Diritto urbanistico

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Testo

GLI ORGANI PREPOSTI ALLA TUTELA DELL’AMBIENTE
Fino al 1998 le funzioni connesse alla gestione delle politiche ambientali erano ripartite, secondo un’impostazione di tipo VERTICALE tra stato, regioni e altri enti locali.
Tale impostazione escludeva alle regioni l’attribuzione di diverse funzioni amministrative in materia ambientale. Con il decreto legislativo 112/98 prevale un’impostazione di tipo orizzontale, per cui rimangono allo stato(ministero dell’ambiente) le funzioni inerenti la determinazione dei principi generali e dei criteri di base, mentre alle regioni spetta il compito di programmare e gestire direttamente gli interventi sul territorio con possibilità di delegare talune funzioni agli altri enti locali.
Dal punto di vista della normativa, la legge costituzionale 18/10/01 n°3 ha attribuito alle regioni la potestà legislativa concorrente nel governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali riservando allo stato la funzione legislativa esclusiva in materia di ecosistema, beni culturali ed in ogni caso, anche nelle materie a legislazione concorrente, la determinazione dei principi fondamentali inerenti i diversi settori.
BENI PUBBLICI
-CONCESSIONE AMMINISTRATIVA: provvedimento amministrativo unilaterale; la pubblica amministrazione crea a favore del privato un diritto soggettivo.
-AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA: provvedimento amministrativo unilaterale; la pubblica amministrazione toglie un ostacolo all’esercizio del diritto soggettivo da parte del privato.
( permesso-autorizzazione-licenza )
• I beni pubblici sono i mezzi attraverso i quali la P.A. svolge le sue attività, sono beni “appartamenti allo stato”.
Si distinguono in: beni demaniali e beni patrimoniali.
BENI DEMANIALI: si distinguono i beni che sono immediatamente capaci di soddisfare esigenze pubbliche generali, e beni che possono soddisfare esigenze pubbliche solo in quanto appartenenti allo stato o agli enti territoriali.
Demanio necessario: lido del mare, spiagge, fiumi, altre acque definite pubbliche e opere destinate alla difesa nazionale.
Demanio occidentale: strade, autostrade, strade ferrate, acquedotti, immobili di interesse storico, beni sottoposti a leggi speciali al regime giuridico dei beni demaniali.
BENI PATRIMNIALI: sono beni che pur appartenendo allo stato o ad altri enti pubblici, non rientrano nei beni demaniali elencati dal C.C.
Si dividono in 2 categorie:
Beni patrimoniali indisponibili: sono beni che non possono essere sottratti alla loro destinazione di pubblico interesse; sono inalienabili; i privati, a patto che non s metta in discussione la loro funzione pubblica possono esercitare diritti reali di godimento (miniera).
Beni patrimoniali disponibili: pur facendo parte del patrimonio pubblico, si applica i regime proprio dei beni privati, sono alienabili.
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Attualmente qualunque opera che in qualche modo può modificare l’ambiente necessita di apposita “ V.I.A.” *
Già l’U.E. negli anni ’70 e ’80 aveva cominciato a interessarsi alle grandi opere di costruzione degli impianti industriali e alle attività di sfruttamento delle risorse naturali, opere ad elevato inquinamento.
L’interesse era dato dalla necessità di limitarne l’impatto negativo ed escogitare uno strumento idoneo ad attuare una valida politica ecologica: prevenire gli inquinamenti anziché combatterli.
Con la direttiva n.85/337 lo strumento idoneo veniva individuato nella V.I.A.. Tale strumento permetteva di individuare, prima dell’apertura dei cantieri, il potenziale negativo delle opere o di un intervento sul territorio alla fine di contemperare le esigenze di tutela della natura e della salute dei cittadini.
Tale istituto se risultava efficace per le opere da realizzare, non produceva tale effetto per quelle già realizzate. Con la direttiva n.96/61 si introduceva un nuovo istituto di valutazione I.A. di alcune attività già attive: l’istituto della prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento ( I.P.P.C. )
Tale strumento permetteva, in caso di impatto negativo delle opere sull’ambiente, di imporre modifiche operative agli impianti. Entrambi gli strumenti (V.I.A. e I.P.P.C.) erano e sono operativi soltanto per singoli progetti e strutture. Le esigenze di politica ambientale sono invece avvertite per realtà territoriali sempre più vaste. Si è resa per tanto necessaria l’elaborazione e la realizzazione di uno strumento di valutazione preventiva che consenta di intervenire sugli impatti ambientali di vaste dimensioni. Tale strumento, introdotto dalla direttiva 01/42 è la “valutazione ambientale strategica” (V.A.S.) che consente agli stati membri dell’U.E. di valutare la rispondenza dei piani e dei programmi da essi adottati con gli obiettivi di uno sviluppo sostenibile.
MODALITA’ DI RISARCIMENTO DEL DANNO AMBIENTALE
1986 legge n.349, principio “chi inquina paga”. Chi inquina si assume la responsabilità del danno.
-DOLO: intenzione
-COLPA: attività negligente
I soggetti legittimati ad esercitare l’azione di richiesta del risarcimento sono lo stato e gli enti.
• ripristino dello stato dei luoghi
• risarcimento integrale del danno
• risarcimento in via equitativa
Trattato internazionale: accordo, contratto tra due o più parti, deve essere ratificata dal presidente della repubblica.
Legge n.86/431: questa legge ha istituito il ministero dell’ambiente.
ACQUE
L’acqua è un bene indispensabile per la vita dell’individuo e per tutti gli esseri viventi animali e vegetali. Tale risorsa a causa dell’inquinamento e degli sprechi sta diventando sempre più un bene raro che necessita di una forte tutela giuridica da parte dello stato. Al fine di garantire un uso razionale ed efficiente di tale risorsa, la legislazione (legge Galli n.36/94) ha stabilito che tutte le acque, sia superficiali che sotterranee sono da considerarsi pubbliche, cioè esse costituiscono un bene della collettività e non un bene privato suscettibile ad essere utilizzato liberamente.
Rimane libera soltanto la raccolta delle acque piovane in vasi a cisterne al servizio di fonti agricole o di singoli edifici, nonché l’utilizzo delle acque sotterranee per usi domestici e la acque piovane non ancora convogliate in un corso d’acqua.
Salvo l’eccezione su indicata, tutte le acque sono pubbliche e fanno parte del demanio necessario costituendo il C.D. demanio idrico.
In quanto beni demaniali, le acque possono essere utilizzate soltanto da soggetti che ottengono dall’autorità competente una concessione dietro pagamento di un canone, nella quale sono indicate le condizioni alle quali i soggetti si devono attenere ( a pena della regola ) per quanto riguarda la quantità, la modalità, le condizioni dell’uso, le opere di conduzione e restituzione delle acque.
Il D.L.G.S. 112/98 ha attribuito la gestione del demanio idrico relativa alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all’introito dei relativi proventi.
Non sono soggetti a concessione e al pagamento del canone:
la raccolta delle acque piovane in vasi a cisterne al servizio di fonti agricole o di singoli edifici, nonché l’estrazione di acque sotterranee attraverso pozzi, per uso domestico purché non comprometta l’equilibrio del bilancio idrico (cioè il rapporto tra quantità d’acqua esistente e la quantità dei prelievi); permane comunque l’obbligo di denunciare il pozzo la sua portata alla regione o alla provincia.
Per rendere più efficiente l’uso delle risorse idriche, la legge Galli ha introdotto alcuni criteri da osservare:
• priorità dell’uso dell’acqua per il consumo umano
• nei periodi di siccità, priorità dell’uso per i bisogni dell’agricoltura (irrigazione)
SERVIZIO IDRICO
Si definisce tale l’insieme delle attività connesse alla gestione delle acque destinate al consumo umano. Sono considerate tali le attività di prelievo e distribuzione d’acqua agli utenti e quelle relative alla gestione delle fognature e alla depurazione, pertanto il servizio idrico è erogato attraverso molteplici infrastrutture: acquedotti fognature, impianti di depurazione, ecc…
Il servizio idrico spetta ai comuni, i quali possono provvedere alla gestione direttamente avvalendosi di aziende speciali, consorzi, imprese private.
Gli organismi che gestiscono i servizi idrici devono pagare il canone, e a loro vota devono far pagare agli utenti una tariffa (complessiva del consumo, dei servizi di fognatura e di depurazione).
BACINO IDROGRAFICO
Si intende il territorio nel quale le acque pluviali o di scioglimento delle nevi pervengono direttamente o tramite affluenti di in un fiume che sfocia nel mare.
La quantità di bacino idrico è determinante il bilancio idrico, cioè il rapporto tra quantità d’acqua esistente nel bacino e la quantità dei prelievi effettuati per i diversi usi è assicurare che il bilancio sia in equilibrio.
INQUINAMENTO IDRICO
La prima normativa in materia è stata la legge n.319/76, legge Merli, normativa del D.LSG del 152/99 che a sua volta ha introdotto una nozione rigorosa d’inquinamento idrico che prevede una classificazione d’acque inquinanti in acque reflue domestiche e industriali e urbane a sostituire quella della precedente legge Merli tra scarichi civili e produttivi.
La nuova normativa (D.LSG del 152/99) definisce inquinamento idrico:
“lo scarico di sostanze o energia, effettuata direttamente o indirettamente dall’uomo nell’ambiente idrico, le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e al sistema ecologico idrico, compromettere od ostacolare gli usi legittimi delle acque”.

Le acque inquinanti sono classificate secondo 3 tipologie:
• acque reflue domestiche: quelle che provengono da insediamenti di tipo residenziale o da attività domestiche;
• acque reflue industriali:quelle scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali;
• acque reflue urbane: sono acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue civili industriali o meteoriche che confluiscono tramite canalizzazione alla pubblica fognatura.
Si definiscono “reflue” le acque sporche, cioè e acque che una volta utilizzate in attività di natura industriale, domestica, agricola, ecc…, vengono restituite di solito inquinate dall’impianto che le ha utilizzate.
SCARICHI
Relativamente alla tutela delle acque dall’inquinamento, il criterio fondamentale su cui si basa il D.LSG del 152/99 è obbiettivo della qualità:
tutti gli scarichi sono disciplinati con riferimenti al rispetto della qualità dei corpi idrici (falde sotterranee, fiumi, laghi) e devono comunque rispettare i valori limite di emissione previsti dalla legge.
Tali limiti sono fissati a livello statale e regionale; il controllo dello scarico avviene tramite analisi di laboratorio: se la concentrazione degli agenti inquinanti supera il rispettivo valore limite, lo scarico, se non depurato, è ritenuto inquinante quindi soggetto a sanzione. Si definisce scarico una qualsiasi immissione diretta di acque reflue, liquide, semiliquide e comunque convogliabile nelle
acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante anche sottoposta a preventivo trattamento di depurazione.
Gli scarichi si distinguono in base ala natura del corpo recettore:
• scarichi nel suolo
• scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
• “ in acque superficiali
• “ in rete fognaria
Gli scarichi che sfociano direttamente nel suolo e nel sottosuolo sono vietati a partire dal ’99; pertanto quelli esistenti in quella data dovranno essere convogliati in rete fognaria.
Tutti gli scarichi devono essere autorizzati, tranne quelli di acque reflue domestiche in reti fognarie.
Devono chiedere autorizzazione alla provincia o al comune i titolari dell’’attività da cui proveniva lo scarico. L’ente deve rilasciare l’autorizzazione entro 90 giorni dalla richiesta, trascorso tale periodo in

CONDONO EDILIZIO
La sanatoria è, in diritto amministrativo, quel provvedimento in base al quale una situazione contraria alla legge prende il carattere di illegalità.
La sanatoria edilizia presuppone tre elementi:
• l’attività materiale deve essere stata esercitata senza il necessario provvedimento o in difformità di esso;
• il provvedimento deve essere emanato da un’autorità amministrativa;
• non ha efficacia retroattiva;
Tra le iniziative più rilevanti in materia di sanatorie degli ultimi 20 anni si tre condoni edilizi:
• con legge n.47 del 28 febbraio 1985;
• con legge n.724 del 23 dicembre 1994;
• con legge n.326 del 24 novembre 2004;
Il primo condono trovò giustificazione nel fatto che la legge che lo ammetteva era la stessa che introduceva severe sanzioni per perseguire i responsabili d’opere edilizie abusive.
Nell’intenzione del legislatore c’era quindi la volontà di chiudere tutti i vecchi abusi per partire con una nuova modalità di gestione del territorio, nel quale gli abusi non fossero più un problema di così vasto raggio in quanto disincentivati dalle severe sanzioni introdotte.
Di fatto non è stato così in quanto 9 anni dopo ci fu un nuovo condono; entrambi i condoni anno coperto un periodo di tempo che va dal 1967 ( anno in cui la legge n.769/67 imponeva che la pianificazione fosse estesa a tutto il territorio comunale, e rendeva obbligatorio “il preventivo rilascio di licenza edilizia” anche per le costruzioni al di fuori del centro abitato fino al 1983, termine poi prorogato con il secondo condono al 1993) al 1993. L’obbligazione si applicava a m2 di superficie oggetto di abuso, ed era più alta per abusi di maggiore gravità, riducendosi per gli abusi minori, ad un importo forfetario in particola modo per le opere di straordinaria amministrazione.
L’ultimo condono è stato inserito nella legge finanziaria, prevalentemente con finalità di reperimento di fondi.
Già con la legge n.47/85 viene introdotta la distinzione tra abusi formali e abusi sostanziali. Il primo caso ricorre quando le opere sono state realizzate in mancanza del necessario provvedimento ma risultano conformi agli strumenti urbanistici; la sanatoria rilasciata per tali abusi prende il nome di “accertamento di conformità”. Sono considerati abusi sostanziali le opere realizzate non soltanto in mancanza del necessario provvedimento ma anche in difformità con gli strumenti urbanistici:
per tali opere non è prevista alcuna possibilità di sanatoria. Per quanto riguarda la procedura prevista per gli immobili sottoposti a vincolo paesistico ambientale o storico e ateologico, è previsto che prima del rilascio del provvedimento di costruire in sanatoria debbono ottenere dalla sovrintendenza competente, un atto di assenso circa la compatibilità delle opere eseguite con le finalità di tutela dell’ambiente.
ESPROPRIAZIONE
È un provvedimento amministrativo unilaterale che sottrae definitivamente in tutto o in parte un immobile al suo legittimo proprietario.
Elementi:
• presupposto “pubblico interesse”
• soggetti: sogg. attivo (espropriante), soggetto passivo (coliche subisce l’esproprio)
• oggetto:i beni, gli immobili
• indennizzo, somma di denaro
L’espropriazione è prevista sia dall’articolo 42 della Costituzione, sia nell’articolo 834 del codice civile. L’espropriazione non si deve confondere con la requisizione che la troviamo nell’art. 835 del c.c.
REQUISIZIONE
Toglie la proprietà dei beni mobili. È un provvedimento amministrativo unilaterale.
Elementi:
• presupposta “pubblico interesse” e situazione di necessità e di urgenza
• oggetto: beni immobili e mobili. La requisizione dei beni immobili è temporanea, mentre la requisizione dei beni mobili è in uso.
DPR n.380/01 “testo unico sull’edilizia”
DPR n.327/01 “testo unico sull’esproprio”
• approvazione del vincolo sui terreni dei privati inseriti PRG
• dichiarazione indennizzo
• dichiarazione di pubblico interesse
• emanazione decreto di esproprio
PROCEDIMENTO ESPROPATIVO
Inizia con la richiesta della dichiarazione di pubblica utilità, essa è un provvedimento formale emanato dall’autorità amministrativa competente (comune, provincia, regione) sottoforma di decreto, nel quale sono fissati i termini per l’espropriazione e per i lavori che dovranno essere realizzati.
Presupposto per l’emanazione di tale decreto è che nel PRG sia presente il vincolo preordinato all’esproprio, di durata quinquennale, che sia stato preceduto dall’approvazione del progetto definito dall’opera e che non sia decaduta.
Non possono essere espropriati i beni demaniali, le sedi diplomatiche e gli uffici aperti al culto.
Per ogni atto inerente all’esproprio la pubblica amministrazione deve procedere alla pubblicazione dell’albo pretorio e alla notifica ai privati interessati i quali potranno proporre ricorso al T.A.R..
Nei 30 giorni successivi alla dichiarazione di pubblica utilità, l’ente promotore dell’esproprio deve notificare l’elenco particelle catastali da espropriare per le relative indennità da offrire ai proprietari, i quali possono presentare la propria osservazione entro i successivi 30 giorni.
Valutate le osservazioni degli interessati, l’autorità espropriante anche avvalendosi delle consulenze dell’agenzia del territorio (catasto), determina in via provvisoria la misura dell’indennità dell’esproprio.
Tale indennità viene notificata al proprietario dell’immobile il quale si accerta, deve consentire al beneficiario dell’esproprio l’immediata immissione del possesso dei beni; per tanto si può stipulare il trasferimento della proprietà del bene mediante un atto di cessione volontaria evitando di procedere all’esproprio. Nel caso in cui il proprietario non accetti l’offerta d’indennità provvisoria, l’autorità espropriante deposita l’importo dell’indennizzo alla cassa deposito e prestiti, soltanto allora si potrà emettere ed eseguire il decreto d’esproprio e procedere in seguito all’immissione del bene.
Successivamente l’autorità espropriante costituisce una commissione per la determinazione dell’indennità definitiva composta da 3 tecnici: due nominativi dell’ente (una dei quali su indicazione dell’espropriando) e il terzo da presidente del tribunale civile.
Tale relazione di stima effettuata dalla commissione sarà depositata presso la cassa depositi e prestiti, sia l’autorità espropriante, sia l’espropriando potranno impugnare la relazione presso la corte d’appello.
OCCUPAZIONE TEMPORANEA (normale)
Essa consiste nella sottrazione del possesso e nel godimento di un immobile al relativo titolare per ragioni di pubblica utilità e per un tempo determinato. La P.A. utilizza tale sistema nei casi di lavori pubblici nel sottosuolo (fognature, acquedotti, ecc..) che non necessitano dell’esproprio delle aree; l’occupazione temporanea normale è utilizzata anche nel caso di installazione dei cantieri, che verranno smantellati dopo il completamento dell’opera. Al momento della presa di possesso dell’area viene redatto un verbale sullo stato di coesistenza di luoghi in contraddittorio con il proprietario cui è dovuta

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