Divina Commedia (Canto VI - Paradiso)

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Testo

58 – 60 → Ma vedi là un’anima che, stando a sedere tutta sola, guarda verso di noi: quella ci spiegherà la strada più breve.
61 – 63 → Andammo verso di lei: oh anima lombarda, come ti trovavi in atteggiamento altero e disdegnoso (→ distaccato) e nel movimento degli occhi dignitosa e pacata.
64 – 66 → L’anima non ci diceva niente, ma lasciava ……, solo guardando, come un leone quando si adagia, riposa.
67 – 69 → ciò nonostante Virgilio si avvicinò a lei, pregandola che ci mostrasse la salita più facilmente percorribile e quell’anima non rispose alla sua domanda,
70 – 72 → ma ci domandò del nostro paese e della nostra condizione (→ chi fossimo) e il dolce maestro cominciò a dire “Mantova…” e l’anima, tutta raccolta in sé,
73 – 75 → balzò verso di lui (Virgilio) dal luogo in cui prima si trovava dicendo “O mantovano, io sono Sordello e vengo dalla tua terra” e si abbracciavano l’un l’altro.
76 – 78 → Ahi, Serva Italia (perché priva di una guida costituita dall’imperatore), sede di dolore, nave in mezzo ad una grande tempesta priva di un nocchiere, non signora dei popoli ma luogo di corruzione!
79 – 81 → Quell’anima nobile (Sordello) fu così pronta a fare al suo concittadino grandi festeggiamenti, qui in paradiso, al semplice suono (al semplice nominare) della sua terra.
82 – 84 → e ora in te i tuoi abitanti (gli italiani) si trovano in lotta e tra di loro (all’interno della stessa città) si rammaricano di coloro sono circondati da un muro e un fossato.
85 – 87 → Cerca, misera, lungo le coste che cingono i tuoi mari e poi guardati all’interno se alcune parti di te godono di uno stato di pace.
88 – 90 → A che cosa è servito che Giustiniano (l’imperatore) regolasse le leggi se poi manca chi le faccia rispettare? Senza il freno (→ le leggi) sarebbe minore la vergogna.
91 – 93 → Ahi persone che dovreste essere devote e lasciare sedere Cesare sulla sella (→ a far rispettare le leggi).
94 – 96 → guardate come questa ??fiera?? è ribelle, riottosa a causa del fatto che non è corretta, guidata dagli sproni da quando avete preso in mano la predella (parte della briglia che si afferra per condurre a mano il cavallo).
97 – 99 → O Alberto d’Austria, che abbandoni costei che è diventata indomabile e selvaggia, e dovresti inforcare i suoi ??arcioni??,
100 – 102 → cada un giusto castigo dal cielo sopra la tua stirpe e sia straordinario ed evidente, a tal punto che il tuo successore lo tema.
103 – 105 → Poiché tu e tuo padre avete tollerato, trattenuti per cupidigia dei possessi in Germania, che il giardino dell’impero (l’Italia), si abbandonato, devastato.
106 – 108 → Uomo privo di cura, impegno, vieni a vedere i Montecchi e i Cappelletti, i Monaldi e i Filippeschi: i primi sono già tristi e gli ultimi sono sospettosi (della rovina ormai prossima).
109 – 111 → Vieni, crudele, vieni e guarda l’oppressione dei tuoi feudatari e cura le loro colpe e vedrai com’è decaduta la contea di Santa Fiora.
112 – 114 → Vieni a vedere la tua Roma vedove e sola che piange e giorno e notte grida: “Cesare mio, perché non stai con me?”
115 – 117 → Vieni a vedere la gente quanto si ama (ironico)! E nessuna pietà di noi questo ti scatena, curati almeno della tua fama, di cui tu ti vergogneresti (se venissi qui in Italia).
118 – 120 → E se mi è permesso chiederlo, o sommo Giove (Cristo) che per noi in terra venisti crocifisso, la tua giustizia si è allontanata da noi?
121 – 123 → O forse è preparazione, nell’abisso inesplorabile della tua mente, di un qualche bene imprevedibile, lontano dalla nostra capacità di comprendere?
124 – 126 → perché le città italiane sono tutte piene di tiranni e ogni villano che si pone a capo di una fazione si atteggia a ribelle dell’autorità imperiale??.
127 – 129 → Firenze mia, puoi essere assai contenta di questa digressione che non riguarda te, grazie al tuo popolo che si ingegna a provvedere alla tua pace.
130 – 132 → Molti hanno in cuore il senso della giustizia, ma la manifestano tardi per non parlare senza riguardo, ma il tuo popolo parla sempre di giustizia.
133 – 135 → Molti rifiutano gli uffici pubblici, ma il tuo popolo risponde anche senza essere stato chiamato, e grida “Io mi rimbocco le maniche!”
136 – 138 → Ora ti rende felice, perché tu ne hai giusto motivo: tu ricca, tu caratterizzata da pace e da giudizio. Che io dica il vero, i fatti non lo nascondono.
139 – 141 → Atene e Sparta, che fecero le antiche leggi e furono così ben ordinate, fecero ben poca cosa per la convivenza tra i cittadini,
142 – 144 → rispetto a te, che prendi provvedimenti tanto sottili, che a metà novembre non arriva ciò che tu fili ad ottobre.
145 – 147 → Quante volte, relativamente a quanto ti ricordi, leggi, denaro, cariche di governo, usi, e cittadinanze hai cambiato!
148 – 151 → E se ben ricordi e vedi chiaro, ti vedrai somigliante a quell’inferma che non riesce a trovare pace sulle piume ma col cambiare posizione cerca sollievo al suo dolore.

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