ALLESTIMENTO ED OSSERVAZIONE DI CAMPIONI BIOLOGICI AL MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE E A TRASMI

Materie:Tesina
Categoria:Biologia

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Testo

ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE ‘F.CORNI’
Anno Scolastico 1998/99
ALLESTIMENTO ED OSSERVAZIONE DI CAMPIONI BIOLOGICI AL MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE E A TRASMISSIONE.
TESINA DI MARCO BERNABEI
classe IV A s/t
Tutor universitario: Tutor dell’istituto

Prof. G. Vitale Prof. I. Pasquali-Ronchetti
Dott. D. Guerra

INDICE
I Parte
- Introduzione
1 Procedura di preparazione dei campioni biologici per l’osservazione al TEM
1.1 Fissazione
1.2 Disidratazione
1.3 Inclusione
1.4 Taglio
1.5 Colorazione
2 Microscopio elettronico a trasmissione
2.1 Funzionamento del TEM
2.2 Osservazione al TEM
3 Procedura di preparazione dei campioni biologici per l’osservazione al SEM
3.1 Fissazione
3.2 Disidratazione
3.3 Critical point drying (CPD)
3.4 Metallizzazione
4 Microscopio elettronico a scansione (SEM)
4.1 Funzionamento del SEM

II Parte
5 Anatomia della pelle
5.1 Epidermide
5.2 Derma
6 Anatomia dell’orecchio
6.1 Nozioni sull’orecchio medio
6.2 La membrana timpanica
7 Protocollo sperimentale
8 Bibliografia
9 Iconografia
10 Ringraziamenti
I PARTE
INTRODUZIONE
Il centro di Microscopia elettronica della sezione di Patologia generale del Dipartimento di Scienze Biomediche, da me frequentato, si occupa dello studio di malattie umane e in particolare di quelle concernenti ai tessuti connettivi.
Si tratta per lo più di patologie rare, per le quali si studiano gli effetti terapeutici e le cause, ricorrendo eventualmente all'analisi di ratti transgenici, nei quali vengono provocate appositamente.
Nei laboratori si svolgono due tipi di studio: uno morfologico effettuato al microscopio ottico ed elettronico, che, come dice la parola stessa, è mirato all'analisi delle forme e delle strutture dei tessuti; uno biochimico per l’analisi delle molecole che formano i tessuti stessi.
I laboratori principali sono cinque:
- uno chimico, nel quale si preparano soluzioni per la preparazione dei campioni da osservare al microscopio e per gli studi biochimici;
- uno dotato di ultramicrotomi per il taglio dei campioni (operazione da effettuare prima di poterli osservare);
- due forniti ciascuno di un microscopio elettronico a trasmissione (TEM): il primo risalente agli anni ' 60 (Siemens), l'altro agli anni ‘80 (Jeol);
- una camera oscura per lo sviluppo e la stampa delle fotografie
fatte al microscopio elettronico.
Durante il mio stage, ho partecipato all’insieme dei processi che intercorrono tra il prelievo e l’osservazione al microscopio elettronico a trasmissione di una biopsia cutanea, e all’osservazione al microscopio elettronico a scansione di membrane timpaniche di ratto, sottoposte a lesione e riparazione cicatriziale tramite sostanze sintetiche contenenti acido ialuronico.
1 PROCEDURA DI PREPARAZIONE DEI CAMPIONI
BIOLOGICI PER L'OSSERVAZIONE AL TEM
1.1 Fissazione
E' un procedimento fisico o chimico che deve essere effettuato subito dopo il prelievo del tessuto e serve per bloccare la decomposizione delle cellule e dei batteri (procarioti).
La fissazione fisica avviene mediante le alte temperature o tramite congelamento (criofissazione); questo metodo, però, può portare alla variazione di alcune strutture ed è utilizzato soprattutto per studi enzimatici ed immunocitochimici.
La fissazione chimica è quella più usata: viene effettuata mediante sostanze che si legano alle molecole proteiche del campione e le stabilizzano.
Un tipo di fissazione standard avviene con l'impiego di glutaraldeide al 2,5% in Tyrode 0,1 M a pH7,3; Blu di Toluidina, detto BTo, allo 0,1% e successivamente con tetrossido d'osmio (OsO4).
Ognuno di questi composti ha una funzione ben precisa: la glutaraldeide reagisce con le proteine mentre il BTo ha una funzione colorante (blu-violaceo), e mette in evidenza prevalentemente i proteoglicani. Il Tyrode è invece un tampone salino, ovvero una soluzione con funzione di stabilizzare il pH su un certo valore: 7,2-7,4. L'OsO4, infine, è anch'esso un fissativo ma agisce soltanto con certi lipidi: quelli saturi non reagiscono mentre i grassi insaturi riducono la sua molecola; si formano così dei composti neri contenenti l'osmio o il suo idrossido. Criegee (1936) suggerì che ciò è dovuto all'ossidazione dei doppi legami tra atomi di carbonio adiacenti.
Le concentrazioni e i tempi di applicazione dei fissativi cambiano a seconda dei tessuti e degli scopi che si vogliono ottenere. E’ importante però che le soluzioni utilizzate abbiano un pH compatibile con quello dei campioni e che le concentrazioni siano tali da non produrre fenomeni osmotici, per i quali le cellule si gonfierebbero o si raggrinzirebbero alterando la loro struttura. Per misurare il pH delle soluzioni si ricorre all'uso del piaccametro: questo strumento deve essere tarato utilizzando tamponi di acidità predeterminata prima di eseguire le misurazioni. Successivamente si provvede a correggere il pH delle soluzioni, mediante aggiunte di HCl o NaOH a diverse concentrazioni, a seconda che la soluzione sia rispettivamente troppo basica o troppo acida.
1.2 Disidratazione
Consiste nel togliere tutta l'acqua presente nei campioni e sostituirla con alcool.
Questa operazione è indispensabile per poter osservare i tessuti al microscopio elettronico e avviene mediante immersioni in soluzioni alcoliche a concentrazioni crescenti: si parte da con una concentrazione di etanolo pari al 30%, per finire, dopo passaggi intermedi (50%, 70%, 90%), con quella al 100%.
A questo tipo di disidratazione segue quella con ossido di propilene (OP) che ha il vantaggio di miscelarsi perfettamente con la resina (cosa che l'alcool non fa) che verrà utilizzata successivamente per l'inclusione.
Ogni passaggio ha una durata che varia tra i 5 e i 10 minuti e il tempo complessivo varia a seconda dello spessore dei campioni.
1.3 Inclusione
Una volta che il campione è stato fissato e disidratato deve essere incluso in resina per poterlo conservare e tagliare.
L'inclusione può essere fatta con vari tipi di resina a seconda degli usi: se questa è costituita da un insieme di paraffine, ad esempio, il campione non potrà essere tagliato in sezioni più sottili di 5 micron, sufficienti per la visione al microscopio ottico ma troppo spesse per quella al microscopio elettronico.
La resina utilizzata in questo laboratorio ha nome "SPURR", essa è una soluzione di più composti (10 ml di VCD, 7 ml di DER, 26 ml di NSA, 0,4 ml di DMAE) che polimerizza, cioè lega i monomeri di cui è costituita e diventa solida, a 65°C e a pressione atmosferica in un tempo di 24-36 ore. L'inclusione viene fatta usando appositi stampi di plastica, ognuno contrassegnato da una lettera, nei quali i campioni vengono posti agli estremi in modo tale che sia possibile enuclearli e tagliarli in sezioni sottili utili all'osservazione.
1.4 Taglio
Il taglio dei campioni polimerizzati avviene tramite microtomi e ultramicrotomi: strumenti di alta precisione dotati di lama di vetro o di diamante su cui il campione si muove perpendicolarmente dall'alto al basso con moto uniforme. L’avanzamento della lama è causato da una ventola munita di dispositivo termico che con il calore si dilata. Per questo motivo i microtomi sono molto sensibili al calore esterno e il loro uso deve avvenire a temperature inferiori ai 20°C.
Le lame di vetro vengono usate per sezionare i campioni da osservare al microscopio ottico (circa 1cm di spessore, sezioni semifini); per l'osservazione al microscopio elettronico occorre invece fare uso della lama di diamante che permette di ottenere sezioni più fini, adatte a questo strumento (70-80 nm).
In entrambi i casi le fette del preparato, raccolte nella vaschetta d'acqua creata attorno alla lama, viste attraverso un apposito microscopio appaiono colorate; ogni colore è caratteristico di un certo spessore e quindi, utilizzando un’apposita legenda, lo si può riconoscere.
Per raccogliere le sezioni, si utilizza un piccolo stecco di legno con un estremo appiattito per quelle più spesse (ottenute con la lama di vetro) e un pelo sostenuto da una pinzetta o direttamente una griglia di rame, per quelle più fini (ottenute con la lama di diamante) [Fig.1].
1.5 Colorazione
Le sezioni semifini vengono osservate al microscopio ottico: si pongono le sezioni ottenute col microtomo su un vetrino portaoggetti ricoperto da una goccia d’acqua, si mette quest’ultimo su una piastra elettrica ad una predeterminata temperatura: sulle fette asciutte ed attaccate al vetrino si deposita una goccia di una soluzione di Blu di Toluidina all’1% di borato di sodio. Con questa prima colorazione ci si assicura che le sezionature del campione siano avvenute correttamente e permettano una buona visione del preparato. Il passo successivo è quello della visione al microscopio elettronico: si pongono le sezioni ultrasottili su dei piccoli supporti metallici circolari (griglie) e li si immerge in una soluzione colorante a base di sali di metalli pesanti ("Reynolds": sali di uranio e piombo).
2 MICROSCOPIO ELETTRONICO A TRASMISSIONE
(TEM)
2.1 Funzionamento del TEM
Il microscopio elettronico a trasmissione funziona tramite un fascio di elettroni creato da un filamento di tungsteno. Gli elettroni passano, sotto alto vuoto, attraverso una colonna costituita da lenti magnetiche (bobine di filamenti di rame) e raggiungono uno schermo finale fluorescente.
Il campione posto sulla griglia di rame viene adagiato su un supporto che viene inserito al centro della colonna; la sua immagine ingrandita appare sullo schermo finale. E’ possibile ottenere fotografie di queste immagini impressionando delle apposite lastre situate sotto lo schermo.
La colorazione dei campioni con i sali di metalli pesanti, alla quale ho accennato sopra, è indispensabile per ottenere l'immagine, in quanto i campioni biologici sono formati prevalentemente da H, O, C, che sono elettrontrasparenti: gli elettroni, urtando le molecole di questi sali, ne vengono deviati e non contribuiscono ad illuminare lo schermo fluorescente. L’immagine pertanto è data dalla disposizione spaziale sul campione di atomi e molecole in grado di deviare gli elettroni incidenti rispetto agli atomi e alle molecole che se ne lasciano attraversare. In questo modo in corrispondenza delle cellule avremo varie tonalità di grigio, mentre, in corrispondenza degli spazi vuoti, avremo un’immagine bianca. Con lo sviluppo delle lastre, che sono il negativo, otterremo poi l’effetto contrario.
2.2 Osservazione al TEM
Le immagini che si ottengono al TEM non permettono di avere una visione tridimensionale immediata dell'oggetto osservato, ma forniscono un ingrandimento molto maggiore rispetto al microscopio ottico: il potere di risoluzione del primo è infatti dell'ordine dell'Angstrom, mentre quello del secondo è di 0,2 micron.
3 PROCEDURA DI PREPARAZIONE DEI CAMPIONI
BIOLOGICI PER L'OSSERVAZIONE AL SEM
3.1 Fissazione
Lo scopo è lo stesso visto per il TEM (vedi par.1.1).
E' stata utilizzata glutaraldeide al 2,5% in Tyrode 0,1 M a pH 7,3. La fissazione può essere ottimizzata con l'uso di OsO4 a basse concentrazioni.

3.2 Disidratazione
Lo scopo e le modalità di esecuzione sono gli stessi visti nel paragrafo 1.2 con la differenza che i passaggi sono più lunghi e viene saltato il passaggio in OP.
3.3 Critical point drying (CPD)
Prima di procedere all'osservazione col SEM, è necessaria la rimozione dell'alcool presente nel campione dopo la sua disidratazione.
Un metodo valido ed economico è il CPD, che però presenta alcuni svantaggi: l'alta pressione che bisogna raggiungere, la necessità di volatilizzare il fluido intermedio (alcool) e l'occasionale congelamento della valvola di scappamento. Per questo motivo bisogna stare vicini alla macchina nel momento in cui si raggiungono le alte pressioni.
Il punto critico è quella condizione di temperatura e pressione, alla quale sono eliminate le tensioni superficiali delle molecole di un fluido, e non si riesce più a distinguere la fase liquida da quella gassosa. Esso è un valore proprio di ogni liquido (compresi i gas condensati), tra i quali i più usati sono la CO2, l’N2O e alcuni freons. Nel nostro caso è stata utilizzata la CO2 (punto critico a 31°C e 73 atm) che però non è miscibile direttamente in acqua e necessita quindi di alcool etilico come fluido intermedio. In altre parole per la disidratazione del campione bisogna usare prima gli alcoli (fluidi intermedi) per togliere l’acqua, e poi la CO2 liquida per eliminare l’alcool; per evitare che le tensioni superficiali fra aria e alcool durante l’evaporazione di quest’ultimo deteriorino il campione, si utilizza il metodo del CPD, che assicura una disidratazione delicata. Il campione viene introdotto in una camera a tenuta di pressione, e successivamente ricoperto di CO2 liquida. Si eseguono tre o quattro lavaggi con la CO2 mantenendo la temperatura tra i 4°C e i 12°C; quando tale temperatura viene superata, si fa passare un gas refrigerante in una serpentina per ottenere il raffreddamento. Alla fine dei lavaggi viene accesa la resistenza che provvede al riscaldamento della camera, e si imposta il termostato a 45°C.; raggiunta tale temperatura la pressione è di circa 100 atm, e si può ora giungere al CPD: tenendo aperta la valvola di sfiatamento la pressione diminuisce lentamente fino ad arrivare al valore standard di 1 atm, la CO2 fuoriesce senza rovinare il campione e dopo 2 ore è tutta evaporata. Il campione, completamente disidratato, viene così "incollato" su un supporto di metallo tramite una pasta d'argento che ha la funzione di condurre a terra gli elettroni incidenti durante l'osservazione al SEM.
3.4 Metallizzazione
Con tale processo si intende la copertura della superficie del campione con una pellicola d'oro, che ha la funzione di riflettere gli elettroni prodotti dal filamento del microscopio.
Si utilizza uno strumento costituito da una camera cilindrica con al centro un supporto per i campioni e un elettrodo d’oro.
Un flusso di argon proveniente da una bombola esterna serve inizialmente a pulire le pareti interne della macchina, ma soprattutto, infrangendosi successivamente contro la superficie dell'elettrodo in tensione, causa il distaccamento di alcune particelle di oro che quindi cadono e si fissano sul campione.
4 MICROSCOPIO ELETTRONICO A SCANSIONE (SEM)
4.1 Funzionamento del SEM
Analogamente al TEM un filamento di tungsteno produce un fascio di elettroni che passando attraverso varie lenti magnetiche si dirige verso il campione. La differenza sta nel fatto che mentre con il TEM si ha un'immagine formata dagli elettroni primari, con il SEM la formazione dell'immagine avviene tramite gli elettroni secondari: gli elettroni che colpiscono il campione vengono riflessi con diverse angolazioni, in maniera dipendente dalla morfologia della sua superficie. Il rivelatore è costituito da un fotomoltiplicatore il cui segnale viene elaborato dal computer. L’immagine è tridimensionale e la risoluzione è di 25 Angstrom [Fig.2].
II PARTE
5 ANATOMIA DELLA PELLE
L’esame al microscopio ottico di sezioni semifini di cute umana, ottenute da campioni inclusi per microscopia elettronica, ha permesso di effettuare le seguenti osservazioni:
-la pelle è costituita da due strati, epidermide e derma, che appoggiano sull’ipoderma;
-in essa si trovano gli annessi cutanei: ghiandole sebacee, apparati piliferi e ghiandole sudoripare;
-lo spessore varia tra 0,5 mm e 4 mm o più, a seconda delle regioni del corpo e degli individui. [Fig.3]
5.1 Epidermide
L’epidermide si compone di vari strati che dall’esterno all’interno sono:
1) lo strato visibile o corneo di sfaldamento, composto da cellule piatte o morte (le cellule, infatti, non sopravvivono se sono esposte all’aria o all’acqua), prive di nucleo e ripiene di una sostanza ricca di una proteine fibrosa: la cheratina.
Tale strato è particolarmente alto nel palmo delle mani e nella pianta dei piedi, superfici del corpo molto esposte agli agenti atmosferici e ai piccoli traumi.
Lo strato corneo costituisce una barriera all’entrata delle sostanze nocive;
2) immediatamente sotto ad esso, ma solo nelle regioni palmari e plantari, si riscontra lo strato lucido, di aspetto più chiaro contenente granuli di eleidina (sostanza semifluida grassa);
3) segue lo strato granuloso, ove le cellule sono di forma romboidale e sono disposte in due o tre file; contengono il nucleo e una sostanza granulosa che precede, in ordine di formazione, quella cornea;
4) segue lo strato di Malpighi o spinoso, costituito da cellule dalle quali sporgono prolungamenti a forma di spina, in contatto tra loro, e in mezzo ai quali si notano lacune, contenenti i liquidi nutritivi;
5) nella parte più profonda si trova, infine, lo strato basale o germinativo, costituito appunto da cellule germinative in cui si trovano i melanociti che formano la melanina. Le cellule di questo strato hanno funzioni riproduttive; via via che le cellule invecchiano passano negli strati superiori per terminare nello strato corneo superficiale dove vengono sfaldate.
5.2 Derma
Si presenta costituito da due strati:
- Derma papillare, più superficiale, costituito da tessuto connettivo fibroso lasso reticolare, con esili fibre collagene e poche fibre elastiche. Vi si trovano capillari superficiali e terminazioni nervose.
- Derma reticolare, costituito da tessuto connettivo fibroso in cui prevalgono fibre collagene ed elastiche più o meno presenti secondo le regioni. Qui sono contenuti annessi come ghiandole e peli, oltre che vasi sanguigni, linfatici e terminazioni nervose.
Il confine tra epidermide e derma non è rappresentato da una linea retta: si osservano varie frastagliature dovute al derma il quale forma prolungamenti (papille) che si spingono verso l’alto, e avvallamenti (solchi) verso il basso.
Inferiormente il derma poggia sull’ipoderma: uno strato ricco di reti capillari e di cellule contenenti grasso.
L’irrorazione sanguigna della cute avviene dal basso all’alto, cioè dall’ipoderma al derma. La rete capillare, infatti, ha forma di cono con la base rivolta verso il basso.
La circolazione linfatica segue lo stesso decorso.
Nel derma profondo e nell’ipoderma si trovano anche i follicoli piliferi, le ghiandole sebacee e le ghiandole sudoripare (annessi cutanei).
6 ANATOMIA DELL’ORECCHIO
L’orecchio è suddiviso in tre parti principali: orecchio esterno, orecchio medio e orecchio interno.
Il primo è costituto dal padiglione auricolare, di tessuto cartilagineo, ha la funzione di convogliare i suoni verso l’orecchio medio; questo è composto dalla membrana timpanica e dagli ossicini dell’orecchio; l’orecchio interno, infine, è composto dalla chiocciola (o condotto cocleare), per mezzo della quale si ha la trasformazione dei suoni in impulsi nervosi, e dai canali semicircolari, organo dell’equilibrio. [Fig.4]
6.1 Nozioni sull’orecchio medio
L’orecchio medio è l’apparecchio di trasmissione delle onde sonore dall’orecchio esterno a quello interno.
E’ costituito dalla membrana timpanica e dalla cavità o cassa del timpano nella quale è accolta la catena degli ossicini dell’udito.
Quando un corpo elastico viene messo in vibrazione produce dei suoni, questi si trasmettono nei gas, nei liquidi e nei solidi; i suoni arrivano all’orecchio medio e mettono in vibrazione la membrana timpanica. Dietro di questa è situata la cassa timpanica con i tre ossicini dell’udito: martello, incudine, staffa; essi sono uniti tra loro e con le pareti della suddetta cavità del timpano grazie a delle apposite articolazioni e ai legamenti degli ossicini dell’udito. Gli ossicini continuano la trasmissione delle vibrazioni verso l’orecchio interno, nel quale vengono tradotte in segnali nervosi da mandare al cervello.
La cavità del timpano continua posteriormente con un sistema di cavità scavate nell’osso temporale: l’apparato mastoideo e la tuba uditiva o di Eustachio, queste completano l’orecchio medio.
6.2 La membrana timpanica
La membrana del timpano è un diaframma cutaneo fibro-mucoso a contorno ovale, un po’ concavo verso l’esterno, il quale chiude in profondità il meato acustico esterno, separandolo dalla cavità del timpano.
La membrana timpanica è tesa obliquamente ed è rivolta verso l’esterno con un inclinazione di 45° sul piano orizzontale (asse di inclinazione), e un angolo di 50° con il piano sagittale (asse di declinazione). L’asse maggiore del timpano misura in media 9,5 mm, mentre l’asse minore, perpendicolare al primo, misura in media 8,5 mm. La superficie del timpano è di circa 70 mm2 mentre il suo spessore si aggira intorno a 0,1 mm. L’estremità anteriore dell’ovale del timpano è rivolta superiormente e un po’ in avanti.
La membrana timpanica è assai resistente, potendo sostenere la pressione di una colonna di mercurio di 100 cm e più, purché venga aumentata gradualmente, in caso inverso si lacera.
Poco elastica, si lascia tuttavia distendere se la pressione agisce lentamente.
Nel vivo, la membrana timpanica è trasparente, grigio chiara alla luce del giorno, rossastra all’esame otoscopico per via dei numerosi vasi sanguigni che la irrigano.
Sono da distinguersi nella membrana del timpano due parti: la tesa e la flaccida. La prima, assai più estesa della seconda, ha i caratteri sinora esposti e si attacca nel solco timpanico della parte timpanica dell’osso temporale. La seconda è situata in alto e corrisponde ad una piccola area triangolare dalla base di 2,5-3 mm e dall’altezza di 2 mm, mentre i due lati, partendo da queste, convergono inferiormente nel vertice, in rapporto con il processo laterale del martello. Tali due lati, che separano la parte flaccida dalla parte tesa, corrispondono esternamente alle cosiddette pieghe esterne della membrana, anteriore e posteriore e internamente ad altre due pieghe consimili, chiamate pieghe malleolari, anteriore e posteriore.
La parte flaccida della membrana del timpano, meno obliqua e più sottile dell’altra, appare rilasciata e normalmente convessa verso la cavità del timpano; aumentando la pressione dell’aria nella cavità del timpano, può però fare sporgenza verso l’esterno.
La membrana timpanica, stirata medialmente dal manico del martello, assume la forma di un cono cavo a larga base, il cui vertice, situato un po’ al di sotto e al davanti del centro della stessa membrana, è detto ombelico e corrisponde all’apice del predetto manico del martello.
Struttura- La membrana del timpano consta di uno strato fibroso (o membrana propria), rivestito lateralmente dallo strato cutaneo e medialmente dallo strato mucoso.
Lo strato fibroso, esclusivo della parte tesa, è formato da tessuto connettivo compatto, con fascetti di fibre collagene senza fibre elastiche. Tali fascetti collagene sono ordinati in due piani: lo strato delle fibre radiate e lo strato delle fibre circolari. Il primo, laterale, consta di fascetti che dall’orlo della membrana convergono verso il manico del martello, una piccola area triangolare sottostante alla membrana flaccida, che le fa da base, manca di queste fibre ed è detta perciò triangolo interradiale. Il secondo, mediale, è formato di fascetti paralleli all’orlo della membrana del timpano presso al quale sono assai numerosi, mentre vanno diradandosi verso l’ombelico.
Lo strato cutaneo della membrana del timpano misura appena 0,01 mm di spessore ed è ridotto quasi alla semplice epidermide costituita di tre strati: germinativo e lucido, di un unico piano di cellule ciascuno, e corneo di pochi strati di cellule prive di nucleo. Il derma è riconoscibile solo presso l’orlo e manca completamente di ghiandole e peli.
Lo strato mucoso è una dipendenza della tonaca mucosa della cavità del timpano. L’epitelio di rivestimento, che quasi esclusivamente lo costituisce, consta di uno strato di cellule poligonali appiattite, le quali riposano, per mezzo di una membrana basale, sopra lo strato fibroso della membrana del timpano. Solo in corrispondenza dell’orlo n’è separato da un tenue strato di connettivo lasso, ricco di vasi e nervi, che si solleva in qualche rada e bassa papilla.
Nella parte flaccida della membrana del timpano si trovano tra i due epiteli, cutaneo e mucoso, uno stato unico di tessuto connettivo piuttosto lasso, percorso da vasi e nervi.

7 Protocollo sperimentale
Studio sperimentale condotto su cinque gruppi di animali: ratti di circa 230-250g di peso, nei quali è stata effettuata la lesione della membrana timpanica e il riempimento della cavità dell’orecchio medio con polimeri sintetici di acido ialuronico, più vari polimeri di sintesi, per verificare l’influenza di detti polimeri sulla velocità di riparazione della lesione.
E’ stato prelevato l’orecchio medio, dopo aver fissato la testa in toto per 6 giorni con glutaraldeide al 2,5%, quindi è stata isolata la membrana timpanica.
Dopo un’ulteriore fissazione sia con glutaraldeide che con osmio, i campioni sono stati disidratati con una serie crescente di alcoli, quindi al Centro Grandi Strumenti sono stati effettuati i passaggi successivi: critical point dryng e metallizzazione.
In virtù delle sue proprietà biologiche, l’acido ialuronico è stato usato nella riparazione delle ferite della cute ed è stato dimostrato che è attivo nella formazione e maturazione del tessuto di granulazione.
Il nostro studio è ancora in corso e non sono ancora state effettuate tutte le osservazioni, però abbiamo notato che mentre negli animali di controllo si poteva osservare ancora una piccola perforazione, dopo 21 giorni dalla lesione tutti gli animali trattati avevano riparato la ferita, tra l’altro due gruppi in un tempo più breve rispetto agli altri. Al microscopio a scansione abbiamo visto la membrana timpanica (Fig.5) e il tessuto di riparazione che è un tessuto lasso formato prevalentemente da cellule e collagene.

BIBLIOGRAFIA
A.ANCESCHI: Sclerodermia sistemica progressiva: trattamento con fattore XIII, effetto della terapia sulla componente cellulare e vascolare. Tesi di Laurea, anno accademico 1997-98, pag.5.
A.PENSA - G.FAVARO – L.CATTANEO: Trattato di anatomia umana. Ed. UTET 1975, pagg.820-840.
Autori Vari: GUIDA MEDICA: Enciclopedia medica per la famiglia, vol.XIII, Ed. Fratelli Fabbri Editori, 1964.
S.FIOCCA: Fondamenti di anatomia e fisiologia umana con tavole di Frank H. Netter. Ed. Sorbona, Milano, 1989.
A.G.E.PEARSE: Histochemistry: theoretical and applied, vol. 2, 3°ed., Churchill livingstone, Edinburg, 1972.

ICONOGRAFIA

Fig. 1: allestimento delle sezioni.
Il campione, incluso in resina Spurr, viene fissato sul braccio mobile del microtomo; questo si abbassa ritmicamente nel senso della freccia in modo che il preparato polimerizzato viene sezionato in fette molto sottili ad opera di una lama di vetro o di diamante. Le sezioni che così si formano galleggiano sulla superficie dell’acqua contenuta in una vaschetta. Esse vengono quindi raccolte su una griglia portaoggetti e questa viene introdotta nel microscopio elettronico.
Fig. 2: schema di microscopio elettronico a trasmissione
(a sinistra) e a scansione (a destra).
Fig.3: Rappresentazione tridimensionale della cute e del sottcutaneo
Fig.4: Rappresentazione tridimensionale dell’orecchio umano.
Fig. 5: Membrana timpanica di ratto vista al microscopio elettronico a scansione.

Ringrazio la Prof. Ivonne Pasquali-Ronchetti per avermi permesso di frequentare il laboratorio di Microscopia Elettronica da Lei diretto, la Dott.ssa Deanna Guerra per l’aiuto datomi e per le dimostrazioni nelle attività di laboratorio e nel lavoro teorico, tutti i ragazzi che qui svolgono attività di studio e di ricerca, con particolare riferimento al Dr. Alessandro Anceschi.
Marco Bernabei
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