Il Fallimento

Materie:Riassunto
Categoria:Diritto
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Testo

Il Fallimento
Il fallimento consiste nel complesso degli atti giuridici processuali che hanno per oggetto la liquidazione dell’intero patrimonio dell’imprenditore commerciale insolvente e la distribuzione del ricavato fra tutti i suoi creditori (detti chirografari) in parti uguali (par condicio creditorum), salvo per quelli muniti di cause legittime di prelazione.
Presupposti del fallimento
Si arriva al fallimento solo dopo che sono stati messi in atto tutti i possibili tentativi per evitarlo; se le procedure di salvataggio non raggiungono il loro scopo, si passa al fallimento (in questo caso si parla di fallimento dipendente).
Quando la situazione oggettiva dell’impresa non consente neanche di provare a salvarla, si parla di fallimento autonomo.
I presupposti del fallimento autonomo sono due:
1. il debitore deve avere la qualità di imprenditore commerciale e di natura privata (presupposto soggettivo);
2. il debitore deve versare in stato di insolvenza (presupposto oggettivo).
La legge fallimentare recita che sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale. L’imprenditore che si trova in stato di insolvenza è fallito.
Analisi del presupposto soggettivo
Sono esclusi dal fallimento i piccoli imprenditori, ovvero:
- i coltivatori diretti del fondo;
- gli artigiani;
- i piccoli commercianti;
- coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Sono inoltre esclusi dal fallimento:
- gli enti pubblici;
- l’imprenditore agricolo.

Analisi del presupposto oggettivo
Il concetto di insolvenza del diritto fallimentare si estende anche al caso in cui l’imprenditore commerciale non paga i suoi debiti perché non vuole o perché il suo patrimonio presenta attività illiquide o non prontamente liquide.
L’insolvenza, che è la generale ed organica impotenza dell’imprenditore commerciale a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, deve essere distinta dall’inadempimento che consiste nella mancata esecuzione, in tutto o in parte di una obbligazione.
Una serie di inadempimenti è certamente manifestazione di insolvenza, ma lo stato di insolvenza può manifestarsi anche con altri fattori esteriori che non sono inadempimento, come ad esempio la fuga dell’imprenditore.
Gli inadempimenti o gli altri fatti esteriori devono dimostrare che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Il bilancio dell’impresa può essere in attivo perché il patrimonio è superiore al passivo; se però gli immobili ed i crediti non sono facilmente realizzabili e l’imprenditore non ha liquidità sufficiente per pagare i creditori, si manifesta lo stato di insolvenza e si dichiara il fallimento.
L’imprenditore commerciale può anche fallire per debiti che nulla hanno a che fare con la sua attività di impresa, ad esempio i debiti di gioco.
L’insolvenza deve essere provata da chi richiede al Tribunale l’apertura di una procedura concorsuale. La prova può essere data con tutti i mezzi consentiti dalla legge.
Le prove addotte da chi chiede il fallimento dovranno essere verificate dal Tribunale: se si verificheranno fondate si aprirà una procedura concorsuale, se invece le prove sono inadeguate l’istanza verrà rigettata.
L’imprenditore cessato o defunto
L’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa, se l’insolvenza si è manifestata prima della cessazione dell’impresa o entro l’anno successivo.
Può essere dichiarato fallito, entro un anno dalla morte, anche l’imprenditore defunto la cui insolvenza si sia manifestata prima della morte o entro un anno dalla stessa.
Iniziativa del fallimento
Il fallimento è dichiarato:
- su richiesta del debitore;
- su ricorso di uno o più creditori;
- su istanza del pubblico ministero;
- d’ufficio.
Richiesta del debitore
Per “richiesta del debitore” deve intendersi qualsiasi valida manifestazione di volontà, proveniente dal debitore e diretta a far dichiarare il suo fallimento.
Se debitrice è una persona giuridica, la richiesta di fallimento dovrà provenire dal suo legale rappresentante.
L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve presentare la domanda sotto forma di ricorso depositandola presso la cancelleria del tribunale, allegando: le scritture contabili, il bilancio, il conto dei profitti e delle perdite per i due anni precedenti, lo stato estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso, l’indicazione delle cose stesse e il titolo da cui sorge il diritto.
Richiesta di uno o più creditori
Anche il creditore che non riesca a soddisfarsi sul patrimonio del debitore può presentare un ricorso, che va depositato presso la cancelleria del Tribunale, con la documentazione idonea e necessaria a dimostrare l’esistenza dei presupposti del fallimento.
Il Tribunale dovrà accertare la consistenza delle ragioni del creditore e, se le ritiene fondate, emettere la sentenza dichiarativa di fallimento che è l’unico titolo esecutivo concorsuale.
Istanza del Pubblico Ministero
Se, nel corso di un processo penale, il Pubblico ministero rileva l’insolvenza di un imprenditore commerciale, deve richiedere la dichiarazione di fallimento al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale.
Richiesta d’ufficio
Se nel corso di un giudizio civile risulta l’insolvenza di un imprenditore che sia parte in giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione di fallimento.
Un Tribunale può venire a conoscenza dell’insolvenza dell’imprenditore commerciale anche in seguito all’esame dell’elenco dei protesti cambiari; in questi casi, il Tribunale competente procede autonomamente, senza la richiesta d’ufficio.
La dichiarazione di fallimento
Competenza
Il fallimento è dichiarato dal Tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa; ma se la sede principale dell’impresa è all’estero, l’imprenditore può essere dichiarato fallito in Italia, dal Tribunale del luogo in cui si trova la sede secondaria più importante.
Sentenza dichiarativa di fallimento
La dichiarazione di fallimento è il provvedimento del Tribunale che, su richiesta dello stesso imprenditore dissestato, o su ricorso di uno o più creditori di lui, accerta l’insolvenza dell’imprenditore commerciale e dichiara aperta esecuzione.
La decisione viene presa con una sentenza; la sentenza con cui si decide il fallimento è dichiarativa perché ha per oggetto soltanto la dichiarazione che il fallimento sussiste. Il Tribunale deve però, prima di dichiarare il fallimento, disporre la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti, perché possa esercitare il suo diritto di difesa.
Contenuto della sentenza dichiarativa di fallimento
Con la sentenza dichiarativa di fallimento, il Tribunale:
1. nomina il giudice delegato per la procedura;
2. nomina il curatore;
3. ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili;
4. assegna ai creditori e ai terzi, un termine per presentare in cancelleria le domande di rivendicazione, restituzione o separazione di cose mobili;
5. stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza dei creditori in cui si procederà alla verifica dello stato passivo;
6. ordina la cattura del fallito o degli altri responsabili di reati fallimentari.
Pubblicità della sentenza dichiarativa di fallimento
La sentenza che dichiara il fallimento deve essere comunicata per estratto al fallito, al curatore e al creditore richiedente; è affisso alla porta esterna del Tribunale e comunicato al Pubblico ministero, all’Ufficio del registro delle imprese e alla cancelleria del Tribunale. L’estratto della sentenza è inoltre pubblicato nel Foglio degli annunci legali e sul BUSARL se l’impresa fallimentare è una società di capitali.
Esecutività della sentenza dichiarativa di fallimento
La sentenza è provvisoriamente esecutiva dal momento della sua pronuncia. Al fallimento dichiarato ci si può opporre e questa opposizione può essere fatta dal fallito e da qualunque interessato entro quindici giorni dalla notifica della sentenza.
Se l’opposizione viene accolta, il Tribunale pronuncia una nuova sentenza con la quale revoca il fallimento.
Organi della procedura fallimentare
Il Tribunale è un organo giuridico composto da tre giudici, che giudicano sia in materia civile che penale.
L’individuazione del tribunale si fa in base alla materia di cui si tratta, al territorio in cui si è verificato il fatto, al valore della causa da decidere.
La direzione di una procedura fallimentare è affidata ad un giudice delegato.
Le operazioni attraverso le quali si svolge la procedura hanno carattere eterogeneo: alcune sono di natura giuridica, altre sono di carattere pratico ed economico. Le prime sono affidate al giudice delegato, le altre al curatore che viene nominato dal Tribunale.
Accanto a tali organi, è posto il comitato dei creditori, ai quali sono attribuite funzioni consultive e di controllo.
Il tribunale fallimentare
Il Tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare; la specialità della procedura fallimentare si manifesta anche nella sua capacità di attrarre nella sua orbita tutte le azioni che ne derivano.
La forza di attrazione si riferisce solo alle azioni che nel fallimento trovano la loro origine o il loro fondamento, oppure che incidono nella procedura concorsuale.
Il giudice delegato
Il giudice delegato viene nominato dal Tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento. Il giudice delegato:
- dirige le operazioni del fallimento;
- vigila sull’operato del curatore;
- riferisce al Tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
- emette o provoca i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;
- nomina e convoca il comitato dei creditori;
- autorizza il creditore a nominare esperti la cui opera è richiesta nell’interesse del fallimento;
- sorveglia l’opera prestata nell’interesse del fallimento da qualsiasi incaricato e ne liquida i compensi ;
- procede all’esame preliminare dei crediti e dei diritti reali vantati dai terzi.
Il curatore
Il curatore amministra il patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato; è un organo unipersonale e deve essere una persona fisica.
È un organo esterno, in quanto svolge la sua attività nei confronti degli altri organi del fallimento e nei confronti dei terzi; inoltre, non fa parte dell’ordine giudiziario.
Il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale; da questo ne consegue l’intrasmissibilità delle sue attribuzioni: deve infatti esercitare personalmente le attribuzioni del suo ufficio e non può delegarle ad altri.
La nomina del curatore viene fatta dal Tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento.
I principali adempimenti del curatore sono:
- una relazione particolareggiata al giudice delegato sulle cause e circostanze del fallimento;
- una esposizione sommaria della propria amministrazione al giudice delegato;
- il deposito delle somme riscosse a qualunque titolo presso l’ufficio postale o una banca indicata dal giudice delegato;
- l’annotazione giornaliera di tutte le operazioni relative alla sua amministrazione;
- la presentazione del conto della sua gestione al giudice delegato;
- la consegna dei beni residui e dei documenti relativi al curatore che gli dovrebbe subentrare;
- la presenza in giudizio per le controversie che riguardano contestazioni e denunzie tardive di crediti e di diritti reali mobiliari.
Quando vi sia responsabilità del curatore, questi può essere revocato ed è tenuto a risarcire il danno.
Dopo l’approvazione del conto, il curatore ha diritto alla liquidazione del compenso per l’attività svolta, in percentuale all’attivo realizzato, ed al rimborso delle spese sostenute.
Il curatore cessa dal suo ufficio per dimissioni, per cancellazioni dall’albo professionale, per revoca o per morte.
Il comitato dei creditori
Il comitato dei creditori è l’organo consultivo permanente sia del Tribunale che del giudice delegato.
La nomina del comitato dei creditori avviene entro dieci giorni dal decreto di approvazione dello stato passivo.
Il comitato è composto da tre o cinque membri, che hanno diritto solo al rimborso spese; la loro funzione, quindi, è gratuita.
Le funzioni del comitato sono sia consultive che di controllo:
- svolge funzioni consultive quando è chiamato dal Tribunale o dal giudice delegato ad esprimere un proprio parere su un provvedimento da adottare;
- l’attività di controllo si estrinseca pienamente con l’esercizio del reclamo al Tribunale contro i decreti del giudice delegato.

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