Il comunismo

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Testo

Comunismo

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INTRODUZIONE
Comunismo In teoria politica, dottrina che propugna la creazione di una società in cui sia abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione e la distribuzione dei beni sia attuata in funzione dei bisogni di ciascun membro della società; con lo stesso nome si designa il movimento politico che si propone di realizzare tale società. La nozione politica di comunismo non va confusa con quella etnologica di comunismo primitivo, forma di società arcaica che garantisce a tutti i propri membri accesso alle risorse vitali.

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LE UTOPIE COMUNISTE
L'idea che la proprietà privata sia inconciliabile con una società giusta ha indotto molti autori a immaginare sistemi basati su presupposti diversi. Platone, nella Repubblica, affermò che i governanti di uno stato perfetto, ossia i filosofi, avrebbero dovuto vivere in condizioni di comunità dei beni per potersi dedicare interamente alla giustizia. Anche il cristianesimo ebbe le proprie utopie comuniste, e la proprietà comune caratterizzò le società ideali immaginate da Thomas More (Utopia, 1516) e da Tommaso Campanella (La città del sole, 1623). Analoghe descrizioni ricorrevano negli scritti dei pensatori socialisti del XVIII e del XIX secolo Charles Fourier e William Morris.

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MARX E ENGELS
Nel suo significato moderno, il termine è associato alle teorie di Karl Marx e Friedrich Engels che, insieme, stilarono il Manifesto del Partito comunista (1848), un testo scritto per un'organizzazione rivoluzionaria tedesca, la Lega dei comunisti, e destinato ad avere un'enorme risonanza nel mondo.

Per Marx il tratto fondamentale della società che sarebbe succeduta al capitalismo, quando questo avesse esaurito la propria funzione storica, era l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Egli non cercò mai di prefigurare nel dettaglio l'organizzazione della società futura, considerando gli sforzi in questa direzione fantasie di utopisti. Il principale compito del "socialismo scientifico", in quanto contrapposto al "socialismo utopistico", era piuttosto, secondo Marx, la comprensione delle "leggi di movimento" della società capitalistica. Da accenni disseminati nelle sue opere, si ricava comunque che la società comunista sarebbe stata caratterizzata da abbondanza di beni materiali, per cui gli esseri umani si sarebbero emancipati per sempre dalla necessità di lottare per sopravvivere. Divisione del lavoro e classi sociali sarebbero scomparse. Lo stato – che nel capitalismo ha il compito di regolare l'appropriazione della ricchezza prodotta nell'interesse delle classi dominanti – divenuto inutile si sarebbe dissolto.

In una fase successiva (Critica al Programma di Gotha, 1875), Marx distinse due fasi: nella prima, direttamente emergente dal capitalismo, la proprietà privata sarebbe stata abolita, ma la divisione del lavoro sarebbe rimasta e si sarebbe applicato il principio distributivo "a ciascuno secondo il suo lavoro"; nella seconda, realizzata l'abbondanza di beni, sarebbe subentrato il principio "a ciascuno secondo i suoi bisogni".

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SOCIALISMO E ANARCHISMO
I socialisti che adottarono le idee di Marx ritenevano che il comunismo non potesse instaurarsi prima del pieno sviluppo del capitalismo. Per un'altra componente del movimento rivoluzionario, gli anarchici, il comunismo e l'abolizione dello stato potevano instaurarsi spontaneamente e immediatamente attraverso l'insurrezione delle classi oppresse (Michail Bakunin) o attraverso il graduale sviluppo di società di mutuo soccorso (Pëtr Alekseevič Kropotkin). La polemica tra Marx e gli anarchici segnò i primi passi del movimento operaio internazionale; tuttavia, dopo aver vissuto un periodo di diffusione in Europa e in America, verso la fine del XIX secolo l'anarchismo entrò in crisi, con l'unica eccezione della Spagna, dove conservò un notevole peso fino alla guerra civile.

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L'INTERNAZIONALE COMUNISTA
La prima guerra mondiale provocò una grave crisi del movimento socialista. La maggioranza dei partiti socialisti abbandonò la tradizionale posizione internazionalista (espressa nella frase del Manifesto "Proletari di tutto il mondo unitevi!") per schierarsi con i governi nazionali.

Nel 1917, pochi mesi prima della Rivoluzione d'ottobre, nell'opuscolo Stato e rivoluzione Lenin riesaminò la teoria marxiana della transizione al comunismo, riservando questo nome alla seconda fase e chiamando la prima socialismo: in questa fase lo stato avrebbe continuato a esistere, nella forma di dittatura del proletariato, con compiti di "censimento del lavoro e dei prodotti" e di "controllo sui capitalisti e sugli intellettuali". Dopo il successo dei bolscevichi, molti socialisti nel resto dell'Europa si convinsero che non era più necessario aspettare il pieno sviluppo delle forze produttive per costruire una società comunista. La rivoluzione sarebbe avvenuta – secondo la regola leniniana – dove la classe dirigente non fosse più stata in grado di governare e dove le classi oppresse non fossero state più disposte a sopportare. Il compito delle avanguardie comuniste consisteva nel prepararsi a questa eventualità: conquistato il potere, avrebbero costruito uno stato socialista.

Nel 1919, fu creata l'Internazionale comunista (Comintern), con quartier generale a Mosca. I sostenitori della Rivoluzione russa nei vari partiti socialisti furono invitati a formare nuovi partiti – ben distinti da quelli riformisti – disciplinati e organizzati in base al principio del centralismo democratico. Il loro compito era difendere il primo stato socialista e prepararsi all'insurrezione, che avrebbe allentato l'accerchiamento della Russia. Vedi anche Partiti comunisti.

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IL MODELLO SOVIETICO
Intorno al 1921 i partiti comunisti si erano costituiti, ma le prospettive di una conflagrazione rivoluzionaria mondiale si era allontanata. Rigidamente controllati da Mosca, essi si limitarono ad adattare la propria politica nazionale e, in particolare, il proprio atteggiamento verso i partiti socialisti alle fasi della lotta di potere nell'URSS e alle esigenze della diplomazia sovietica.

Negli anni Trenta, mentre in Europa trionfavano i fascismi e il mondo capitalistico era investito dalla crisi economica, l'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche annunciò il superamento degli obiettivi del piano quinquennale nell'industria e il successo della collettivizzazione nelle campagne. Per i comunisti era una chiara dimostrazione della superiorità del modello sovietico. E Stalin, che aveva eliminato ogni possibile oppositore in seno al partito, venne considerato il massimo depositario dell'ortodossia comunista.

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MOVIMENTO COMUNISTA E ANTICOLONIALISMO
Dopo il 1920, la Rivoluzione russa diede impulso all'espansione del movimento socialista nel mondo. Molti militanti anticolonialisti videro nell'URSS non solo il campione della lotta contro l'imperialismo, ma anche un modello da seguire per superare l'arretratezza economica e sociale, senza passare per lo stadio del capitalismo. Il congresso bolscevico dei popoli orientali, tenutosi a Baku nel 1920, radunò numerosi attivisti asiatici, che contribuirono alla nascita di partiti comunisti in Giappone, Turchia, Persia, India e Cina. Vedi anche Partiti comunisti.

Tra questi, ad avere il più ampio seguito nelle classi lavoratrici fu il Partito comunista cinese. Repressi sanguinosamente dalle forze nazionaliste di Jiang Jieshi, i comunisti cinesi si ritirarono in remote zone rurali del paese, dove ricostituirono un partito a base contadina. Nel 1949 i comunisti assunsero il controllo di tutto il paese e proclamarono la Repubblica popolare cinese (vedi Lunga Marcia; Rivoluzione cinese).

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SECONDA GUERRA MONDIALE
Il Comintern fu sciolto nel 1943, nel pieno della seconda guerra mondiale, per facilitare i rapporti tra l'URSS e gli Alleati. Cionondimeno, alla fine della guerra la popolarità del comunismo nel mondo giunse all'apice, grazie soprattutto al ruolo decisivo avuto dall'URSS nella sconfitta della Germania e al contributo determinante dei comunisti nella resistenza contro i nazifascisti (vedi Nazionalsocialismo; Fascismo) nei paesi dell'Europa occupata.

I comunisti entrarono in governi antifascisti di unità nazionale in molti paesi e trovarono seguito non solo dove l'occupazione sovietica li sosteneva, come nell'Europa centrale e orientale, ma anche dove avevano contribuito alla resistenza: Iugoslavia, Albania, Grecia, Italia e Francia. In questi ultimi due paesi i partiti comunisti sopravanzarono i partiti socialisti.

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LA GUERRA FREDDA
La Guerra Fredda cambiò radicalmente il quadro internazionale. Le democrazie popolari dell'Europa orientale si trasformarono in dittature proletarie, ricalcate sul modello sovietico. Nel 1947 fu creato il Cominform, un'organizzazione di coordinamento meno centralizzata del Comintern, in cui erano rappresentati, accanto ai partiti al potere nell'Est europeo, i partiti comunisti dell'Europa capitalista e in primo luogo il Partito comunista italiano e quello francese.

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IL MOVIMENTO COMUNISTA IN ASIA
Mentre in Cina i comunisti erano riusciti a mettersi alla testa del movimento anticoloniale, il Partito comunista indiano, che obbedendo alle direttive sovietiche aveva sostenuto lo sforzo bellico inglese, pagò questa scelta, nell'immediato dopoguerra e dopo l'acquisita indipendenza del paese, con l'isolamento.

In Corea il Partito comunista, che era stato una delle forze principali della guerra antigiapponese, alla fine del conflitto si ritrovò alla guida di uno stato – creato nel Nord del paese in seguito alla formalizzazione della divisione avvenuta nel 1948 – ispirato alle democrazie popolari dell'Europa orientale.

Lo stesso schema si riprodusse qualche anno dopo nel Vietnam, dove il Partito comunista aveva sconfitto il colonialismo francese nel 1954. I negoziati che seguirono a livello internazionale divisero in due il paese, lasciando il Nord ai comunisti. Negli anni Sessanta il conflitto tra Nord e Sud avrebbe coinvolto gli Stati Uniti in un aspro conflitto, conclusosi con il ritiro delle forze americane nel 1973 e la riunificazione del paese nel 1975 (vedi Guerra del Vietnam; Guerra di Corea).

In Indonesia il Partito comunista, il più grande in Asia dopo quello cinese, diventò nel dopoguerra il principale sostenitore del regime nazionalista di Akmed Sukarno. Quando questi fu rovesciato dalle forze del generale Suharto, di orientamento filoamericano (1965-66), centinaia di migliaia di comunisti furono trucidati.

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IL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO IN AMERICA LATINA
La diffusione del comunismo in America latina fu irrilevante fino alla Rivoluzione cubana (1959). La stessa rivoluzione castrista all'inizio ebbe un carattere nazionalista e modernizzatore, mentre il ruolo del Partito comunista cubano fu secondario. La tensione con gli Stati Uniti (vedi Sbarco della baia dei Porci; Crisi cubana dei missili) e la dipendenza dall'aiuto sovietico radicalizzarono il regime.

Verso la metà degli anni Sessanta, Cuba cercò di diventare la centrale di una nuova strategia della rivoluzione mondiale, basata sulla moltiplicazione dei conflitti antimperialisti ("Creare uno, due, molti Vietnam"); verso la fine del decennio tutte le attività di guerriglia ispirate dai cubani nel continente furono tuttavia liquidate o bloccate. Vedi anche Ernesto Che Guevara.

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LE DIVISIONI DEL MONDO COMUNISTA
La prima incrinatura nel monolito comunista fu provocata dalla ferma difesa da parte della Iugoslavia di Tito della propria autonomia in politica estera e dalle scelte economiche a favore dell'autogestione. La Iugoslavia fu espulsa dal Cominform nel 1948 e, nel timore che la deviazione iugoslava contagiasse altri paesi dell'Europa orientale, alcuni leader comunisti dei paesi dell'Europa orientale sospetti di orientamenti nazionali furono emarginati.

Nel 1953, dopo la morte di Stalin, nel Partito comunista sovietico sembrò avviarsi un processo di maggiore apertura e discussione interna. Nel 1956, al XX congresso del PCUS, il segretario generale, Nikita Kruscev, riconobbe il principio delle vie nazionali al socialismo e clamorosamente denunciò le illegalità e le repressioni staliniane degli anni Trenta e Quaranta. Ma le speranze per una svolta antitotalitarista della politica sovietica vennero subito disattese quando nello stesso anno, la rivolta degli operai polacchi di Poznan venne spietatamente soffocata dall'esercito e l'insurrezione ungherese fu stroncata dal diretto intervento dell’Armata Rossa. Nel 1968 in Cecoslovacchia, il segretario del partito, Alexander Dubček, inaugurò un periodo di liberalizzazione (vedi Primavera di Praga), ma il segretario del PCUS Leonid Brežnev, invocando il principio della "sovranità limitata", fece intervenire ancora una volta i carri armati.

Lo scisma più grave per il blocco socialista fu quello cinese. Nel 1958 il Partito comunista cinese si era impegnato nel cosiddetto "Grande balzo in avanti", uno sforzo titanico per superare l'arretratezza economica, principalmente basato sulle comuni popolari, organizzazioni tendenzialmente autosufficienti che integravano agricoltura e industria. Ma il "Grande balzo" fu un catastrofico fallimento. In questa situazione, nel 1960 Kruscev ritirò gli aiuti tecnici e militari e cercò di isolare la Cina sul piano diplomatico e militare. La Cina si propose come guida dei paesi in via di sviluppo contro i paesi industrializzati ("la campagna contro la città") e inaugurò, sotto la guida di Mao Zedong, una nuova strategia politica che culminò nella rivoluzione culturale. Nel 1969 vi furono scontri fra truppe cinesi e sovietiche lungo il fiume Ussuri, al confine tra i due paesi.

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EUROCOMUNISMO
Dopo le rivelazioni del XX congresso del PCUS, il Partito comunista italiano divenne sempre più indipendente dall'URSS. Condannò l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968 e criticò le violazioni dei diritti civili dell'era brezneviana. Verso la metà degli anni Settanta, con l'elaborazione di una nuova strategia politica detta eurocomunismo, di cui il segretario del Partito comunista italiano Enrico Berlinguer fu il principale punto di riferimento, l'URSS cessava di esercitare il ruolo guida del movimento comunista internazionale.

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CONCLUSIONE
Con l'avvento di Michail Gorbaciov, l'URSS tentò di avviare un periodo di riforme da tempo necessarie. L'economia sovietica, impegnata nella furiosa corsa agli armamenti, si era rivelata incapace di sostenere livelli di consumo soddisfacenti; le istituzioni politiche continuavano a essere autoritarie e al riparo dal controllo dei cittadini. Gorbaciov credette che il comunismo potesse essere salvato da una combinazione di riforme economiche (perestrojka) e di trasparenza dei processi di decisione politica (glasnost).

Ma, mentre l'effetto delle riforme tardava, il paese implodeva sotto le spinte separatiste, a cominciare dalle Repubbliche baltiche. Nello stesso tempo anche il blocco sovietico cominciò a crollare, prima con la vittoria elettorale di Solidarność in Polonia, poi con la caduta del muro di Berlino e l'unificazione tedesca.

Verso la fine del 1991, uscito di scena Gorbaciov, il Partito comunista fu dichiarato illegale e l'URSS cessò formalmente di esistere. L'esperimento comunista, che tante speranze e timori aveva suscitato, era concluso. Regimi più o meno comunisti esistono ancora in Cina, Corea del Nord, Laos, Vietnam e a Cuba. In questi paesi, tuttavia, l'introduzione di riforme orientate all'economia di mercato ha segnato l'abbandono dell'idea originaria di comunismo.

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