diritto – economia

Materie:Appunti
Categoria:Diritto Ed Economia
Download:93
Data:14.02.2007
Numero di pagine:5
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
diritto-economia_2.zip (Dimensione: 6.74 Kb)
trucheck.it_diritto-r     28.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

DIRITTO – ECONOMIA
DIRITTO:
I sistemi di protezione dello Stato nei confronti dei cittadini: avvento e crisi dello Stato Sociale (con i suoi caratteri)
Prima di tutto, occorre dire la funzione di protezione nei confronti dei cittadini da parte dello Stato è nata essenzialmente con l’avvento dello Stato sociale, sul finire del XIX secolo. Prima di esso infatti, sia con durante lo Stato assoluto che quello liberale, i rapporti tra sovrano e società civile erano pressoché inesistenti. Lo Stato liberale si configurava come stato minimo, in quanto la sua sfera di intervento era ridotta al minimo, e guardiano in quanto si limitava ad avere un ruolo di controllore delle regole previste, seguendo quindi il principio illuminista del laissez faire.
Dopo lo Stato liberale si è sviluppato o lo stato democratico o i regimi totalitari fascisti e sovietici che hanno visto la soppressione dei pochi diritti acquisiti durante lo Stato liberale.
Lo Stato democratico che è anche Stato sociale, nel suo carattere di stato assistenziale o interventista, o ancora Welfare State, Stato del Benessere, non si limita a garantire l’ordine ed assicurare il rispetto delle leggi ma interviene attivamente in campo sociale ed in campo economico.
La nascita del Welfare State è da ricondursi essenzialmente all’avanzata delle classi popolari che ha indotto lo Stato ad assumersi il compito di correggere le disuguaglianze e gli squilibri sociali creati da un regime di libertà economica incontrollata e ad adottare provvedimenti a favori degli strati più deboli (tramite servizi pubblici, redistribuzione dei redditi, assistenza sociale ecc.) ed è dovuta anche alle crisi economiche soprattutto quella del 1929 negli Stati Uniti che ha evidenziato come il mercato da solo non riuscisse a trovare il proprio equilibrio e che anzi la piena autonomia dello stesso potesse portare a periodi di depressione e disoccupazione.
Questi due fattori hanno indotto tutti gli Stati occidentali ad abbandonare l’impostazione liberistica per orientarsi verso un intervento dello stato nella sfera economica. Da un punto di vista prettamente economico, lo Stato si prefigge di soddisfare parte dei bisogni collettivi avvertiti da tutta la società civile che, proprio perché assolti dallo Stato assumono la connotazione di bisogni collettivi pubblici.
Lo Stato democratico sociale, che è quindi uno stato ad economia mista, in quanto prevede sia l’iniziativa pubblica che quella privata, è entrato in crisi a partire della seconda metà degli anni settanta.
La crisi del Welfare State è stata determinata dalla cosiddetta “crisi fiscale dello Stato assistenziale”. Il ruolo attivo dello Stato nell’economia, accompagnato talvolta da inefficienza del settore pubblico e quindi da spreco di risorse, ha determinato un incremento considerevole della spesa pubblica; la necessità di farvi fronte tramite l’aumento di entrate ha conseguentemente portato ad una crescita della pressione fiscale e ad un ricorso massiccio a prestiti, con effetti negativi sull’economia e sulle società dei Paesi industrializzati.
La crisi del Welfare State ha visto anche l’ascesa del terzo settore ovvero di tutte quelle organizzazioni non lucrative aventi scopi sociali e di volontariato che vogliono in qualche modo compensare le carenze in campo assistenziale dello Stato stesso.
Negli ultimi vent’anni si è verificata un’inversione di tendenza. Sono riemerse le impostazioni liberiste o neoliberiste che sostengono la necessità di arginare l’allargamento dei compiti dello stato, di frenare l’espansione della spesa pubblica e di privatizzare le imprese. Tendenza realizzata negli Usa con Reagan in Gran Bretagna con la Thatcher.
ECONOMIA:
Tempi e modi del tentativo di risanamento del deficit in Italia e problemi attuali (compresa riforma delle pensioni)
Lo Stato può colmare il disavanzo ricorrendo a tre tipologie di entrata che intaccano la ricchezza precedentemente accumulata: l’alienazione dei beni patrimoniali, le imposte straordinarie ed il ricorso all’indebitamento. Un tempo venivano anche utilizzate risorse come tesori di guerra o emissione di carta moneta, attualmente vietata dal trattato di Maastrich.
L’alienazione dei beni patrimoniali ebbe una notevole importanza nel secolo scorso ed in Italia dopo l’unificazione, adesso è stata ripresa in considerazione per sanare il bilancio pubblico. L’alienazione dei beni produce l’effetto di ridurre l’intervento pubblico nella gestione dei beni esistenti e di ampliare la proprietà dei privati.
Le imposte straordinarie può essere concepita sotto un profilo amministrativo come una tantum (es. tassa per l’Europa), sotto quello economico come imposta avente aliquota particolarmente elevata (es imposta straordinaria progressiva sul patrimonio fino al 61%). Per quanto riguarda l’incidenza economica l’imposta è straordinaria quando il contribuente deve attingere ai propri risparmi o disinvestire una parte del patrimonio colpito.
L’indebitamento avviene tramite l’accensione di prestiti pubblici da parte dello Stato che emette titoli di credito offerti sul mercato del risparmio e che danno luogo alla corresponsione di un interesse.
La scelta tra indebitamento ed istituzione di un’imposta straordinaria è controversa; in linea di massima possiamo affermare che dipende dal momento. In fase di espansione, con domanda forte, è meglio l’imposta straordinaria che assume quindi una funzione correttiva. In fase recessiva invece risulta migliore il debito pubblico in quanto utilizza il risparmio che comunque non sarebbe stato impiegato proprio perché in periodo di recessione.
Il debito pubblico si distingue in fluttuante, ovvero quello generato da momentanee esigenze di cassa, a breve scadenza rappresentato da BOT e consolidato ovvero a medio - lungo termine. Il debito consolidato a sua volta si suddivide in irredimibile e redimibile. Il debito irredimibile, non più esistente, era costituito da una rendita perpetua mentre quello redimibile, costituito da CCT, BTP ecc, comprende tutti i prestiti a medio o lungo termine che lo Stato si impegna a rimborsare.
Gran parte della spesa pubblica è destinata al finanziamento delle pensioni. Numerosi sono gli studi effettuati per poter in qualche modo arginare parte di questa spesa senza andare intaccando quella che è la funzione di stato inteso come assistenziale ed interventista. La riforma del 1995 (l. 355/95) ha modificato:
• Il criterio di commisurazione delle prestazioni, con l’introduzione del principio contributivo al posto di quello retributivo precedentemente adottato. Ssecondo tale criterio i trattamenti pensionistici erano commisurati alla media delle retribuzioni percepite dal lavoratore negli ultimi anni di servizio mentre con quello contributivo la misura della pensione è determinata in relazione all’ammontare dei contributi versati, capitalizzati e rivalutati.
• Le condizioni per poter fruire del trattamento pensionistico: prima era necessario avere la cosiddetta “anzianità contributiva” mentre adesso l’età anagrafica diventa requisito essenziale. Occorre infatti aver compiuto 57 anni e versato contribuiti per almeno 5 anni in misura pari al 120% dell’assegno sociale. Il limite per l’età pensionabile è fissato in 65 anni.
• Pensionamento anticipato per coloro che svolgono lavori usuranti, su richiesta dell’interessato che gode di agevolazioni nel calcolo dell’anzianità contributiva. Pensionamento anticipato è concesso anche a chi ha versato contributi per almeno quarant’anni prima di raggiungere i 57 anni d’età. L’ammontare della pensione viene determinato utilizzando un coefficiente di trasformazione.
• Agevolazione di forme previdenziali complementari di natura privata, i fondi pensione, allo scopo di integrare il sistema pensionistico pubblico con un’ulteriore copertura assicurativa a carattere volontario. Il finanziamento avviene in parte con contributi a carico del datore di lavoro e dei lavoratori iscritti al fondo e in parte tramite l’accantonamento del TFRL.
Fino al 1998 è stato adottato un regime transitorio, il deficit non è stato risanato e per questo imminente è un’ulteriore riforma pensionistica.

Esempio