La contabilità gestionale

Materie:Riassunto
Categoria:Economia Aziendale
Download:2141
Data:15.12.2005
Numero di pagine:15
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
contabilita-gestionale_1.zip (Dimensione: 18.15 Kb)
trucheck.it_la-contabilit+     89 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

MODULO 1 - Capitolo 5
La contabilità gestionale
IL SISTEMA INFORMATIVO DIREZIONALE
Il sistema informativo direzionale è l’insieme dei processi, delle tecniche e degli strumenti con cui si raccolgono, rappresentano, analizzano i dati e si interpretano le informazioni derivanti dalla loro elaborazione, al fine di supportare le decisioni degli organi direzionali.
Il sistema informativo direzionale dà luogo alla contabilità direzionale; esso si avvale:
- del budget;
- della contabilità gestionale;
- della contabilità generale;
- della valutazione delle performance;
- del reporting.
LA CONTABILITÀ GESTIONALE
La contabilità gestionale è quella parte del sistema informativo che consente di attuare il controllo della gestione nell’aspetto economico, attraverso la misurazione, la rilevazione, la destinazione, l’analisi dei costi e dei ricavi.
La contabilità gestionale, detta anche contabilità industriale, ha per oggetto i fatti interni di gestione; in altre parole, si occupa delle varie fasi con cui si attua il processo produttivo all’interno dell’impresa.
La contabilità gestionale misura i costi di prodotto, individua la struttura dei costi di prodotto, calcola i risultati economici parziali.
A tal fine essa rileva i costi dei fattori produttivi nel momento in cui vengono utilizzati per la produzione e in base alla loro destinazione a un oggetto (prodotto, commessa – prodotto spazialmente precisato che si distingue per caratteristiche fisiche, tecniche e qualitative; è l’output delle imprese a produzioni singole e si può distinguere in commessa pluriennale, se richiede tempi di produzione superiori all’anno, e commessa corrente, in caso contrari – , lotto – insieme di prodotti fabbricati in serie che, rispetto a un modello base, presentano alcune caratteristiche comuni e alcune differenze –, segmento di mercato ecc.).
Il costo dei prodotti fabbricati è una variabile cruciale del vantaggio competitivo (leadership di costo e differenziazione), ma per raggiungere e mantenere una posizione di eccellenza sul mercato occorre considerare anche altre variabili, quali la qualità e la tempestività nel soddisfare le esigenze del cliente.
Per gestire i costi bisogna conoscere quali fattori li originano e quali relazioni li legano agli output dell’impresa; pertanto è anzitutto necessario procedere a:
- definire gli oggetti di cui si vogliono misurare costi, ricavi e risultati;
- classificare i costi aziendali;
- scegliere le modalità di calcolo e di ripartizione;
- individuare il momento di effettuazione del calcolo.
L’OGGETTO DI MISURAZIONE
L’oggetto di misurazione (o oggetto di calcolo) è l’entità di cui si vuole conoscere il costo e, ove possibile, il ricavo e il risultato economico.
La scelta dell’oggetto di misurazione deve rispondere alle esigenze conoscitive dell’impresa e dipende dai suoi fattori critici di successo.
La scelta dell’oggetto di misurazione può privilegiare una prospettiva di tipo produttivo: in tal caso l’oggetto di misurazione può essere il singolo prodotto, la linea di prodotti, il processo produttivo o le singole fasi di esso. Altre prospettive di osservazione portano il management a scegliere oggetti di calcolo più sofisticati quali i canali distributivi, il sistema clienti, le unità organizzative, le aree strategiche d’affari, le zone o le aree geografiche e così via.
LA CLASSIFICAZIONE DEI COSTI
A seconda dei dati in base ai quali si calcolano, i costi si distinguono in:
- costi effettivi: si determinano con riferimento a una specifica produzione già effettuata (costi consuntivi) o da effettuare in futuro (costi previsti);
- costi standard: si determinano in base a un’ipotetica produzione, in funzione di condizioni poste alla base di calcoli; in altre parole, rappresentano i costi che l’impresa sosterrebbe se operasse nelle condizioni ipotizzate.
A seconda dell’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori produttivi consumati, i costi si distinguono in:
- costi specifici: sono i costi dei fattori produttivi e delle attività impiegati specificamente ed esclusivamente per ottenere un oggetto;
- costi comuni: riguardano i fattori e le attività impiegati per svolgere più produzioni nello spazio o nel tempo, ossia si riferiscono a più oggetti;
- costi generali: sono sostenuti per l’impresa nel suo complesso; possono riguardare l’attività produttiva, commerciale o amministrativa. Ne sono esempi i costi degli organi sociali e le imprese dirette.
A seconda del modo con cui i costi dei fattori impiegati sono riferiti all’oggetto del calcolo, i costi si distinguono in:
- costi diretti: sono quei costi specifici che vengono riferiti a un dato oggetto in modo immediato, in base ai consumi dei fattori produttivi e delle attività specificamente assorbiti dall’oggetto;
- costi indiretti: vengono suddivisi tra vari oggetti di calcolo in base a criteri soggettivi di ripartizione; corrispondono ai costi comuni e generali e a quei costi specifici che non si è in grado o non si ritiene conveniente misurare oggettivamente per riferirli direttamente all’oggetto.
A seconda degli effetti delle decisioni aziendali, i costi si distinguono in:
- costi cessanti: sono i costi che non vengono più sostenuti in seguito alla decisione presa;
- costi emergenti: sono i nuovi costi che l’impresa deve sostenere in seguito alla decisione presa.
A seconda della possibilità di eliminarli cessando i fabbricare determinati beni, i costi si distinguono in:
- costi evitabili: sono i costi che risultano eliminati quando si cessa di produrre determinati beni (sono i costi variabili e alcuni costi fissi specifici di quella lavorazione);
- costi inevitabili: sono quelli che non possono essere soppressi anche se vengono eliminati determinati prodotti (sono i costi fissi sostenuti per dotare l’impresa di una data capacità produttiva e distributiva).
A seconda della funzione aziendale a cui si riferiscono, i costi si classificano per destinazione in:
- costi di produzione, detti anche di fabbricazione o industriali;
- costi di vendita, detti anche di distribuzione o commerciali;
- costi amministrativi;
- costi finanziari;
- costi tributari, si riferiscono alle imposte dirette; le imposte di fabbricazione (accise) sono invece elementi dei costi di produzione.
A seconda dei fattori produttivi ai quali si riferiscono, i costi si distinguono in:
- costi reali: riguardano fattori produttivi ottenuti dall’impresa pagando un corrispettivo (beni strumentali, compensi per prestazioni di lavoro dipendente o autonomo, interessi su capitali di debito, ecc.);
- costi figurativi: sono relativi a fattori a disposizione dell’impresa, senza obbligo di remunerazione; non sono costi realmente sostenuti, ma solo stimabili sulla base delle remunerazioni che il titolare o i soci avrebbero percepito impiegando i capitali in investimenti alternativi o che l’imprenditore avrebbe potuto percepire svolgendo la propria attività presso terzi.
A seconda del momento in cui si effettua il calcolo, i costi si distinguono in:
- costi preventivi (o predeterminati): si calcolano con riferimento a una produzione futura, prima della sua attuazione, per rendere possibile il successivo controllo o per orientare le decisioni aziendali; possono essere costi previsti o costi standard;
- costi consuntivi: si calcolano con riferimento a una produzione già effettuata; il confronto con i costi preventivi consente di misurare gli scostamenti e analizzarne le cause; servono inoltre per effettuare valutazioni e per calcolare risultati economici parziali.
La qualità e l’idoneità di un prodotto o di un servizio a soddisfare le aspettative dei clienti e negativamente con il riscontro di difetti o nella non conformità alle esigenze. Per cliente si intende sia il cliente esterno, a cui si vendono prodotti e servizi, sia il cliente interno, a cui perviene il semilavorato o a cui si presta il servizio. La qualità ha rilevanza strategica e viene considerata un fattore critico di successo. I costi connessi alla variabile qualità si classificano in:
- costi di prevenzione: sono sostenuti per evitare la fabbricazione di prodotti difettosi o non rispettoso degli standard prefissati; si riferiscono alla selezione dei fornitori, alla scelta degli impianti e dei macchinari, all’addestramento del personale, ecc.;
- costi di ispezione: sono sostenuti per verificare la qualità dei materiali da impiegare e dei prodotti ottenuti e accertare il rispetto delle procedure stabilite dell’impresa;
- costi di non conformità: sono costi che si subiscono in caso di fabbricazione di prodotti difettosi (interruzione delle lavorazioni, eliminazioni degli scarti, sostituzione dei prodotti già consegnati ai clienti, ecc.);
- costi per perdite di opportunità: riguardano i danni all’immagine, dell’impresa e le vendite che si perdono per la “non qualità”; sono costi che non possono essere rilevati, in quanto invisibili.
LA VARIABILITÀ DEI COSTI
Quando si osserva la relazione esistente tra livello dei costi e volumi di produzione, i costi si distinguono in variabili, fissi, semivariabili o semifissi.
Costi variabili: al variare delle quantità prodotte variano proporzionalmente (costi proporzionali) o più che proporzionalmente o meno che proporzionalmente. Si sostengono solo se si produce e in una misura che dipende dalle quantità prodotte. Incidono sul costo unitario in misura costante. Sono tipicamente costi variabili il costo delle materie prime, delle parti componenti, della manodopera diretta.
Cosi fissi: entro i limiti della capacità produttiva data, non variano al variare del volume di produzione. Il loro ammontare dipende dalla struttura tecnico-organizzativa e dalla conseguente capacità produttiva. Si sostengono anche in assenza di produzione perché sono costi di struttura (o di capacità) sostenuti per mantenere in vita l’impresa e poter disporre di una certa capacità produttiva, indipendentemente dal fatto che essa sia sfruttata o dal suo grado di sfruttamento. Poiché un’impresa ha una determinata struttura che cambia solo in base a decisioni di medio/lungo periodo, nel breve periodo si ha una unico livello di costi fissi. Incidono sul costo unitario del prodotto in misura decrescente rispetto alla quantità fabbricata. Sono tipicamente costi fissi le quote di ammortamento, i canoni di locazione e leasing finanziario, i premi di assicurazione.

Costi semilavorabili o semifissi: sono formati da una parte fissa, che si sostiene anche in assenza di produzione, e da una parte variabile, che si sostiene in funzione delle quantità prodotte. Se prevale la componente fissa sono detti semifissi, se prevale quella variabile sono detti semivariabili.
Rispetto all’impresa nel suo complesso, i costi del personale possono essere considerati prevalentemente come costi fissi.
Rispetto a singole parti dell’impresa o a singoli oggetti di misurazione è invece possibile distinguere tra componenti variabili e componenti fisse. A tal fine i costi del personale devono essere scissi in:
- costi inerenti ai dipendenti direttamente impiegati nell’attività produttiva (manodopera diretta). Detti costi si considerano:
a) costi variabili a imputazione diretta;
b) costi fissi specifici;
- costi inerenti ai dipendenti impegnati nelle attività di supporto, di controllo, di supervisione, di direzione (manodopera indiretta).
DIAGRAMMA DI REDDITIVITÀ E BREAK EVEN ANALYSIS
Il diagramma di redditività mette in evidenza le relazioni tra costi variabili, costi fissi, ricavi e volumi di produzione e consente di determinare a quale grado di sfruttamento della capacità produttiva, o in corrispondenza a quale volume di vendita, o a quale ammortamento di fatturato dell’impresa si realizza l’equilibrio economico.
Il punto di equilibrio corrisponde al punto di intersezione della retta che rappresenta i costi totali con la retta che rappresenta i ricavi. A sinistra del punto di equilibrio i costi totali superano i ricavi e l’impresa sopporta perdite; a destra del punto di equilibrio i ricavi superano i costi e l’impresa consegue utili. Nel punto di equilibrio, costi e ricavi si equivalgono e il risultato economico è uguale a zero (pareggio). Esso è dato dall’equazione:
p x q = CF + cv x q da cui q = CF : (p – cv)
la differenza tra prezzo di vendita e costi unitari variabili (p – cv) costituisce il margine di contribuzione con il quale ogni prodotto partecipa alla copertura dei costi fissi.

Dal diagramma di redditività si possono trarre le seguenti osservazioni:
a) per coprire i costi è necessario raggiungere un volume di attività pari a quello indicato dal punto di equilibrio; solo con un volume superiore a quello corrispondente al punto di equilibrio si realizza un utile;
b) le imprese che hanno elevati costi fissi presentano un punto di equilibrio molto alto e una gestione rigida: se si manifestano consistenti contrazioni dei ricavi, non potendo ridurre i costi fissi, possono facilmente cadere in area di perdita.
L’analisi costi-volumi-risultati (break even analysis) consente di stabilire come si modifica il risultato aziendale se varia l’importo dei costi variabili unitari, la quantità prodotta e venduta, il livello dei prezzi di vendita, la struttura organizzativa e produttiva. Con essa si è in grado di determinare quale ammontare dei ricavi deve essere raggiunto perché l’impresa ottenga un prefissato risultato economico, o di quanto è possibile subire la compressione dei ricavi, prima che l’impresa operi in perdita. La break even analysis consente cioè di indagare la compatibilità tra potenzialità del mercato e struttura produttiva. L’individuazione del pareggio è inoltre molto utile se collegata alla dimensione temporale della gestione poiché consente di individuare l’epoca idonea per attenuare operazioni di incentivazione, sconti, promozioni: quando, nel corso dell’anno, si è certi di aver raggiunto il punto di pareggio si possono attuare politiche commerciali aggressive.
L’impiego del diagramma di redditività per il calcolo del break even point e, quindi, l’analisi costi-volumi-risultati incontra però vari limiti di applicazione:
a) non sempre i costi variabili e i ricavi variano linearmente, quando ciò non avviene dovrebbero essere studiate funzioni matematiche diverse dalle rette;
b) le quantità prodotte sono ipotizzate uguali a quelle vendute, prescindendo dalle esistono iniziali e dalle rimanenze finali che nella realtà esistono e spesso non hanno importo coincidente;
c) il diagramma costituisce un modello eccessivamente semplificato per le imprese multiprodotto; il rapporto tra le vendite dei vari prodotti non si presenta infatti costante nel tempo e i risultati subiscono l’influenza delle variazioni che intervengono nel mix delle vendite;
d) la distinzione tra costi fissi e costi variabili non sempre è facile e le difficoltà crescono al crescere della complessità aziendale.
LA CONTABILITÀ GESTIONALE A COSTI DIRETTI
A seconda del metodo con cui si calcola il costo di un oggetto, la contabilità generale può essere tenuta:
- a costi diretti (direct costing);
- a costi pieni (full costing).
La contabilità gestionale a costi diretti attribuisce all’oggetto di costo sia i costi variabili sia i costi fissi specifici (costi diretti).
La differenza tra ricavi netti di vendita dei prodotti e costi diretti ai prodotti determina il margine di contribuzione.
Nella contabilità a direct costing vengono calcolati due margini di contribuzione:
1) il margine di contribuzione di primo livello, o margine lordo di contribuzione: evidenzia in quale misura le vendite sono in grado di coprire tutti i costi fissi; esso è dato da:
ricavi netti di vendita – costo variabile industriale del venduto;
2) il margine di contribuzione di secondo livello, o margine netto di contribuzione: misura il contributo delle diverse produzioni alla copertura dei costi fissi comuni e generali; esso è dato da:
margine di contribuzione di primo livello – costi fissi specifici.
In sede di calcolo dei costi di prodotto la metodologia del direct costing ha il pregio di essere semplice e oggettiva. Tuttavia p poso significativa in quelle imprese dove la complessità operativa (mix di prodotti, ingenti investimenti in ricerca, sviluppo e qualità, impiego dell’automazione, ecc.) aumenta i costi comuni e generali a scapito dei costi specifici variabili e fissi.
LA CONTABILITA GESTIONALE A COSTI PIENI
La contabilità generale a costi pieni (full costing) attribuisce all’oggetto di calcolo sia i costi variabili sia i costi fissi.
I costi sostenuti possono essere riferiti all’oggetto del calcolo:
a) con imputazione diretta, se si tratta di costi sostenuti specificamente per l’oggetto di cui si vuole determinare il costo; detti costi sono riferiti all’oggetto di calcolo con misurazioni oggettive;
b) con imputazione indiretta, se si tratta di costi comuni e generali, o anche di costi specifici che non si ritiene opportuno imputare direttamente; i costi indiretti sono ripartiti tra più oggetti di calcolo con criteri soggettivi che possono basarsi sui volumi (quantità prodotte, quantità di materie prime consumate, ore di lavoro impiegate, ecc.) o sulle attività necessarie alla produzione (numero prelievi da magazzino, numero attrezzagli, numero di controlli di qualità, ecc.).
Nelle imprese industriali si hanno le seguenti configurazioni di costo:
- costo primo: è dato dalla somma dei costi specifici imputati direttamente;
- costo industriale o costo di produzione: si ottiene aggiungendo al costo primo una quota di costi generali di produzione imputati indirettamente secondo vari possibili criteri comuni;
- costo complessivo: si ottiene aggiungendo al costo industriale una quota di costi generali di amministrazione e di vendita, una quota di oneri finanziari e una quota di oneri tributari;
- costo economico-tecnico: si ottiene aggiungendo al costo complessivo quote riferibili agli oneri figurativi.
IL CALCOLO DEI COSTI BASATO SUI VOLUMI
Quando il processo produttivo è semplice ed è possibile individuare una proporzionalità tra livello dei costi e quantità prodotte, l’imputazione dei costi indiretti avviene proporzionalmente ai volumi di produzione. In tal caso il calcolo dei costi pieni si esegue attraverso le seguenti fasi:
1) la contabilità generale rileva i costi classificati per natura (materie prime, personale, servizi, ecc.);
2) si riclassificano i costi per funzione aziendale (costi di produzione, commerciali, amministrativi, ecc.);
3) si riferiscono i costi diretti immediatamente all’oggetto di calcolo;
4) si procede all’imputazione indiretta per destinazione dei costi comuni e generali supponendo l’esistenza di una relazione di proporzionalità tra un dato tecnico (o una quantità oggettivamente determinata o un costo diretto già calcolato) e i costi da ripartire.
L’imputazione indiretta dei costi può essere effettuata su base aziendale (a sua volta attuata su base unica o su base multipla) o con riferimento ai centri di costo (in cui il calcolo è più accurato).
L’IMPUTAZIONE SU BASE AZIENDALE
Con l’imputazione su base unica aziendale si sommano tutti i costi indiretti da ripartire in modo da ottenere un unico importo che viene successivamente suddiviso tra i vari oggetti di calcolo scegliendo una sola base di riparto.
Con l’imputazione su base multipla aziendale si classificano i costi da ripartire in gruppi omogenei e per ciascun gruppo si sceglie la base di riparto ritenuta più razionale e opportuna.
LA LOCALIZZAZIONE DEI COSTI
La localizzazione dei costi consiste nell’attribuzione dei costi ai centri nei quali o per i quali sono stati sostenuti.
Un centro di costo può essere:
- reale, se corrisponde a unità organizzative fisicamente individuabili (un reparto, un magazzino, ecc.)
- di comodo, se pensato fittiziamente in relazione a costi che non si possono, o non si ritiene opportuno riferire a reali centri (per esempio, i fitti passivi di fabbricati, i costi di manutenzione, pulizia e climatizzazione dei fabbricati possono essere riferiti a un fittizio “centro esercizi fabbricati”).
A seconda dell’attività svolta, i centri di costo si distinguono in quattro tipologie:
a) centri produttivi: corrispondono ai reparti in cui si effettuano le trasformazioni delle materie prime o l’assemblaggio delle parti componenti i prodotti; i reparti produttivi a loro volta possono essere distinti a seconda della fase di lavorazione che vi si svolge;
b) centri ausiliari: sono quelli che forniscono servizi ad altri centri e le cui prestazione possono essere misurate in unità fisiche;
c) centri comuni di servizi alla produzione: sono quelli che forniscono prestazioni agli altri centri e la cui attività non può essere misurata in unità fisiche;
d) centri funzionali: sono aggregazioni a cui si riferiscono i costi sostenuti per le funzioni comuni.
Un centro di responsabilità è un’unità organizzativa dove si svolge una certa attività sotto la direzione e il controllo di un capo che ne è il responsabile.
L’ACTIVITY BASED COSTING
Con l’activity based costing il costo pieno dell’oggetto di calcolo è dato dalla somma dei costi diretti e dei costi indiretti della attività svolte per realizzarlo e collocarlo sul mercato.
L’adozione dell’activity based costing richiede che l’impresa proceda a:
1) individuare le attività svolte per realizzare l’oggetto di misurazione;
2) individuare gli elementi che generano il costo di tali attività (cost driver).
I cost driver (o generatori di costo) sono gli elementi nei quali si manifesta l’attività produttiva; rappresentano quindi la causa del sostenimento dei costi.
L’activity based costing è il metodo del full costing su base multipla aziendale nel quale i tradizionali centri di costo sono sostituiti dalle attività e le basi di imputazione dei costi indiretti sono costituite dai cost driver.
La metodologia ABC richidendo la scomposizione dei processi gestionali in attività elementari, consente di migliorare la conoscenza dei fenomeni aziendali e quindi ottimizzare la gestione.
I COSTI CONGIUNTI
I costi congiunti sono costi comuni ai prodotti ottenuti e la comunanza deriva da esigenze tecniche (non è possibile produrre certi prodotti senza ottenerne anche altri).
A seconda delle caratteristiche dei prodotti il riparto del costo industriale del processo può avvenire con diversi procedimenti. I criteri di riparto dei costi congiunti sono:
- l’indice quantitativo: quando tutti gli articoli possono essere espressi in un’unica unità di misura fisica, si sceglie come base di riparto tale unità di misura fisica;
- i ricavi: quando tutti gli articoli ottenuti hanno la medesima importanza commerciale, si possono utilizzare come base di riparto i ricavi di vendita effettivi o presunti;
- il presunto ricavo al prodotto secondario: quando si ottengono prodotti principali e secondari si può attribuire al prodotto secondario un costo pari al presunto ricavo di vendita; il rimanente costo industriale del processo è ripartito fra i prodotti principali con uno dei precedenti criteri;
- l’imputazione al prodotto principale: quando il prodotto secondario è uno scarto di lavorazione o comunque ha una trascurabile importanza commerciale, il costo del processo produttivo è interamente attribuito al prodotto principale o ripartito fra i prodotti principali.
LA CONTABILITA GESTIONALE E LE VALUTAZIONI DI MAGAZZINO
Le materie prime, sussidiarie e di consumo, le parti componenti, ecc. acquistate all’esterno vengono caricate a magazzino al costo d’acquisto.
Gli output dell’impresa vengono caricati nel magazzino prodotti al costo di produzione.
A seconda che l’impresa adotti un sistema a direct costing o a full costing, i valori di carico sono diversi a causa dell’esclusione o dell’inclusione dei costi indiretti nel costo di produzione.
Le rimanenze devono essere iscritte al costo d’acquisto o di produzione, che comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto e può comprendere anche altri costi, per la quota imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione.
Se la valutazione è effettuata con la metodologia del direct costing, il risultato economico dipende dal volume delle vendite e non dalla quantità prodotta; i costi di struttura incidono totalmente sull’esercizio, essendo considerati costi di periodo, da far gravare sullo stesso.
Se la valutazione è effettuata con la metodologia del full costing, il valore attribuito alle rimanenze include una parte dei costi di struttura che viene così trasferita all’esercizio successivo.
L’EFFICACIA E L’EFFICIENZA
L’efficacia è la capacità di conseguire gli obiettivi prefissati. Si misura confrontando gli obiettivi realizzati con quelli prestabiliti, obiettivi che possono essere espressi in termini di qualità, quantità, tempo.
L’efficienza è il rapporto tra risorse consumate (input) e risultati ottenuti (output). Indica la capacità dell’impresa di utilizzare in modo ottimale le sue risorse (eliminando sprechi e sfridi).

Esempio