Isolamento e sequenziamento del DNA

Materie:Appunti
Categoria:Biologia

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ISOLAMENTO E SEQUENZIAMENTO DEL DNA

Per studiare il DNA, bisogna in primo luogo avere il DNA in forma pura. Attualmente, esistono tecniche rapide ed efficienti che consentono di estrarre e purificare il DNA da qualunque tipo di cellula. Quando il nostro obbiettivo è di isolare un gene sconosciuto o sequenziare (cioè individuare l'esatta successione dei nucleotidi) un frammento di acido nucleico, l'unica via è quella di prelevare il DNA cellulare. Viceversa, se ho bisogno di un tratto di DNA particolare di cui conosco la sequenza, posso anche sintetizzarlo chimicamente in laboratorio. In ogni caso, quando ho un frammento di DNA posso sempre stabilirne l'identità o per ibridazione (appaiamento) con sonde note e rilevabili (molecole di DNA complementare legate ad un marcatore radioattivo o fluorescente) o per sequenziamento. Attualmente, il sequenziamento del DNA si può eseguire in macchine specializzate, estremamente affidabili, dette sequenziatori automatici. Basta inserire un campione con il DNA da analizzare!
e, in breve, si può ottenere il risultato voluto.**LINK PROG GEN**
AMPLIFICAZIONE DEL DNA: Il metodo più rapido ed economico per ottenere molte copie di una sequenza di DNA è la reazione a catena della polimerasi (PCR). Si tratta di un sistema in vitro, cioè che non prevede l'uso di cellule, basato sull'attività di un enzima particolare: la Taq polimerasi. Le polimerasi sono enzimi in grado di legare in successione ordinata i nucleotidi (i mattoncini che costituiscono il DNA) e di costruire quindi filamenti di complementari ad un primo filamento che fa da stampo. La Taq polimerasi (a differenza di tutte le altre proteine) ha anche una particolare resistenza alle alte temperature, perché proviene da un batterio abituato a vivere in pozze d'acqua bollente (Thermophylus Aquaticus). Questa caratteristica è fondamentale perché consente di replicare il DNA in modo ciclico. Infatti, la PCR prevede che il DNA venga riscaldato per dividere i due filamenti della doppia elica, premessa indispensabile per poterlo copiare. Se la polimerasi usata non fos!
se termoresistente, ad ogni ciclo si dovrebbe aggiungere nuovo enzima per sostituire quello inattivato dal calore. In sintesi, le tappe del processo sono le seguenti:
· Denaturazione del DNA per riscaldamento a 90°C
· Appaiamento con corti frammenti complementari per avviare la replicazione del tratto prescelto (70°C circa)
· Sintesi dei filamenti complementari ad opera della Taq polimerasi
Ripetendo più volte (in genere da 20 a 50) questa serie di operazioni, si riesce ad ottenere tutto il materiale che può servire per le analisi di laboratorio. In teoria, ciò è possibile anche partendo da una sola molecola di DNA.**LINK DIAGNOSI PCR**
ENZIMI DIRESTRIZIONE: Gli enzimi di restrizione sono una famiglia di proteine prodotte dai batteri a scopo difensivo. Il loro ruolo naturale è quello di intercettare e distruggere il DNA dei virus che infettano i batteri (detti batteriofagi). Infatti, questi enzimi sono capaci di tagliare il DNA come farebbe una forbice con un nastro. Le incisioni avvengono in corrispondenza di particolari sequenze, caratteristiche per ogni enzima, presenti in più punti del genoma e distribuite in modo casuale. In laboratorio gli enzimi di restrizione vengono usati per tagliare il DNA (proveniente da una qualunque fonte) in pezzi abbastanza piccoli da poter essere separati. I frammenti particolarmente interessanti possono poi essere riconosciuti, recuperati e inseriti in un vettore di trasferimento (vedi sotto).
VETTORI DI TRASFERIMENTO: Per trasferire il DNA da una cellula ad un'altra, uguale o diversa, si possono sfruttare navette dette "vettori". I vettori più usati sono i plasmidi (solo per batteri e lieviti) e i virus (per batteri, lieviti, cellule vegetali e animali).
Plasmidi. Sono molecole di DNA circolare naturalmente presenti nelle cellule di batteri e lieviti. I plasmidi sono in grado di spostarsi tra microorganismi della stessa specie o di specie affini, soprattutto se posti in condizioni ambientali particolarmente disagevoli (presenza di antibiotici, mancanza di sostanze nutrienti ecc.). Per un microorganismo avere un plasmide di solito è vantaggioso perché i geni in esso contenuti lo aiutano a sopravvivere. In laboratorio, con l'aiuto degli enzimi di restrizione, si possono inserire in un plasmide uno o più geni (di qualunque provenienza). Il plasmide modificato può essere poi assorbito da un microorganismo che acquisterà nuove caratteristiche.

Virus.I virus sono costituiti da un involucro di proteine di ridottissime dimensioni al cui interno è racchiuso il DNA virale contenente solo le informazioni essenziali. Per questo motivo, i virus non sono veri e propri esseri viventi: non sono completamente indipendenti e non possono riprodursi da soli. Infatti, per moltiplicarsi un virus deve infettare una cellula, intrufolarsi nel suo genoma e usarne le proteine per copiare centinaia di volte il proprio DNA. In seguito, ogni copia del DNA virale viene racchiusa in un involucro di proteine virali (detto capside) a dare tanti virus-figli che alla fine fanno esplodere la cellula. Capita, a volte, che il DNA della cellula e il DNA del virus si scambino alcuni geni in modo casuale. In laboratorio è possibile pilotare questo fenomeno, noto come ricombinazione, per trasferire geni particolarmente interessanti nelle cellule. Per far ciò, si sostituiscono alcuni geni del virus con geni utili, di qualunque provenienza, e un gene ma!
rcatore per verificare l'avvenuto trasferimento. Il virus modificato è ancora in grado di infettare la cellula, ma, anziché sfruttarla e distruggerla, la arricchisce delle nuove caratteristiche desiderate.
TRASFORMAZIONE:Consiste nel trasferire un tratto di DNA, contenente uno o più geni, in una cellula ricevente. E' importante sottolineare che i geni trasferiti possono provenire da una qualunque fonte e che è quindi possibile ottenere ibridi che mai sarebbero comparsi in natura. In laboratorio è possibile saltare gli ostacoli imposti dall'incompatibilità genetica tra specie diverse! Dopo la trasformazione la cellula manterrà tutte le sue caratteristiche, a cui si aggiungeranno quelle dovute ai nuovi geni. In alcuni casi, il DNA trasferito è scelto appositamente per uccidere un gene normalmente presente nel genoma della cellula ricevente. La cellula trasformata presenterà allora tutte le caratteristiche originarie meno una.
TRASFORMAZIONE DI MICROORGANISMI. Inserire DNA estraneo in batteri e lieviti è piuttosto semplice. Di solito, si usano plasmidi costruiti su misura, contenenti il gene d'interesse associato ad un gene marcatore, essenziale alla fine per individuare le cellule effettivamente trasformate. In opportune condizioni, i plasmidi modificati vengono assorbiti dai microorganismi che acquistano di conseguenza le caratteristiche desiderate.
TRASFORMAZIONE DI CELLULE ANIMALI. Nel caso di animali pluricellulari si può trasferire DNA estraneo in cellule somatiche, cioè provenienti da una qualunque parte del corpo, e mantenerle poi in cultura, oppure in cellule germinali (ovulo fecondato), per ottenere animali transgenici.
Vettori virali. Il pezzetto di DNA con il gene d'interesse ed un gene marcatore viene inserito nel DNA di un virus animale. Il virus veicola il DNA modificato nel nucleo della cellula che inizierà a manifestare le nuove proprietà e sarà in grado di trasmetterle alle cellule figlie. I virus non sono tutti uguali, ma devono essere scelti in relazione al tipo di cellula che vogliamo trasformare. I più usati sono SV40 per le cellule di scimmia, il BPV-1 per le cellule di bovino, l'Herpes virus e il virus del vaiolo vaccino per i vertebrati, il Baculovirus per le cellule di insetto.
Microiniezione. Con questa tecnica il DNA estraneo viene iniettato con una microsiringa direttamente nel nucleo cellulare. L'operazione si esegue al microscopio, nucleo per nucleo.
Il trasferimento dei geni d'interesse è molto efficiente, ma richiede parecchio tempo e, soprattutto, molta abilità da parte dell'operatore. In particolare, si usa questo metodo quando la scarsità del materiale di partenza (cellula ricevente) impone un'alta efficienza di trasferimento per ottenere una resa soddisfacente (es.: trasformazione di cellule uovo).**LINK TERAPIA GENICA**LINK APPLICAZIONI IN ZOOTECNIA**
RETROVIRUS E TECNICA DELL'RNA ANTISENSO.
Premessa. Tutte le informazioni necessarie a far nascere, crescere, vivere e morire ogni cellula di un qualunque organismo sono scritte nel DNA. In condizioni normali, ogni cellula contiene le stesse informazioni in duplice copia e la stessa quantità di DNA totale, ad eccezione delle cellule germinali che ne contengono una copia sola. Il DNA totale di una cellula è detto anche genoma o patrimonio genetico ed è ereditabile, cioè viene trasmesso pressochè inalterato alle cellule figlie. Le informazioni sono scritte sulla doppia elica in un codice (codice genetico) basato sulla successione lineare di quattro tipi di elementi costitutivi, i nucleotidi (A, T, C, G). Le possibili combinazioni dei quattro nucleotidi sono virtualmente infinite, proprio come infinite sono le melodie che possono essere costruite a partire dalle sette note: ciò rende conto della straordinaria varietà degli esseri viventi. Il linguaggio a nucleotidi, però è incomprensibile per il resto della cellula. Pe!
r poter essere decifrato, il codice deve essere prima trascritto in RNA a singolo filamento e l'RNA tradotto in proteine in grado di eseguire tutti i compiti necessari alla cellula: funzionali (proteine operaie) e strutturali (proteine-mattoncino). Ciò che è importante sottolineare è che in tutti gli organismi con un patrimonio genetico a DNA si osserva la sequenza:
Retrovirus. Esistono però anche organismi dotati di un patrimonio genetico a RNA. Non sono veri e propri esseri viventi, ma virus, o meglio, retro-virus. Il prefisso "retro" è dovuto alla presenza di un particolare enzima, la trascrittasi inversa, indispensabile per convertire il loro genoma a RNA in uno identico a DNA. Infatti, come tutti i virus, il loro scopo è quello di conquistare una cellula e di intrufolarsi tra i suoi geni per riprodursi. Per poterlo fare devono prima "mimetizzarsi". In sintesi avviene che:
· Il retrovirus infetta la cellula rilasciando al suo interno il suo genoma a RNA, la trascrittasi inversa ed alcune altre proteine.
· La trascrittasi inversa legge l'RNA virale e lo trascrive come DNA a doppia elica.
· Il DNA a doppia elica si inserisce nel genoma della cellula (grazie ad un enzima detto integrasi)
· Il DNA virale viene trascritto in moltissime copie di RNA a singolo filamento.
· Gli RNA virali possono seguire due destini diversi: in parte vengono tradotti in proteine virali (necessarie a costruire l'involucro e a controllare l'assemblaggio del virus nascente), in parte vengono racchiusi così come sono nell'involucro virale.
· Infine, le particelle virali abbandonano la cellula (praticamente la loro sala parto!) e vanno alla conquista di altre cellule.
Tecnica degli RNA antisenso. In laboratorio, la trascrittasi inversa può essere usata in modo mirato in quella che viene definita "tecnica degli RNA antisenso".
Qualunque caratteristica visibile o rilevabile microscopicamente (fenotipo) di un organismo o di una cellula dipende dalla presenza di una o più proteine. Se una proteina è fatta male, il risultato più frequente è una funzione (o una struttura) alterata e, in molti casi, ciò determina l'insorgere di una malattia. Analogamente, quando un retrovirus a RNA infetta una cellula, per poterla effettivamente sfruttare deve tradurre il proprio RNA in proteine. Ogni proteina però è fatta in un certo modo perché l'RNA da cui è stata tradotta era fatto in un certo modo. Si può quindi pensare di eliminare il difetto, o di inattivare il retrovirus, introducendo nella cellula un RNA antisenso, cioè complementare all'RNA da "spegnere". Quando i due RNA a singolo filamento (senso e antisenso) si appaiano non è più possibile alcun tipo di traduzione.
Esempio: Se mostrate il palmo della mano ad una zingara, questa è in grado di leggerla e di tradurne i segni in parole. Ma se sovrapponete le due mani, che sono complementari nel senso che si adattano perfettamente l'una all'altra, ciò non sarà più possibile perché le informazioni saranno nascoste e inaccessibili.
TRASFORMAZIONE DI CELLULE VEGETALI.
Infezione con Agrobacterium.
Il metodo più noto e più comune per produrre in laboratorio varietà vegetali con caratteristiche vantaggiose sfrutta l'Agrobacterium tumefaciens. In natura, l'Agrobacterium causa, nelle piante, la malattia nota come "tumore del colletto", una moltiplicazione incontrollata delle cellule infettate entro cui il batterio si può riprodurre. Questo microorganismo contiene un plasmide che ha la capacità di trasferire un tratto del proprio DNA (T-DNA, cioè DNA che induce il tumore) in alcune piante. I biologi molecolari sono in grado di creare una popolazione di Agrobacterium che abbia nel T-DNA, al posto dei geni che causano il tumore, il gene che si desidera trasferire nella pianta. Il batterio modificato viene poi utilizzato per infettare alcuni frammenti di tessuto vegetale. Le cellule che ricevono il plasmide T iniziano a dividersi producendo calli (masserelle di cellule indifferenziate) visibili ad occhio nudo. Frammentando il callo e trattandolo con una miscela calibrata di o!
rmoni vegetali si rigenerano le pianticelle che possiedono il gene nuovo (transgeniche). Purtroppo, questo sistema rapido, semplice ed efficiente, funziona solo con piante dicotiledoni (es. pisello, fava, soia, lenticchie, ecc.) e non con le monocotiledoni, famiglia che comprende i cereali e quindi molto importante dal punto di vista economico.
Bombardamento genico. Le cellule vegetali sono particolarmente resistenti alla trasformazione perché sono rivestite esternamente da una spessa parete cellulare. Per far arrivare il DNA d'interesse fino al nucleo è quindi necessario usare le maniere forti. Nella tecnica del bombardamento genico, il DNA d'interesse viene attaccato sulla superficie di goccioline d'oro che vengono sparate ad altissima velocità contro le cellule da trasformare. Il proiettile genico arriva fin nel nucleo ed il DNA straniero si intrufola nel patrimonio genetico della cellula ricevente.
Metodo dei protoplasti. Se alle cellule vegetali tolgo la parete (con enzimi detti cellulasi) ottengo dei protoplasti. Questi sono più facili da trasformare e, alla fine, possono comunque dare origine ad una nuova piantina, anche se con qualche difficoltà in più rispetto alla cellula integra. I protoplasti possono assorbire DNA nudo, soprattutto se vengono stimolati con piccole scosse elettriche. I buchi che si formano transitoriamente nella membrana consentono al nostro DNA di entrare, di raggiungere il DNA cellulare e di integrarsi. In alternativa, si può mettere il DNA da trasferire in "sacchettini" simili per composizione alla membrana dei protoplasti (liposomi). I liposomi si fondono molto facilmente con i protoplasti e rilasciano il DNA estraneo nella cellula vegetale.**LINK APPLICAZIONI AGROALIM**
PRODUZIONE DI ANIMALI TRANSGENICI:
I primi animali transgenici prodotti erano delle "chimere" (mosaico di cellule con patrimoni genetici diversi) perché il gene estraneo veniva introdotto ad uno stadio embrionale piuttosto avanzato (embrione di otto cellule). Le fasi operative per ottenere una chimera sono le seguenti:
· In primo luogo, si introduce il gene estraneo in cellule particolari (dette embrionali staminali, ES) in grado di "colonizzare" l'embrione e contribuire alla formazione dell'animale adulto.
· Successivamente, si mischiano le cellule ES contenenti il gene estraneo con l'embrione di otto cellule: si ottiene un "embrione chimera".
· Infine, si impianta l'embrione ottenuto nell'utero di una madre adottiva che porterà a termine la gravidanza e partorirà la chimera.
Se le cellule ES avranno contribuito alla formazione delle cellule germinali (evento casuale e poco frequente), la chimera transgenica potrà trasmettere il gene estraneo ai discendenti e si avrà una linea di animali transgenici. Per aumentare la probabilità che tutte le cellule dell'animale adulto, comprese quelle germinali, contengano il gene desiderato il suo inserimento deve essere il più possibile precoce. Possibilmente subito dopo che l'ovulo è stato fecondato dallo spermatozoo. In questo caso, il gene desiderato viene microiniettato nello zigote appena formato e va ad inserirsi nel genoma cellulare. Lo zigote viene quindi trasferito nell'utero di una madre adottiva che, al termine della gestazione, partorirà il nostro animale completamente transgenico. Tutte le sue cellule deriveranno infatti da divisioni ripetute dello zigote che aveva ricevuto il nostro gene. Questa seconda tecnica è molto più efficiente della prima ed attualmente è quella più usata.**LINK FARMACI**L!
INK APPL ZOOTEC**
CLONAZIONE: Clonare significa produrre organismi (batteri, lieviti, animali, piante) geneticamente identici partendo da un solo individuo.
Batteri. I batteri si possono coltivare in laboratorio immersi in terreno (insieme di sostanze nutrienti, sali minerali e vitamine) liquido o su piastre di terreno reso solido da un addensante gelatinoso (agar). Nel terreno liquido, mentre i batteri si moltiplicano si osserva un intorbidimento omogeneo della sospensione. Se uso un terreno solido invece, le cellule figlie, derivanti da divisioni successive di un'unica cellula iniziale, restano ammassate intorno alla madre. Ne consegue che, dopo un certo numero di divisioni, sulla superficie del terreno si iniziano a distinguere chiaramente delle "isole": le colonie batteriche. Ogni colonia contiene cellule geneticamente identiche ed è quindi un clone della cellula madre. Prima dell'avvento della PCR, la clonazione batterica era l'unico metodo a disposizione degli scienziati per amplificare il DNA.
Animali. Clonare un animale pluricellulare è un po' più complicato: provateci voi a far stare una pecora in una piastra del diametro di 10 cm! Scherzi a parte, per clonare un animale sono necessari:
· Un organismo donatore che fornisca il patrimonio genetico (DNA).
· Una cellula uovo ricevente NON fecondata.
· Una femmina adulta predisposta alla gravidanza da un opportuno trattamento ormonale.
E si procede come segue:
· Al microscopio, con una micropipetta si tolgono i cromosomi (che racchiudono, strettamente attorcigliato, tutto il DNA materno) dall'ovulo non fecondato. Ciò che resta è un sacchettino pieno di leccornie, ma di per sé incapace di svilupparsi.
· A questo punto si prende la cellula donatrice e la si avvicina a ciò che resta dell'ovulo. Le due cellule si uniscono (si fondono tra loro) e, come farebbero normalmente un ovulo e uno spermatozoo, originano uno "zigote". La differenza sostanziale è che nel caso della clonazione, tutta l'informazione genetica del nostro "zigote" deriva solo dalla cellula donatrice e non dal rimescolamento dei genomi paterno e materno.
· L'embrione si forma per divisioni successive dello "zigote". Dopo un certo tempo, variabile da specie a specie, si preleva l'embrione e lo si impianta nell'utero di una madre "surrogata" che porterà a termine la gravidanza e partorirà il nostro clone.
La cellula che fornisce il DNA deve provenire dall'animale che vogliamo clonare. L'identità dell'ovulo che deve riceverlo non è molto importante, ma deve essere "compatibile" con la cellula donatrice per evitare reazioni distruttive. Di solito, si scelgono cellule provenienti da animali della stessa specie, ma con caratteristiche visibilmente diverse (varietà diverse). In questo modo, dopo la nascita dell'animale si può facilmente verificare se si tratti di un clone dell'animale di partenza. Infatti, otterrò un animale identico al donatore solo se la clonazione avrà avuto successo.
Le cellule donatrici possono derivare: da culture embrionali, ottenute prelevando una cellula da un embrione ad uno stadio precoce (cellule ancora indifferenziate) e facendola moltiplicare in vitro; oppure da cellule differenziate (provenienti dai tessuti di un organismo adulto), ma ancora in grado di dividersi correttamente.
La clonazione è una tecnica semplice solo in teoria. In realtà ottenere un clone è un lavoro lungo e delicato. Infatti, la tecnica del trasferimento nucleare richiede una grande abilità da parte dello sperimentatore e solo di rado si ottiene il risultato sperato. Inoltre, anche quando si riesce ad ottenere l'embrione, la probabilità di vederlo nascere e crescere sano è molto bassa (1-2%).
Vegetali. E' molto probabile che anche voi abbiate clonato una pianta senza rendervene conto! Non vi è mai capitato di trafugare un innocente germoglio dal meraviglioso vaso della zia o dall'invidiabile balcone della vicina? Se sì, quella simpatica pianticella è un vero e proprio clone di quella originale. Molte tecniche usate comunemente in giardinaggio per "copiare" una pianta con caratteristiche apprezzabili si basano sulla cosiddetta propagazione vegetativa (prelievo di un frammento o di una parte della pianta e rigenerazione della pianta intera). Questo tipo di riproduzione differisce da quella sessuale perché il patrimonio genetico della nuova pianta non deriva dal rimescolamento dei genomi paterno e materno (racchiusi rispettivamente nel polline e negli ovuli), ma solo da quello della pianta da cui è stato prelevato il frammento iniziale.

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