Petrolio e Carbone

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Testo

Marco Merli III A liceo classico Liceo “G. Peano”

Approfondimento:
PETROLIO E CARBONE
ORIGINI, COMPOSIZIONE CHIMICA, GIACIMENTI ED UTILIZZAZIONI

Petrolio: presentazione generale
Il petrolio è un insieme di sostanze naturali che si trovano normalmente associate alle rocce sedimentarie e derivano dalla trasformazione/decomposizione di sostanze organiche che, anzichè essere distrutte dai normali processi naturali, si conservano e si accumulano nel sottosuolo per milioni di anni all'interno delle rocce sedimentarie stesse che via via si formano.

Petrolio: composizione chimica
Il petrolio si presenta come un liquido oleoso più o meno denso, infiammabile, di colore variabile da giallastro a nero; è una sostanza naturale ed è composta prevalentemente da idrocarburi. Questi sono composti chimici formati esclusivamente da carbonio e idrogeno e, in base alle proporzioni tra questi due elementi e alla struttura molecolare che formano, gli idrocarburi si dividono in diverse serie:
IDROCARBURI SATURI
- le paraffine( o alcani). Questi idrocarburi sono detti anche saturi in quanto le loro molecole sono incapaci di incorporare altri atomi di idrogeno dal momento che la natura dei loro legami è di tipo semplice. Questo tipo di idrocarburo forma catene lineari, ramificate o degli anelli. Le paraffine con molecole contenenti da 5 a 15 atomi di carbonio sono liquide a pressioni e temperature ambiente. Al di sopra di 15 atomi sono estremamente viscose se non addirittura solide; si conoscono delle paraffine con oltre 40 atomi di carbonio.
- il metano (CH4), che è il principale gas naturale.
- l'etano (C2H6)
- il propano (C3H8) e il butano (C4H10). Il propano e il butano possono essere liquefatti a basse pressioni e vanno a formare quello che è chiamato GPL (Gas Pressure Low) o LNG.
IDROCARBURI NON SATURI
Gli atomi di carbonio hanno almeno un legame doppio; tra queste possiamo avere l'isoprene che è un gruppo caratteristico senza anelli, con un gruppo metilico (CH3), di cui fa parte il fitolo che costituisce una catena laterale della molecola della clorofilla.
Infine abbiamo la serie degli aromatici che sono caratterizzati dalla presenza di un anello aromatico.
Una caratteristica molto importante del petrolio è la sua densità che come abbiamo visto dipende dalla quantità e qualità dei legami degli atomi di carbonio. Normalmente gli olii sono più leggeri dell'acqua, quindi galleggiano, ma non è sempre così, vi sono anche olii che affondano. La densità del petrolio influisce infatti anche sulla sua estrazione dal giacimento e sulla relativa raffinazione, poiché è ovvio che più il petrolio è denso e più sarà difficile estrarlo e raffinarlo. La densità si misura in gradi API (American Petroleum Institute) e si definiscono olii pesanti quelli con un API minore di 25 (peso specifico superiore a 0,9) e olii leggeri con API maggiore di 40 (peso specifico minore di 0,83) perfetti per fare la benzina.
L'obbiettivo principale della ricerca del petrolio è la localizzazione del giacimento, ossia di un volume circoscritto del sottosuolo dove il petrolio possa essersi accumulato e conservato nel corso dei tempi geologici. Ma vediamo esattamente cos'è il petrolio e perchè si trova sotto terra, anche a svariati Km di profondità: come prima cosa va detto che il petrolio, così come il carbone, è un combustibile fossile non rinnovabile dal momento che ha origine da sostanze organiche che, anzichè essere distrutte dai normali processi ossidativi o da altri agenti naturali (animali/batteri), si conservano e si accumulano nel sottosuolo per milioni di anni.
Petrolio: origini
Le sostanze che formano esseri viventi, animali e vegetali, sono i composti del carbonio e permettono lo svolgimento dei processi vitali; la loro trasformazione poi da vita al petrolio; quindi senza esseri viventi non vi sarebbe petrolio. Con la prima grande esplosione della vita, circa 1 miliardo di anni fa, il carbonio inizia ad essere fissato (mediante il processo di fotosintesi) nelle piante e poi negli animali; dopo la loro morte questo "carbonio organico" è stato in massima parte ossidato e restituito all'atmosfera sotto forma di CO2.
La piccolissima parte di carbonio (circa lo 0,01-0,1%) che da vita alla seconda parte del ciclo del carbonio è quella che riguarda direttamente la formazione del petrolio. Per sfuggire all'ossidazione il carbonio organico quindi non deve entrare in contatto con la geosfera, in particolare deve essere protetto dall'ossigeno. Per questo si preserva solamente nei sedimenti deposti in ambiente acquatico dove il tenore di ossigeno è basso ed è per questo che il petrolio si ritrova praticamente solo nelle rocce sedimentarie.
Il principale produttore di carbonio organico è il fitoplancton (diatomee, dinoflagellati, nonnoplancton,..), mentre il contributo degli organismi più grandi, come i pesci e gli animali terrestri, è praticamente trascurabile. Una quantità rilevante viene fornita anche dai vegetali che sono più resistenti all'alterazione e quindi hanno più tempo a disposizione per trovare un ambiente di deposizione favorevole al loro preservamento, ma in genere questi danno vita a dei depositi di carbone.
Se le condizioni sono favorevoli si può formare una "roccia madre", ossia una roccia che contiene concentrazioni di carbonio organico tali da poter produrre successivamente del petrolio in quantità apprezzabili (almeno lo 0,5% per le rocce detritiche, e lo 0,3 % per quelle carbonatiche). Gli ambienti di sedimentazione più favorevoli perchè una roccia possa diventare "madre" sono quelli vicino alle coste, dove l'apporto di sostanze organiche è maggiore, e quelli dove le acque sono tranquille così da permettere la sedimentazione di particelle fini come lagune, estuari e scarpate continentali.

La trasformazione della sostanza organica in petrolio è una conseguenza della subsidenza attraverso la quale i sedimenti carichi di sostanza organica, subiscono uno sprofondamento verso condizioni di temperature e pressioni crescenti. Condizioni che già a circa 1 Km di profondità e ad una temperatura di almeno 60 C° avviano il processo di diagenesi, attraverso il quale i sedimenti diventano roccia e in questo caso roccia madre. Il processo di sprofondamento può anche continuare passando alla catagenesi, continuando nella metagenesi e fino ad arrivare ad un vero e proprio metamorfismo per profondità superiori ai 6-7 Km e temperature di oltre 200°C.
Durante la diagenesi il sedimento e la materia organica, prevalentemente composta da lipidi, proteine e carboidrati (con lignine e tannini per i vegetali), subiscono una compattazione a causa dalla pressione ed un aumento di temperatura che favorisce i batteri presenti nel terreno a "fermentare" la sostanza organica producendo CO2 (anidride carbonica) e CH4 (metano); quest'ultimo a volte può formare i famosi gas di palude, detto metano biogenico. Al termine della diagenesi la sostanza organica è in parte ossidata, in parte riciclata dai microrganismi, in parte è stata fermentata e ha formato il metano biogenico e in parte infine si è trasformata in Kerogene, geopolimero complesso progenitore del petrolio. Tra i prodotti finali della diagenesi si può trovare anche il carbone che è formato da materiale vegetale come le torbe e le ligniti che hanno però un basso tenore calorifico.
Con l'incremento della temperatura si passa alla fase di catagenesi dove il kerogene passa allo stato amorfo in macromolecole formate principalmente da carbonio ed idrogeno, con una piccola percentuale di ossigeno, zolfo e azoto. Aumenta ancora la temperatura e il kerogene continua a trasformarsi eliminando dalla macromolecola le molecole più leggere, e relativamente ricche di O e H, assumendo una struttura via via più ordinata e stabile.

A seconda della struttura si può stabilire una scala di maturazione del Kerogene, che sarà in rapporto con la formazione del petrolio, in grado di fornire indicazioni sulla quantità e qualità del petrolio che esso può aver prodotto nelle fasi successive.
La fase finale della catagenesi è quella dove il kerogene completa la sua maturazione (a circa 150°C e diversi Km di profondità con pressioni di circa 1000 Atm. ). Qui avviene infatti il processo di cracking, indotto dal solo aumento di temperatura. Durante questa fase il kerogene subisce la rottura della macromolecola originale formando molecole di bitume (petrolio) e di gas che, essendo molto meno dense della macromolecola di partenza, tenderanno a migrare verso l'alto e ad accumularsi laddove troveranno delle barriere rocciose impermeabili (trappole).
Il kerogene rimanente si arricchirà sempre più in carbonio, con un numero sempre minore di atomi suscettibili di rottura. Quindi ad un certo punto non sarà più in grado di produrre petrolio anche se potrà produrre discrete quantità di metano e condensati (composti leggeri in forma gassosa nel sottosuolo e liquidi alle condizioni ambientali).
Come vediamo la produzione di petrolio avviene tra due temperature: una minima di circa 60°C, in cui inizia la fase di diagenesi al cui termine si genera il kerogene, ed una massima tra i 100°-150°C, in cui il kerogene subisce il fenomeno di cracking. Queste sono due soglie termiche che delimitano la cosidetta finestra dell'olio, ossia l'intervallo di profondità e temperatura in cui la roccia madre produce la massima quantità di petrolio.
Alla soglia del metamorfismo (circa 5-6 Km di profondità e temp di circa 200°) il kerogene diventa un residuo carbonioso grafitico. Va da sè che nelle condizioni di metamorfismo non esiste possiblità alcuna di generare petrolio.

Petrolio: importanza oggi
Il petrolio ha conservato fino alla fine del secolo scorso un ruolo assai marginale nel campo dell'economia. È a partire dal 1859 che si entrò nella prima fase di sfruttamento industriale. Il passo decisivo fu rappresentato dall'affermazione dell'automobile: nel 1910, gli USA producevano già 200.000 veicoli a motore, fatto che aprì grandi prospettive all'industria petrolifera. Da allora, lo sviluppo dell'industria petrolifera seguì di pari passo la diffusione della motorizzazione: alle auto e alle navi seguirono gli aerei, le motrici ferroviarie, le macchine agricole ecc. La produzione, pari a ca. 20 milioni di t nel 1900, ammontava già nel 1929 a 206 milioni di t e si portò a 467 nel 1949. Nel 1958, il greggio prodotto raggiungeva globalmente i 900 milioni di t e superava i 1300 milioni di t nel 1965 (non compresa l'Europa orientale). Il segno dello sviluppo negli impieghi del petrolio è dato dal fatto che in campo energetico il petrolio è passato dal 6% al 32% della copertura del fabbisogno mondiale tra il 1920 e il 1960. Le riserve finora accertate ammonterebbero a circa 90 miliardi di t; il che significa che, al ritmo attuale di sfruttamento (basato sulla produzione del 1985), le disponibilità si esaurirebbero nel volgere di 30 anni. Tuttavia, le riserve stimate ammonterebbero a ca. 130/230 miliardi di t, disperse in piccoli giacimenti, e in oltre 750 miliardi di t, sotto forma di sabbie bituminose e di scisti bituminosi recuperabili solo per il 5/10%.

Carbone: dove e come si forma, classificazione
Il carbone fossile è noto come combustibile fino dall'antichità, come è accaduto per il petrolio, ma è solo dal 1700 che è divenuto una fonte primaria di energia, sostituendo il legno soprattutto in Gran Bretagna con la famosa Rivoluzione Industriale.
I carboni sono delle vere e proprie rocce sedimentarie e sono costituiti dai resti di accumuli vegetali, modificati dalle pressioni e temperature che si trovano in profondità nella crosta, e come nel caso del petrolio, anche il carbone nasce attraverso una progressiva eliminazione, dai resti vegetali, di componenti come idrogeno e ossigeno con un conseguente arricchimento indiretto di carbonio che lo portano a diverse litologie a seconda della percentuale di carbonio presente.
Quindi le zone più favorevoli per la formazione di depositi organici vegetali sono le pianure costiere, le lagune, gli acquitrini delle alte latitudini, come in Russia, Canada, Nord Europa, dove il clima freddo rallenta la decomposizione, ma anche in regioni calde umide che favoriscono la crescita di vegetali. Quando questi accumuli vengono sepolti, inizia la fase di formazione del carbone che inizialmente sarà un fitto intreccio di resti vegetali chiamato torba dove le condizioni anaerobiche dell'ambiente impediscono l'ossidazione e la decomposizione batterica. Possiamo anche avere la formazione del sapropel, cioè una fanghiglia originata da depositi di organismi planctonici, materiali argillosi e resti di piante superiori in acque stagnanti come nel Mare Nero; solitamente contiene più del 10% di materia organica e può essere finemente laminato.
Con l'aumentare della profondità aumenta anche la temperatura e il materiale organico subisce una maturazione, cioè una eliminazione graduale dei componenti, in particolare ossigeno ed idrogeno, aumentando sempre più la quantità di carbonio, passando dalle torbe alle ligniti, ai litantraci fino alle antracite, dove il contenuto di carbonio raggiunge il 95% e quindi il suo potere calorifico è molto più alto; è per questo che le antraciti sono il tipo di carbone più pregiato. Se il materiale subisce una ulteriore eliminazione delle particelle rimarrà solo carbonio puro che da vita alla grafite che non trova un impiego come combustibile.
Il processo che porta dalla pianta vegetale alla formazione di antracite naturalmente è lunghissimo e può richiedere diversi milioni di anni, se non centinaia di milioni per la sua attuazione. Nel caso che movimenti tettonici riportino il materiale in superficie il processo di maturazione del carbone si arresta immediatamente e il materiale inizia a degradarsi. Questo rappresenta infatti un problema nelle cave a cielo aperto o in miniere a bassa profondità.
La relazione fra la distribuzione dei vari tipi di carbone e le età delle rocce che lo contengono è molto regolare. Lo stadio di lignite si ritrova infatti sempre in depositi di età Cenozoica, mentre le antraciti si trovano in terreni del Paleozoico. Questa distribuzione è ovviamente in relazione al tempo necessario perché le varie fasi di maturazione si completino. Si è notato anche una correlazione molto interessante fra sito geografico e gli EOA, cioè eventi anossici (diminuzione dell'ossigeno). Infatti si incontrano tre distinti e ben definiti intervalli temporali: Barremiano-Aptiano (da 120 a 110 milioni di anni fa), Cenomiano-Turoniano (da 97 a 90 milioni di anni fa), e Coniaciano-Santoniano (86 a 83 milioni di anni fa) in cui si ritrovano sedimenti neri e bituminosi ricchi di materia organica chiamati black shale. Secondo recenti ricerche (Jenkyns 1980) questi intervalli individuano degli eventi durante i quali le acque dei mari erano impoverite di ossigeno con un conseguente arricchimento nella deposizione di materia organica; questi eventi sarebbero anche in relazione con i grandi eventi di trasgressione marina. Un innalzamento del mare infatti provocherebbe l'invasione delle pianure da parte dell'acqua e quindi un aumento di materiale organico disponibile, e la conseguente consuzione batterica favorirebbe lo sviluppo di acque poco ossigenate.
In quest'ottica si capisce che la distribuzione di questo materiale è avvenuta in quei grandi bacini dove l'età delle rocce è molto antica e che adesso sono emersi, come in Australia o come in Antartide che un tempo doveva essere molto ricca di vegetali e animali e che ora si ritrovano in depositi di carbone o petrolio. In Italia si trovano solo modesti giacimenti di lignite e apparentemente la causa va ricercata nella giovane età delle nostre rocce e delle continue sollecitazioni tettoniche che avvengono nella zona mediterranea, essendo posta tra la zolla Euroasiatica e quella Africana.
Come abbiamo visto per il petrolio, anche il carbone è una fonte di energia non rinnovabile, ma i depositi di questo materiale sono molto superiori a quelli di petrolio e si stima che fino ad ora si sia sfruttato solo il 10% delle scorte iniziali.

Carbone: campi di applicazione
Il carbone è utilizzato in molti settori, ma i principali sono nella produzione di energia elettrica, nell’industria dell’acciaio e del cemento e nell’approvvigionamento termico dei vari processi industriali. Oltre il 39% della produzione mondale di energia elettrica è basata sul carbone e circa il 70% della produzione mondiale dell’acciaio dipende dal carbone.

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