Purgatorio:VI canto

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Testo

TEMA

CANTO VI DEL PURGATORIO: IL CANTO E’ NETTAMENTE DIVISO IN DUE PARTI. ELENCA GLI ELEMENTI DI CONTINUITA’ TUTTAVIA PRESENTI TRA LA PRIMA E LA SECONDA PARTE, DESUMENDOLI ATTRAVERSO L’ANALISI DEI PERSONAGGI.

Il canto VI del Purgatorio, così come quelli dell’Inferno e del Purgatorio, sono dedicati alla riflessione politica, che qui si concentra intorno alla situazione dell’Italia.
Nell’analisi politica di Dante possiamo evidenziare una progressione: nell’Inferno si parlava di Firenze, attraverso Ciacco, e il tema si fa poi più importante, fino al Paradiso dove si parlerà dell’Impero con Giustiniano.
Questo canto ha una circolarità che si realizza attraverso due similitudini connotate da una sensazione dolorosa. La parola “dolore” divide simmetricamente il canto in due parti uguali, la prima incentrata sulla narrazione, la seconda sulla riflessione politica.
La similitudine iniziale può sembrare contraddittoria rispetto a questa analisi, ma in realtà l’immagine gioiosa del vincitore viene sopraffatta dal perdente, abbandonato alla sua solitudine; in realtà l’allegria della prima immagine viene utilizzata da Dante per creare una variatio rispetto alla conclusione tragica del canto precedente.
Il tema della solitudine viene ripreso nei versi successivi, attraverso la sintetica rassegna dei morti di morte violenta, che chiedono a Dante preghiere per accelerare la purificazione dal peccato. La rapidità con cui i personaggi e le loro vicende vengono rievocati determina un progressivo accumularsi della tensione, che non viene attenuata attraverso lo sfogo emotivo dei protagonisti che caratterizza gli incontri di Dante con i penitenti.
A questo punto si rende necessaria una pausa narrativa, che introduce la riflessione dottrinale riguardo l’effettiva validità delle preghiere per abbreviare il periodo di espiazione: com’è possibile che si possa modificare ciò che Dio ha stabilito, se Virgilio in un passo dell’Eneide ha affermato proprio il contrario? Agli occhi di dante, Virgilio è un’auctoritas, e le sue affermazioni non possono certo essere false.
“Desine fata deum flecti sperare precando”, aveva affermato il poeta latino, che esce da questa contraddizione notando che la preghiera era stata rivolta alla Sibilla da Palinuro, un pagano che non era quindi in grazia di Dio. In questo modo Virgilio mantiene la sua auctoritas, ma è chiaro che nel regno purgatoriale egli è sempre più a disagio.
Ripresa la narrazione, Dante e Virgilio si trovano in un’atmosfera calma, dominata da una figura solitaria e taciturna, che si limita a guardare; Sordello è stato definito come un personaggio estraneo al Purgatorio, poiché è l’unica anima che viene tratteggiata a tutto tondo, ed esce dalla coralità che caratterizza i penitenti. Ed infatti possiamo trovare una similitudine tra la presentazione di Farinata nel canto X dell’Inferno, “Vedi là Farinata che s’è dritto”, che si traduce simmetricamente in “Ma vedi là”.
L’incontro si apre con l’affettuoso abbraccio tra Bordello e Virgilio, dettato dall’amor patriae che accomuna i due personaggi, entrambi di Mantova.
Alla voce di Bordello si sovrappone allora quella di Dante che pronuncia una lunga invettiva contro l’Italia e la sua Firenze: lo sfogo politico completa il canto, ed è evidente l’ardore di Dante per un tema che egli sente così forte; l’invettiva termina con il paragone dell’Italia a un malato, e questa dolorosa immagine completa la circolarità del canto.
Tristezza e dolore: sono queste le caratteristiche principali del canto, evidenti nella coralità delle anime nei primi versi, e nelle grandi figure di Dante e Sordello nella seconda parte.

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