Kant

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Testo

Kant: LA CONOSCENZA
1) Da quale situazione nasce per Kant l'esigenza di intraprendere la crìtica della ragione, in quanto facoltà di conoscenza?
Da una parte la matematica - fin dai tempi degli antichi Greci - e la fisica - in tempi più recenti a partire da Galilei e Torricelli - hanno imboccato «la via sicura della scienza».
Dall'altra parte alla metafisica - che riguarda gli oggetti più alti (la libertà, l'anima. Dio) alla cui conoscenza aspira la ragione umana «non è sinora toccata la fortuna di potersi avviare per la via sicura della scienza».
Nei suoi confronti si scontrano le opposte vedute dei razionalisti, che attribuiscono alla ragione il potere di conoscere al di là dell'esperienza, e degli empiristi, per i quali la conoscenza non può estendersi al di là dell'esperienza. Proprio dei primi è il dogmatismo, che non sottopone ad esame preliminare il potere della ragione; proprio dei secondi è lo scetticismo, che fa giustizia sommaria di ogni metafisica.
E' tempo che la ragione sottoponga a critica se stessa in quanto facoltà di conoscenze indipendenti dall'esperienza, cioè in quanto ragione pura. Solo dopo avere accertato se tali conoscenze esistono e quale è la loro funzione, sarà possibile stabilire se la metafisica è possibile come scienza.*

* “Frattanto questa indifferenza... è un invito alla ragione di intraprendere nuovamente il più grave dei suoi uffici, cioè la conoscenza di sé, e di erìgere un tribunale, che la garantisca nelle sue pretese legittime, ma condanni quelle che non hanno fondamento, non arbitrariamente, ma secondo le sue eterne ed immutabili leggi; e questo tribunale non può essere se non la critica della ragion pura stessa” (Da Critica della ragion pura, Laterza 1945).
2) Quali sono per Kant i requisiti della scienza?
La metafisica è possibile come scienza? Questa è dunque la questione principale. Ma per rispondere ad essa è necessario anzitutto fissare quali
sono i requisiti propri di quel sapere obiettivamente valido che merita il nome di scienza.
Per scienza Kant intende quel sapere che è costituito da proposizioni che siano ad un tempo:
a) universali e necessario (in quanto esprimono ciò che deve accadere in tutti i casi possibili);
b) ma anche estensive della conoscenza.
3) Come il contrasto tra razionalismo ed empirismo si può configurare nella contrapposizione logica di due tipi di giudizio?
Per giudizio si intende l'atto mentale con il quale affermiamo o neghiamo qualcosa di qualche altra cosa. Ogni giudizio si esprime in una proposizione, in cui un predicato viene riferito ad un soggetto.
Premesso ciò. diciamo che il razionalismo assume come procedimento costitutivo del sapere il giudizio analitico, cosi detto perché il predicato è derivabile per analisi dal contenuto del soggetto; mentre l'empirismo assume come procedimento costitutivo del sapere il giudizio sintetico, così detto perché il predicato è aggiunto per sintesi al contenuto del soggetto.
Per esempio:«Quando io dico "tutti i corpi sono estesi" io non ho ampliato per nulla il mio concetto di corpo, ma l'ho soltanto analizzato, in quanto l'estensione era già implicitamente pensata in quel concetto, sebbene non espressamente rilevata: il giudizio è quindi analitico. Invece la proposizione 'taluni corpi sono pesanti" contiene nel predicato qualche cosa che non è realmente pensato nel concetto generale di corpo: esso amplia il mio sapere aggiungendo al mio concetto qualche cosa di nuovo e può dirsi per conseguenza un giudizio sintetico» (Da Prolegomeni ecc., Paravia, 1945, pp. 26-29).
4) Perché ne il giudizio analitico del razionalismo ne il giudizio sintetico dell'empirismo possono spiegare il costituirsi della scienza?
Perché il giudizio analitico, proprio del razionalismo, formulato a priori (= indipendentemente dall'esperienza) collega sì il predicato al soggetto in maniera universale e necessaria, ma senza aggiungere nulla di nuovo. Esso è solo esplicativo, ma non estensivo.
D'altra parte, il giudizio sintetico, proprio dell'empirismo, formulato a posteriori (= in seguito all'esperienza) collega al soggetto un predicato non contenuto in esso, ma non in maniera universale e necessaria.
5) Qual è il terzo tipo di giudizio che è a base delle proposizioni della scienza?
Nelle proposizioni della scienza abbiamo un predicato che, mentre estende il contenuto del soggetto, lo collega ad esso in maniera universale e necessaria.
A base di esse è un terzo tipo di giudizio: il giudizio sintetico a priori.
Per esempio:
«Ben si potè da principio credere che la proposizione 7+5=12 sia una semplice proposizione analitica deducibile secondo il principio di contraddizione dal concetto della somma di sette e cinque. Ma, se si considera meglio la cosa, si vede che il concetto della somma di sette e cinque non contiene niente di più che l'unione dei due numeri in uno solo, con il che non è ancora niente affatto pensato questo numero unico che li comprende entrambi. Il concetto "dodici" non è in nessun modo già implicato nel puro concetto di quella addizione di sette e cinque e io posso analizzare finché voglio il concetto di questa possibile somma, ma non vi trovo certo il numero "dodici"... Con la proposizione 7 + 5=12 si amplia quindi realmente il concerto del soggetto, in quanto si aggiunge ad esso un altro concerto che non era affatto implicato nel primo: il che vuoi dire che le proposizioni aritmetiche sono sempre sintetiche...
Del pari nessun principio della geometria pura è analitico. La proposizione che la retta è la linea più breve fra due punti è sintetica. Poiché il mio concetto della retta non implica niente circa la grandezza, ma solo una qualità. Il concetto della 'linea più breve" è qualche cosa di nuovo che si aggiunge e non potrebbe per nessuna scomposizione venir deriva/o dal concetto della retta» (Da Prolegomeni ecc., crt., pp. 33-34). «La fìsica comprende in sé come principi giudizi sintetici a priori. Addurrò in esempio soltanto un paio di proposizioni, come quella che in tutti i cangiamenti del mondo corporeo la quantità della materia resta invariata; oppure quest'altra, che in ogni comunicazione di movimento l'azione e la reazione saranno sempre uguali tra loro. In entrambe non soltanto è chiara la loro necessità, la loro origine a priori, ma è chiaro altresì che sono proposizioni sintetiche. Giacché nel concetto della materia io non penso alla permanenza, ma solo alla sua presenza nello spazio, in quanto lo riempie. Perciò io oltrepasso realmente il concetto della materia, per aggiungervi a priori qualche cosa che in quel concetto non pensavo» (Da CRP, cit, p. 50).

GIUDIZIO ANALITICO A PRIORI esplicativo
universale e necessario
GIUDIZIO SINTETICO A PRIORI universale e necessario
estensivo
GIUDIZIO SINTETICO A POSTERIORI estensivo
particolare e contingente
6) Come sono possibili i giudizi sintetici a priori?
In queste domanda è espresso il problema centrale della critica della ragione pura. La risposta ad essa permetterà di dare soluzione cosi al problema della scienza fisico-matematica, come al problema della metafìsica. Poiché sarà possibile:
a) stabilire quali sono le condizioni che conferiscono valore obiettivo alla scienza fisico-matematica;
b) stabilire se le medesime condizioni possono conferire valore obbiettivo alla metafisica; in altre parole, se la metafisica è possibile come
scienza. *
*"... possiamo con sicurezza asserire che una certa conoscenza sintetica pura a priori- la matematica pura e la fisica pura - è reale ed è data:
poiché entrambe contengono proposizioni, che sono o apoditticamente certe per virtù della ragione pura, o ci sono garantite dall'universale accordo dateci nell'esperienza e tuttavia sono universalmente riconosciute come indipendenti dall'esperienza. Noi abbiamo cosi come fatto incontestato almeno una certa conoscenza sintetica a priori in rapporto alla quale non dobbiamo chiedere se sia possibile (perché è reale), ma solo come sia possibile; il principio che ci esplicherà la possibilità di questa conoscenza data, ci permetterà di decidere circa la possibilità di ogni altra conoscenza dello stesso genere” (Da Prolegomeni eco.).
7) Che cosa si deve intendere per «forma» e per «materia» della conoscenza?
La condizione fondamentale che rende possibili i giudizi sintetici a priori sta nel possesso da parte della ragione umana di elementi a priori, i quali, essendo indipendenti dall'esperienza, sono in grado di operare il collegamento di soggetto e predicato in maniera universale e necessaria.
Questi elementi indipendenti dall'esperienza sono dette «forma» del conoscere, mentre tutto ciò che viene fornito a posteriori dalla sensibilità è detto «materia» del conoscere.*
* «Nel fenomeno io chiamo materia ciò che corrisponde alla sensazione; ciò invece, per cui il molteplice del fenomeno possa essere ordinato in determinati rapporti, chiamo forma del fenomeno. Poiché quello, in cui soltanto le sensazioni si ordinano e possono essere poste in una forma determinata, non può essere da capo sensazione; cosi la materia di ogni fenomeno deve bene esser data solo a posteriori, ma la forma di esso deve essere del tutto a priori, bella e pronta nello spirito; e però potersi considerare separata da ogni sensazione» (Da CRP, cit., p. 64).
8) Qual è la differenza tra le forme a priori kantiane e le idee innate dei razionalisti?
Si potrebbe credere che nelle forme a priori kantiane tornino a ripresentarsi, sotto altra veste, le idee innate dei razionalisti. In realtà vi è fra di loro una differenza sostanziale.
Le idee innate erano concepite come rappresentazioni di una realtà data. quindi come aventi un contenuto proprio. Le forme a priori sono piuttosto delle maniere di funzionare dello spirito, attività ordinatrici che informano di sé la «materia» a posteriori della sensibilità, venendo così a costituire il tessuto dell'esperienza.
9) Qual è il significato del termine «trascendentale»?
Il termine «trascendentale» - che si trova già adoperato nella filosofìa scolastica - viene usato da Kant per designare quegli elementi che concorrono a priori nella costituzione dell'esperienza ovvero come ciò che, pur non derivando dall'esperienza, è condizione per il costituirsi dell'esperienza stessa. Perciò Kant può asserire che «sebbene ogni nostra conoscenza cominci con l'esperienza, non perciò essa deriva tutta dalla esperienza». **
**«Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non degli oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli
oggetti in quanto questa deve essere possibile a priori» (Da CRP. cit.. p. 55). Quei termine, dunque, va ben distinto da
«trascendente», che sta invece a designare tutto ciò che si trova al di là del limite dell'esperienza. Nella terminologia kantiana,
poi. è detto «empirico» ciò che ha origine a posteriori, mentre è anche detto «puro» ciò a cui non è commisto nulla di empirico.
10) In che cosa consiste la «rivoluzione copernicana» di Kant?
Il fatto di aver posto a base della conoscenza il giudizio sintetico a priori, e con questo l'attività ordinatrice dello spirito umano mediante le sue forme trascendentali, comporta l'abbandono del punto di vista tradizionale (condiviso tanto dall'empirismo che dal razionalismo). Secondo questo punto di vista l'ordine della realtà da noi conosciuta sussiste di per sé, indipendentemente dal nostro conoscere (sia che questo si fondi sui dati del senso oppure sulle idee innate).
Anzi, si tratta di capovolgere il punto dì vista tradizionale, cioè di supporre che anziché sia la nostra conoscenza a doversi regolare sugli oggetti, siano invece gli oggetti a regolarsi sulla nostra conoscenza. In altre parole, il mondo della nostra esperienza è il prodotto dell'attività sintetizzatiice del soggetto e l'ordine di rapporti universali e necessari che regola quel mondo vi è stato introdotto dal soggetto conoscente:
«no* dette cose non conosciamo a priori, se non quello stesso che noi stessi vi mettiamo».
Per esempio «Qui è proprio come per la prima idea di Copernico; il quale, vedendo che non poteva
spiegare il movimenti celesti ammettendo che tutto l'esercito degli astri rotasse intorno allo
spettatore, cercò se non potesse riuscir meglio facendo girare l'osservatore, e lasciando
invece stare gli astri» (Da CRP, cit, p. 20).
11) Quali sono i tre gradi attraverso cui si svolge il processo sintetico deità conoscenza?
La conoscenza umana si realizza, come si è detto, attraverso l'attività sintetica dello spirito. Questa attività passa per tré gradi, che corrispondono alle tre facoltà del senso, dell'intelletto, della ragione propriamente detta. Ognuna di queste tre facoltà è dotata di propri elementi a priori.
La critica si propone precisamente di mettere in chiaro questi elementi a priori ed il loro funzionamento. Il risultato di tale ricerca consentirà di dare praticamente risposta alle tre questioni:
1) come è possibile la matematica?
2) come è possibile la fisica?
3) è possibile la metafisica come scienza?

Tutto ciò può essere riassunto nel seguente specchietto:
Partizione della CRP
Gradì del processo conoscitivo
L'a priori
Possibilità della scienza
Esito
Estetica trascendentale
Intuizione sensoriale
Intuizioni pure
Matematica
Affermativo

Analitica

Intelletto

Concetti puri
Fisica
Affermativo
Logica
Dialettica

Ragione

Idee

Metafìsica

Negativo
12) Qual è l'argomento dell’'Estetica trascendentale? (1)
La divisione della Critica della ragion pura nelle due parti dell'Estetica e della Logica corrisponde alla distinzione delle due facoltà: la sensibilità, caratterizzata dalla recettività, che intuisce; l'intelletto, caratterizzato dalla spontaneità, che pensa. L'Estetica trascendentale è la ricerca degli elementi a priori della sensibilità, così come nella Logica avremo la ricerca degli elementi a priori dell'intelletto.
Per comprendere tale tipo di ricerca e la sua difficoltà, si tenga presente che un oggetto della nostra esperienza è qualcosa di complesso. Nella sua composizione rientrano:
• anzitutto ciò che appartiene alla sensazione, come il colore, la durezza, la mollezza, la pesantezza, ecc. (dato empirico);
• poi i rapporti di spazio e di tempo (intuizioni pure) secondo cui quella molteplicità viene intuita (intuizioni pure + dato empirico = intuizioni empiriche);
• poi ancora, ciò che l'intelletto ne pensa, come sostanza, forza, divisibilità, ecc. (concetti).
Ora, nell'Estetica si cercherà di separare così ciò che appartiene all'intelletto come ciò che appartiene alla sensazione, in modo da isolare le sole forme a priori dell'intuizione, che sono lo spazio e il tempo.*
* «Nella estetica trascendentale, dunque, noi isoleremo dapprima la sensibilità, separandone tutto ciò che ne pensa coi suoi concetti l'intelletto, affinchè non vi resti altro che l'intuizione empirica. In secondo luogo, separeremo ancora da questa ciò che appartiene alla sensazione, affinchè non ne rimanga altro che la intuizione pura e la semplice forma dei fenomeni, che è ciò solo che la sensibilità può fornire a priori. In questa ricerca si troverà che vi ha due forme pure di intuizione sensibile, come principi delta conoscenza a priori, cioè spazio e tempo» (Da CRP).
(i) II termine di Estetica viene adoperato con un significato aderente alla parola greca che vuoi dire sensazione (aisthesis), diverso dal significato poi invalso di scienza del bello, quale si trova per la prima volta in una dissertazione del Baumgarten del 1735.
13) Come differisce la concezione kantiana dello spazio e del tempo da quella tradizionale?
Prima di Kant lo spazio e il tempo erano concepiti: o come realtà esistenti di per sé fuori di noi oppure come rappresentazioni che si formavano in seguito all'esperienza.
Per Kant, invece, lo spazio e il tempo sono due forme di attività dello spirito, che spazializza e temporalìzza il materiale empirico dell'intuizione. La molteplicità caotica dei dati sensoriali ne viene disposta in due ordini, dei quali l'uno (l'ordine temporale) si estende a tutta la nostra esperienza, così interna (i nostri stati interiori) come esterna (gli oggetti fuori di noi), l'altro (l'ordine spaziale) si riferisce all'esperienza esterna.
Pertanto, non è per aver fatto esperienza delle cose come l'una accanto all'altra, vicine o lontane, ecc., che ci formiamo la rappresentazione dello spazio, ma, al contrario, è per avere a priori l'intuizione dello spazio che quella esperienza è possibile. Parimenti, non è per avere fatto esperienza delle cose come simultanee o successive che ci formiamo la rappresentazione del tempo, ma, al contrario è per l'intuizione a priori del tempo che quella esperienza è possibile. Si potrebbe dire che prima di Kant noi eravamo nello spazio e nel tempo, dopo Kant lo spazio e il tempo sono in noi.**
** «Lo spazio ed il tempo, insieme a tutto ciò che essi contengono in sé, non sono cose in sé o proprietà di cose in sé... io invece dimostro anzitutto che lo spazio (e cosi pure il tempo) insieme a tutte le sue determinazioni può venir da noi conosciuto a priori perché esso, come pure il tempo, è in noi presente anteriormente ad ogni percezione od esperienza come forma pura della nostra sensibilità e rende possibile ogni intuizione sensibile e cosi tutto il mondo fenomenico» (Da Prolegomeni ecc., cit, o. 222).
14) Come viene ad essere giustificata la matematica come scienza?
Lo spazio e il tempo sono le due intuizioni pure che si trovano a fondamento rispettivamente delle proposizioni sintetiche a priori della geometria e di quelle dell'aritmetica.
15) Che significato ha la distinzione tra fenomeno e cosa in sé?
Dalle conclusioni raggiunte nella Estetica consegue che noi conosciamo te cose non come sono in se stesse (come cose in sé), ma così come le forme del nostro conoscere ce le fanno apparire (come fenomeni).
Infatti la nostra sensibilità è la facoltà mediante la quale noi, in primo luogo, riceviamo delle impressioni (la sensazione, in generale, la materia del conoscere); in secondo luogo, sotto lo stimolo delle impressioni, introduciamo in esse l'ordine dello spazio e del tempo (le intuizioni pure, la forma del conoscere).
Che cosa possano essere le cose in se stesse, indipendentemente dalla recettività dei nostri sensi, ci rimane completamente ignoto. Possiamo pensare la cosa in sé mediante un concetto vuoto, ma non possiamo conoscerla (perciò Kant usa a suo riguardo anche il termine di «noumeno» =ciò che è pensabile, ma non conoscibile). Per poterlo fare dovremmo, per così dire, scavalcare lo spazio e il tempo, che sono, invece, le condizioni di ogni nostra possibile esperienza.*
Noi dunque abbiamo voluto dire che ogni nostra intuizione non è se non la rappresentazione di un fenomeno; che le cose, che noi intuiamo, non sono in se stesse quello per cui noi le intuiamo, ne i loro rapporti sono cosiffatti come ci appariscono, e che se sopprimessimo if nostro soggetto, o anche solo fa natura subbiettiva dei sensi in generate, tutta fa natura, tutti i rapporti degli oggetti nello spazio e nel tempo, anzi lo spazio stesso e il tempo sparirebbero, e come i fenomeni non possono esistere in sé, ma soltanto in noi. Quel che ci possa essere negli oggetti in sé e separati dalla recettività dei nostri sensi ci rimane interamente ignoto. Noi non conosciamo se non il nostro modo di percepirli, che ci è peculiare, e che non è neanche necessario che appartenga ad ogni essere, sebbene appartenga ad tutti gli uomini”(da CRP,cit.,pp.81-82)

16) Qual è l'argomento della Logica trascendentale?
La Logica prosegue quell'opera di separazione dell'elemento trascendentale (la forma) dall'elemento empirico (la materia), che l'Estetica aveva iniziato.
Nell'estetica è stata presa in esame la facoltà della sensibilità e ne sono state isolate le sue forme a priori (le intuizioni pure dello spazio e del tempo).
Nella Logica viene presa in esame la facoltà dell'intelletto, per mezzo del quale gli oggetti dell'esperienza vengono pensati e ne vengono isolate le sue forme a priori (concetti e principi puri).
Più precisamente, nella Analitica, prima parte della Logica, abbiamo l'esposizione di quei concetti puri dell'intelletto, che, in quanto applicati alle intuizioni empiriche, forniscono conoscenza obbiettivamente valida. È la logica della verità. Nella Dialettica, seconda parte della Logica, avremo la critica di quelle fallaci argomentazioni che nascono dalla pretesa di estendere l'uso dei concetti puri al di là dell'esperienza. E' la logica dell 'apparenza.*
*« Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato, e senza intelletto nessun oggetto pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche... L'intelletto non può intuire nulla, ne i sensi nulla pensare. La conoscenza non può scaturire se non dalla foro unione. Ma non perciò si devono confondere le loro parti; che, anzi, si ha grande ragione di separarle accuratamente e di tenerle distinte. Noi distinguiamo dunque la scienza delle leggi della sensibilità in generale, l'estetica, dalla scienza delle leggi dell'intelletto in generale, la logica» (Da CRP. cit-, p. 92).
17) Qua/ è la funzione dell'intelletto?
La funzione dell'intelletto è di portare oltre, ad un livello superiore, quel processo di sintesi, che già era stato avviato nel grado dell'intuizione. In quest'ultimo la molteplicità caotica dei dati sensibili era stata disposta nelle coordinate spazio-temporale. Ma se ci si arrestasse a questo punto, non avremmo che la semplice coesistenza spaziate e successione temporale del materiale empirico (colore, sapore, odore, durezza, ecc.), ma non ancora un oggetto pensabile (un uomo, uria casa, un libro, ecc.), nel quale quella molteplicità viene organizzata. Nè, tantomeno, potremmo pensare quel complesso di relazioni stabili (leggi), che fa del mondo dell'esperienza un tutto ordinato e che, insomma, crea il sistema della natura. Tale ulteriore unificazione viene operate dall'intelletto, mediante suoi concetti puri.
18) Come vengono distinti i giudizi percettivi dai giudizi di esperienza?
L'intelletto unifica giudicando, formulando cioè giudizi che operano il collegamento di un'intuizione ad un'altra in maniera universale e necessaria. Cosi che tali collegamenti valgano non solo per la mia coscienza in un dato momento (soggettivamente), ma per ogni altra coscienza in ogni momento (obbiettivamente).
Ora, Kant chiama giudizio percettivo il semplice collegamento associativo nella coscienza individuale di una percezione ad un'altra, come quando dico: «La stanza è calda», senza pretendere che tutti sentano come io sento. Questo tipo di giudizio ha un valore solo soggettivo. Chiama, invece, giudizio di esperienza quel collegamento di una percezione all'altra, al quale viene attribuita una validità universale e necessaria. Questo tipo di giudizio ha valore obiettivo.
Ebbene, questa universalità e necessità non possono derivare dalle percezioni che si trovano a base del giudizio, ma derivano dai concetti puri dell'intelletto. *
* «L'esperienza consiste in un collegamento sintetico dei fenomeni (percezioni) in una coscienza, in quanto esso è necessario. Quindi i concetti intellettivi puri sono quelli ai quali devono essere prima subordinate tutte le percezioni per convertirsi in giudizi di esperienza, ossia in giudizi, nei quali l'unità sintetica delle percezioni è rappresentata come necessaria ed universalmente valida» (Da Prolegomeni, cit.). Per esempio:
«Quando il sole colpisce il sasso, questo si riscalda. Questo è un semplice giudizio percettivo e non contiene necessità per quante volte e io e altri possiamo avere ciò percepito; vi è soltanto questo, che le percezioni si trovano abitualmente mente così collegate. Ma se io dico: II sole riscalda il sasso, alla percezione s'aggiunge il concetto intellettivo della causa che collega necessariamente il concetto del calore con quello dello splendore del sole: il giudizio sintetico diventa necessariamente valido per tutti, quindi obbiettivo e da sémplice percezione si tramuta in esperienza» (Da Prolegomeni, cit., p. 102).
Si badi che se la conoscenza mediante il giudizio di esperienza è detta obiettiva, ciò non significa che ci consente di attingere le cose in sé. Per Kant obiettività è sinonimo di universalità e necessita del modo di conoscenza.**
** «L'oggetto rimane in sé sempre ignoto; ma quando il concetto intellettivo conferisce al collegamento delle rappresentazioni, che da quello pervengono al nostro senso, una validità universale, questo rapporto determina l'oggetto e il giudizio diventa obbiettivo» (ibidem, p. 98).
19) Come viene superato lo scetticismo di Hume nei confronti della scienza della natura?
Nell'esempio di cui sopra il concetto puro che interveniva era quello di causa. Di questo concetto Hume aveva dimostrato che non può venir derivato dall'esperienza sensibile, come necessario. Ma non era giunto a scoprire che esso è indipendente dall'esperienza, e perciò aveva concluso che la necessità del rapporto causale è falsamente credute e si riduce soltanto ad una associazione soggettiva, indotta dall'abitudine di percepire certe cose l'una dopo l'altra- Di qui il suo scetticismo nei confronti della scienza della natura, che pretende di enunciare leggi necessario.*
• «Com'è possibile, disse a sé quel sagacissimo filosofo, che, quando mi è dato un concetto, io possa uscire da esso e collegarne con esso un secondo, il quale non è affatto contenuto nel primo, e per di più così come se il secondo appartenesse necessariamente al primo? Solo l'esperienza può fornirci tali collegamenti (così concluse egli da tale difficoltà, che egli prese per un'impossibilità) e tutta quella pretesa necessità o, ciò che vuoi dir lo stesso, quella creduta conoscenza a priori, non è altro che l'effetto di una lunga consuetudine. per la quale noi. vedendo qualche cosa costantemente avverarsi, erigiamo in necessità obbiettiva quella ch'è solo una necessità subbiettiva» (Da Prolegomeni, ciL, p. 50). Per Kant, invece, una scienza della natura è possibile perché gli oggetti dell'esperienza non sono più, come per Hume, cose in sé, ma fenomeni, e per natura s'intende l'insieme dei fenomeni collegati in un sistema di rapporti universali e necessari posti dall'intelletto.**
** In secondo luogo: bello è ciò che piace universalmente senza concetto, cioè con la pretesa che l'oggetto debba piacere anche a tutti gli altri, pretesa che si basa non sull'universale dell'intelletto (i concetti), ma sull'universale del sentimento (la finalità).
>In terzo luogo: bello è ciò in cui la Finalità è percepita senza la rappresentazione di un fine. Ovvero la finalità percepita è puramente formale, senza che si veda uno scopo determinato a cui l'oggetto debba servire.
Per esempio:«Un fiore, per es. un tulipano, è ritenuto bello perché nella sua percezione si nota una certa finalità, che, per quanto possiamo giudicarne. non si riferisce ad alcuno scopo» (Da CG).
5} Qual è il sentimento del sublime?
Mentre nel giudizio estetico applicato al bello il sentimento di piacere nasceva da un riferimento dell'immaginazione all'intelletto, il sentimento del sublime (sublime = ciò che è assolutamente grande) nasce da un riferimento dell'immaginazione alla ragione. Esso è, in ultima analisi, il sentimento della nostra superiorità, come esseri razionali, sulla natura.
Il sentimento del sublime matematico sorge in noi quando, sforzandosi l'immaginazione di apprezzare delle grandezze incommensurabili (per es. nella contemplazione del cielo stellato) e riconoscendosi Insufficiente, ne siamo condotti all'idea dell'infinito, che è propria della nostra ragione.
Il sentimento del sublime dinamico sorge in noi quando la natura viene considerata come una potenza, che, per quanto temibile, non ha impero su di noi.
Per esempio:«Le rocce che sporgono audaci in alto e quasi minacciose, le nuvole di temporale che si ammassano in cielo tra lampi e tuoni, i vulcani che scatenano tutta la loro potenza distruttrice, e gli uragani che si lascian dietro la devastazione, l'immenso oceano sconvolto dalla tempesta, la cataratta d'un gran fiume, ecc., riducono ad una piccolezza insignificante it nostro potere di resistenza, paragonato con la loro potenza... queste cose le chiamiamo volentieri sublimi, perché esse elevano le forze dell'anima al disopra della mediocrità ordinaria, e ci fanno scoprire in noi stessi una facoltà di resistere interamente diversa, la quale ci da il coraggio di misurarci con l'apparente onnipotenza della natura» (Da CG).
6) Qual è il giudizio teleologico?
Nel giudizio teleologico le cose della natura vengono considerate come prodotte non da una semplice causalità meccanica, ma secondo una finalità oggettiva, posta cioè nella natura stessa e ci eleviamo poi all'idea di un’intelligenza soprasensibile, che abbia disposto ogni cosa nell'intera natura, in modo che corrisponda ad uno scopo.
7) Perché la considerazione finalistica non ha valore di spiegazione scientifica?
Perché il principio di una finalità nella natura («tutto nel mondo è buono a qualche cosa e niente vi esiste invano») è un principio che ha un valore soltanto regolativo e non costitutivo. Ovvero, la visione finalistica corrisponde ad una esigenza che è propria dello spirito umano, ma che, seppure è molto spesso di stimolo alla investigazione della natura, non può pretendere di sostituirsi al modo di conoscenza secondo cause efficienti, quello proprio della scienza, e che è il solo valido oggettivamente.

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