Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
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Data: | 11.04.2001 |
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Testo
Platone - Socrate - Aristotele
DIALETTICA (ragionare insieme)
_ Socrate
Dialettica come atteggiamento filosofico in funzione della ricerca della verità.
La dialettica ha un carattere dialogico e si contrappone all'eristica, la quale ha il solo scopo di vincere la disputa indipendentemente dalla verità delle tesi (Sofisti).
Dialettica come confronto e scontro di opinioni da cui dovrebbe uscire la verità.
La verità non è insegnata, ma è il dialogo che la rende possibile, conoscibile e intuibile.
Dialogo aperto in quanto Socrate non vuole insegnare nessuna verità assoluta, ma insegnare a poterla conoscere.
Nella sua dialettica Socrate segue procedure fisse, quindi oltre che un'esperienza è anche una tecnica vera e propria:
_ Parte da luoghi comuni;
_ Mette in crisi il proprio interlocutore tramite una lunga serie di domande;
_ Aristotele
Dice che Socrate ha inventato la dialettica, e con essa l'indagine induttiva e con quest'ultima la possibilità di definizioni generali.
La ricerca dialettica ci porta a capire che condividiamo gli stessi valori.
_ Platone
In Platone la dialettica diventa di più di un metodo di ricerca.
A differenza di Socrate, il discepolo sente il bisogno di individuare un completamento, cioè un sapere apodittico (a priori, che c'è sempre stato), le IDEE.
Una base su cui costruire e spiegare tutto.
- Verità a priori: innate e possedute prima dell'esperienza, recuperate tramite l'intuizione intellettuale.
- Verità a posteriori: acquisite dall'esperienza.
La dialettica diventa da semplice metodo di indagativo lo strumento stesso del sapere.
La dialettica è uno strumento gnoseologico.
Nel dialogo ci si intende perché tutti nel pensare facciamo riferimento alle stesse idee di base, cioè agli stessi significati rispetto ad ogni parola.
ASPETTO REFERENZIALE: utilizzo della parola per parlare di tutte le cose che vi si riferiscono.
ES: uso la parola "banco" per parlare di tutti i banchi.
Necessità di concludere un ragionamento giungendo all'idea.
Tuttavia molti dialoghi sono APORETICI, cioè senza risposta, proprio per la difficoltà di intuire l'idea o comunque di comunicarla.
La dialettica si può utilizzare in due modi:
_ Sinagoghè (intuizione delle idee): _ unificazione delle cose sensibili;
_ dal particolare all'universale.
_ Dialisis: divisioni successive dell'idea in due parti, fino a giungere alla definizione che mi serve.
ES: Sostanza
! !
Incorporea Corporea
! !
Non vivente Vivente
! !
Irrazionale Razionale
| |
idea di UOMO
Utilizzando questo metodo si esegue una sorta di mappatura mentale, e questa è universale, intersoggettiva.
La Divisione esprime la struttura interna dell'idea.
Il doppio movimento della dialettica (unificazione/divisione) è la filosofia stessa.
La definizione dell'idea a cui voglio giungere, è determinata dalla divisione successiva in due diverse idee dell'idea iniziale, fino a giungere al confine con il mondo delle cose sensibili.
_ Funzione della divisione:
1- Attenuare la separazione tra idee e cose sensibili.
Infatti con essa si arriva alle idee più prossime alla realtà, che sono più facilmente intuibili, comprensibili e spiegabili.
2- Ha un ruolo conoscitivo perché il significato della definizione è reale, perché la divisione interna delle idee esprime l'articolazione interna della realtà sensibile.
3- Favorisce la comunicazione, l'accordo e la comprensione reciproca.
_ Aristotele
Sostiene che la divisione di Platone utilizza il solo criterio dell'evidenza.
Si deve invece giustificare logicamente la necessità della scelta di un determinato concetto.
Si deve dimostrare che le successive divisioni sono articolazioni specifiche del concetto di partenza.
L'attribuzione di un predicato al soggetto non può essere questione di evidenza.
_ Platone
A partire dalle idee indivisibili, Platone individua 5 generi sommi, generalissimi, predicati e predicabili di ogni cosa:
- Essere
- Diverso (Non Essere)
- Movimento
- Quiete
- Identico
Vuol dire che di ogni cosa posso dire che è, non è, si muove, non si muove (è in quiete) o è identica.
Questi cinque predicati sono interdipendenti, altrimenti se uno fosse dipendente da un altro vorrebbe dire che si potrebbe eliminare.
Per Platone questi cinque generi sommi sono gli condizioni e strumenti necessari per parlare della realtà ma non per descriverla.
Sono regole della ragione.
La corretta articolazione del discorso consente un corretto accesso alla realtà.
_ Aristotele
Tramite i 10 generi sommi che invece individua Aristotele, posso contemporaneamente parlare della realtà e descriverla.
Questi generi sommi hanno un carattere ONTOLOGICO: il discorso si modella sull'essere.
Platone - Parmenide: la questione del "Non essere"
Parmenide considerava pensabili e dicibili solo le proposizioni del tipo:
Il muro è → → → funzione ESISTENZIALE del verbo essere
Mentre quelle del tipo:
Il muro è bianco → → → funzione PREDICATIVA del verbo essere
erano considerate solo come opinione, quindi sempre e comunque false, perché secondo qualcuno, ad esempio, quel muro potrebbe essere giallo.
I SOFISTI però possono sfruttare questa teoria, infatti secondo essa tutto ciò che loro sono in grado di dire, e quindi di pensare, è, e di conseguenza è vero.
Parmenide diceva che il non essere non è né pensabile né dicibile, ma è evidente che l'uomo può benissimo pensare e dire il falso.
Com è possibile?
Platone, per opporsi all'affermazione del Sofismo che questa teoria legittimerebbe, distingue due verbi del verbo essere:
_ ESISTENZIALE, in cui "è" afferma l'esistenza di qualcosa → → Socrate è
_ PREDICATIVO, in cui "è" è copula di un soggetto e di un predicato. → → Socrate è mortale
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rende possibile un giudizio
Dall'uso predicativo del verbo essere emerge il "non essere", perché ogni giudizio che afferma che qualcosa è qualcos'altro implica necessariamente che questo non sia il suo contrario.
Socrate è mortale - - - - - > IMPLICA - - - - - > Socrate non è immortale
Abbiamo così un "NON ESSERE RELATIVO" che non è un "NON ESSERE ASSOLUTO", infatti anche per Platone, come per Parmenide, non posso dire che "qualcosa non è", ma solo che "qualcosa non è qualcos'altro".
Parmenide non teneva conto dell'uso predicativo del verbo essere che introduce la possibilità del VERO e del FALSO.