IL MERCANTILISMO E LA FISIOCRAZIA

Materie:Riassunto
Categoria:Economia Politica

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IL MERCANTILISMO E LA FISIOCRAZIA
Il mercantilismo nasce con lo sviluppo del commercio internazionale legato alle grandi scoperte geografiche, e finisce con la rivoluzione industriale, coprendo un periodo che va dalla fine del 1500 fino agli ultimi decenni del 1700. Esso era un modo di affrontare e di risolvere i problemi economici dell’epoca.
Il sistema mercantile raccoglie il pensiero di quegli autori ideologicamente affini, che hanno espresso la loro teoria nel periodo di transizione intercorrente tra l’economia post-medioevale e la scuola fisiocratica. Questo diverso modo di intendere l’economia si rifletteva sulle scelte dei rispettivi governi, che adottarono così, differenti politiche economiche.
I mercantilisti che il possesso di grandi quantità d’oro e d’argento, ottenuto con l’avanzo di una bilancia commerciale, cioè con un surplus d’esportazioni rispetto alle importazioni, avrebbe comportato per lo stato nazionale potenza politica economica e commerciale.
I governi che si ispiravano alle teorie mercantiliste, per realizzare l’avanzo nella bilancia commerciale, favorivano le esportazioni dei prodotti nazionali perché andavano ad aumentare la ricchezza nazionale e limitavano l’importazione di prodotti stranieri.
Il limite più evidente di questa teoria è che non è possibile che tutti gli stati contemporaneamente esportino più di quanti importino. Il periodo storico del mercantilismo è stato quello dopo la caduta del feudalesimo e l’entrata degli stati nazionali.
Tutto il commercio internazionale era conflittuale e si basava su una convinzione, che al guadagno di uno stato dovesse corrispondere la perdita di un altro. I mercantilisti, più che a produrre nuova ricchezza, pensavano di portarla via agli altri.
Il mercantilismo servì anche a giustificare sul piano teorico, le politiche di guerra commerciale e militare, come quella dell’Inghilterra nei confronti dell’Olanda.
Il più significativo esponente del pensiero mercantilista fu l’inglese Thomas Mun (1571/1641), che dimostro che nonostante i pagamenti in oro e argento per importare queste merci fossero molto elevati, la successiva riesportazione di tessuti e di spezie consentiva un ben maggiore afflusso in moneta in Inghilterra. Mun era invece contrario all’esportazione di materie prime che dovevano essere largamente disponibili per le industrie nazionali.
Contro il mercantilismo per primo scrisse il filosofo scozzese David Hume (1711/1776), uno dei maggiori esponenti dell’illuminismo. Hume condannò gli egoismi del mercantilismo e in particolare desiderò un mercato più esteso e ampio possibile, in cui la prosperità di uno stato avrebbe dovuto essere compatibile con quella di un altro stato; tutto questo doveva essere accompagnato da una maggiore libertà politica dei cittadini.
La fisiocrazia fu un importante scuola di pensiero, che si sviluppò nel XVIII prevalentemente in Francia. Il pensiero fisiocratico nato in Inghilterra si era poi espanso in Francia dove si affermo dopo il fallimento della politica mercantilista di Jean Baptiste Colbert (1619/1683) ministro delle finanze e segretario di stato di Luigi XIV. La teoria fisiocratica che in Francia si innestava nel filone illuministico di Voltaire e di Rousseau rispondeva all’esigenza economica e sociale inderogabile di modificare le strategie economiche consentendo il libero scambio e rivalutando il ruolo dell’agricoltura. Queste libertà economiche non furono accompagnate da liberta politiche. Lo sviluppo dell’agricoltura grazie anche alla liberalizzazione del commercio estero, provocò grandi benefici alla Francia.

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