Il Canto XXXIII e le supposizioni sulla ferocia di Dante.

Materie:Appunti
Categoria:Dante

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Testo

Il Canto XXXIII e le supposizioni sulla “ferocia” di Dante.
Nel Canto XXXIII Dante e Virgilio incontrano le anime dei traditori della patria e dei traditori degli ospiti: fra i primi vi è Ugolino, il quale racconta all’autore della sua morte e di quella dei suoi figli, creando un’aura di sofferenza, compassione e rabbia all’interno di questo Canto; Dante, in seguito, incontra frate Alberigo e Branca Doria, traditori degli ospiti, che giacciono supini nel ghiaccio con gli occhi chiusi da lacrime gelate. In questo Canto si scorge una certa ferocia dell’autore nei confronti di due categorie di persone: i Pisani e i Genovesi.
Dante fa un’invettiva violenta e crudele nei confronti dei primi, invocando una punizione terribile su Pisa, senza risparmio di vittime; i Pisani, infatti, sono gli artefici della morte del Conte Ugolino e dei suoi figli: questi apparteneva ad una nobile e potente famiglia ghibellina e, dopo essersi accordato col genero e col nipote, riuscì a far prevalere in Pisa la parte guelfa, diventando così capo della città e questo è il motivo per cui l’autore lo punisce fra i traditori della patria; in seguito, Ugolino cede delle proprietà pisane alle città rivali e viene così accusato di tradimento e condannato
a morte, decretata dal tradimento dell’arcivescovo Ruggieri, che lo rinchiude con i figli in una torre e li fa morire di fame e di stenti. Dante è facilitato nel raccontare i fatti perché animato dall’odio per Pisa, in quanto fiorentino; Ugolino non solo è ucciso in un modo pietoso, ma con lui anche i suoi figli innocenti, usati in questo caso per aumentare la sua pena e la sua sofferenza. Dante è molto toccato da questa vicenda, in quanto egli stesso è vittima degli odi politici della sua città, condannato a morte, esiliato; egli è tormentato dal pensiero che i suoi figli sarebbero stati costretti a seguire la sua stessa sorte una volta raggiunta l’età di 14 anni, in seguito di una legge.
Dante completa l’invettiva precedente con un’altra rivolta contro i Genovesi, riconoscendoli alieni da ogni onesto costume e pieni di vizi e comprendendoli nella schiera dei dannati mentre ancora sono in vita; con questo egli vuole dimostrare che la causa dell’esistenza della ferocia umana è da ricercare nel fatto che la terra è popolata da esseri già diabolici e infernali. In questo caso, l’autore porta l’esempio di Branca Doria, che per impadronirsi del giudicato di Logudoro invitò il suocero ad un banchetto e lo fece uccidere.

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