Il criticismo

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Categoria:Filosofia
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Testo

Delineare le linee di passaggio dal criticismo kantiano all’idealismo e contestualizzare le argomentazioni.
L’idealismo è la teoria filosofica che attribuisce all'intelletto un ruolo fondamentale nella formazione del mondo. Nel corso della storia della filosofia, il concetto di idealismo ha conosciuto numerose elaborazioni e variazioni. Nella sua forma più radicale esso equivale all’individualismo, la concezione secondo cui la realtà coincide con l'attività intellettiva dell'IO e nulla esiste realmente all'infuori dell'IO. L'idealista, tuttavia, non nega l'esistenza del mondo esterno o naturale, e si oppone a chiunque pretenda di ridurre il reale a un semplice processo di pensiero; d'altro canto, egli sostiene che l'attività dell'intelletto è in grado di generare e conoscere modalità dell'essere che altrimenti non potrebbero esistere, come il diritto, la religione, l'arte e la matematica. Immanuel Kant formulò una versione meno radicale dell'idealismo, elaborando un'indagine critica sui limiti della conoscenza possibile, il criticismo. Secondo Kant, tutto quello che si può conoscere degli oggetti è il modo del loro apparire nell'esperienza ( fenomeno ); non è invece possibile conoscere ciò che le cose sono in sé, la reale essenza delle cose ( noumeno ). Egli, tuttavia, affermò che i principi fondamentali della conoscenza si fondano sulla struttura della mente del soggetto percipiente, quello che percepisce, piuttosto che sull'esistenza del mondo esterno. All'idealismo "soggettivo" di Berkeley, Kant contrappose, quindi, un idealismo trascendentale. Nel XIX secolo, il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel negò la teoria kantiana secondo cui l'intelletto umano è incapace di conoscere ciò che le cose sono in sé, sostenendo al contrario la fondamentale intelligibilità di ogni aspetto del reale. Secondo Hegel, inoltre, le conquiste più preziose dello spirito umano (la cultura, la scienza, la religione) non sono il risultato di processi naturali dell'intelletto, ma sono prodotte dalla dialettica, l'attività della ragione libera di riflettere sul mondo e sulla storia.
Il criticismo di Kant è una filosofia scettica, poiché nega che si possa conoscere la realtà ultima; è, quindi, empirista, poiché afferma che tutta la conoscenza deriva dall'esperienza ed è vera relativamente agli oggetti dell'esperienza attuale e possibile; è razionalista, infine, poiché conserva il carattere a priori dei principi della conoscenza empirica.
Questi principi sono necessari e universali per quanto riguarda il riferimento all'esperienza, poiché, secondo Kant, la mente applica sia le forme pure del senso esterno e interno ( spazio e tempo ) sia le categorie dell'intelletto riguardo l'esperienza sensibile; queste categorie sono logicamente anteriori all'esperienza, anche se si manifestano solo nell'esperienza. E’ questa priorità logica, rispetto all'esperienza, che rende "trascendentali" questi principi : essi sono la condizione di possibilità dell'esperienza attuale e possibile.
La riflessione con cui Kant cercò di fissare i limiti della conoscenza umana entro i confini dell'esperienza e di dimostrare l'incapacità della mente umana a procedere, mediante la sola ragione, oltre l'esperienza verso il regno dell'assoluto, rappresenta il criticismo della sua filosofia, evidenziata nella “Critica della ragion pura”, nella “Critica della ragion pratica” e nella “Critica del giudizio”. In queste opere, Kant tentò di ristabilire scienza e religione secondo due livelli differenti, che comprendevano le cose in sé, cioè i "noumeni", gli oggetti appresi tramite la ragione perché non percepiti tramite i sensi, e i "fenomeni", gli oggetti che appaiono ai sensi e che costituiscono il campo d'indagine della scienza. Dal momento che Dio, la libertà e l'immortalità dell'anima umana sono in realtà noumeni, è l'etica che può comprendere questi concetti piuttosto che la conoscenza scientifica.
Immanuel Kant fu il primo a operare, quindi, una distinzione fra i termini "trascendente" e "trascendentale". Kant definì trascendenti le entità che si ritiene esistano oltre i limiti dell'esperienza umana, quindi Dio, libertà e immortalità dell'anima umana; queste, perciò sono, come le "cose in sé", inconoscibili. Usò invece il termine "trascendentale" per indicare le forme a priori della facoltà dell'intelletto, che rendono intelligibile l'esperienza. Per questi motivi, Kant denominò "filosofia trascendentale" lo studio delle fonti e dei limiti della conoscenza ottenuta mediante l'attività dell'intelletto. In seguito, i filosofi idealisti tedeschi che subirono l'influenza di Kant, soprattutto Johann Gottlieb Fichte e Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, definirono "trascendentali" i loro sistemi di pensiero, per sottolineare la priorità del pensiero sull'essere.
Lo scopo che si pone Fichte è infatti quello di scoprire il principio unificatore delle tre critiche di Kant, al fine di realizzare il sistema della scienza, trasformando la filosofia in una rigida dottrina della scienza.
Così Fichte trasformò IO penso kantiano in IO puro, che si auto-pone, si auto-crea, creando, a sua volta, tutta la realtà. Con queste modifiche Fichte creava l’idealismo.
In seguito Schelling tentò di assimilare l’idealismo fichtiano, rielaborandone , però, i motivi di fondo. Il suo obiettivo era la Natura: egli sosteneva che alla Natura era giusto applicare le stesse proprietà che Fichte aveva attribuito allo Spirito.
Schelling torna a parlare di idealismo trascendentale, cioè la comunione di filosofia pratica, il realismo, e quella teoretica, l’idealismo. Si parlerà in fine di idealismo estetico in quanto l’estetica è l’attività conscia e inconscia, ovvero la filosofia dell’arte.
Georg Wilhelm Friedrich Hegel rifiutò la tesi della inconoscibilità della cosa in sé, sviluppando un idealismo assoluto in contrapposizione alla filosofia trascendentale kantiana.

Elaborato da :
Francesca deTora
V A

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