il lavoro: caratteristiche giuridiche

Materie:Riassunto
Categoria:Diritto

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Testo

Il lavoro è qualsiasi attività materiale o intellettuale che contribuisce alla produzione o allo scambio di beni o di servizi destinati al soddisfacimento di bisogni individuali o collettivi.

Il lavoro può essere di tipo autonomo o di tipo subordinato. Nel lavoro subordinato, il lavoratore subordinato si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
Il lav.sub. collabora con l’imprenditore nelle attività delle imprese sottostando ad una dipendenza gerarchica, cioè eseguendo gli ordini e rispettando la volontà del datore di lavoro.
Si parla di rapporto di pubblico impiego quando si ha una subordinazione nei confronti dello stato o di un ente pubblico.
Il lavoro autonomo si ha invece quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincoli di subordinazione nei confronti del committente.
Questo tipo di lavoro si basa su un tipo particolare di contratto che è il contratto d’opera. Il lav.aut. svolge la propria attività con piena discrezionalità riguardo al tempo, al luogo, e alle modalità della prestazione. Egli non ha vincoli di sub.ma può avere dei limiti e delle particolari condizioni da rispettare contenuto nel contratto o dipendenti dalla natura stessa dell’opera.
Un altro tipo di lavoro è il lavoro parasubordinato, che ha sia una subordinazione che autonomia. Cioè la prestazione è prevalentemente personale e senza vincoli di subordinazione , ha carattere continuativo e deve essere coordinata con l’attività del committente.

Il diritto del lavoro è l’insieme delle norme giuridiche che riguardano il lavoro subordinato e nasce per salvaguardare gli interessi economici e i diritti della personalità dei lavoratori. Questo perché il lav.sub. ha una situazione di debolezza nei confronti del datore di lavoro, in quanto si trova in una posizione di soggezione economica, perché egli ha bisogno di lavorare per mantenere se stesso e la propria famiglia, e deve sottostare a una situazione di
dipendenza gerarchica.
Il diritto del lavoro si basa su norme imperative cioè che non possono essere modificate da alcun soggetto interessato, che sono volte a limitare la libertà contrattuale delle parti (soprattutto datore) e a riconoscere e garantire le forme di autotutela dei lavoratori che si svolgono attraverso le organizzazioni sindacali.
(effetto deregulation).
Il diritto del lavoro si distingue in tre settori principali: il diritto privato del lavoro (costituito da norme che regolano il rapporto individuale di lavoro, soprattutto la nascita del contratto di lavoro); la legislazione sociale (norme a tutela del lavoratore in materia di previdenza e assistenza sociale); il diritto sindacale ( norme che regolano le attività delle associazioni sindacali).

Le fonti del diritto sono gli atti e i fatti da cui scaturiscono le norme giuridiche che formano il diritto del lavoro. Esse si dividono in fonti interne (provenienti dagli organi statali), fonti esterne (provenienti da organi esterni allo stato), fonti contrattuali (contratti collettivi di lavoro stipulati tra le rappresentanze sindacali delle varie categorie di lavoratori e datori di lavoro.

Le fonti interne sono disposte secondo una scala gerarchica a seconda della loro importanza. Al vertice troviamo la costituzione mentre al gradino più basso la consuetudine.
La costituzione dà un ruolo molto importante al lavoro infatti art.1 “l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” , in quanto lo stato italiano promuove il benessere e l’elevazione morale dei cittadini. Lo stato però non si limita a proteggere i lavoratori, ma agisce per eliminare le disuguaglianze (art.3) e per promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto del lavoro (art.4). Il lavoro però non è soltanto un diritto ma anche un dovere per i cittadini, in quanto devono contribuire al progresso materiale o spirituale della società (art.4).
La consuetudine assume importanza solo nel caso in cui non esistano altre disposizioni normative o quando ne faccia riferimento una legge. Nel diritto del lavoro la consuetudine ha maggiore importanza, grazie al principio generale del favore per il lavoratore,
secondo cui quando esistono più norme che prevedono diverse regole nella stessa materia, prevale e trova applicazione quella che risulti più vantaggiosa per il lavoratore, anche se di grado gerarchico inferiore.

Le fonti esterne si dividono in fonti comunitarie e fonti internazionali.
Le fonti comunitarie provengono dai trattati e dagli organi della Comunità europea. Tra questi assumono molta importanza i trattati e i regolamenti che sono norme direttamente applicabili ai cittadini e agli stati membri dell’U.E., senza bisogno di essere recepite con particolari atti interni. Queste fonti comunitarie si manifestano attraverso la politica sociale comunitaria, la quale ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori che consenta la loro parificazione nel progresso. Molto importante è il trattato di Roma che sollecita una stretta collaborazione tra gli stati membri nel campo sociale e nel campo lavorativo.
Così ogni cittadino può scegliere in quale stato lavorare e quindi vivere. Ai cittadini europei infatti è riconosciuta la libertà di circolazione e di soggiorno in qualsiasi stato membro. Ed è per questo che gli stati hanno cercato di eguagliare le normative interne sul lavoro, per creare una situazione vantaggiosa per il lavoratore. Il lavoratore in un altro stato ha gli stessi diritti sindacali e dal momento che ha un impiego, ha diritto alla carta di libera circolazione valida 5 anni, e che sostituisce il passaporto.
Molto importante è anche il trattato di Amsterdam, che pone come punti focali dell’unione l’occupazione e i diritti dei cittadini.
Le fonti internazionali sono norme che per acquistare efficacia nel diritto interno devono essere recepite e rese esecutive in Italia dalle leggi nazionali.
Tra queste troviamo: l’ONU (organizzazione nazioni unite) che ha carattere planetario costituita con il trattato di san Francisco il 26 giugno del 1945 ed oggi ne sono membri la maggior parte degli stati del mondo,tra i suoi obiettivi ci sono la pace nel mondo, la promozione e lo sviluppo dei diritti umani, la cooperazione internazionale per problemi di carattere economico e sociale; poi abbiamo l’OIL (organizzazione internazionale del lavoro) che è stata costituita nel 1919 con il trattato di Versailles con l’intento di elevare le condizioni materiali e intellettuali di lavoratori in tutti i paesi aderenti.
Tra le fonti internazionali troviamo un documento molto importante , la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in Italia 1955). Il suo scopo è la protezione e la promozione degli ideali comuni della preminenza del diritto e del rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.

Le fonti contrattuali contengono la regolamentazione del rapporto di lavoro e sono costituite dai contratti individuali di lavoro e dai contratti collettivi. I contratti collettivi di lavoro sono quei contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle corrispondenti associazioni dei datori di lavoro, contenenti le regole cui sono tenuti a uniformarsi i singoli contratti individuali di lavoro. Il datore di lavoro quindi stipulando il contratto dovrà sottostare al principio di favore per il lavoratore.

Il contratto individuale di lavoro è quel contratto con il quale il lavoratore si obbliga a mettere a disposizione del datore di lavoro la sua attività di lavoro in cambio di una retribuzione. I soggetti contraenti devono avere la capacità giuridica e la capacità d’agire, il lavoratore può lavorare dai 15 anni in poi, acquisendo però una capacità d’agire speciale. La forma è generalmente libera, quindi può essere sia scritta che orale, anche se in alcuni casi deve obbligatoriamente essere in forma scritta a pena di nullità. Salvo casi eccezionali il contratto deve essere a tempo indeterminato. Se fosse a tempo determinato potrebbe avere una sola proroga di durata non maggiore a quella del contratto iniziale.
Prima della definitiva assunzione può esserci un periodo di prova, cosiddetto patto di prova.

Nel lavoro la libertà contrattuale è limitata soprattutto per il datore di lavoro. Il datore deve rispettare dei particolari divieti di assunzione a tutela dei minori e delle donne. Inoltre ha degli obblighi di assunzione nei confronti delle categorie privilegiate, ossia quelle persone affette da menomazioni fisiche, psichiche o portatori di handicap e per assumere un lavoratore deve seguire delle modalità obbligatorie di assunzione, che prevedono l’avvalersi di appositi uffici (uffici di collocamento).

Il mercato del lavoro è l’incontro della domanda, effettuata soprattutto dalle imprese, e dell’offerta, avanzata dai lavoratori.
Tutto questo avviene sotto il controllo pubblico per proteggere i diritti dei lavoratori e per tenere basso il livello di disoccupazione statale. Il datore di lavoro per questo deve rivolgersi all’ufficio di collocamento della manodopera. Quest’ultimo deve raccogliere in delle liste i nominativi delle persone in cerca di lavoro, formando una scala gerarchica secondo determinati criteri. Il procedimento del collocamento si svolge attraverso due fasi: prima di tutto bisogna iscriversi obbligatoriamente nell’apposita lista; poi c’è l’atto dell’avviamento al lavoro, cioè l’ufficio risponde alle richieste di manodopera da parte delle imprese. Il datore, fino al 1991 poteva fare una richiesta esclusivamente numerica, fino al 1996, poteva fare anche una richiesta nominativa (obbligo del nulla osta), dal 1996 il datore può effettuare l’assunzione diretta, comunicando solamente l’avvenuta assunzione.

Il lavoro subordinato si divide in quattro categorie: dirigenti(autonomia decisionale, direzione, gestione, organizzazione economica), quadri, impiegati (attività intellettuale, possono essere di concetto [capacità di iniziativa nel recepire e interpretare gli ordini] o d’ordine [attività solo esecutiva], operai (attività manuale).
Secondo la decisione delle contrattazioni collettive ci sono altre due categorie: funzionari (tra dirigenti e impiegati) e intermedi (tra impiegati e operai).
Ogni lavoratore deve svolgere determinati compiti ed operazioni, che sono dette mansioni che sono decise dalla contrattazione collettiva, ma il datore può modificarle solo se più vantaggiose per il lavoratore. In base alle effettive mansioni svolte la contrattazione collettiva decise le qualifiche.

Gli obblighi del lavoratore sono: eseguire la prestazione lavorativa, che è di carattere personale (art.2094); la disciplina, che consiste nella diligenza, cioè nello svolgere correttamente le mansioni assegnate, e l’obbedienza, cioè l’osservare le direttive dategli dal datore e collaboratori (art.2105); la fedeltà , cioè astenersi da qualsiasi atto che possa nuocere il datore [divieto di concorrenza, obbligo di riservatezza] (art.2105).

I diritti del lavoratore.
1) la retribuzione: è il trattamento economico cui è obbligato il datore di lavoro nei confronti del lavoratore, come corrispettivo della prestazione lavorativa svolta. La retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro, e deve essere sufficiente a garantire un’adeguata esistenza a lavoratore e famiglia. La retribuzione può essere calcolata a tempo (mensile=stipendio o oraria=salario) o a cottimo, cioè secondo il risultato finale del lavoro svolto (cottimo misto). L’ammontare della retribuzione è decisa dalla contrattazione collettiva prima di tutto e poi dal contratto individuale di lavoro. La retribuzione si distingue in salario reale (potere d’acquisto del salario) e salario nominale (è la cifra di denaro che a causa dell’inflazione non è più sufficiente).
2) luogo di lavoro deve essere stabilito precedentemente nel contratto.
3) orario di lavoro deve salvaguardare la salute e l’integrità fisica del lavoratore.la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge e il lavoratore ha diritto ai riposi settimanali (di solito domenica), giornalieri(16 ore + pause pasto o altre attività) e annuali ( festività e ferie retribuite). Il lavoro straordinario e quello che eccede il limite stabilito dalla legge e prevede un aumento della retribuzione; il lavoro supplementare è quello che supera i limiti decisi dalla contrattazione collettiva ma non dalla legge; il lavoro notturno è pagato quanto quello straordinario.

Ad ogni diritto del lavoratore corrisponde un obbligo del datore di lavoro. Il datore deve tutelare le condizioni di lavoro, quindi deve tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. La tutela dell’integrità fisica consiste nel prevenire gli infortuni e le malattie professionali, garantendo adeguate condizioni igieniche, mentre tutelare la personalità morale significa rispettare la dignità e la libertà del lavoratore.

Il datore ha due poteri: il potere direttivo, che consiste nell’attività del datore di organizzare, indirizzare, controllare e disciplinare l’attività lavorativa dei lavoratori, e comprende il potere di controllo, ossia la verifica che il lavoratore svolga le sue mansioni secondo le direttive dategli; e il potere disciplinare, cioè il potere di applicare sanzioni al lavoratore che non osservi gli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà. I tipi di provvedimenti devono essere precedentemente scritti in un codice disciplinare. I poteri del datore sono limitati dalle leggi contenute nello statuto dei lavoratori.

In alcuni particolari casi il rapporto di lavoro può essere sospeso per fatto del lavoratore o del datore di lavoro.
Nel caso del lavoratore può essere per: infortunio o malattia; gravidanza; aspettative a tutela della madre lavoratrice; assenze per motivi personali; assenza per adempimento di funzioni pubbliche elettive o sindacali; assenze per sciopero. In questi casi il posto di lavoro viene mantenuto e la retribuzione spetta all’INAIL o all’INPS.
Per quanto riguarda il datore la sospensione può avvenire per eventi accidentali o imprevedibili come calamità naturali; per particolari congiunture economiche come crisi del mercato; per esigenze di ristrutturazione aziendale.
Se la sospensione è per breve tempo, fino a 60 minuti, il datore deve dare la normale retribuzione; se la sospensione è di durata maggiore interviene la Cassa Integrazione Guadagni. Interverrà con atti ordinari se la ripresa del rapporto è certo, quindi le cause sono transitorie, o con atti straordinari (entro i due anni) per quanto riguarda la strutturazione o crisi aziendale.

La cessazione del rapporto di lavoro può avvenire per diversi motivi. Nel caso del lavoro a tempo determinato per scadenza del termine finale. Altrimenti per morte del lavoratore o per l’impossibilità sopravvenuta di prestare lavoro o per eventi di causa maggiore. Ma il caso più frequente è per volontà delle parti. Se è da parte di entrambe si dice mutuo consenso, se è da parte di una soltanto, si dice recesso.
Il recesso del lavoratore è detto dimissioni, mentre del datore è detto licenziamento.
La parte che recede deve dare un preavviso di durata stabilita dalla contrattazione collettiva, oppure un’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione del periodo in cui si avrebbe dovuto svolgersi l’attività lavorativa. Se le dimissioni avvengono per colpa del datore, quindi per giusta causa, il lavoratore avrà anche diritto all’indennità.

Il licenziamento deve sottostare a dei limiti posti dalla legge e dalle contrattazioni collettive. C’è il divieto di licenziamento di lavoratori in particolari condizioni (donna-matrimonio, gravidanza e puerperio, infortunato, malattia professionale o generica, pubbliche funzioni, dirigenti delle rappresentanze sindacali, sciopero o motivi discriminatori). Il licenziamento deve avvenire per giusta causa ossia quando si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto di lavoro. Quando la prosecuzione diventa intollerabile per comportamenti, anche esterni all’azienda, che mettano in dubbio la fedeltà tra le parti, il datore non è obbligato a dare né preavviso né indennità.
Può avvenire anche per giustificato motivo soggettivo, inadempimento degli obblighi contrattuali, o oggettivo, per esigenze aziendali.

La procedura del licenziamento va iniziata subito all’insorgersi delle cause giuste per il licenziamento. Se il licenziamento non contiene i motivi entro 15 giorni il lavoratore può richiederli per iscritto, il datore deve rispondere entro 7 giorni. Se per il lavoratore i motivi non sono giusti deve impugnare il licenziamento con qualsiasi atto scritto che manifesti la volontà di non accettare il licenziamento. Se il licenziamento viene dichiarato ingiusto per il lavoratore è prevista una tutela. Una tutela reale, nei confronti del datore con + di 15 dipendenti. Egli è costretto a reintegrare il lavoratore e corrispondergli un’indennità di 5 mensilità. Il lavoratore può chiedere invece del reinserimento un’indennità aggiuntiva pari a 15 mensilità.
Una tutela obbligatoria, nei confronti del datore con + di 15 dipendenti. Egli deve riassumere il lavoratore entro 3 giorni o a risarcirlo con un indennità la cui somma varia da 2,5 a 6 mensilità.

I licenziamenti collettivi (5 persone in 120 giorni) sono previsti per l’aziende con + di 15 dipendenti, di fronte alla chisura dell’azienda, o alla riduzione o trasformazione dell’attività. Il datore che vuole effettuare un licenziamento collettivo deve comunicarlo ai sindacati con cui discuterà e cercherà soluzioni alternative. Nel caso in cui non ci siano interverranno gli istituti detti ammortizzatori sociali, che attenuano l’impatto del licenziamento sui lavoratori (CIG e lavori socialmente utili). Tra questi troviamo l’istituto della mobilità che è un sistema che facilita il passaggio dei lavoratori licenziati a imprese che necessitano di manodopera. Questo istituto trova applicazione nel caso di licenziamenti collettivi per riduzione personale, e a sostegno di quelle imprese già sottoposa a cassa integrazione straordinaria.

In ogni caso di termine del rapporto di lavoro il lavoratore ha diritto a un trattamento di fine rapporto TFR. Durante il periodo lavorativo il lavoratore
è soggetto ad un risparmio forzoso per accumulare una somma di denaro utilizzata alla fine del rapporto lavorativo. A garanzia della corresponsione del tfr è nato il fondo di garanzia per il tfr alimentato con un contributo dei datori di lavoro pari al 0,15% delle retribuzioni. Se il lavoratore svolge servizio presso la stessa azienda da almeno 8 anni può richiedere un anticipo pari al massimo al 70% dell’ammontare per spese sanitarie straordinarie o per l’acquisto di una prima casa per se o per i figli.

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