I sofisti e Socrate

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Testo

I SOFISTI
L’ascesa del demos in Atene nel VI secolo
La divisione che percorreva la nazione ellenica era attenuata dalla formazione di alleanze, che rispecchiavano l’urgenza del momento o la potenza di una città egemone; il particolarismo fece sì che la Grecia fosse un laboratorio politico dove si sperimentarono e si confrontarono varie forme di vita associata e di governo.
L’origine della parola politica è collegata alla parola polis, e sta ad indicare che politici sono quei modi di essere, di pensare e di agire che si commisurano alla città; la politica presuppone la città. La politica nacque nelle colonie greche dove sorsero città organizzate secondo costituzioni e attive economicamente. Nonostante le sue precedenti condizioni di arretratezza, Atene divenne la polis per eccellenza con il progressivo processo di avvicinamento del demos alla direzione della comunità politica.
o Solone (640 – 560 a.C.): Scelto dall’aristocrazia per fronteggiare la minaccia di una rivoluzione del popolo, comprese che lo scontro sociale poteva essere evitato attraverso un riequilibrio dei rapporti sociali con l’abolizione dei debiti; attraverso questo ci fu l’ingresso della politica come attività di mediazione. Mediazione, giustizia, legge sono condizioni della città; la conseguenza di ciò fu il sorgere e il consolidarsi di uno spirito di unità e di appartenenza alla polis, di una forza di coesione fra coloro che si riconoscevano nelle leggi della città. La riforma soloniana non aboliva le differenze sociali; il primato che l’aristocrazia conservava era stabilito sulla base di un criterio convenuto dalla comunità a vincolante per tutti.
Il governo di Pisistrato e la costituzione di Clistene indebolirono l’aristocrazia e riformarono la polis in senso democratico, fissando per ognuna delle 10 tribù una rappresentanza paritaria.
Le guerre persiane e il primato di Atene nel V secolo
Nel corso delle guerre persiane si era delineata la superiorità di Atene su Sparta e sulle altre città greche, con le vittorie di Maratona e Salamina. La classe politica che Atene aveva espresso si era dimostrata abile sia durante il conflitto, grazie a scelte strategiche, sia dopo la vittoria, cogliendo il significato dell’evento e valorizzando il prestigio che derivava per la città; la lega di Delo voluta da Aristide, fu l’espressione di una politica rinnovata e aggressiva. Con la lega di Delo, Atene seppe cogliere l’esigenza di un’egemonia politica che lo scontro con i Persiani aveva dimostrato necessaria e fece sua questa posizione di primato. Questo significò lo sviluppo di attività per il rafforzamento della flotta e per la ricostruzione della città e del collegamento con il Pireo; favorì la ripresa dei traffici verso il Mar Nero e l’apertura di nuove rotte verso l’Occidente. Allo sviluppo delle attività marittime corrispose un abbandono delle terre e una vitalità della città, abitata da un demos urbano. Queste trasformazioni economiche e sociali favorirono l’ascesa politica del partito democratico, che si espresse nelle riforme di Efialte.
o Pericle (495 – 429 a.C.): La partecipazione alla vita politica fu resa possibile grazie ad un provvedimento che fece di Atene un esperimento di democrazia diretta della Grecia antica.
Tucidide, nella Guerra del Peloponneso, mediante le parole di Pericle, descrive la realtà della nuova Atene democratica.
La partecipazione del demos alla vita politica e il modo di fare politica incontrarono la resistenza del partito dei conservatori.
L’età di Pericle fu il momento più alto dell’esperienza politica, dell’arte e della cultura greca. Pericle scomparve dopo l’inizio della guerra del Peloponneso, che si concluse con la resa di Atene a Lisandro; in luogo della democrazia abbattuta, fu instaurato il governo oligarchico dei 30 tiranni, succube di Sparta.
Educazione e formazione politica
La politica attuata in Atene nel V secolo a.C. e l’accesso di un numero crescente di cittadini alle cariche pubbliche ponevano l’esigenza di una formazione specifica, poiché la complessità dei problemi della città e il contesto politico che favoriva la competizione richiedevano grande abilità. Poiché il contesto politico era la democrazia, che implicava la partecipazione e il consenso di tutti, l’abilità suprema consisteva nell’arte di ottenere il consenso. Di qui la centralità della parola e delle forme di linguaggio che strutturano il discorso persuasivo e l’importanza della retorica, cioè alla tecnica relativa all’uso efficace del linguaggio.
o Gorgia: La parola è dominatrice e intrascendibile, poiché senza la parola non si può comunicare, ma è anche strumento al servizio di chi la usa; è disponibile a svolgere il compito che le viene affidato.
I sofisti diventarono gi educatori e i formatori delle nuove generazioni di politici.
La retorica sofistica
Anticamente la parola sofista indicava colui che svolge l’attività dello spirito, nella direzione dell’attività tecnica e secondo lo svolgersi dell’opera creatrice di un filosofo o di un poeta; alla fine del V secolo venne usata per designare gli intellettuali esclusi dalla vita politica che insegnarono in Atene retorica e dialettica dietro pagamento.
I sofisti erano malvisti a causa della polemica condotta contro di loro da Socrate, Platone e Aristotele, che erano antisofistici; negli ultimi due secoli, fu evidenziato il tratto della loro riflessione che dalla ricerca sulla natura passava, con una svolta antropologica positiva, all’indagine sull’uomo e sul suo mondo, in sintonia con le trasformazioni ad Atene. L’antinomia evidenziata da Parmenide tra ragione ed esperienza ed i tentativi di risolverla, portavano a riflettere sulle capacità dell’uomo nel conoscere la verità ed a focalizzare l’attenzione sull’uomo stesso che conosce. Lo scetticismo circa le possibilità di conoscere indusse i sofisti a volgere l’attenzione dalla natura all’uomo e anche il clima culturale e politico li spinse a cercare una forma alternativa di sapere. La sofistica entrò in urto con la cultura tradizionale, che infliggeva processi e condanne e che bandiva e bruciava gli scritti sofisti.
Protagora di Abdera
Protagora fu maestro di dialettica e il primo dei Sofisti. Era straniero; giunse ad Atene da Abdera nel 444 a.C. e scrisse un’opera dal titolo Sulla verità o Ragionamenti demolitori e una dal titolo Antilogie.
Sostenitore di una cultura nuova, tesa alla formazione morale, retorico – linguistica e storica dell’uomo politico, Protagora elaborò una teoria del progresso rispondente al clima dell’Atene periclea, individuando nella virtù politica la condizione che, rendendo possibile la partecipazione di ognuno nella polis, consente il dominio delle tecniche in funzione degli interessi della città. Sosteneva l’equivalenza quanto a verità di tutte le opinioni.
Era agnostico, poiché riteneva di non sapere se Dio esiste o se non esiste.
L’uomo è criterio di giudizio di tutta la realtà, perché il sapiente è colui che ha il potere di trasformare con la parola la percezione della realtà e la realtà stessa; il bravo dialettico è colui che riesce a ribaltare la situazione rendendo la tesi più debole quella più convincente.
Preoccupato che il relativismo distruggesse le basi della vita sociale, riconobbe alla legge dello Stato, in quanto nomos di una collettività, una validità e difese la giustizia delle leggi d’ogni singola città.
Le Antilogie consistevano in discorsi contrapposti a due a due e dovevano servire a educare i futuri oratori; sono la base che rende possibile il ragionare che è necessario per determinare ciò che, di volta in volta, è più conveniente.
Gorgia da Leontini
Nella scia di Protagora si pose Gorgia da Leontini, maestro di retorica giunto ad Atene nel 427 a.C.; era un nichilista e ridusse tutto ad opinione: riteneva che quello che si pensa è l’apparenza dell’essere, non è l’essere. L’uomo è il soggetto della conoscenza che, quando entra in relazione con l’oggetto, ne afferra solo la mutazione, cioè l’apparenza della realtà; la norma è la reazione della maggioranza rispetto a qualcosa. Comunicazione = parola, cioè suono, aria che si muove e che noi percepiamo; la parola è creata convenzionalmente. La parola non è un ponte tra le menti e non è il veicolo del vero. Dato che la parola è libera dal compito di comunicare, non è serva della verità ed è uno strumento indipendente, quindi la parola è dominatrice; il retore, dominando la parola, domina le anime altrui. Gorgia esalta il ruolo di dominio della parola che serve comunque a piegare le anime; la parola ha carattere catturante ed è signora in quanto non è serva della verità.
Nel suo scritto Della natura o del non essere, Gorgia, ispirandosi alle aporie di Zenone, sostenne tre tesi concatenate:
o Nulla esiste: essere e non essere sono due termini ambigui e interscambiabili e non è vero che, come pretendeva Parmenide, il non essere non sia pensabile, poiché lo è come ciò che si oppone all’essere; essere e non essere sono uguali e sono e non sono insieme. Se l’essere è, deve essere insieme uno e molteplice, generato e ingenerato; l’essere avrebbe predicati contraddittori, il che è impossibile. È una tesi contraria a quelle parmenidee.
o Se qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile: Se, come sostiene Parmenide, non è possibile pensare il non essere, diventa impossibile distinguere il vero dal falso, cosicché tutto sarebbe vero e falso insieme. Il conoscere è il rapporto tra un soggetto conoscente e un oggetto conosciuto. Una relazione non lascia mai intatti i termini della relazione e quindi l’in sé delle cose è sconosciuto a noi.
o Se qualcosa fosse conoscibile non sarebbe comunicabile: Parole e cose sono diverse ed eterogenee e, poiché gli uomini sono diversi tra loro, le stesse parole evocano in ciascuno rappresentazioni diverse.
Dietro il paradosso delle tesi, Gorgia esclude ogni possibilità di conoscere la verità e fonda il primato del discorso retorico; rimossa la verità, la parola cessava di essere il logos in cui la verità si esprime, e si rendeva disponibile al linguaggio grazie a cui le opinioni possono essere trasformate. La tesi di Gorgia diventa un mezzo psicagogico la cui potenza è descritta nell’Elogio di Elena.
Tucidide
Lo storiografo Tucidide (460 – 390 a.C.), nella prima parte della Guerra del Peloponneso, mira a cogliere l’essenziale delle vicende e le loro ragioni concrete e documentate; egli ricerca le cause che si trovano nella natura delle cose e nell’animo umano. Egli punta direttamente alla storia politica della città, osservando il periodo più tragico della storia di Atene per esporre la patologia della guerra in una rigorosa anamnesi. Dopo la ricostruzione di Atene egli individua i mali che stavano portando la città alla rovina e ne propone una cura; ritiene che i mali di Atene si trovino nei suoi principi democratici.
Nell’opera di Tucidide sono evidenti gli influssi della sofistica, senza l’obiettivo di far trionfare un punto di vista su un altro e senza esaltare il diritto del più forte; vuole descrivere e non giudicare.
SOCRATE
Il “problema” Socrate: le fonti
Socrate non volle mai scrivere nulla perché riteneva che scrivere qualcosa significa reputare la cosa così importante da meritare di essere trasmessa ed egli ritiene di non avere niente di definitivo da scrivere. Lo scrivere è per Socrate comunicazione di una scienza non vera ma apparente, di un sapere superficiale; chi legge si illude di essere sapiente, mentre è solo ombra di sapiente. Qualsiasi punto d’arrivo non deve essere mai considerato definitivo. La parola scritta annienterebbe ciò che può esistere solo come movimento.
Le fonti principali per ricostruire il pensiero di Socrate sono Aristofane, Platone, Senofonte (I detti memorabili di Socrate) e Aristotele, che non è discepolo di Socrate.
Platone è la fonte più importante, che scrisse dopo la morte di Socrate e sotto l’effetto di questo evento, al contrario di Aristofane, commediografo, che è il solo che abbia scritto quando era ancora in vita, per cui è difficile distinguere tra il suo pensiero e quello di Socrate. La maggior parte di ciò che sappiamo di Socrate è tratto dai dialoghi di Platone, di cui possediamo l’Interus Corpus Platonicus, il cui protagonista è Socrate che dialoga.
La vita
Della vita di Socrate non si hanno molte notizie certe, soprattutto per quanto riguarda il periodo precedente la guerra del Peloponneso.
Nato ad Atene nel 470 a.C. dallo scultore Sofronisco e dal Fenarete, una levatrice, del demo Alopece e della tribù Antiochide, frequentò il circolo di Pericle, incontrando fisici, scienziati, sofisti.
Combatté a Potidea, Delo e Anfipoli, il resto della sua vita lo passò discutendo nella pubblica piazza in mezzo ai suoi concittadini.
Nel 406 a.C. fu sorteggiato come pritano, ma, quando nel 404 a.C. con il colpo di stato di Crizia e il decreto della sconfitta di Atene per merito degli Spartani, si instaurò in Atene il governo antidemocratico e oligarchico dei 30 tiranni, si ritirò dalla vita politica e non prese parte alla guerra civile che portò alla restaurazione della democrazia ad opera di Trasibulo (301 a.C.).
La situazione politica di Atene era instabile e la morte di Socrate si inscrive durante la crisi della città. Nel 399 a.C., all’età di 70 anni, accusato falsamente di corrompere i giovani e di blasfemia, Socrate fu processato e condannato a morte, bevendo la cicuta; in realtà la democrazia ateniese vedeva in lui un pericolo.
Socrate sofista oltre la sofistica
Socrate è unito alla sofistica per due aspetti: l’opzione per lo studio dell’uomo e l’elezione del discorso a mezzo fondamentale del rapporto con gli uomini. La prima scelta fu legata alla presa di coscienza dei limiti del sapere tecnico – naturalistico e dalla constatazione del fallimento del progetto pericleo che portò a conflitti interni ad Atene; la scelta del discorso come strumento del rapporto umano si propose come mezzo di analisi e di ricomposizione etica della città. Differentemente dai sofisti egli intese l’uomo come anima e considerò la discussione come impegno a determinare ciò che è vero e ciò che è falso.
L’anima del socratismo è la convinzione che l’unica forma di vita degna di essere vissuta sia la tensione alla ricerca, fatta di confronto e di dialogo; solo dal confronto si origina la possibilità del superamento dei limiti delle proprie opinioni. L’uomo, in quanto anima, non ha una natura data, ma costituisce dei fini e orienta il proprio agire in funzione di essi; la scienza dell’anima è il sapere più alto (conosci te stesso). Tale conoscenza è possibile solo attraverso il dialogo. Socrate condivideva il soggettivismo sofistico, che diventa lo stimolo per una ricerca continua e fonda la doverosità del dialogo come mezzo per uscire dalla soggettività di chi si accontenta della propria opinione, rifiutandosi di confrontarla. Egli non è un sofista, perché è convinto che esista una verità, ma dubita che l’uomo possa raggiungerla e, per questo, l’uomo deve accontentarsi di un’approssimazione continua alla verità; conta lo spirito della ricerca, caratterizzato dall’amore per la verità.
La filosofia non consiste nel possesso di una dottrina, ma nell’ansia di sapere; il filosofo è tale in quanto ricercatore. Il saper di non sapere, come consapevolezza dei limiti del proprio sapere, rappresenta il presupposto del dialogo socratico che è ricerca di qualcosa di nuovo di vero.
Il dialogo è un principio d’ordine intellettuale e morale che si autogiustifica. La tecnica del dialogo socratico si riassume nell’ironia, il fingere per il sapere dell’interlocutore un’ammirazione tanto grande quanto è il disprezzo per la propria ignoranza; Socrate si presenta come colui che, sapendo di non sapere, cerca aiuto presso coloro che si dicono sapienti, ma in realtà opera un tentativo di demolire le false certezze. L’azione ironica è critica, ma non è distruttiva: liberando dal sapere apparente, essa prepara al vero sapere affinché la verità stessa, nascosta nell’interiorità dell’anima, affiori.
La maieutica è l’arte di interrogare e inquietare l’anima, perché questa ricerchi in sé la verità di cui ha bisogno, anche se questa verità non sarà mai definitiva. Egli si pone come riconoscitore delle anime in cui si agita un principio di verità e come colui che sa come questa verità possa venire alla luce.
L’identità di virtù e scienza acquista un significato originale per il fatto che egli intende come oggetto del sapere il bene (etica sapienzialistica): la scienza è scienza del bene e la virtù si identifica con essa; poiché la scienza è continua ricerca, il bene non può essere conosciuto interamente ma deve essere sempre ricercato. Socrate, nel tentativo di risanare il tessuto sociale della città lacerato da conflitti, propone la virtù come guida e come valore fondamentale della politica stessa. L’etica è sforzo di conoscere se stessi, cioè ricerca di qualcosa che non è mai dato per sempre, poiché l’uomo è quello che è in determinate circostanze.
Socrate dichiara di avere dentro di sé un demone, (un’entità generica soprannaturale) che rappresenta l’esigenza di non accontentarsi mai e di non smettere mai la ricerca e un monito a vigilare perché niente è mai scontato, non assumendo atteggiamenti dogmatici.
Socrate viene esaltato come colui dal quale si origina un modo di fare filosofia per il quale si utilizza la ragione in tutti i campi; a Socrate si deve l’attuale pratica della filosofia.
Con il sacrificio della sua vita, egli testimonia la teoria che la vita è dedita alla ricerca.
Nel 1300 e 1400, Socrate viene definito dal movimento umanista un cristiano ante litteram, poiché ha un ideale di vita in linea con l’ideale di vita cristiano, in quanto egli visse avendo cura della propria anima.
Il processo e la condanna a morte
Socrate non era democratico, poiché riteneva che nella democrazia prevalesse l’opinione sulla base di scelte di persone che aderiscono ad essa e che fosse fondata sul principio secondo cui tutti possono governare la cosa pubblica; non era nemmeno oligarchico, perché il governo oligarchico era basato sul denaro. Riteneva che è la competenza che deve selezionare la classe dirigente, ma non indica chi decide dove sta la competenza.
Il processo, la condanna a morte e la successiva esecuzione, sono gli eventi filosoficamente più significativi della vita di Socrate.
Socrate fu condannato sulla base di un’imputazione di corruzione dei giovani e di blasfemia da parte di Anito.
Socrate diventa il capro espiatorio per il malgoverno di Atene perché aveva portato lo spirito della critica e l’individualizzazione che avevano reso i cittadini di Atene consapevoli della crisi.
Nel 399 a.C. era in atto da parte del partito democratico il tentativo di ricostruire, dopo l’esperienza dei 30 tiranni, una città che rinnovasse l’Atene di Pericle, per cui bisognava creare una compattezza ideologica che contrastava con il dialogare di Socrate; la condanna di Socrate ha pertanto ragioni politiche.
La condanna di Socrate avviene durante il periodo di assenza della nave sacra dal Pireo, diretta al santuario di Apollo a Delo, in cui venivano sospese le esecuzioni.
Mentre Socrate è in carcere, gli si offre la possibilità, spiegata a Socrate da Critone, di fuggire corrompendo i carcerieri, ma Socrate rifiuta, essendo stato condannato ingiustamente ma legalmente. La ragione dell’accettazione di Socrate di una condanna ingiusta e del rifiuto della fuga è racchiusa nell’esperienza di Socrate che è dialogo e considerazione l’uomo come rapporto. L’uomo è tale dove vi siano leggi, dove vi sia la città; per questo, Socrate si definisce figlio delle leggi e si rifiuta di fuggire, cosa che rappresenterebbe il sottrarsi alla discussione; la fuga avrebbe così rappresentato la confessione della sua colpevolezza e la vittoria dei nemici accusatori.
Socrate gioca sul rovesciamento delle parti e vuole fare del suo processo il resoconto della sua vita, mirando a dimostrare come essa sia stata esemplare. Egli non mirava ad essere assolto ad ogni costo, poiché era convinto dell’equivalenza delle prospettive di vita e di morte, la quale non avrebbe rappresentato la morte dell’anima.
La morte di Socrate è esito di un ragionare paziente e implacabile durato tutta la vita.
Nell’Apologia, Platone descrive il processo e la condanna di Socrate.
PLATONE
Un pensiero in divenire
L’opera di Platone è stata variamente interpretata dalle più diverse culture.
Il pensiero di Platone è vivo, si arricchisce a mano a mano, dialetticamente, spinto dalla filosofia che è amore per il sapere e non possesso della sapienza.
Il fatto che i dialoghi siano cronologicamente situati prima della morte di Socrate risponde all’esigenza di far parlare il maestro che n è protagonista e indica la volontà di cogliere le radici concrete dei problemi.
Le vicende storiche e il declino di Atene
La guerra del Peloponneso segnò la rovina di Atene e di tutta la Grecia; la guerra civile aveva dissolto gli schemi della politica intesa come azione della città nel suo insieme e l’esperienza della tirannide, attuata da Crizia, si concludeva nel 401 con la restaurazione di una democrazia violenta e velleitaria.
La volontà ateniese di rivalsa portò alla pace di Antalcida, con cui Artaserse II imponeva all’Ellade le proprie condizioni; in un decennio si consumò l’egemonia di Tebe, al termine di cui Atene si trovò in una situazione politica caotica.
Il declino di Atene, segnato dalle sconfitte militari, era acuito da tensioni sociali: la ricchezza era concentrata in pochi ed era fondata sul lavoro degli schiavi e la massa dei lavoratori era in crisi per la concorrenza della manodopera servile.
DIZIONARIO FILOSOFICO:
Aforistico: difficile da capire
Agnostico: colui che non è sicuro dell’esistenza e della non esistenza di Dio
Antiatletismo: la grandezza dell’uomo non sta nella forza fisica, ma nelle virtù spirituali
Antisofistici: filosofi successivi alla sofistica
Apologia: discorso di difesa
Aristocrazia: superiorità basata sulla nobiltà di nascita e sulla ricchezza
Astratto: dal verbo abtraho (tiro fuori da), enucleare l’essenziale
Atomo: ciò che è indivisibile
Catarsi: purificazione
Convincimento: confronto da cui emerge la qualità delle opinioni
Conoscenza: oggetto conosciuto da parte di un soggetto conoscente
Cosmogonia: nascita dell’universo
Democrazia: potere e scelte del
Demone: entità generica soprannaturale
Dialettica: arte del contendere attraverso discorsi, confronto di opinioni
Diaspora: dispersione del mondo greco
Discussione: impegno a determinare ciò che è vero e ciò che è falso
Divinità panteitica: anima del cosmo che muove e ordina il cosmo stesso
Dogmatismo: risposte ultime indiscutibili
Dossografia: raccolta di opinioni di filosofi
Epistemologo: esperto di filosofia della scienza
Etica sapienzialistica: porre come oggetto del sapere il bene
Filosofia: amore per la sapienza
Fisiologo: filosofo che si pone il problema della natura delle cose
Maieutica: arte della levatrice
Meteco: straniero
Metempsicosi: reincarnazione dell’anima
Mezzo psicagogico: capace di guidare le anime
Migma: mescolanza
Oggetto: ciò che sta di fronte (dal latino ob + iacio)
Oligarchi: poche persone migliori per sangue e per nascita al vertice del potere
Omeomerie: semi
Orfismo: culto di Orfeo
Politeismo antropomorfico: si attribuiscono agli dei comportamenti vergognosi
Politica: modo di essere, di pensare e di agire che si commisura alla città
Problema: difficoltà da superare
Problema gnoseologico: problema della conoscenza
Progresso: far passi avanti (dal latino progredior)
Questione ontologica: discute la definizione e i caratteri dell’essere
Religione: legame che impedisce all’uomo di conoscere
Religione misterica: religione di setta, per iniziati, con culti e credenze segrete
Retorica: tecnica relativa all’uso efficace del linguaggio
Scetticismo: il carattere assoluto del vero è impossibile da conseguire
Sofisti: saggi, sapienti
Storia: tentativo di cogliere la causalità dei fatti
Telologia: scienza relativa agli scopi
: luogo dove opera il popolo
: non chiaro
: luogo dove opera l’aristocrazia
: verità, disvelamento
: ciò che è discontinuo
: ipse dixit
: artigiano
: popolo costituito da cittadini liberi e titolari di attività
: opinione
: potenza nel senso di possibilità
: ciò che è visibile e rappresentabile con la mente
: ordine, regolarità
: parola, pensiero
: misura
: racconto
: pensiero, mente
: tutto scorre
: Sulla natura
: contesa, contrapposizione
: parti più piccole
: tagliare
: numeri che, sommati, danno il 10, numero perfetto
: pratica di trasformazione del mondo
: il non essere
iiiiiiii: signore della città, ritenuto capace di governare per il bene di tutti
: pace, accordo
: principio generatore di tutti gli enti

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