Cartesio

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

CARTESIO (La Haye, Turenna 1596 – Stoccolma 1650)

Le vicende biografiche di Renè Descartes (latinizzato in Cartesio) ebbero grande incidenza nella sua opera filosofica. Nato nel 1596 a La Haye nella Turenna, egli frequentò dapprima il collegio dei gesuiti di La Flèche, dove gli fu impartita un'educazione a carattere prevalentemente umanistico, e in seguito studiò diritto all'Università di Poitiers. Il giovane Cartesio non tardò tuttavia a nutrire dubbi sulla validità del sapere così acquisito . In particolare lo colpiva il carattere soggettivo delle opinioni professate dai filosofi e, di conseguenza, l'impossibilità di trovare un fondamento oggettivamente unitario delle diverse scienze, derivando esse tradizionalmente i loro principi dalla filosofia. Messi dunque da parte gli studi, nel 1618 egli si arruolò nell'esercito di Maurizio di Nassau - la guerra dei Trent'anni era scoppiata appunto in quell'anno - ed iniziò a viaggiare per l'Europa . Prima come soldato poi come privato, egli approfittò dei suoi soggiorni in Olanda, Danimarca, Germania, Francia, Italia per ricercare nel "gran libro del mondo" ciò che non aveva trovato negli autori studiati. Ma neppure la conoscenza di paesi diversi fornì a Cartesio la garanzia di un sapere più sicuro. Al contrario, alla constatazione dell'arbitrarietà delle teorie filosofiche si aggiunse quella della relatività dei costumi esercitati dalle diverse nazioni. "Dopo aver dedicato alcuni anni a studiare così il libro del mondo e a sforzarmi di acquistare una certa esperienza, un giorno presi la decisione di studiare me stesso e di impiegare tutte le risorse del mio ingegno nella ricerca delle strade da seguire; ci riuscii molto meglio, mi pare, che se se non mi fossi mai allontanato dal mio paese e dai miei libri" ( Discorso sul metodo ). Il risultato di questo ripiegamento su se stesso è la stesura di un'opera, nella quale Cartesio - ormai stabilitosi in Olanda, paese con una grande tradizione di libertà e di tolleranza - esponeva le sue teorie sulla natura e sulle leggi della realtà fisica (compresa quella umana): Il mondo o Trattato della luce, integrato da una parte su l'uomo (1630-33). La condanna di Galileo da parte della Chiesa indusse tuttavia Cartesio alla prudenza: egli pubblicò soltanto alcuni saggi tratti dal mondo ( La diottrica, le meteore e La geometria ) , facendoli precedere, a mo' di introduzione, da un importante Discorso sul metodo (1637).Il discorso, che contiene l'esposizione del credo filosofico di Cartesio, era già stato in parte anticipato da altri due scritti a carattere metodologico. Nelle Regulae ad directionem ingenii, che risalgono probabilmente agli anni 1627-28, Cartesio enumerava ventun regole a cui deve attenersi la ricerca filosofica - ma lo scritto, rimasto incompiuto, ne prevedeva sessanta - mentre il più sobrio Discorso le ricondurra a alle quattro essenziali. La ricerca della verità, anch'essa non terminata,indicava invece nella ragione naturale il solo strumento necessario alla conoscenza umana, che può e deve essere attinta "senza valersi dell'aiuto della religione e della filosofia" intendendo per quest'ultima il pesante apparato concettuale - per lo più di ascendenza aristotelica - scolastica - che si insegnava nelle scuole. Molti dei temi trattati succintamente nel discorso vengono ripresi in forma più analitica nelle meditazioni metafisiche, originariamente redatte in latino (1641) e poi tradotte in francese (1647), che Cartesio fece circolare , prima della pubblicazione, tra i dotti del tempo ( tra cui Hobbes e Gassendi ) tramite la mediazione del padre Martin Mersenne - un gesuita già suo maestro a la Flèche - in modo da poterle dare alle stampe unitamente alle Obiezioni da esse formulate e alle relative sue Risposte. Il pensiero di Cartesio trova, infine, una esposizione sistematica nei Principi di filosofia, scritti anch'essi in latino (1644) e successivamente tradotti in francese (1647). I Principi tuttavia, mentre riformulano in brevi paragrafi i presupposti fondamentali della filosofia di Cartesio (già esposti nel Discorso) e la sua concezione della realtà fisico-naturale ( trattata nel Mondo ) , non toccano la trattazione della realtà umana (anlizzata nell'Uomo). La lacuna viene colmata dall'ultima importante opera di Cartesio, Le passioni dell'anima (1649), un trattato di etica che, partendo dall'analisi della natura del corpo umano e delle sue funzioni, costituisce contemporaneamente un breve compendio di fisiologia umana. In quello stesso anno, il 1649, Cartesio riceve da parte della regina Cristina di Svezia l'invito a recarsi a Stoccolma per insegnarle personalmente la sua filosofia. Il rigore dell'inverno scandinavo e le originali abitudini della regina - le conversazioni filosofiche si svolgevano alle cinque del mattino - furono causa di un'infiammazione ai polmoni che portò Cartesio alla morte l'11 febbraio 1650.
Elaborazione del metodo
Cartesio non vuole insegnare ma descrivere se stesso e deve perciò parlare in prima persona. Uscito da 8 anni di studio al collegio dei gesuiti a La Flèche, pur avendo assimilato con successo il sapere del tempo, si accorge che non è in possesso di alcun criterio per distinguere il vero dal falso e che tutto ciò che ha appreso poco o nulla serve nella vita. Il metodo deve condurre a saper distinguere il vero dal falso e dare in senso pratico utilità e vantaggi “per la quale l’uomo possa rendersi padrone e possessore della natura”. Ottimisticamente Cartesio confida nel metodo per poter arrivare ad esentare l’uomo da un’infinità di malattie (sia fisiche che spirituali) e anche per rallentare la vecchiaia. Il metodo deve dunque essere un criterio unico e semplice di orientamento che serva all’uomo in ogni campo teoretico e pratico e che abbia come ultimo fine il vantaggio dell’uomo nel mondo, perché uno è l’uomo nelle sue diverse attività. Nel formulare le regole del metodo, Cartesio si avvale soprattutto delle matematiche. Vennero elaborate quattro principali regole metodiche;
• EVIDENZA; accogliere come vero solo ciò che risulta evidente, ossia chiaro e distinto
• ANALISI; un problema deve essere risolto nelle sue parti più semplici da considerarsi separatamente
• SINTESI; passare dalle conoscenze più semplici alle più complesse gradatamente, presupponendo che ciò sia possibile in ogni campo
• ENUMERAZIONE E REVISIONE; enumerare tutti gli elementi dell’analisi e rivedere tutti i passaggi della sintesi
Dubbi e ricerca del principio indubitabile; cogito ergo sum
Ma per poter presentare un metodo è necessario risalire innanzi tutto alla giustificazione delle regole metodiche. Bisogna trovarne il fondamento e per farlo è necessario dubitare di tutto e considerare almeno provvisoriamente come falso tutto ciò su cui il dubbio è possibile (dubbio metodico). Se persistendo in questo atteggiamento di critica reale si giungerà ad un principio sul quale il dubbio non è possibile, in questo principio si troverà la giustificazione del metodo. E’ necessario dubitare di tutte le conoscenze sensibili perciò perché i sensi qualche volta ci ingannano e quindi possono ingannarci sempre. Le conoscenze matematiche invece sembrerebbero sottrarsi al dubbio ma non è così se ipotizziamo che l’uomo sia stato creato da un genio maligno che si sia proposto di ingannarlo facendogli apparire chiaro ed evidente ciò che è falso ed assurdo. In tal modo il dubbio si estende universalmente (dubbio iperbolico). Ma per ingannarmi o per essere ingannato io debbo esistere. La proposizione io esisto è dunque la sola assolutamente vera perché il dubbio stesso lo riconferma: può dubitare solo chi esiste. Dubitare equivale anche a pensare, e da qui possiamo trarre anche come conclusione l’affermazione io sono un oggetto pensante, cioè spirito, intelletto o ragione.
Critiche al cogito
Gassendi accusò Cartesio di aver creato un sillogismo abbreviato e perciò errato in base al concetto del gene maligno ma Cartesio risponde che il suo non è un ragionamento ma un intuizione immediata della mente. L’intuizione non è “la fluttuante testimonianza dei sensi o il giudizio fallace dell’immaginazione, ma un concetto della mente pura ed attenta così facile e distinto che non rimane alcun dubbio intorno a ciò che pensiamo”. Hobbes sosteneva che è vero che l’uomo in quanto pensa esiste ma Cartesio avrebbero torto nel pretendere di pronunciarsi su come esso esista definendolo “uno spirito, un’anima”. Come se qualcuno dicesse “sto passeggiando per cui sono una passeggiata”. Cartesio replica che l’uomo non passeggia costantemente mentre pensa sempre, perciò il pensiero è essenziale. Inoltre il pensare indica sia l’atto del pensiero, sia la facoltà del pensiero o la cosa con cui si identifica tale facoltà (ovvero la persona in questo caso).
La divisione delle idee e le prove dell’’’’’a esistenza di Dio
Cartesio divide tutte le idee in tre categorie;
• innate; ovvero la capacità di pensare e di avere idee
• avventizie; estranee e venute dal di fuori. Ovvero le idee delle cose naturali
• fattizie; formate o trovate da me stesso. Ovvero le idee chimeriche o quelle inventate
Tutte queste non contengono niente di così perfetto da escludere che siano state create da me. L’idea di Dio invece è una sostanza infinita, eterna, onnisciente, onnipotente e creatrice perciò da questo possiamo trarre le prove dell’esistenza di Dio;
• se esiste l’idea di perfezione essa deve derivarci da un essere perfetto, poiché mentre è possibile che le altre idee siano una nostra creazione quella di perfezione deve per forza esserci stata data da qualcun’altro visto che siamo imperfetti
• sono imperfetto perciò non mi sono creato da solo altrimenti mi sarei fatto perfetto, perciò mi ha creato qualcun altro
• Dio è perfetto e la perfezione include l’essere
Poiché Dio è perfetto è anche infinitamente buono, perciò ciò che percepiamo con chiarezza non può essere che giusto. Però talvolta è possibile che ci inganniamo per via del fatto che oltre alla ragione siamo formati dalla volontà. Se le idee presenti in noi sono chiare e distinte, il riconoscimento dell’intelletto non trova ostacoli e il consenso della volontà è immediato; quando invece le idee presenti sono oscure e indistinte, la volontà ha due possibilità:
1. sospendere il suo consenso a ciò che l’intelletto non riconosce come evidente;
2. affrettarsi a dare il suo consenso oltrepassando i limiti dell’intelligenza e in questo modo cade nell’errore.
L’errore non è dunque imputabile né all’intelletto, perché esso è la facoltà delle idee chiare e distinte, né alla volontà, perché nel suo genere è perfetta, ma al cattivo uso che il singolo può fare della propria volontà: “io sbaglio perché voglio sbagliare”.
La morale
Le regole della morale provvisoria, cioè non ancora dotata di fondamento e perciò modificabili sono necessarie per non rischiare di “rimanere irresoluto nelle sue azioni” mentre la ragione costringe ad esserlo nei giudizi. Essi sono;
• Obbedienza ai precetti etici e civili tradizionali
• Perseveranza nelle scelte, poiché la scelta deve essere frutto del libero arbitrio utilizzato con ragione e saggezza (riferimento all’etica stoica)
• Autocontrollo per quanto concerne i desideri irrealizzabili
• Cercare di vincere piuttosto se stessi che la fortuna e di cambiare i propri pensieri più che l’ordine del mondo
Dualismo cartesiano
Le cose sensibili ci appaiono come complessi percepibili in movimento: la riflessione razionale riconosce che questi fenomeni presuppongono idealmente l’Estensione che ne condiziona la pensabilità. L’idea di estensione è un’idea innata, cioè evidente, cioè chiara e distinta, a cui si arriva per intuizione. Con la deduzione occorre provare l’esistenza del mondo: l’idea di estensione non potrebbe risolversi in un puro pensato perché Dio è la garanzia assoluta della corrispondenza del pensare all’essere, quindi all’idea di estensione deve corrispondere necessariamente una Res Extensa. Le entità sostanziali sono pertanto tre: la res cogitans (sostanza pensante => io pensante), la res extensa (sostanza estesa => sostanza materiale) e la res divina. La sostanza è definita come “una realtà che esiste in sé e per sé, in modo da non avere bisogno di nessun’altra sostanza per esistere”. Solo Dio può essere definito vera sostanza, mentre le altre due sono sostanze relative, in quanto ciascuna esiste di per sé e non ha bisogno dell’altra per esistere, ma entrambe hanno bisogno di Dio. Accanto alla sostanza pensante esiste quindi una sostanza corporea, ma essa non possiede tutte le qualità che noi percepiamo. Le determinazioni quantitative appartengono alla sostanza estesa, mentre quelle qualitative alla sostanze pensanti. Le due parti sono in contatto tra loro attraverso la ghiandola pineale o epifisi (la sola parte del cervello non doppia a seconda delle conoscenza in possesso all’epoca di Cartesio).
Geometria
L’interesse prevalentemente rivolto al problema metodologico e ai principi di carattere generale distoglieva solitamente Cartesio dall’indagine accurata dei fenomeni e induceva sommarie generalizzazioni e riduttivi della complessità dei fenomeni naturali. La natura di Cartesio era di tipo meccanicistico, ovvero deterministica. La divisione tra sostanza pensante e sostanza estesa permise definitivamente di liberare la fisica dagli ambiti finalistici. Non era ammessa la spontaneità della natura né una qualsivoglia casualità. Il successo del procedimento deduttivo genera l’illusione che l’evidenza soggettiva delle argomentazioni fosse di per sé garanzia della loro corrispondenza con la realtà esterna, indipendentemente da una conferma sperimentale. Egli infatti procede non di rado guidato dalla convinzione di poter cavare dalla propria testa le leggi che governano il mondo. Su questa base è ovvio che al mondo della nostra esperienza possiamo assumere come oggettive solo quelle proprietà che siano suscettibili di una trattazione geometrica, mentre le restanti sono puramente soggettive. La geometria è perciò l’unica scienza fisica. Cartesio riteneva possibile conciliare la geometria degli antichi (che non riusciva a cogliere i rapporti nella loro universalità) e la nuova scienza algebrica (che appariva confusa e oscura per via dei simboli inadeguati oltre che legata da rapporti di sudditanza alla geometria). Cartesio riordina la simbologia algebrica e abbandona l’immediata interpretazione geometrica dei procedimenti algebrici. La nuova geometria invece riproduce entro di se in termini chiarificatori e pratici ciò che appare nell’algebra. L’operazione richiedeva l’assunzione di un’unità di misura che consentisse di interpretare il numero come una distanza, e di una coppia di linee fondamentali (gli assi cartesiani) assunte come sistema di riferimento.
Fisica
La sostanza razionale è costituita dal movimento e dalla materia. Ha caratteristiche quantitativa, quali; grandezza, figura, disposizione delle parti materiali. La materia è quindi per Cartesio estensione, ossia ciò che può occupare spazio. L’analisi dell’idea di estensione porta alla conoscenza dei principi fondamentali della fisica o cosmologia.
1. Poiché la materia si risolve nella estensione e l’estensione è divisibile all’infinito, il concetto di atomo diventa contraddittorio;
2. non esiste il vuoto perché un vuoto pensato nell’estensione è pur sempre estensione;
3. negato l’atomo, è necessario ammettere che non esiste limite nemmeno nel pensare un accrescimento progressivo dell’estensione; un’estensione infinita esistente in atto non è pensabile; se non è possibile concepire l’universo come quantità circoscritta, non si può concepire nemmeno come infinito perché solo Dio può essere pensato infinito: allora il mondo è chiamato “indefinito;
4. l’unicità della materia è deducibile dalle stesse premesse: dato che la natura della materia consiste solo nell’estensione, se esistessero infiniti mondi sarebbero tutti fatti dalla stessa materia;
5. dall’analisi dell’estensione si può dedurre anche il principio d’inerzia: poiché l’idea di estensione implica solo un’altezza, una lunghezza e una ;larghezza, non si può concepire un corpo in movimento se non si fa intervenire un altro corpo che, urtando il primo, lo metta in movimento; quindi non si può pensare nemmeno che un corpo in movimento si fermi da solo.
L’estensione, in effetti, è un’idea di geometria indifferente di per sé al moto e alla quiete: tutti i movimenti fisici sono così ricondotti al contatto diretto dei corpi estesi: il movimento è meccanico e sufficiente a spiegare tutti i fenomeni del mondo esteso. Quando un corpo spinge un altro corpo, non può trasmettere o sottrarre ad esso alcun movimento senza perderne o acquistarne una eguale quantità, inoltre non vi è altro moto possibile oltre a quello creato dall’urto, che quindi assume il compito di distribuire il moto iniziale. Mediante l’idea di estensione, però, non si può spiegare che gli esseri reali siano complessi e differenziati: allora Cartesio ricorre a Dio per fondare due principio cosmologici fondamentali:
1. la materia è divisa in corpuscoli;
2. il movimento si conserva in quantità costante.
La teologia più adatta a spiegare questi concetti è quella “volontaristica”: Dio non contempla ma crea le verità eterne, “crea ciò che vuole perché è così”. La sua volontà è fonte di ogni valore e legge; delle essenze come delle esistenze; le verità eterne sono contingenti (cioè non necessarie) perché prodotte dalla sua libera volontà. I fini della creazione sono imperscrutabili e al pensiero umano non rimane altro compito che quello di conoscere il come della creazione, non il perché.
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