platone l’immutabile è completamente trascendente all’essere terreno, per Aristotele l’immutabile è esso stesso presente nell’essere terreno.
IL DIO DEGLI EBREI
L’ebraismo, è una religione monoteista fondata su un’alleanza fra Dio e Abramo, estesa a tutto il popolo con la legge ricevuta da Mosè sul Sinai. La morale dell’Alleanza, espressa dalla legge del decalogo, e una concezione storica del rapporto con Dio.
Nell’ebraismo, all’infuori della Bibbia, non esistono professioni ufficiali di fede; vi è però un documento che gode di alto prestigio, costituito da 13 articoli di fede scritti da Mosè: realtà di Dio, sua unità, incorporeità, anteriorità, diritto esclusivo all’adorazione, esistenza della profezia, eccellenza della profezia di Mosè, origine divina della Legge, immutabilità della Legge scritta e orale, conoscenza da parte di Dio delle azioni umane, loro premio e castigo, avvento del messia, resurrezione dei morti.
L’affermazione dell’unità divina è importante per le implicazioni che ha nei confronti dell’uomo creato a “immagine divina”:. L’uguaglianza di tutti gli uomini è sempre stato uno dei principi fondamentali del pensiero e dell’azione ebraica. La stessa definizione di Israele come popolo eletto è da considerare in funzione della missione che deve svolgere all’interno delle nazioni e impone più doveri che privilegi.
La creazione dell’uomo a immagine divina ha come conseguenza fondamentale l’affermazione del principio della libertà e della responsabilità individuale: la capacità dell’uomo di decidere liberamente è uno dei principi fondamentali dell’ebraismo. All’uomo è data la libertà di servire Dio con tutto se stesso, ma egli può usarla per compire il male o il bene. Questa libertà può avere effetto benefico sulla natura, ma sta all’uomo controllare le forze che gli sono state assegnate.
Dio è per l’ebraismo l’essere supremo, eterno, increato e infinito, creatore dell’universo. Egli giudica nella sua onniscienza l’agire umano, riservando la sua visione e un posto accanto a sé a coloro che ne sono degni, ovvero coloro che hanno vissuto la propria esistenza terrena nel Suo nome e seguendo le Sue disposizioni. Nei confronti di coloro che hanno ceduto al peccato, però, Dio diviene dispensatore di dannazione, punizioni adeguate a ciò che hanno commesso, sempre secondo giustizia, poiché il suo giudizio è supremo e infallibile, ma viene predicato come infinitamente misericordioso.
Il Dio degli ebrei è il Dio creatore, onnipotente, onnisciente, intelligente, vivente, eterno, e immateriale, ma che interviene nella storia attraverso i profeti per mostrare agli uomini la retta via.
Dio è colui che ha creato il mondo e dato vita ad ogni essere, prestabilendo un ordine ove tutte le cose trovano una loro collocazione, fonte primaria di ogni cosa che continuerà ad agire fino al giorno del giudizio.
IL DIO DEI CRISTIANI
Nel cristianesimo, vi è una concezione trinitaria del Dio. Sotto il nome di Dio, infatti, la fede cristiana vede il Padre ( identificabile nel Dio degli ebrei), il Figlio ( entrato nella storia con Gesù Cristo) e lo Spirito Santo in eterna correlazione, interpretazione e amore, in modo tale da essere un solo Dio unico.
I cristiani affermano che Dio si è rivelato così come è in se stesso, come Padre, Figlio e Spirito Santo. Questa rivelazione è avvenuta durante il cammino terreno di Gesù di Nazaret e nelle manifestazioni dello Spirito Santo sia in Gesù sia nella comunità che si formò intorno a lui (si ricordi la discesa dello Spirito Santo a Pentecoste).
Non è che prima la Trinità non esistesse o non si fosse comunicata, ma questa dimensione non era stata colta dall’intelligenza devota.
Mediante Gesù e il suo Spirito giunse all’umanità la conoscenza piena del fatto che sotto il nome di Dio, da allora in poi, si sarebbe dovuto intendere la comunione del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo. Compito della teologia è di approfondire questa conoscenza che ci è stata affidata, di illuminare il mistero della concezione della Santissima Trinità o meglio della Trinità-comunione, un concetto di Dio che sta alla base di una fede dinamica e liberante.
Con ragione si afferma che il concetto della Trinità costituisce il cuore teologico del cristianesimo. Questa verità fondante non è testimoniata a chiare lettere, ma ciò non significa che queste non lo comunichino: di fatto, la rivelazione della Trinità ci è comunicata pienamente non come dottrina ma come realtà. Per dottrina trinitaria, infatti, si intende l’elaborazione umana e sistematica di tale realtà transoggettiva, mentre la realtà della Santissima Trinità non dipende dalle dottrine, non si esprime solamente in frasi o nelle elaborazioni teologiche: per i cristiani la Trinità è un dato di fede.
Ireneo nella sua opera “Adversus haereses” afferma che il Figlio e lo Spirito Santo sono le due mani del Padre, con le quali Egli tocca gli uomini e li modella a sua immagine e somiglianza. Essi sono stati inviati nel mondo per piantare la loro tenda in mezzo a noi e assumere la nostra stessa condizione per la nostra salvezza.
Il Dio cristiano, come quello ebreo, è creatore, onnipotente, onnisciente, increato, eterno, vivo e intelligente, ma soprattutto, come afferma il pontefice Benedetto XVI nella sua prima enciclica, il Dio cristiano è amore.
CONCEZIONE DI DIO NEL POPOLO DEI SIOUX
Secondo gli indiani, tutto il mondo era dominato da molti spiriti, detti Wakan Tanka e tutti insieme formavano il Wakonda, o Grande Mistero.
Vi erano spiriti positivi e spiriti negativi. I principali spiriti buono erano Wi, il Sole; Skan, il Cielo; Maka, la Terra; Inyan, la Roccia. La Terra e la Roccia, madre e pedre dell’universo, erano le divinità più antiche, ma il più potente era il Sole. Altri spiriti buoni erano la Luna, il Vento, il Tuono e la Fertilità.
Tra gli spiriti cattivi, il principale era Iktomi, detto il Gran Beffardo; eterno avversario di Wi, prendeva la forma ora di un ragno, ora di un coyote e si divertiva a prendere in giro gli uomini e animali essendo il bugiardo per eccellenza. Vi erano anche altri spiriti negativi che spesso assumevano forme mostruose, chiamati Unktehi.
Il mondo era poi popolato da molti altri spiriti buoni meno importanti, come il Bufalo, l’Orso, i Quattro Venti, il Turbile ecc. che dominavano tutti gli esseri o fenomeni esistenti. Gli spiriti degli antenati, erano anch’essi divinità. Gli uomini, dunque, in ogni momento della loro giornata si trovavano a contatto con spiriti che dovevano rispettare, onorare, pregare.
I sioux, dunque, avevano una concezione politeistica del divino, che riconoscevano in molteplici spiriti, non divinità. Essi riconoscevano gli spiriti in ogni agente, ogni azione, ogni visione; la loro spiritualità era molto sviluppata e ricopriva la globalità della loro esistenza.
CONCLUSIONE
Queste e molte altre concezioni della divinità si sono sviluppate nel corso della storia dell’uomo in cammino verso Dio; alcune frutto di percorsi della ragione, altre frutto di una rivelazione, in ogni tempo hanno sostenuto lo spirito dei popoli nel loro tentativo di comprendere l’infinito e avvicinarsi ad esso.
In ogni tempo Dio è stato il significato, la ragione e la forza vitale di molti uomini che guardando a Lui hanno dedicato la propria vita all’ordine, alla giustizia, all’Amore.
E’ interessante notare quanti volti assume la divinità per giungere al cuore dell’uomo, oppure quanti volti l’uomo le fa assumere. Ciò perché l’uomo da sempre sente l’innato bisogno di porsi delle domande, capire quel “misterio eterno dell’esser nostro” come lo definì Leopardi, quella necessità interiore di trovare corrispondenza nel tutto, della parte che si è.

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