le origini della genetica

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Categoria:Biologia

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Testo

1. Le origini della genetica
Fin dall'antichitа l'uomo si era reso conto che certi caratteri sono ereditari, cioи si trasmettono dai genitori ai figli: и molto probabile, per esempio, che da genitori con gli occhi azzurri nascano bambini con gli occhi azzurri; o che da genitori biondi nascano bambini biondi.
L'ereditarietа dei caratteri veniva anche sfruttata dagli agricoltori e dagli allevatori per selezionare razze di piante o di animali aventi le caratteristiche desiderate (per esempio alberi che producessero frutta molto abbondante o cavalli che fossero particolarmente veloci nella corsa). Mancava, tuttavia, una teoria che spiegasse in maniera soddisfacente il meccanismo dell'ereditarietа.
Comunemente, si pensava che i caratteri dei genitori si mescolassero nei figli: questi, infatti, molto spesso presentano caratteristiche intermedie fra quelle dei genitori (da un gatto nero e da una gatta bianca nascono, per esempio, gattini grigi). Vi sono perт anche casi in cui ciт non si verifica: dall'unione di due gatti grigi puт nascere, per esempio, un gattino bianco; da un uomo e una donna che hanno entrambi occhi neri puт nascere un bambino con gli occhi azzurri; e cosi via.
Nel secolo scorso, il problema dell'ereditarietа fu affrontato per la prima volta con rigore scientifico dall'abate boemo Gregor Johann Mendel. Nel 1865 egli pubblicт i risultati di pazienti esperimenti, da lui stesso condotti nella quiete del monastero di Brno (nell'attuale Cecoslovacchia), su delle piante di pisello. Il lavoro di Mendel, del quale ci occuperemo nei prossimi paragrafi, passт del tutto inosservato fra i suoi contemporanei. Solo alcuni decenni piщ tardi (intorno al 1900) esso fu "riscoperto" e il suo autore venne giustamente riconosciuto come il fondatore di una nuova scienza: la genetica (cioи quel ramo della biologia che studia il modo in cui si trasmettono i caratteri da una generazione alla successiva).
2. Gli esperimenti di Mendel...
Gli esperimenti di Mendel erano di una straordinaria semplicitа. Per comprendere il meccanismo dell'ereditarietа, egli prese in esame alcuni caratteri ereditar! delle piante del pisello. Esistono molte varietа di tali piante: esse possono essere alte o basse, avere i fiori bianchi o rossi, i semi verdi o gialli, rugosi o lisci e cosм via. Uno degli esperimenti di Mendel riguardava il colore dei fiori: vediamo come egli procedette.
Innanzi tutto, Mendel selezionт delle piante di razza pura a fiori rossi e delle piante di razza pura a fiori bianchi (le piante di razza pura sono quelle che, riproducendosi, danno sempre luogo, anche dopo molte generazioni, a discendenti simili a se stesse). Incrociando piante delle due razze, Mendel costatт che si sviluppavano sempre piante a fiori rossi. Per tale ragione, egli notт che il carattere "fiori rossi" si affermava su quello "fiori bianchi": quindi lo chiamт dominante, mentre chiamт recessivo il carattere "fiori bianchi", che sembrava essere scomparso. Andando a-vanti nei suoi esperimenti, Mendel incrociт fra loro gli ibridi (cioи le piante a fiori rossi
ottenute con i primi incroci), in cui il carattere "fiore rosso" era dominante sul carattere "fiore bianco", e notт che non tutti i discendenti avevano i fiori rossi. Eseguendo un gran numero di incroci, risultт, infatti, che il colore bianco dei fiori riappariva in circa un quarto delle nuove piante. L'analisi degli altri caratteri delle piante rivelт che essi si trasmettevano da una generazione all'altra nello stesso modo: per esempio, il carattere "semi gialli" era dominante rispetto a quello antagonista "semi verdi"; il carattere "pianta alta" era dominante rispetto a quello "pianta bassa"; il carattere "semi lisci" era dominante rispetto a quello "semi rugosi".
Mendel riassunse i risultati delle sue osservazioni in due leggi.
1) Da incroci fra piante che presentano caratteri antagonisti, nascono piante in cui compare uno solo dei due caratteri, ossia quello detto dominante (I legge di Mendel o dell'uniformitа degli ibridi della prima generazione).
2) Nelle piante di seconda generazione, i due caratteri compaiono separati nel rapporto costante di 3:1 (II legge di Mendel o della disgiunzione dei caratteri nelle generazioni successive).
Va notato che questa seconda legge и di tipo statistico. Essa и verificata con precisione tanto maggiore quanto piщ numerosi sono gli incroci che vengono effettuati: se questi sono pochi, non и detto che nelle piante di seconda generazione i due caratteri compaiano nel rapporto di 3:1.
3. ...e la loro interpretazione
Fu Mendel stesso a interpretare le leggi che aveva stabilito.
Egli suppose che ogni carattere dipendesse da una coppia di "fattori", ciascuno dei quali sarebbe stato ereditato da uno dei due genitori della pianta, e indicт con le lettere dell'alfabeto questi fattori o caratteri ereditar!: con una lettera maiuscola quelli corrispondenti ai caratteri dominanti, con una minuscola quelli recessivi. Per esempio, "A" rappresenta il carattere dominante "fiori rossi", "a" quello recessivo "fiori bianchi".
Se una pianta possiede la coppia di fattori "aa" avrа fiori bianchi; se possiede la coppia di fattori "AA" avrа fiori rossi; se possiede la coppia di fattori "Aa" avrа ancora fiori rossi, perchй il carattere "A", dominante, si impone su quello "a", recessivo.
Incrociando due piante di razza pura a fiori rossi (AA) e a fiori bianchi (aa) si ottengono ibridi (Aa), che avranno fiori rossi (I legge di Mendel).
Se gli ibridi vengono, a loro volta, incrociati fra loro, i fattori "A" e "a" si possono incrociare in quattro modi diversi (vedi la tabella qui sotto).
Tra di queste combinazioni (AA, Aa e Aa) daranno luogo a piante a fiori rossi, mentre una soltanto (aa) a piante a fiori bianchi. Ciт spiega perchй negli ibridi di seconda generazione М caratteri "fiori rossi" e "fiori bianchi" tendano a comparire nel rapporto 3:1 (II legge di Mendel).
Si comprende, d'altra parte, che questa legge и valida solo in senso statistico: infatti, i fattori "A" e "a" si combinano fra loro in maniera casuale e non и perciт detto che i discendenti che possiedono la coppia "aa" (che da luogo ai fiori bianchi) siano esattamente 1/4 del totale.
Quelli che Mendel chiamava " fattori " vengono oggi detti geni. E si sa che essi regolano i fenomeni dell'ereditarietа non soltanto nelle piante, ma in tutti gli esseri viventi. C'и, tuttavia, da notare che non sempre la trasmissione dei caratteri avviene in una maniera cosм chiara come negli esperimenti di Mendel. Mendel aveva avuto l'accortezza di scegliere per le sue ricerche dei caratteri ben netti, che non presentavano sfumature intermedie: il colore dei fiori di pisello puт essere rosso o bianco, ma non и mai rosa; il colore dei semi di questa pianta и verde o giallo, ma non verdastro o giallastro. Esistono perт anche caratteri (e sono, anzi, la maggioranza) che non si distinguono in maniera cosi netta: il colore dei nostri capelli puт, per esempio, essere nero, castano, biondo, con una infinitа di sfumature intermedie. Lo stesso dicasi per il colore degli occhi o della pelle.
Come interpretare una variabilitа cosi graduale? Questi caratteri si trasmettono con lo stesso meccanismo degli altri: l'unica differenza и che essi dipendono da numerosi geni e non da due soltanto. Le sfumature intermedie discendono dal fatto che gli effetti dei vari geni ereditati dal padre e dalla madre si sommano variamente fra loro.
4. Lo sviluppo della genetica da Mende! a Watson e Crick
II legame fra genitori e figlio и costituito, come sapete, da due sole cellule (gameti), la cellula germinativa femmmile quella maschile, chiamate rispettivamente uovo e spermatozoo. I geni, dai quali dipende la trasmissione dei caratteri ereditari, devono dunque essere contenuti nell'uovo e nello spermatozoo. Ma in quali parti di queste cellule essi sono localizzati? E di quali sostanze sono fatti?
Le risposte a questi interrogativi, essenziali per lo sviluppo della biologia, sono state il risultato di un lavoro di ricerca durato circa un secolo. Qui di seguito ne riassumiamo le principali tappe:
1865: Mendel formula le famose leggi che portano il suo nome; la natura dei "fattori" (geni), portatori del patrimonio ereditario che si trasmette dai genitori ai figli, resta perт ancora misteriosa.
1868: Friedrich Miescher scopre, nel nucleo delle cellule, l'acido desossiribonucleico, il cosiddetto DNA (vedi volume primo, pag. 87); a questa scoperta non si attribuisce, tuttavia, una particolare importanza.
1880: alcuni biologi, fra i quali il tedesco Walther Flemming, scoprono che il materiale filamentoso, presente nel nucleo di una cellula, si condensa, formando minuscoli "bastoncini" (cromosomi), quando la cellula sta per riprodursi.
1902: l'americano William Sutton suggerisce che i geni siano localizzati nei cromosomi (teoria cromosomica dell'ereditarietа).
1944: Oswald Avery conferma sperimentalmente l'ipotesi di Sutton e dimostra che i geni sono costituiti da pezzi di molecole di DNA (vedi Invito alla riflessione, alla fine del capitolo).
1953: James Watson e Francis Crick stabiliscono che la molecola del DNA puт essere immaginata come una scala a chiocciola; si dice che questa molecola ha la struttura di due eliche connesse fra loro da numerosi gradini; nel 1962, Watson e Crick vengono insigniti del premio Nobel.
La molecola di DNA и molto complessa, in
quanto e, a sua volta, costituita da un gran numero di molecole piщ piccole, che formano una specie di scala attoreigliata a spirale. I lati esterni di questa scala sono formati da molecole di zuccheri e di fosfati. I gradini consistono, invece, di molecole di quattro sostanze diverse, chiamate rispettivamente "adenina", "guanina", "citosina" e "timina" (indicate, piщ brevemente, con le iniziali A, G, C e T). In queste quattro sostanze (le cosiddette basi) si nasconde il mistero dell'ereditarietа: ogni gene, infatti, и costituito da un certo numero di gradini della scala del DNA, ovverosia da una particolare sequenza di basi.
Vedremo piщ avanti (nella Scheda 1) come queste catene di basi contengano le istruzioni che determinano i vari caratteri di un individuo.
5. Mutazioni ed evoluzione
Quando una cellula si riproduce, essa trasmette alle cellule figlie il proprio DNA.
A volte accade che in questo processo si ve-rifichi un "errore", cioи che le molecole di DNA delle nuove cellule siano leggermente diverse da quelle possedute dalla cellula madre. In questo caso si dice che и comparsa una mutazione.
Se la mutazione si и verificata in una cellula germinativa (uno spermatozoo o un uovo), essa si trasmetterа a tutte le cellule del nuovo organismo. Di solito, le mutazioni sono dannose e portano alla nascita di individui che presentano gravi menomazioni o, addirittura, non sono in grado di sopravvivere. Puт, tuttavia, accadere che una mutazione sia favorevole: in questo caso, l'individuo sarа avvantaggiato nella lotta per l'esistenza e avrа maggiori probabilitа di generare una discendenza. E questa discendenza erediterа il nuovo carattere.
Mutazioni e selezione naturale sono il meccanismo che ha determinato l'evoluzione. Per chiarire meglio la cosa, ritorniamo su un esempio che abbiamo giа fatto l'anno scorso. I batteri di una certa specie sono uccisi dagli antibiotici. Tuttavia, a causa di una mutazione, in una popolazione di tali batteri ve ne puт essere uno che и dotato di una particolare resistenza a questi medicinali. Se i batteri vengono in contatto con un antibiotico, essi
moriranno tutti eccetto quello "resistente": esso soltanto avrа la possibilitа di riprodursi, dando origine a discendenti che, probabilmente, erediteranno il carattere favorevole (la resistenza agli antibiotici). Si svilupperа cosм una nuova popolazione di batteri in grado di sopravvivere al trattamento antibiotico.

Esempio