L'apologia di Socrate: Struttura del testo

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Testo

• Platone, Apologia di Socrate
• Titolo originale: TTTTTTTTTTTTTTTTTs, prima edizione: ?
• Il testo si colloca in ambito filosofico, in quanto riporta la difesa, i pensieri e le argomentazioni di Socrate durante il processo tenutosi contro di lui nel 499 a.C.
• Genere letterario: dialogo
• Particolarità stilistiche: pur essendo teoricamente la redazione del processo a Socrate, e quindi un “dialogo” tra l’accusato e gli accusatori, l’Apologia è in realtà un monologo perché al suo interno non è lasciato alcuno spazio ai discorsi e alle argomentazioni degli accusatori, ma tutto è narrato attraverso le parole di Socrate.
• Altra caratteristica è che l’Apologia è scritta da Platone, discepolo prediletto di Socrate, e dunque anche se apparentemente egli non si pone come intermediario e interprete dei fatti è chiaro che il punto di vista è comunque sfasato.

II. Struttura del testo

Definizione dei principali blocchi tematici: Il testo si può suddividere in due blocchi tematici fondamentali, all’interno dei quali si possono poi individuare altre suddivisioni.
Il primo “blocco” va dal paragrafo I al paragrafo XXIV, e rappresenta il vero e proprio discorso di difesa di Socrate. Questo è a sua volta strutturato in diverse argomentazioni, e si possono individuare 4 paragrafi tematici:
- 1) analisi della provenienza e delle cause delle calunnie e delle accuse più antiche rivolte a Socrate (si dà da fare nell’investigare cose che non gli spettano cercando di persuadere gli altri del falso), e discussione su quale sia la vera sapienza;
- 2) analisi delle accuse più recenti (corruzione dei giovani ed empietà); confutazione delle tesi degli accusatori;
- 3) riflessioni sulle motivazioni che stanno alla base dell’agire di Socrate e della sua opera di ricerca di un’approfondita conoscenza di sé e degli altri; discussione sul senso del dovere che porta Socrate a perseguire nei suoi intenti e riflessione sulla visione che l’uomo ha della morte;
- 4) spiegazione dei motivi della coerenza di Socrate che, unita alla fiducia che egli nutre per la giustizia e l’operato dei giudici, lo portano a non cercare di persuadere i giudici con suppliche e preghiere ma ad affidarsi agli dei e alla loro sapienza.
Il secondo blocco, che va invece dal paragrafo XXV alla fine dell’Apologia, presenta la parte più “giuridica” del processo e le considerazioni finali di Socrate prima di avviarsi alla morte.
Dopo che l’assemblea lo ha giudicato colpevole, infatti, egli affronta diversi ragionamenti:
- 1) riconsidera il perché del suo comportamento verso i cittadini ateniesi, e cioè la volontà di far loro del bene, e sostiene perciò di meritare un premio piuttosto che una condanna;
- 2) rifiuta per coerenza le pene alternative alla morte che gli vengono proposte, perché preferisce morire in maniera degna piuttosto che vivere abbassandosi al livello di coloro che lo hanno condannato.
Dopo la ratifica della sua condanna a morte, Socrate esplica poi in primo luogo le conseguenze che la sua morte avrà per i cittadini ateniesi, dopodichè espone la sua visione della morte e si accomiata.

Definizione dei concetti chiave: I concetti chiave individuabili nel testo sono:
- verità, che Socrate all’inizio dell’Apologia pone come presupposto fondamentale per la messa in atto della propria difesa (“dovere di chi parla è dire la verità”);
- sapienza; alla base dell’opera di ricerca filosofica di Socrate c’è infatti l’aspirazione all’individuazione di quale sia la vera sapienza; alla fine si giunge alla conclusione che essa non esiste, perché l’unico vero sapiente è la divinità e l’uomo è sapiente solo quando è consapevole di non sapere;
- senso del dovere, inteso come dovere morale di portare a termine la propria opera di ricerca e conoscenza senza farsi spaventare dalla morte (“E in verità così deve essere: che dove uno abbia collocato se stesso, reputando quello essere il luogo più onorevole, quivi, io credo, deve rimanere, e quivi affrontare i pericoli, e della morte non fare calcolo, né d’altro male veruno, più che della viltà e della vergogna. Io dico dunque, o Ateniesi, che sarebbe una assai singolare e strana condotta la mia se, (…) ordinandomi il dio, almeno come ho potuto intendere e interpretare io quest’ordine, che dovessi vivere filosofando e adoprandomi di conoscere me stesso e gli altri, qui, dico, per paura della morte o d’altro simile male, avessi disertato il posto che il dio mi aveva assegnato.”);
- superiorità divina; dall’Apologia emerge che Socrate interpreta ogni sua azione di uomo come un atto subordinato alla volontà divina, e che in tutta la sua opera di “stimolazione” e “predicazione” verso i suoi concittadini cerca di farli distaccare dalla cura delle cose terrene al fine di avvicinarli di più alla divinità e alla cura che essi dovrebbero dedicare alla loro anima;
- morte, analizzata sotto due aspetti. Da un lato ci sono infatti le considerazioni che Socrate fa sul significato della morte e sulla visione “presuntuosa” e ignorante che gli uomini ne hanno: essi infatti, pur non sapendo nulla di essa e della sua vera natura, la considerano il peggiore dei mali (“Infatti temere la morte non è altra cosa, o cittadini, che credere d’essere sapienti e non essere: perocchè è credere di sapere quello che uno non sa. E invero della morte nessuno sa s’ella non sia per avventura il maggiore di tutti i beni che possano capitare all’uomo; e tuttavia la temono come sapessero ch’ella è il maggiore dei mali. E non è ignoranza codesta, e anzi la più vituperevole ignoranza, credere di sapere ciò che uno non sa?”). Socrate invece non teme la morte, in quanto dal suo punto di vista essa rappresenta per lui un bene per due motivi: in primo luogo perché il segno del dio che in genere lo accompagnava in ogni sua azione non gli si è manifestato durante il processo, e dunque vuol dire che la morte è per lui una cosa positiva; e in secondo luogo perché egli interpreta il morire o come un sonno senza sogni, e dunque un guadagno meraviglioso per l’anima, o una migrazione dell’anima in un altro luogo che presuppone dunque una continuazione della vita in cui continuare a studiare e ricercare, insieme alle altre anime, chi sia sapiente e chi solo creda di esserlo e non lo è.

Riassunto: Il vero significato dell’Apologia di Socrate sta, a mio parere, non propriamente nell’aspetto giuridico del processo, ma nella difesa del mestiere e dell’opera del filosofo in generale che Socrate mette in atto difendendosi dalle accuse a lui rivolte. Egli infatti sostiene di essere stato animato, nel corso della sua vita, dalla volontà di ricercare quale fosse la vera sapienza, volontà a lui trasmessa quasi come un dovere dalla divinità stessa, un dovere a cui egli deve sottostare; e proprio questo bisogno di ricerca, derivato dalla consapevolezza di non sapere, rappresenta il senso primario della filosofia (iiiiiiiiiiiiiiiiQuest’opera di ricerca però infastidisce molto i concittadini di Socrate, poiché egli si comporta “come un tafano” svergognandoli e costringendoli continuamente a riconsiderare il loro comportamento, cercando di persuaderli ad avere maggiore cura della propria anima piuttosto che delle ricchezze e delle cose terrene. Socrate è infatti del tutto distaccato, al contrario dei suoi concittadini, da ogni tipo di ricchezza e materialità, e non si interessa né della politica né della ricerca di onori e compensi. Egli però, pur avendo in un certo senso la “presunzione” di stare compiendo un compito affidatogli dal dio, è consapevole della propria non sapienza, e proprio per questo si considera più sapiente degli altri uomini, persuasi invece di sapere. E proprio perché egli sa di non sapere, non teme la morte a cui va incontro, in quanto sia ha fiducia nella giustizia, se non in quella terrena almeno in quella divina, e sia perché non conoscendo la sua natura con certezza è convinto che essa possa essere per lui un bene.

Obiettivi dell’autore: Gli obiettivi di Platone nello scrivere l’Apologia di Socrate sono fondamentalmente tre. Il primo, quello di descrivere e raccontare il pensiero del suo maestro attraverso le sue stesse parole. Il secondo, quello di dimostrare anche dal punto di vista storico l’innocenza di Socrate e l’errore in cui sono caduti i giudici ateniesi. Il terzo, quello di difendere e spiegare la missione del filosofo e la sua ricerca di sapienza in senso più ampio.

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