Le stelle

Materie:Appunti
Categoria:Astronomia

Voto:

2.5 (2)
Download:622
Data:24.07.2001
Numero di pagine:56
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
stelle_4.zip (Dimensione: 37.58 Kb)
trucheck.it_le-stelle.doc     121 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

STELLE
Sono corpi celesti, che risplendono di luce propria, di forma sferica, sono costituiti prevalentemente da idrogeno e al loro interno avvengono stabili reazioni termonucleari di fusione. Si deve ad Ipparco il primo catalogo di stelle egli ne classificò 1080 suddividendole in sei classi di luminosità secondo la loro magnitudine. Oggi esistono altri cataloghi di stelle che spesso ci danno notizie anche sul loro colore, la classe spettrale e il moto proprio. Oltre la diversa luminosità apparente ad occhio nudo si può osservare anche un’altra caratteristica quella del colore: se le stelle sono blu sono molto calde, se invece sono rosse sono relativamente fredde. Numerose stelle fanno parte di sistemi legate fra loro gravitazionalmente e orbitanti in modo kepleriano intorno al centro di massa comune. Le stelle tendono a raggrupparsi in ammassi globulari, stelle e ammassi globulari si associano in galassie. Alcune stelle non hanno una luminosità fissa ma variabile in modo periodico o esplosivo.
La maggior parte delle informazioni sulle stelle ci proviene dall’analisi spettroscopica della loro radiazione. Generalmente il loro spettro è composto di un continuo con sovrapposte numerose righe d’assorbimento, caratteristiche degli elementi presenti nella loro atmosfera. Per mezzo della parte continua è possibile verificare se l’emissione della stella è simile a quella di un corpo nero e misurare la temperatura. Dalla misura della sola lunghezza d’onda delle righe è possibile determinare l’eventuale velocità radiale delle stelle utilizzando l’effetto Doppler. L’analisi del profilo delle righe permette di misurare la velocità di rotazione della stella su se stessa. Ci da informazioni sull’andamento della temperatura e densità nello stato atmosferico nel quale la riga spettrale è formata e il campo magnetico può essere misurato per mezzo dell’effetto Stark.
Lo strumento più importante per lo studio della costituzione e dell’evoluzione stella re si è rivelato essere la relazione esistente fra la classe spettrale e la magnitudine assoluta scoperta nel 1910 da Hertzsprung e Russel. Riportando su un grafico questo parametro misurato per varie stelle si vede che i punti tendono a addensarsi in alcune particolari regioni, secondo, la loro classe di luminosità. La posizione assunta da una stella sulla cosiddetta sequenza principale dipende unicamente dalla sua massa quindi data la massa di una stella la sua luminosità, la temperatura, il raggio sono determinati.
La fonte d’energia delle stelle è la fusione nucleare: nelle stelle della sequenza principale 4 nuclei d’idrogeno si fondono per formare un nucleo d’elio. In questo caso la massa dell’elio è inferiore dello 0,7% di quella dei 4 atomi d’idrogeno e questa massa persa si trasforma in energia secondo l’equazione d’Einstein. Queste reazioni di fusione termonucleare avvengono solo se la stella raggiunge una massa critica che innesca il processo di fusione termonucleare con circa 15 milioni K all’internoi della stella. Le stelle che appartengono alla sequenza principale sono delle stabili macchine per produrre energia, al loro interno esiste una costante d’equilibri fra pressione esercitata dalla gravità, che tenderebbe a far collassate la stella su se stessa, e quella prodotta dal gran caldo, che tenderebbe a farla espandere.
La nascita di una stella è un processo che fa passare la densità da ca. 1 atomo/cm3 a ca. 10 ai 24 atomi /cm3. Tale processo avviene in regioni dove si produce addensamento di materia, le nebulose galattiche. In queste nubi esiste un equilibrio fra pressione dovuta al moto termico degli atomi e quella dovuta all’auto gravità. Se quest’equilibrio è rotto a favore dell’attrazione la nube comincia a collassare su se stessa. Durante questo processo la nube si frammenta in tante parti e ogni singolo frammento continua a collassare fino a formare una stella (globuli di bok). Essi appaiono neri sulla luminosità della nube per la presenza di una gran quantità di polvere. La contrazione continua fino a che la temperatura e la densità all’interno avranno raggiunto valori sufficienti per l’innesco di reazioni termonucleari. A questo punto la contrazione si arresta e la pressione prodotta sia dall’aumento di temperatura, sia dalla radiazione spazzano via la polvere e il gas residui rigettandoli nella massa interstellare. Quindi si è formata una protostella. In queste prime fasi la temperatura aumenta mantenendo più o meno costante la loro luminosità. Una volta raggiunta la sequenza principale, le stelle trascorrono la maggior parte della loro vita bruciando idrogeno e trasformandolo in elio. La durata dipende dalle masse della stalla più è massiccia tanto più si esaurirà velocemente. Una volta terminato l’idrogeno, il nucleo d’elio che si è formato finisce per collassare; in tale processo la temperatura arriva fino a 100 milioni di K sufficienti ad innescare nuove reazioni termonucleari che trasformano l’elio in carbonio. La stella è entrata in una nuova fase e appare come una gigante rossa. Le fasi successive e il comportamento della stella dipendono fortemente dalla sua massa e possono essere diverse.
1°: stelle con massa di poco inferiore a quella del sole: colassano gradualmente fino a diventare corpi con dimensioni pari a quelle della terra, questa sarebbe l’origine delle nane bianche che sono destinate a raffreddarsi lentamente.
2°:stelle con massa uguale a quella del sole:una volta arrivate alla fase di gigante rossa espellono gli strati più esterni che, trascinati dal vento stellare, danno origine a nubi sferiche di gas in espansione. Tali involucri gassosi sono chiamati nebulose planetarie. Con la perdita degli strati esterni, la gigante rossa si trasforma in un nucleo rovente che si contrae e si riscalda ulteriormente. Dopo alcuni migliaia d’anni la fusione nucleare termina e la stella inizia a raffreddarsi fino a diventare una nane bianca. In alcuni casi si osservano esplosioni stellari. Tali stelle sono dette novae.
3°:la massa supera di almeno 10 volte quella del sole: le temperature interne arrivano fino a raggiungere miliardi di gradi facendo innescare via via nuove reazioni nucleari. A questo punto il collasso si fa così violento da liberare un’enorme quantità d’energia che provoca un’immane esplosione: gran parte della stella detta supernovae si disintegra ed è lanciata nello spazio. Il materiale che rimane dopo l’esplosione deve collassare, me la massa ancora così grande che la contrazione fa assumere alla materia una densità inconcepibile. In tali condizioni la stella diventa una stella di neutroni dove i protoni, gli elettroni si fondono.
4°:se la massa è superiore d’alcune decine di volte quella del sole: dopo la fase di supernovae, il collasso non trova più forze capaci di contrastarlo: la contrazione prosegue, la densità continua ad aumentare e si forma un corpo sempre più piccolo, circondato da un campo di gravitazionalità interno, il buco nero. Si dice che il buco nero e fuori dall’universo perché le leggi della fisica che noi conosciamo non valgono.
GALASSIE
Sono ammassi di diversi miliardi di stelle legate fra loro da forze gravitazionali. Le galassie sono classificate in base alla loro forma: ellittica, a spirale, spirali barrate e irregolari. Esistono anche delle radiogalassie che differiscono dalle altre per il diverso rapporto fra la loro emissività nel dominio ottico e quel radio. La distanza delle galassie più vicine si determina osservando in esse stelle variabili simili a quelle della nostra galassia. Per le distanze più lontane la distanza è determinata in base alla legge di Hubble. Tramite l’effetto Doppler si può osservare con quale velocità le galassie si allontanano tra di loro.
La nostra galassia, la via lattea, è una galassia di tipo a spirale che contiene circa 100 miliardi di stelle. Il nostro sistema solare è situato in uno dei bracci della galassia. La galassia ruota intorno ad asse perpendicolare ad un piano galattico con una velocità di rotazione costante al centro e poi decrescente con la distanza. Il disco galattico è molto ricco oltre che di stelle giovani situate soprattutto nelle braccia della spirale e da stelle vecchie concentrate soprattutto al centro anche di materia interstellare che è concentrata in nubi giacenti nelle braccia.
SISTEMA SOLARE
Il sistema solare è un insieme di corpi diversi tra loro per natura e dimensioni accomunati per l’origine e costretti a muoversi in uno spazio ben definito governato dalla forza gravitazionale del sole. Il sistema solare comprende una stella di modeste dimensioni il sole, 9 pianeti, 63 satelliti principali e numerosi anelli di materiali in frammenti, migliaia d’asteroidi, una quantità di frammenti di varia origine e natura, e le comete. Lo spazio fra i vari corpi celesti non è vuoto: vi si trova la materia interstellare formata da pulviscolo, gas e frammenti subatomici.
LE LEGGI DI KEPLERO
Il movimento dei pianeti intorno al sole è governato da tre leggi:
1°:i pianeti descrivono orbite ellittiche, quasi complanari, e il sole occupa uno dei due fuochi.
2°:il raggio vettore che unisce il centro del sole con il centro di un pianeta descrive superfici con aree uguali in intervallo di tempo uguali
3°:i quadrati dei tempi che i pianeti impiegano a percorrere le loro orbite è direttamente proporzionale ai cubi delle loro distanze medie dal sole
LEGGE DELLA GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Due corpi si attirano in modo direttamente proporzionale alla loro massa e in ragione inversa al quadrato della loro distanza.
IL SOLE
Il sole ha un raggio medio di circa 700000 km e il suo volume è pari a 1300000volte quello terrestre, l’accelerazione di gravità è di circa 28 volte quella terrestre. Il sole ruota intorno ad un proprio asse ma con velocità diversa a seconda della latitudine: minore ai poli e crescente verso l’equatore.
Nel cuore del sole è presente un reattore nucleare a fusione mantenuto stabile dalla forza di gravità. Si è individuato un nucleo che è la vera zona di produzione d’energia, in cui aumenta sempre l’elio a spese dell’idrogeno. L’energia in lui prodotta si trasferisce verso l’esterno con un processo di radiazione che interessa l’involucro gassoso circostante per uno spessore ci circa 450000 km chiamato zona radioattiva. Alla profondità di circa 10000 km i gas per la minore pressione diventano meno stabili e s’innescano giganteschi movimenti convettivi. Il trasporto d’energia avviene per convenzione e quest’involucro è chiamato zona convettiva. La fotosfera è l’involucro che irradia quasi tutta la luce solare e corrisponde al disco luminoso del sole. Quella che vediamo è solo la parte sommatale dell’involucro di gas incandescente che costituisce l’intera zona convettiva. La temperatura media del sole è di 5785 K. La superficie della fotosfera non è liscia ma presenta una struttura a granuli brillanti. Questi segnano l’affiorare di gigantesche bolle di gas molto caldi e corrispondono alla parte sommatale dei movimenti in atto nella sottostante zona convettiva. La superficie brillante della fotosfera non è omogenea ma appare costellata da macchie solari continuamente variabili per dimensioni per forma e per numero. Sono piccole aree scure depresse rispetto alla superficie circostante nelle quali si distingue una zone centrale più scura, ombra, circondata da una fascia più chiara, penombra. Sono punti relativamente freddi della fotosfera. Le macchie appaiono in genere a gruppi, raramente sono isolate, e hanno all’inizio un diametro di circa 1600 km. In ognuno di tali gruppi si osserva une regolare evoluzione: per un certo tempo le macchie aumentano di dimensione e di numero, poi cominciano a ridursi fino ad estinguersi, mentre nascono e si sviluppano altri tipi di macchie. In media i singoli gruppi di macchie hanno una vita di una settimana. Alcune possono continuare a crescere fino a raggiungere dimensioni di 100000 km, queste furono quelle osservate da Galileo. L’osservazione sistematica della superficie solare ha messo in evidenza che il numero di macchie non è costante, ma passa da valori minimi a massimi che ha permesso di individuare un ciclo di 11 anni. La regolarità dei cicli delle macchie solari a volte s’interrompe: tra il 1645 e il 1715 si osservarono pochissime macchie, durante quest’inattività scomparvero anche altri fenomeni che interessavano la Terra come le aurore boreali; non solo ma si registrò un raffreddamento climatico, noto come “piccola età glaciale”. La cromosfera è un involucro trasparente di gas incandescenti che avvolge la fotosfera con uno spessore di circa 10000 km. È visibile per un breve periodo durante l’eclissi totale di sole, la cromosfera appare come un sottile alone roseo, il cui bordo esterno è frangiato in numerose punte luminose, le spicole. Queste hanno un diametro di 1000 km e s’innalzano con una velocità tra 20 e 50 km/s fino a 15000 km d’altezza. La cromosfera è uno stato di transizione a bassa temperatura tra la fotosfera e la corona. La corona è la parte più esterna dell’atmosfera solare ed è formata da un involucro di gas ionizzati sempre più rarefatti man mano che ci si allontana dalla sottostante cromosfera. Nella parte più esterna della corona le particelle ionizzate hanno velocità sufficienti per sfuggire all’attrazione gravitazionale del sole e si disperdono nello spazio come vento solare. Altri fenomeni sono le protuberanze e i brillamenti. Le protuberanze sono grandi nubi d’idrogeno che s’innalzano dalla cromosfera e penetrano ampiamente nella corona, in genere fino a quote di 20-40000 km. Hanno forma d’immense fiammate, di vortici, d’archi giganteschi lunghi anche 100-200000 km. La temperatura della materia gassosa delle protuberanze è compresa tra 15000 e25000 K: sono molto più calde della cromosfera. I brillamenti sono violentissime esplosioni d’energia veri e propri lampi di luce intensissimi associati a potenti scariche elettriche. Nel corso di tali esplosioni la temperatura può raggiungere parecchi milioni di gradi e sono liberate enormi quantità d’energia. Oltre a radiazioni di carattere ondulatorio, i brillamenti possono lanciare getti di materia incandescenti fino a 10-20000 km d’altezza, ma emettono un intenso flusso di particelle atomiche che lasciano il Sole viaggiando ad una velocità di 1500 km/s. nel caso di flares più intensi si osserva l’emissione di un’altra radiazione formata da particelle ad altissima energia che si propagano a velocità prossima a quella della luce. Quando un flare esplode verso il centro del disco solare nel giro di 26 ore il flusso di particelle raggiunge il nostro pianeta. I velocissimi corpuscoli d’origine solare colpiscono con violenza le particelle ionizzate dell’alta atmosfera terrestre, soffiandole verso la bassa atmosfera dove danno origine alle aurore boreali e australi. La forma del campo magnetico terrestre fa sì che le particelle possano penetrare l’atmosfera soltanto nelle zone prossime ai poli magnetici, dove, ionizzando gli atomi presenti, provocano l’emissione delle luci polari. Dopo un brillamento, queste zone dell’atmosfera terrestre rimangono in stato d’eccitazione per parecchi giorni, durante i quali le aurore assumono gli aspetti più fantastici. Contemporaneamente alle aurore polari si verificano perturbazioni nel campo magnetico terrestre, chiamate tempeste magnetiche.
I PIANETI DI ROCCIA
MERCURIO: E’ il pianeta più interno poco più grande della Luna. Mercurio ruota intorno al Sole in 88 giorni, mentre compie una lenta rotazione intorno al proprio asse in 59 giorni. A causa della vicinanza al Sole e alla durata del periodo d’illuminazione, la temperatura sul lato esposto sale a 425° C mentre sul lato opposto scende a –175°C: è il pianeta con più escursione termica tra il giorno e la notte ed è praticamente privo d’atmosfera, si sono rilevate tracce d’ossigeno, sodio, idrogeno ed elio. L’aspetto della superficie è stato rilevato solo nel 1974. le strutture più diffuse sono i crateri da impatto, d’ogni dimensione, alcuni dei quali accompagnati da una specie d’aureola di raggi chiari e di pianure lisce. I crateri da impatto sono dovuti alla caduta di meteoriti che raggiungono la superficie ad altissime velocità. Il corpo che precipita si disintegra e nell’area di collisione si scava una depressione. Negli impatti più violenti una certa quantità di materiale è lanciata radicalmente e disegna sulla superficie i caratteristici raggi chiari. Su mercurio la perfetta conservazione di quelle forme è dovuta all’essenza di un’atmosfera e alla mancanza di qualunque attività nella crosta. Agli impatti hanno fatto seguito grandi risalite di materiale fuso all’interno del pianeta, con espansioni in superficie di vaste colate di lava, cui corrispondono le pianure lisce. L’alta densità media del piccolo pianeta ha portato a concludere che il suo interno sia occupato in gran parte da un nucleo di materiale ad alta densità, mentre l’involucro di materiali meno densi è molto ridotto di spessore.
VENERE: E’ stato considerato a lungo il gemello del nostro pianeta per le dimensioni, la densità a la poco diversa distanza dal Sole. Invece è un pianeta caldo, avvolto da un’atmosfera formata da anidride carbonica, con piccole quantità di vapore acqueo, azoto e vapori d’acido solforico. In superficie la pressione di questa densa atmosfera è 90 volte superiore a quella della Terra e la temperatura arriva fino a 460°C, sia di notte sia di giorno. Su Venere non esistono mari. La parte più alta dell’atmosfera comprende una coltre opaca di nuvole con uno spessore di circa 25 km, la cui base non è vicina alla superficie ma all’altezza di 30 km. Le nubi sono trascinate da forti venti con velocità di oltre 300 km/h e seguono percorsi definiti: le lunghe fasce di nubi partono dai due poli e avvolgono l’intero pianeta in ampie spirali saldandosi lungo la fascia equatoriale. La struttura di Venere ha mostrato strutture geologiche molto complesse. Per circa il 60% questa superficie è debolmente ondulata, mentre ampi bacini depressi n’occupano il 16%. Il resto della superficie si trova ad una quota di un migliaio di metri più elevata rispetto alla pianura presa come riferimento: vi sono vette imponenti come i Monti Maxwell, le cui vette toccano gli 11000 metri. Le pianure ondulate sono tagliate da valli lunghe migliaia di km e presentano numerose strutture circolari, identificate come crateri da impatto. Sono state individuate due enormi strutture alte 5000 m a forma d’ampio cono interpretate come grandi vulcani a scudo. I processi geologici più attivi sono il vulcanismo e i movimenti di deformazione della crosta, come sollevamenti, sprofondamenti e lacerazioni; tali deformazioni sono rese più vistose a causa delle alte temperature superficiali che rendono più plastiche le rocce. Le alte temperature registrate su Venere sarebbero dovute ad un effetto serra. La densa atmosfera venusiana ferma la radiazione riemessa dalla superficie in modo che anche se il calore intrappolato è gradualmente disperso dai movimenti vorticosi dell’alta atmosfera la temperatura rimane molto alta su tutto il pianeta.
MARTE: la durata del giorno su Marte è quasi la stessa del giorno sulla Terra. L’inclinazione dell’asse di rotazione è praticamente simile per cui su Marte si ha un’alternanza delle stagioni come le nostre solo che a causa della maggior distanza dal Sole e dal suo maggior periodo di rivoluzione la durata delle stagioni è quasi il doppio e sono più fresche; le osservazioni fatte con il telescopio hanno mostrato l’esistenza ai due poli di calotte glaciali che si allargano e si restringono con le stagioni. Ha un’atmosfera rarefatta e una temperatura minore rispetto alla nostra. La superficie di Marte è stata modellata da numerosi processi: bombardamento meteorico, attività vulcanica, movimenti crostali, erosione e deposizione. Alcune regioni sono craterizzate, mentre in altre si alzano giganteschi vulcani o corrono enormi canyon. È un modo scolpito dall’erosione eolica, disseminato di depositi accumulati dal vento con reticoli di solchi scavati da fluidi di cui non vi è più traccia. L’attività vulcanica è stata molto intensa su Marte ed è testimoniata anche da imponenti vulcani; il maggiore tra questi è il Mons Olimpus, largo alla base circa 500 km e alto 27 km: è il più gran vulcano del sistema solare. Lungo l’equatore si stende un sistema di giganteschi canyon, le Valles Marineris: lungo 5000 km, largo 500 km e profondo 5-6000 m. Ma il vulcanismo è ormai estinto da moltissimo tempo; anche i movimenti della crosta sono cessati, come dimostra l’assenza d’ogni attività sismica. Marte ha un’atmosfera molto rarefatta formata per il 95% d’anidride carbonica, con piccole quantità d’azoto, vapore acqueo e ossigeno. Le variazioni termiche indotte dall’energia solare provocano forti correnti aeree, che sollevano tempeste di polvere su tutto il pianeta. Nel modellamento della superficie di Marte deve avere avuto un ruolo determinante anche l’acqua. Si osservano canali sinuosi con molte valli tributarie, che formano reticoli del tutto simili a quelli fluviali, ramificati, presenti sulla Terra, ma completamente asciutti; sul fondo di tali valli si osservano anche piccoli rilievi di forma idrodinamica, analoghi ad isolotti sabbiosi fluviali. Lungo il bordo e sui ripidi fianchi di alcune profonde valli si osservano numerose frane, un altro tipico meccanismo di modellazione superfiale. Intorno a Marte ruotano due piccoli satelliti, phobos, spavento, che ha un diametro massimo di 27 km e deimos, terrore, che ha un diametro di 10 km: appaiono come grandi massi fortemente craterizzati e si pensa che siano due corpi strappati dal pianeta rosso alla vicina fascia degli asteroidi.
I PIANETI GIGANTI
GIOVE: Ha un volume pari a 1316 volte quello della Terra ed è sensibilmente depresso ai poli per la sua elevata velocità di rotazione. Al telescopio risulta solcato da bande rosse o scure su fondo più chiaro, disposte parallelamente all’equatore interrotte qua e la da macchie rosse o biancastre. È un pianeta veramente gigantesco, la cui massa è pari al doppio di quella di tutti gli altri pianeti del sistema solare messi insieme. L’atmosfera ha uno spessore di circa 1000 km, è agitata da continui moti turbolenti: la superficie visibile del pianeta è la parte sommatale di tale atmosfera. L’involucro gassoso è formato da idrogeno, con piccole quantità di metano, ammoniaca, acqua e zolfo. Il calore solare e quello che si libera dall’interno di Giove innescano grandi movimenti connettivi con formazione di nubi dovute alla condensazione dell’ammoniaca. Ma su Giove l’alta velocità di rotazione che è di 40000 km/h all’equatore costringe le nubi a formare bande parallele all’equatore. Le bande chiare (zone) sono quelle in cui i gas risalgono verso l’alto; le bande scure contigue (fasce) sono quelle verso cui i gas ridiscendono. La regolare disposizione delle bande colorate è interrotta da perturbazioni cicloniche che appaiono come macchie chiare o scure. Tra queste la maggiore è la Grande macchia rossa a forma d’ellisse, con forma che sono variate più volte, da 25000 a 50000 km. La porzione visibile dell’atmosfera di Giove è ridotta attraverso la sonda Galileo si è potuto vedere che Giove ha una composizione chimica simile a quella del Sole. Lo spessore totale dell’atmosfera è di circa 1000 km: a quella profondità dal tetto di nubi la pressione è tale che l’idrogeno deve passare allo stato liquido. La superficie di Giove è quella di un oceano d’idrogeno liquido esteso a tutto il pianeta. A circa 24000 km di profondità la pressione provoca un’altra trasformazione: l’idrogeno liquido passa a idrogeno metallico liquido uno stato della materia mai osservato. A profondità ancora maggiori dovrebbe esistere un nucleo di rocce e metalli pesanti. La sua composizione media è del tutto analoga a quella del Sole, e se la sua massa fosse stata solo 10 volte più grande la temperatura sarebbe salita abbastanza da innescare una reazione termonucleare trasformandolo in una piccola stella. Il suo nucleo arriva solo a 30000 °C, e il pianeta sta lentamente disperdendo, attraverso i moti connettivi della parte fluida e dell’atmosfera, l’energia accumulata come calore nelle fasi iniziali della sua evoluzione. Sembra che Giove stia ancora attraversando la fase primordiale della sua evoluzione. La grande quantità di materia gassosa presente già all’inizio nei confronti dei materiali più pesanti e la sua enorme massa sembrano aver fatto di Giove, stalla mancata, un pianeta ancora neonato.attorno a Giove ruotano almeno 16 satelliti. I quattro più importanti, che sono stati scoperti da Galileo sono: Io, Europa; Ganimede, Callisto mostrano le tracce di un’evoluzione comune che però ha portato a risultati molto diversi per ogni satellite. Gli altri satelliti di Giove sono meno noti, ma anche molto più piccoli. I quattro satelliti più lontani ruotano in senso opposto rispetto agli altri, su orbite molto inclinate.intorno a Giove sono stati osservati anche dei sottili anelli.
SATURNO: Posto ad una distanza dal Sole doppia rispetto a quella di Giove, Saturno è il secondo pianeta gigante anche se con diametro un po’ minore e con massa pari ad un terzo di quella del vicino. Saturno è formato da un grosso involucro di gas che avvolge un nucleo d’idrogeno liquido; ruota su se stesso con grande velocità e la sua atmosfera ha una struttura simile a quella di Giove, con un’alternanza di zone chiare e di fasce scure disposte parallelamente all’equatore. Si riconoscono aree con perturbazioni a carattere rotatorio e vortici; i venti spirano con velocità che all’equatore raggiungono i 1800 km/h , mentre diminuiscono d’intensità per scomparire del tutto nelle zone polari. Caratteristica di Saturno sono gli anelli, visti già da Galileo, ma riconosciuti come tali dall’astronomo olandese Huygens. I quattro anelli ben noti, separati da spazi vuoti (divisioni scure), visti da vicino sono formati da un migliaio di sottili anelli distinti più o meno addensati. Lo spessore del sistema è di qualche centinaio di metri, la larghezza supera i 200000 km. Il materiale che forma gli anelli è costituito da frammenti di ghiaccio (forse ammoniaca solida) e polvere, con diametri da pochi micrometri al metro, ognuno in rotazione intorno a Saturno su una propria orbita. Gli anelli non sono né un sistema rigido né compatto: sono un insieme di corpi su orbite concentriche. L’origine del sistema d’anelli sembra dovuta all’enorme forza di gravità di Saturno: questa avrebbe disintegrato un satellite finito troppo vicino al pianeta, oppure avrebbe impedito ad una parte della stessa materia da cui si è formato Saturno di coagularsi in un unico corpo. I satelliti di Saturno sono 18. sono piccole lune formate di ghiaccio d’acqua, tutte meno una fortemente craterizzate, segno che anche questi corpi sono stati sottoposti all’intenso bombardamento meteoritico di circa quattro miliardi d’anni fa. A distanza maggiore ruota Titanio; grande il doppio della Luna e unico tra i satelliti a possedere una vera atmosfera, che lo avvolge con una coltre arancione; l’atmosfera è composta in prevalenza da azoto, con tracce di metano, etano, acetilene e acido cianidrico. La sua pressione è tale e la sua temperatura così bassa, -178 °C, che sulla superficie potrebbero esserci laghi d’azoto liquido e calotte polari di materno ghiacciato.
I PIANETI DI GHIACCIO
URANO: Ha una caratteristica unica nel sistema solare: il suo asse di rotazione giace quasi sul piano dell’orbita; di conseguenza volge alternativamente i due poli verso il Sole, per cui, essendo la durata della rivoluzione d’Urano circa 84 anni, le sue zone polari passano ogni 40 anni circa da un lunghissimo giorno ad un’altrettanto lunga notte. Scoperto casualmente nel 1781 da Herschel, nel corso d’osservazioni telescopiche volte alla ricerca di stelle doppie, per oltre due secoli Urano ha rivelato poco a causa della sua enorme distanza dalla Terra. Solo nel 1986 la sonda Voyager 2 nel suo viaggio nel sistema solare, ha inviato immagini e dati sul pianeta e sul suo sistema d’anelli e satelliti. Il pianeta è avvolto da un’atmosfera d’idrogeno, elio e metano ed è freddissimo:la sua temperatura scende da –208°C, al polo che punta verso il Sole, a –215°C, all’equatore. Negli strati più alti dell’atmosfera, al di sopra delle zone circumpolari, si sono osservate distese formazioni di brine, mentre nelle zone verso l’equatore si sono osservati sistemi di nubi in veloce movimento intorno al pianeta, trascinate da forti venti. Dal tempo impiegato da tali nubi ad effettuare un giro completo si è potuto risalire al periodo di rotazione del pianeta, che è di circa 17 ore. La struttura del pianeta è formata da un nucleo centrale roccioso, avvolto da un oceano formato dagli stessi costituenti dell’atmosfera, ma allo stato liquido, e dall’atmosfera vera e propria, che ha uno spessore di 7600 km. Intorno ad Urano ruotano numerosi corpi: un sistema di 10 sottili anelli e almeno 17 satelliti.
NETTUNO: Venne cercato e trovato, nel 1846, in seguito a calcoli effettuati a tavolino. È molto lontano ruota su se stesso in circa 16 ore e la sua rivoluzione intorno al Sole dura 164,8 anni. La sua temperatura varia da circa –232°C a –211°C. un profondo oceano di gas liquidi, soprattutto metano, è coperto da un’atmosfera verde-azzurra che è sede di complessi moti circolari. Vi si distingue una zona a bande e fasce parallele all’Equatore simile a quella di Giove e Saturno, interrotta da alcune macchie più scure, che corrispondono a strutture cicloniche profonde e da formazioni nuvolose chiare, estese lungo i paralleli ad alta quota. A causa della sua grandissima distanza dal Sole la forte attività dell’atmosfera di Nettuno non può essere dovuta all’energia solare, ma d’origine interna: probabilmente è legata al calore liberato da un nucleo interno ancora in parte liquido. Intorno a Nettuno ruotano almeno 3 anelli e 8 satelliti, il maggiore dei quali è Tritone. Avvolto da un velo d’azoto e metano e una crosta di ghiaccio spessa 400 km, tritone ha una temperatura di –225°C ed è il mondo più freddo finora scoperto nel sistema solare. La sua superficie è tormentata da crateri e altre strutture che lo fanno assomigliare alla buccia di un melone, con segni d’attività recenti. Sono stati visti in atto giganteschi pennacchi scuri che salgono dalla superficie per migliaia di metri. Forse sono dovuti ad attività vulcanica o forse sono geyser prodotti da vapori d’azoto che si liberano periodicamente al di sotto della superficie di ghiacci trasparenti.
PLUTONE: Fu scoperto su alcune lastre fotografiche nel 1930, da Tombaugh, dopo che, nel corso di circa 25 anni, i ricercatori del Lowell Observatory avevano esaminato migliaia di riprese di piccole porzioni di cielo, confrontando per ognuna d’esse due foto scattata con un intervallo di una settimana. In tali condizioni le stelle appaiono come punti luminosi fissi, mentre un eventuale pianeta appare come un punto luminoso che cambia posizione tra una foto e l’altra. Plutone percorre, in circa 248 anni, un’orbita più eccentrica di quella degli altri pianeti, tanto che il perielio si trova all’interno dell’orbita di Nettuno. È un corpo più piccolo della Luna, con una temperatura superficiale di –236°C, quanto basta per far solidificare i gas presenti, metano e ammoniaca, gli unici che il pianeta, per le sua piccole dimensioni avrebbe potuto trattenere. Plutone è privo d’atmosfera e per la sua densità è una grossa sfera di polvere e gas congelati. Nel 1978 è stato scoperto un satellite di Plutone, Caronte. La sua superficie è formata da ghiaccio d’acqua rimasto a nudo per l’evaporazione e la fuga del metano.
ASTEROIDI, METEOROIDI E COMETE
Intorno al Sole ruotano innumerevoli altri corpi, con dimensioni con dimensioni dal cm ad alcune decine di km, su orbite prossime a quelle dei pianeti o a distanze di oltre 1,5 a.l. Si possono suddividere in tre gruppi:
• asteroidi (o pianetini): corpi formati dallo stesso materiale da cui si è formato il sistema solare, di cui hanno conservato la composizione originale;
• meteoroidi: corpi la cui orbita interseca quella terrestre, per cui sono attratti e cadono sul nostro pianeta, consumandosi nell’atmosfera (meteore) o arrivano fino al suolo (meteoriti);
• comete: corpi di polveri e ghiacci che stazionano a grandissime distanze dal sole ma che possono immettersi su orbite lunghissime, fino a giungere in vacanza del Sole, perdendo nello spazio lunghe scie di materiali finissimi.
ASTEROIDI: quelli finora catalogati sono 20000, ma il loro numero totale è almeno il doppio; sono localizzati in gran parte tra le orbite di Marte e Giove, dove formano la fascia degli asteroidi. Alcuni gruppi hanno orbite che si avvicinano a quelle della Terra o addirittura la intersecano. Hanno dimensioni medie di decine di km, ma alcuni arrivano a centinaia di km, la loro superficie è segnata da numerosi crateri da impatto. Oltre agli innumerevoli corpi che ruotano nella fascia degli asteroidi, vi è un migliaio o più pianetini che ruotano nell’orbita di Giove: sono i Troiani, divisi in due gruppi, uno che precede, i veri Troiani, e uno che segue, i Greci, il pianeta di 60°. Di recente sono stati identificati asteroidi la cui orbita estremamente allungata giunge fino all’orbita di Plutone. Il grande interesse con cui si studiano gli asteroidi è legato alla loro origine. La vecchia ipotesi che fossero resti di un pianeta disintegratosi non è più sostenibile, ma l’ipotesi più coerente con il quadro del sistema solare è quella di un origine planetesimale cioè per graduale aggregazione di corpi minori, così come sarebbe avvenuto nella formazione dei pianeti. Nell’attuale fascia degli asteroidi tale aggregazione sarebbe stata interrotta da qualche meccanismo non ancora ben chiaro, ma legato a perturbazioni gravitazionali provocate dalla vicina massa di Giove. Oltre che con le meteoriti, gli asteroidi sono imparentati anche con le comete: uno di loro, con l’orbita estesa oltre Urano, ha cominciato a manifestare segni d’attività cometaria avvicinandosi al Sole; il più lontano finora identificato sta seguendo un’orbita circolare di la di Plutone, che lo sta portando entro la fascia di Kuiper, da cui proviene gran parte delle comete.
METEOROIDE: indica gli innumerevoli frammenti di materiale extraterrestre sparsi nel sistema solare in orbita attorno al Sole, troppo piccoli perché siano chiamati asteroidi o comete. Quando un meteoroide si avvicina all’orbita della Terra, può essere attratto dal nostro pianeta e attraversare l’atmosfera: l’attrito lo rende incandescente e lo fa evaporare e il fenomeno da origine ad una scia luminosa che è chiamata meteora; se il corpo è abbastanza grande da non venire tutto consumato dall’attrito il materiale che raggiunge la superficie costituisce una meteorite.le meteore sono prodotte da oggetti che vanno da 0,1g a qualche kg; viaggiano con velocità di decine di km/s e si accendono tra 80 e 120 km d’altezza per spegnersi intorno ai 50 km. Mentre meteore isolate si osservano tutto l’anno, ad intervalli precisi compaiono sciami di meteore. Essi si formano quando la Terra attraversa il pulviscolo disseminato da una cometa lungo la sua orbita. Le meteoriti note vanno da 1g ad oltre 10 tonnellate; particelle più piccole possono essere rallentate senza bruciare e depositarsi sulla superficie come polvere: sono chiamate micrometeoriti. Le meteoriti maggiori raggiungono la superficie con impatti violentissimi; a volte esplodono rompendosi in numerosi frammenti o vaporizzandosi completamente. Nell’urto producono nel suolo una cavità semisferica, detta cratere da impatto, che può arrivare a molti km di diametro. La natura delle meteoriti è di grande importanza: si ritiene che la maggior parte di loro provenga dalla fascia degli asteroidi, dove violente collisioni scagliano numerosi frammenti in ogni direzione, e quindi anche lungo traiettorie che passano vicino alla Terra; qualcosa d’analogo si verifica anche negli impatti di grossi corpi su Marte e sulla Luna da cui si ritiene siano arrivate sulla Terra alcune meteoriti particolari. In base alla composizione mineralogica le meteoriti si dividono i tre gruppi:
• lititi simili a rocce
• sideriti metalliche
• sideroliti, miscuglio in varie proporzioni, di materiale roccioso e metalli.
Alle lititi appartengono le cosiddette condriti contenenti tipiche sferette d’aspetto vetroso, di dimensioni millimetriche, chiamate còndrule e derivate dal rapido raffreddamento di rocce fuse della polvere della nebulosa da cui è nato il sistema solare. Le condriti hanno in maggior parte un’età di circa 4560 milioni d’anni e non mostrano tracce di trasformazioni, per cui sono il miglior campione della composizione media del materiale da cui si è originato il sistema solare. Altri tipi di lititi sono invece meno antiche e simili a certe rocce magmatiche terrestri e si sono formate per raffreddamento di materiale che in precedenza aveva subito una totale fusione. Le sideriti sono probabilmente frammenti del nucleo metallico di piccoli asteroidi completamente frantumati da qualche collisione.
COMETE: gli oggetti più spettacolari della volta celeste, sono state definite palle di neve sporca, perché sono formate da gas e vapori congelati misti a piccoli frammenti di rocce e metalli. Si muovono lungo orbite molto allungate, molte delle quali arrivano ben oltre Plutone. Quando si avvicinano al Sole, le radiazioni fanno sublimare i gas congelati che trascinano con sé le polveri imprigionate nei ghiacci; attorno ad un nucleo, del diametro d’alcuni km, si forma un alone rarefatto e luminoso, la chioma, le cui dimensioni sono spesso prossime a quelle di Giove. In quasi tutte le comete si forma una coda, un velo brillante che si allunga per milioni di km in senso opposto alla direzione del Sole, provocato dal pulviscolo spinto dalla luce solare in direzione radiale. Ad ogni passaggio intorno al Sole una cometa perde una parte di massa e col tempo diviene meno luminosa, fino ad estinguersi dopo un certo numero di passaggi intorno al Sole. Dal nucleo parte anche una seconda coda, di colore azzurro, formata da gas ionizzati che sono incanalati e trascinati via dal campo magnetico solare. Lungo la loro orbita le comete lasciano una larga fascia di pulviscolo, che è attraversato da un pianeta con atmosfera da origine agli sciamo di meteore.la ricostruzione delle orbite delle comete a lungo periodo, con tempi di percorrenza dell’orbita di 200 anni e che percorrono distanze grandissime, portò l’astronomo olandese Oort ad ipotizzare che tali corpi siano distribuiti nello spazio a formare una specie d’alone sferico intorno al Sole e ai pianeti. La nube d’Oort, come oggi è chiamata, inizia all’esterno del sistema di pianeti e si estende per oltre 15000 miliardi di km. In quello spazio, miliardi di nuclei ghiacciati si muovono lentamente su orbite lontanissime dal Sole; quei nuclei sono così debolmente legati al Sole che il passaggio ravvicinato di una stella provoca delle perturbazioni nel loro moto, in grado di scagliarsi verso lo spazio interstellare o di fargli deviare su orbita che li portano in prossimità del Sole e dei pianeti, dove si manifestano con la tipica attività delle comete. Ma esistono altre comete, quelle a breve periodo, che provengono invece dalla parte più interna della nube, nota come fascia di Kuiper, una specie di ciambella molto schiacciata disegnata da almeno un miliardo di corpi che orbitano ben al di la dei pianeti, fino a 150 miliardi di km e che costituiscono un’estensione del sistema planetario. Essi ruotano in prossimità del medesimo piano ideale su cui si muovono le orbite dei pianeti mentre gli altri corpi della nube ruotano con piano variamente orientati. Le stime indicano che la nube d’Oort dovrebbe contenere circa 6000 miliardi di nuclei, sparsi in uno spazio così ampio che la distanza media l’uno dall’altro è di almeno 1U.A. Si ritiene che i nuclei si siano formati nella regione dei pianeti giganti, tra Giove e Nettuno che li avrebbero scagliati verso la periferia del sistema solare facendoli accumulare nel gigantesco congelatore della nube d’Oort.

IL PIANETA TERRA
LA FORMA DELLA TERRA: Il primo ad ipotizzare che la Terra fosse sferica fu PITAGORA nel V sec. a.C. ma l’idea che la Terra fosse piatta fu propugnata nuovamente nel Medioevo e fu definitivamente abbandonata dagli Umanisti nel ‘400, che si rifacevano alle concezioni d’Aristotele e di Tolomeo.
L’orizzonte va aumentando d’ampiezza con l’aumentare dell’altitudine del punto d’osservazione. Inoltre, se ci spostiamo lungo un meridiano terrestre possiamo constatare che l’altezza delle stelle sull’orizzonte varia. Ciò prova senza dubbio che la Terra ha una superficie curva e convessa. Se la Terra fosse omogenea e immobile la sua forma sarebbe quella di una sfera perfetta. In realtà non è né omogenea né immobile e la forza centrifuga generata dal movimento terrestre ha portato ad una deformazione comprimendola ai poli e rigonfiandola lungo il piano equatoriale. La forma che ne risulta è di poco dissimile da quella di un’ELLISSOIDE DI ROTAZIONE, cioè da quella di un solido che si ottiene facendo ruotare un’ellisse attorno al suo asse minore. L’asse minore terrestre è identificabile con la distanza fra i due poli, mentre l’asse maggiore dovrebbe corrispondere al diametro della circonferenza equatoriale. Nuove osservazioni hanno dimostrato che l’equatore non è proprio circolare quindi come forma della Terra si deve considerare quella di un ellissoide a tre assi. La Terra nei vari punti presenta valori diversi della forza di gravità ed essendo quest’ultima in rapporto con la distanza dal centro della Terra se ne è dedotto che i vari punti della Terra si trovano a diverse distanze dal centro. Ciò ha dimostrato che la superficie terrastre presenta curvature diverse che non consentono di identificarla neanche come un’ellisoide di rotazione. La forma della Terra non può essere definita matematicamente né è perfettamente identificabile con quella di solido geometrico:è una forma del tutto propria e particolare. Si è pensato di identificare la forma del nostro pianeta con quella di un solido la cui superficie è perpendicolare in ogni suo punto alla direzione del filo a piombo; al corpo di tale superficie è stato dato il nome di GEOIDE. La superficie del Geoide è una superficie equipotenziale, ossia che in tutti i suoi punti non è uguale l’accelerazione di gravità. Teoricamente il Geoide può essere immaginato come la figura che la Terra assumerebbe se il livello medio del mare si estendesse in continuità anche laddove si trovano le terre emerse, colmando le eventuali depressioni e cancellando tutti i rilievi. Per mezzo di satelliti artificiali si è potuto vedere che la Terra ha un aspetto leggermente piriforme.
DIMENSIONI DELLA TERRA: le prime osservazioni per determinare il raggio terrestre furono fatte da EUDOSSO DI CNIDO e da DICEARCO DA MESSINA ma il tentativo di cui si hanno notizie più sicure e che condusse ad un risultato più preciso fu quello eseguito da ERATOSTENE DI CIRENE. Eratostene riteneva che le città d’Alessandria d’Egitto e Siene fossero situate sullo stesso meridiano conosceva la loro distanza valutata per quei tempi in 5000 stadi e sapeva che a Siene il 21 giugno i corpi non producevano ombra egli misurò con uno scafe l’angolo che in quello stesso istante i raggi del sole formavano ad Alessandria. Eratostene ottenne che la circonferenza terrestre doveva corrispondere a 39375 km: valore molto vicino a quello che oggi consideriamo vero. Nel 1671 Picard misurò l’arco di meridiano congiungente Amiens con Mahoisine. Le misure sempre più precise hanno consentito di stabilire che l’arco di un grado di meridiano non presenta una lunghezza costante ma il suo valore aumenta, seppure di poco, dall’Equatore ai poli e ciò conferma la forma schiacciata del nostro pianeta. Lo schiacciamento polare della Terra è stato messo in evidenza già nel XVII sec. mediante le osservazioni sul moto oscillatorio di Richer. Questi aveva constatato che un pendolo regolato a Parigi esattamente sul secondo trasferito alla Caienna, nella Guiana francese, presentava oscillazioni più lente. Le più recenti misure astrogeodetiche hanno permesso di misurare la lunghezza del raggio equatoriale in 6378,16 km e quella del raggio polare in 6356,78 km; la loro differenza è di soli 21,38 k e lo schiacciamento che né deriva è pari a 1/298,3.
COORDINATE GEOGRAFICHE E COORDINATE CELESTI: immaginiamo un piano perpendicolare all’asse terrestre e passante per il centro della Terra. Tale piano dividerà la sfera in due emisferi: quello boreale e quello australe. Esso determinerà sulla Terra una circonferenza massima equidistante dai poli, l’Equatore. L’intersezione tra gli altri piani perpendicolari all’asse ma non passanti per il centro della Terra sarà rappresentato da altri circoli chiamati paralleli; questi pur avendo la stessa ampiezza angolare saranno di lunghezza minore man mano che ci si avvicina ai poli.se poi immaginiamo di tagliare la sfera terrestre con dei piani contenenti l’asse avremo tanti circoli massimi tutti passanti per i poli e uguali fra loro detti meridiani. La rete di meridiani e paralleli che si possono tracciare sulla sfera terrestre rappresenta il cosiddetto reticolato geografico. Il reticolato geografico ci permette di individuare la posizione assoluta di un punto sulla superficie della Terra. A questo scopo sono state introdotte le coordinate geografiche: la latitudine che è la distanza angolare di un punto dall’equatore e può essere nord e sud e la longitudine che è la distanza angolare di un punto da un determinato meridiano, misurata sull’arco di parallelo che passa per quel punto; essa può essere est od ovest; come meridiano di riferimento si utilizza quello passante per Greenwich. A causa dello schiacciamento polare della Terra, la lunghezza dell’arco di grado di latitudine va crescendo dall’Equatore ai poli da un valore di 110,575 km ad un valore di 111,699 km. La sua sessantesima parte, cioè 1852 m, rappresenta la lunghezza di meridiano di 1’: essa corrisponde al miglio marino e geografico, mentre il miglio terrestre è pari a 1609m. la lunghezza di 1’ di longitudine è invece estremamente variabile perché i paralleli non sono uguali fra loro; questa lunghezza è di 111,324 km all’Equatore e si riduce a zero ai poli. Le due coordinate celesti corrispondenti, rispettivamente, alla longitudine e alla longitudine sono: la declinazione celeste che è la distanza angolare fra l’astro considerato e il piano dell’Equatore celeste; l’ascensione retta è la distanza angolare dell’astro dal meridiano celeste che passa per il “punto gamma” (punto della sfera celeste in cui si trova il Sole nell’equinozio di primavera. Il punto diametralmente opposto è detto punto omega o “punto ariete”, scelto come meridiano iniziale o fondamentale sulla sfera celeste.
I MOVIMENTI DELLA TERRA: Il nostro pianeta si muove in maniera complessa nello spazio, essendo dotato di diversi moti simultanei che si effettuano con velocità e durate differenti. Tali moti possono essere distinti in 3 gruppi:
• movimenti che si ripetono in tempi relativamente brevi e producono effetti geografici molto importanti;
• movimenti che si ripetono in tempi lunghi e producono effetti geografici-geologici di grande interesse non rilevabili nel corso di una vita umana;
• movimenti insieme al Sole e alla Galassia dei quali non si conoscono conseguenze geografiche di qualche rilievo.
Fondamentalmente è il moto di rotazione che la Terra compie intorno al proprio asse da occidente verso oriente. La durata di questo movimento, che si può ritenere uniforme, è di 23h56m4s, cioè un giorno sidereo.la velocità angolare di rotazione è uguale a tutte le latitudini, fatta eccezione per i poli dove non è nulla. La velocità lineare è invece molto variabile con la latitudine:essa è minima all’Equatore, dove raggiunge il valore di circa 463 m/s e va diminuendo ai poli, dove non diventa nulla. Con il diminuire della velocità lineare diminuisce anche la forza centrifuga cui sono sottoposti i vari punti della Terra per effetto della rotazione, mentre parallelamente va aumentando la forza di gravità. Si può osservare che il movimento di rotazione non avviene in maniera perfettamente uniforme; infatti, le misure della sua durata, eseguite con orologi atomici di grandissima precisione, hanno dimostrato l’esistenza di diverse piccolissime variazioni. Le osservazioni astronomiche moderne e antiche ed alcune prove paleontologiche hanno messo in luce un graduale rallentamento della velocità di rotazione, per cui la durata del movimento si allungherebbe di circa 2 millesimi di secondo per secolo. Questo rallentamento si spiegherebbe con l’attrito delle maree ossia con le protuberanze che la Luna provoca sulle masse oceaniche terrestri. La Luna esercita un’azione frenante sulla Terra, perché questa ruota su se stessa più velocemente di quanto non faccia la Luna nel suo moto di rivoluzione intorno alla Terra. Nella sua rotazione la Terra tende a trascinarsi dietro i rigonfiamenti delle mare, mentre la Luna esercita un’attrazione maggiore proprio su di loro e quindi si oppone al trascinamento e rallenta la rotazione terrestre; come conseguenza si ha anche un’accelerazione della Luna sulla sua orbita ed un aumento della forza centrifuga che tende ad allontanare la Luna dalla Terra. Ammettendo che l’attrito delle maree sia stato sempre lo stesso e che la Luna e la Terra abbiano avuto un’origine comune, si calcola che per raggiungere la posizione attuale la Luna dovrebbe aver impiegato circa 4 miliardi d’anni. Altre variazioni del moto di rotazione terrestre si pensa che siano dovute a modificazioni molto lievi che avverrebbero nella struttura interna della Terra: variazioni di questo tipo sembra che abbiano prodotto tra il 1790 ed il 1900 un’accelerazione del movimento, che precedentemente era in ritardo, con un anticipo complessivo di circa un minuto. Di fondamentale importanza è anche il moto di rivoluzione che la Terra compie descrivendo un’orbita ellittica intorno al Sole in senso antiorario. Come sappiamo dalla I legge di Keplero la distanza della Terra varia a seconda che questa sia trovi in Afelio o in Perielio. La Terra viene a trovarsi in perielio nei primi di gennaio mentre si trova in afelio in luglio. L’orbita descritta dalla Terra è u ‘ellisse pochissimo schiacciata, tanto da potersi quasi assimilare come una circonferenza; la sua eccentricità, ossia la distanza del Sole dal centro dell’ellisse e la lunghezza del semiasse maggiore dell’ellisse stessa, è di 0,017. l’intero percorso orbitale ha una lunghezza che ammonta a 940 milioni di km ed è effettuato ad una velocità variabile tra i 29,3 km/s in afelio ed i 30,3 km/s in perielio: la velocità media è di circa 29,8 km/s. il tempo che la Terra impiega a compiere un’orbita completa è di 365d6h9m10s ed è denominato anno sidereo. Il sistema Terra-Sole si muove attorno al baricentro comune, cioè attorno al punto che divide la congiungente dei due corpi in due parti inversamente proporzionali alle loro masse. Dato che la massa del Sole è molto maggiore di quella della Terra, il baricentro si trova tanto prossimo al Sole da potersi ritenere praticamente coincidente con lui; di conseguenza si può approssimativamente considerare che la Terra sia in movimento intorno al Sole. Molto interessanti sono anche i movimenti che la Terra compie in lunghi tempi, nell’ordine di millenni e perciò sono denominati millenari. Essi possono essere considerati come perturbazioni dei due moti principali. Altri moti coinvolgono il pianeta in quanto facente parte del sistema solare, della galassia e dell’universo: il moto di traslazione che la Terra esegue insieme al Sole e agli altri corpi del Sistema Solare in direzione della costellazione d’Ercole. La partecipazione al moto di recessione della galassia, cioè della probabile espansione dell’universo.
PROVE E CONSEGUENZE DELLA ROTAZIONE TERRESTRE: Una prima prova si può desumere dall’apparente spostamento diurno di corpi celesti da Est ad Ovest. A prima vista questo spostamento potremmo spiegarlo indifferentemente sia con un movimento di rotazione degli astri intorno alla Terra sia con una rotazione in senso contrario della Terra su se stessa. Però, dato che i corpi celesti non sono fissati su una sfera ma si trovano a distanze molto diverse da noi, per ammettere che siano essi a girare intorno alla Terra bisognerebbe ammettere che gli astri abbiano velocità lineari nello spazio esattamente proporzionali alle loro distanze dall’asse terrestre. Un’altra prova indiretta della rotazione della Terra può essere ricavata dall’analogia con gli altri pianeti: tutti quanti mostrano un evidente moto rotatorio assiale o non abbiamo motivo per ritenere che solo il nostro pianeta debba esserne privo. Altre prove possiamo dedurle da alcuni esperimenti di Fisica eseguiti sulla Terra stessa. Uno di questi si basa sull’osservazione della caduta libera dei corpi: un grave che viene lasciato cadere da un punto elevato della superficie terrestre. Questo fenomeno era già stato previsto da Galileo ed enunciato da Newton, ma fu ampiamente dimostrato per la prima volta da Guglielmini, che nel 1791-1792, eseguì numerose prove dalla torre degli Asinelli a Bologna osservando uno spostamento di 17 mm per un’altezza di caduta di 100 m; per questo è conosciuta come esperienza di Guglielmini. Nel 1851 Foucault eseguì nel pantheon di Parigi un’esperienza atta a fornire un’altra prova del moto di rotazione della Terra. Una prova del moto di rotazione terrestre possiamo scorgerla nella variazione di accelerazione di gravità con la latitudine. Tale variazione è anche conseguenza della forza centrifuga dovuta alla rotazione. La forza centrifuga, alla quale sono sottoposti tutti i corpi che sono sulla superficie terrestre, è perpendicolare all’asse di rotazione della Terra ed è diretta verso l’esterno; essa si esprime con la seguente formula: Fc=m*w2*R, dove m è la massa del corpo, w la sua velocità angolare ed R la sua distanza dall’asse di rotazione. Lo spostamento della direzione dei corpi in moto sulla superficie terrestre costituisce una conseguenza molto importante della rotazione del nostro pianeta. Esso può essere efficacemente espresso dalla cosiddetta legge di Ferrel: “ a causa della rotazione terrestre, un corpo qualsiasi che si muova liberamente sulla Terra viene deviato dalla sua direzione iniziale verso destra se si trova nell’emisfero boreale e verso sinistra se si trova nell’emisfero australe”. Il fenomeno si spiega con il fatto che un corpo in moto tende, per inerzia, a conservare la velocità lineare di rotazione che aveva nel punto di partenza. Quindi se esso si sposta verso i poli andrà verso punti che hanno velocità lineari di rotazione sempre più piccole rispetto a quelle del punto di partenza e sarà in anticipo su di essi; se invece il corpo si muove verso l’Equatore, andrà verso punto che hanno velocità maggiori e perciò si troverà in ritardo rispetto ad essi: in entrambi i casi si osserverà che il corpo ha subito un progressivo spostamento per effetto di una forza deviante che è detta forza di Coriolis. Ma la forza di Coriolis è una forza apparente presa in considerazione per spiegare il fenomeno. L’intensità della forza apparente di Coriolis può essere espressa dalla formula: Fd=2m V w seny , dove Fd è la forza deviante, m la massa del corpo, V la velocità di trasferimento del corpo, w la velocità angolare della Terra, y la latitudine.
La conseguenza del moto di rotazione consiste nell’alternarsi del dì e della notte. A causa della forma pressoché sferica della terra, i raggi solari illuminano in ogni istante solo la parte di superficie terrestre che è rivolta verso il sole, lasciando nell’oscurità tutti i punti della parte opposta. Con il termine giorno indichiamo il tempo dell’intera rotazione, ossia dell’insieme del dì e della notte. L’emisfero illuminato è diviso da quello in ombra da un circolo massimo che va spostandosi di continuo ed al quale si da il nome di circolo d’illuminazione. Esso in realtà non separa nettamente la parte illuminata da quella buia ma piuttosto da una fascia di una certa ampiezza. Il passaggio dal dì alla notte non è brusco, ma graduale, a causa della presenza dell’atmosfera i cui alti strati sono penetrati dai raggi un po’ prima del sorgere del sole sull’orizzonte ed un po’ dopo il tramonto: fenomeni di diffusione, riflessione e rifrazione della luce negli strati dell’atmosfera ci danno un po’ di chiarore solare durante le aurore ed i crepuscoli. Se esaminiamo le diverse posizioni del sole rispetto a noi e alle stelle sembra che esso compia durante l’anno un movimento di rivoluzione intorno alla Terra da ponente verso levante. Lo sfondo celeste che fa da scenario al Sole cambi a da un giorno all’altro e sembra che il Sole percorra un circolo massimo chiamato Ellittica, che attraversa in successione le dodici costellazioni dello zodiaco. Tra le prova indirete del moto di rivoluzione terrestre possiamo considerare l’analogia con gli altri pianeti del sistema solare, per i quali si è potuta osservare l’esistenza di un complesso movimento intorno al Sole, regolato dalle leggi di Keplero. La periodicità annua di alcuni gruppi di stelle cadenti dovrebbe indicare che la Terra si muove nello spazio descrivendo un’orbita di forma tale che le consenta di passare periodicamente attraverso regioni in cui sono presenti sciami di materia cosmica. La prova diretta e più sicura del moto orbita le della Terra è fornito da un fenomeno di natura fisica scoperto nel 1927 da Bradley: l’aberrazione della luca proveniente dagli astri. Quando noi osserviamo una stella, la direzione secondo cui la vediamo non è quella effettiva, data dalla congiungente il punto di osservazione con la stella, ma è solo una direzione apparente. Se usiamo un telescopio dobbiamo inclinarlo leggermente in avanti nel senso del moto di rivoluzione della Terra, puntandolo su una posizione che è un po’ spostata rispetto a quella in cui si trova veramente la stella. Il fenomeno è spiegabile con il fatto che la luce proveniente dall’astro che vogliamo osservare impiega un certo tempo a percorrere l’asse ottico del telescopio e ad arrivare fino al nostro occhio, e nel frattempo noi ci siamo spostati in un punto dell’orbita terrestre che non è più quello di prima; l’anglo tra al direzione vera e quella apparente è detto anglo di aberrazione e rappresenta quindi l’inclinazione della risultante tra la velocità di propagazione della luce e la velocità di rivoluzione della Terra. Per una stella al cui direzione vera sia perpendicolare alla direzione del moto dell’osservatore, l’anglo di aberrazione raggiunge il valore massimo in perielio che è di 20”50. Oltre a questa aberrazione massima, esiste anche una aberrazione diurna dovuta alla rotazione della Terra. Poiché il movimento di rotazione è molto più lento di quello di rivoluzione, l’anglo di aberrazione che ne deriva è molto più piccolo; inoltre quest’angolo varia con la latitudine, diminuendo all’equatore verso i poli, così come varia al velocità lineare di rotazione che ne è la causa. Come ulteriori prove del moto orbitale della Terra intorno al Sole possiamo considerare vari fenomeni: l’asse terrestre inclinato di 66o33’ rispetto al piano dell’orbita; se si considerano tempi non troppo lunghi esso si mantiene costantemente parallelo a se stesso durante l’intero tragitto che la Terra compie intorno al Sole. Se l’asse terrestre fosse perpendicolare al piano dell’orbita il circolo d’illuminazione passerebbe per i poli e coinciderebbe in qualsiasi momento con un circolo meridiano, tagliando in due parti uguali tutti i paralleli; di conseguenza, in ogni punto della superficie terrestre e per tutto l’anno il di e la notte avrebbero la stessa durata e in nessun luogo si verificherebbe l’alternarsi delle stagioni. In tali condizioni la quantità di luce e di calore ricevuta dalle varie parti della Terra dipenderebbe solo dall’inclinazione dei raggi solari e quindi, a causa della sfericità della Terra, sarebbe tanto più piccola quanto maggiore è la latitudine. Una certa variabilità si avrebbe durante l’anno per il fatto che il sole non si trova sempre alla stessa distanza dalla Terra; ma, essendo la differenza tra la distanza massima e quella minima relativamente piccola, le variazioni legate a questo fattore sono piuttosto modeste. La nostra esperienza quotidiana dimostra che ciò accade solo in due particolari momenti dell’anno, il 21 marzo e il 23 settembre. In tutti gli altri giorni solo i punti che si trovano sull’equatore hanno di e notte sempre uguali mentre nei luoghi situati a nord e a sud osserviamo una diversa durata del di e della notte. Questa differenza è piccola in prossimità dell’equatore ma diventa sempre più sensibile andando verso i poli. I due punti in cui la traiettoria solare attraversa l’equatore celeste sono detti equinozi; quando il sole si trova su uno di questi due punti giace su un piano equatoriale. Le massime elevazioni a Nord e Sud rispetto al piano equatoriale terrestre vengono dette solstizi; la prima si ha il 21 giugno e la seconda il 22 dicembre: in questi due momenti dell’anno i raggi solari cadono perpendicolarmente alternativamente a due paralleli che si trovano rispettivamente a 22o27’ Nord e 22o27’ Sud. In tutti e due i casi il circolo d’illuminazione è tangente a due paralleli che distano 66o33’ dall’equatore e taglia obliquamente tutti gli altri paralleli compresi tra questi e l’equatore.
LE STAGIONI: le stagioni astronomiche naturalmente risultano invertite nei due emisferi; quindi alla nostra estate corrisponde l’inverso australe, alla primavera l’autunno australe, e viceversa; quello che per noi è il periodo più caldo dell’anno, il periodo in cui godiamo di una durata del dì è per gli abitanti dell’emisfero australe il periodo dei freddi più intensi e delle notti più lunghe. A causa della diversa velocità della terra sull’orbita le stagioni astronomiche non hanno tutte la stessa durata: noi abbiamo un semestre caldo lungo circa 7 giorni e 6 di più del semestre freddo ed il contrario si ha nell’emisfero australe. Occorre notare che le stagioni meteorologiche non coincidono con quelle astronomiche. Sulla base delle reali condizioni di riscaldamento nei vari periodi dell’anno, si è stabilito convenzionalmente che le stagioni meteorologiche cominciano col primo giorno del mese in cui cade l’equinozio o il solstizio di quelle astronomiche corrispondenti. Quindi la primavera meteorologica comprende interamente i mesi di marzo, aprile e maggio, l’estate meteorologica i mesi di giugno luglio e agosto; l’autunno meteorologico va dal 1° settembre a tutto novembre, l’inverno meteorologico dal 1° dicembre a tutto febbraio. I due tropici e i due circoli polari rivestono un’importanza particolari per le condizioni d’illuminazione dei raggi solari nel corso dell’anno. Essi dividono la superficie terrestre in 5 parti caratterizzate da condizioni diverse di riscaldamento, chiamate zone astronomiche. Queste sono: la zona torrida o zona intertropicale, limitata dai due tropici e divisa in due dall’equatore; la zona boreale, compresa fra il tropico del cancro ed il circolo polare artico; la zona temperata australe tra il tropico del capricorno e il circolo polare antartico; la calotta polare artica che si estende dal circolo polare artico al polo Nord; la calotta polare antartica che si estende dal circolo polare antartico al polo Sud. Nella zona torrida il Sole passa allo Zenit di tutti i punti due volte all’anno: all’equatore nei giorni degli equinozi e sugli altri paralleli in giorni diversi; ai tropici il Sole è allo Zenit una sola volta all’anno: nel giorno del Solstizio di giugno al tropico del Cancro, in quello del solstizio di dicembre al tropico del Capricorno. Mentre all’equatore il dì e la notte hanno sempre la stessa durata, negli altri punti della zona torrida si ha una differenza che però non è mai molto forte: ai tropici il dì più lungo è di 13 ore e tre quarti e quindi la notte più breve è di 10 ore e un quarto. Ne deriva che in questa zona il riscaldamento è sempre molto forte e non si può parlare di vere e proprie stagioni. Nelle zone temperate il Sole non passa mai allo Zenit e i suoi raggi arrivano più o meno obliqui, secondo il periodo dell’anno e la latitudine. A parte i giorni degli equinozi, in cui il dì e la notte hanno la stessa durata, le durate del dì e della notte presentano differenze che vanno aumentando con la latitudine e con l’avvicinarsi dei giorni solstiziali; tanto che sui circoli polari il dì e la notte più lunghi raggiungono, alternativamente la durata di 48 ore perché al periodo d’illuminazione del giorno dei solstizi si collega quello d’illuminazione del giorno seguente. Nelle zone temperate il riscaldamento varia durante l’anno e si ha una distinzione netta tra le varie stagioni. Nelle zone polari i raggi del sole arrivano sempre molto obliqui e addirittura non colpiscono affatto la superficie per un periodo tanto più lungo quanto più ci si avvicina ai poli. Dopo l,’equinozio di primavera nella calotta artica inizia un periodo d’illuminazione che è detto gran dì, mentre nella calotta antartica inizia la grande notte; il contrario si ha invece dopo l’equinozio d’autunno. Il gran dì e la grande notte, che vicino ai circoli polari durano pochi giorni, ai poli dovrebbero durare 6 mesi ciascuno, ma la presenza di lunghi crepuscoli, il fenomeno della aurore polari e la stessa luminosità della luna, accorciano sensibilmente il periodo d’oscurità completa, cosicché la durata della grande notte si aggira intorno ai 100 giorni. Un’altra conseguenza del moto di rivoluzione intorno alla terra è la diversa durata del giorno solare e del giorno sidereo.
MOTI MILLENARI: l’azione gravitazionale che gli altri corpi del Sistema Solare in particolare il Sole e la Luna esercitano sul nostro pianeta provoca anche altre variazioni nella posizione della Terra nello spazio, dando luogo ad alcuni movimenti che sono però molto più lenti di quelli di rotazione e di rivoluzione. Proprio a causa della loro lentezza non si può osservare direttamente le conseguenze che si fanno risentire con una certa intensità solo nel corso dei millenni; tuttavia la loro esistenza è comprovata da accuratissimi studi astronomici ed è testimoniata anche dalle tracce glaciali che si rinvengono in luoghi della Terra dove oggi i ghiacciai non esistono più. Questi ghiacciai del passato si poterono estendere su vaste aree per effetto di variazioni avvenute nell’insolazione della superficie terrestre; variazioni le cui cause sono da attribuire in massima parte ai movimenti suddetti. L’asse della Terra si mantiene parallelo a se stesso nel corso della rivoluzione; in realtà ciò è approssimativamente vero solo se si considerano tempi non troppo lunghi: se potessimo eseguire osservazioni prolungate per alcune migliaia di anni ci si renderebbe conto che la sua direzione va lentamente mutando. L’attrazione combinata che il Sole e la Luna esercitano sul rigonfiamento equatoriale in modo più sensibile che sulle altre parti della Terra tende a far coincidere il paino dell’equatore con il piano dell’orbita, cioè a raddrizzare l’asse terrestre; a ciò si oppone però la rapida rotazione della Terra che tende invece a mantenere immutata la posizione dell’asse: le due forze si compongono e ne deriva un movimento che fa descrivere all’asse terrestre due coni con il vertice al centro della Terra. Questo moto doppio conico, detto di precessione luni-solare, avviene in senso contrario di quello di rotazione terrestre e si compie in 26000 anni circa. L’azione attrattiva luni-solare sul rigonfiamento equatoriale terrestre dipende dalle distanze fra il Sole la Terra e la Luna; queste però cambiano di continuo nel tempo perché le orbite terrestre e lunare sono ellittiche e inoltre mutano la loro posizione reciproca, ossia la loro intersezione nello spazio. Tutto ciò provoca delle perturbazioni periodiche del moto di precessione; esse consistono in oscillazioni ampie pochi secondi di arco e di periodo molto più breve, che vengono dette nutazioni. Per effetto di queste oscillazioni l’asse terrestre invece di descrivere due coni circolari, si muove secondo coni leggermente ondulati. Conseguenza della precessione luni-solareè che il prolungamento ideale dell’asse terrestre non va a cadere sempre in corrispondenza della stella polare. Questa, che è attualmente assai vicina al polo nord celeste, ne sarà distante 47° quando l’asse terrestre avrà percorso metà del suo giro conico, cioè fra 13000 anni; allora la posizione del nord sarà indicata dalla stella Vega della Costellazione della Lira. Il mutamento di direzione dell’asse terrestre comporta un continuo spostamento nello spazio dell’equatore celeste, il cui piano è perpendicolare a tale asse; per cui, varia anche l’intersezione del piano equatoriale col piano dell’Ellittica. Siccome il moto conico dell’asse terrestre si compie in senso orario, che è contrario al movimento della terra sull’orbita; lo stesso avviene anche alla linea dei solstizi essendo essa sempre perpendicolare a quella degli equinozi. Gli equinozi e i solstizi antipano ogni anno la loro posizione sull’Ellittica, nel verso contrario all’apparente moto annuo del Sole, di un arco ampio 50”, che corrispondono a circa 20 minuti. Per questo suo effetto il movimento luni-solare è denominato anche precessione degli equinozi. In conseguenza della precessione degli equinozi, col tempo cambia la posizione che il Sole assume nei vari momenti dell’anno rispetto alle Costellazioni dello Zodiaco. Lo spostamento dei punti sull’orbita terrestre in cui si verificano gli equinozi e i solstizi non deve far credere che cambino anche le date di questi momenti fondamentali dell’anno: gli equinozi e i solstizi cadono sempre alle stesse date del nostro calendario che si basa sull’anno solare e non sull’anno sidereo. Se l’orbita terrestre fosse immobile nello spazio, la linea equinoziale in un periodo di 26000 anni farebbe un giro completo anche rispetto all’afelio o al perielio. Ma, a causa dell’attrazione esercitata sulla Terra dagli altri pianeti, l’asse maggiore dell’orbita si muove in senso antiorario, e quindi va incontro alla linea degli equinozi. Facendo perno all’interno del Sole, l’asse maggiore dell’orbita terrestre compie un giro completo in circa 117000 anni, con una velocità angolare media di 11” circa all’anno. Questo spostamento della linea degli apsidi si combina con la precessione degli equinozi e ne abbrevia il periodo da 26000 a 21000 anni circa. Per cui gli equinozi invertono la loro posizione non ogni 13000 anni ma ogni 10500 anni circa. Un altro movimento millenario è la variazione dell’eccentricità dell’orbita che consiste nella variazione del rapporto tra la distanza del Sole dal centro dell’orbita e la lunghezza del semiasse maggiore di quest’ultima. Attualmente il valore dell’eccentricità dell’ellisse descritta dalla Terra nel suo moto di rivoluzione è circa 0,017, ma tale valore non si mantiene costante nel corso degli anni; infatti la differenza tra le distanze afelio-Sole e perielio-Sole in un periodo di 92000 anni passa da un massimo di circa 14 milioni ad un minimo di poco più di 1 milione di km e ritorna di nuovo al valore massimo: è come se l’orbita terrestre diventasse ora più allungata ora meno. Un altro movimento millenario della Terra consiste nel mutamento dell’inclinazione dell’asse terrestre, ossia nella variazione dell’angoloche l’asse di rotazione della Terra forma con la perpendicolare al piano dell’orbita. Questo angolo non si mantiene costante nel tempo ma varia da un massimo di 24°20’ ad un minimo di 21°55’ circa, con un periodo medio di circa 40000 anni.
L’ORIENTAMENTO: il modo più semplice per indicare a qualcuno la nostra posizione sul terreno consiste nel far riferimento ad alcuni punti fissi: i punti cardinali. Due punti cardinali corrispondono sul circolo dell’orizzonte ai punti in cui il Sole sembra sorgere e tramontare nei giorni degli equinozi: sono l’est e l’ovest. Intermedi a questi sul circolo dell’orizzonte, si trovano il nord e il sud, che sono i punti d’intersezione del meridiano passante per il luogo d’osservazione con il circolo dell’orizzonte. Le prime denominazioni usate per i punti cardinali si riferiscono all’apparente percorso diurno del Sole mentre i nomi Est, Ovest, Nord e Sudsono successivi, di origine gotica; questo ultimi vengono spesso abbreviati in E, W, N, S. Per orientarsi si può prendere in considerazione l’appatrente moto diurno del Sole intorno alla Terra: puntando la mano destra verso il punto dal quale il sole sembra sorgere, cioè verso Est, si avrà a sinistra l’Ovest, in fronte il Nord e alla spalle il Sud. Questo sistema do orientamento è però approssimativo poiché il Sole sorge esattamente ad Est e tramonta esattamente ad Ovest soltanto nei giorni degli equinozi, quando la sua apparente traiettoria annua attraversa l’equatore celeste; negli altri giorni dell’anno il Sole appare un po’ spostato verso Nord durante il nostro periodo primavera-estate, verso sud nel periodo autunno-inverno. L’apparente escursione annua del Sole fra i due tropici è ugualmente utile ia fini dell’orientamento. Trovandoci nella zona temperata boreale, si pèuò determinare la direzione del Sud a mezzodì. Allo stesso modo gli abitanti della zona temperata australe possono fissare la direzione del Nord. Un metodo pratico per orientarsi con il Sole in ogni momento del dì consiste nel disporre un orologio in modo che la lancetta delle ore sia diretta verso la posizione del Sole: tracciando idealmente la bisettrice dell’angolo che questa lancetta forma con la direzione verso le 12, si individuerà il Sud se l’osservazione viene eseguita di mattino, il Nord se l’osservazione veine effettuata di pomeriggio. Di notte nel nostro emisfero ci si può orientare guardando la stella polare; poiché essa si trova attualmente quasi in corrispondenza del polo Nord celeste, la proiezione sul piano dell’orizzonte della visuale che va dai nostri occhi alla stella polare ci indica la direzione del Nord. Per il luoghi dell’emisfero australe la stella visibile ad occhio nudo che funge da stella polare è sigma octantis nella Costellazione dell’Ottante; tuttavia spesso si preferisce far riferimento alla più appariscente e riconoscibile Costellazione della Croce del Sud , la quale però è molto più distante dal polo Sud celeste. L’uso della bussola consente l’orientamento anche quando non è possibile riferirsi al Sole o alle stelle. Sostanzialmente questo strumento conosciuto forse dai cinesi fin dal 2600 a.C., ma introdotto ni europa da Flavio Gioia ed usato dai navigatori amalfitani nel XII secolo è costituito da un ago magnetizzato, libero di ruotare in un piano orizzontale; per effetto del campo magnetico terrestre, quest’ago si dispone sempre nella direzione del meridiano del luogo, indicando con la sua punta annerita la posizione del Nord e con quella chiara la posizione del Sud sul circolo dell’orizzonte. La direzione segnata dall’ago della bussola non coincide esattamente con la direzione del meridiano geografico del luogo, ma forma con questa un angolo, detto declinazione magnetica, che varia da luogo a luogo e muta anche con il tempo. La declinazione magneticapuò essre occidentale oppure orientale, a seconda che la punta dell’ago calamitato devii verso Ovest o verso Est rispetto al meridiano geografico del luogo; ma può essere anche nulla. Essa è dovuta al fatto che i poli magnetici della Terra non coincidono con i poli geografici. Attualmente il polo magnetico settentrionale si trova in una delle isole Regina Elisabetta, alla latitudine di circa 75° N e longitudine intorno ai 100°W; il polo magnetico meridionale è ubicato nella terra di Adelia a latitudine 68°S e longitudine 140°E circa. Essi non sono diametralmente opposti come i poli geografici, cioè la loro congiungente non passa per il centro della Terra ma a circa 1200 km da esso, e uno sta a quasi 2300 km dall’antipode dell’altro; i poli magnetici non sono veri e propri punti geometrici ma zone di estensione variabile, che mutano la loro posizione con il tempo. Individuati i quattro punti cardinali, è possibile far riferimento ad essi per dare una prima indicazione sulla posizione di un determinato luogo rispetto al punto in cui si trova l’osservatore, punto di stazione. Oltre a questi punti principali se ne possono intercalare altri 4 intermedi, così denominati: NordEst, SudEst, SudOvest e NordOvest; fra i punti principali e quelli intermedi è possibile inserire altri otto e poi altri 16 fino ad arrivare alle 32 direzione della rosa dei venti. Questa non permette di fissare con esattezza la posizione di un punto sul piano dell’orizzonte. Ciò si può ottenere facendo ricorso alla graduazione del circolo dell’orizzonte in 360° e determinando l’azimut e la distanza del punto considerato, cioè le sue coordinate polari. L’azimut è l’angolo compreso fra la linea meridiana e la direzione del punto che si vuole determinare, misurato a partire da Nord e procedendo in senso orario; la distanza è la misura lineare fra il punto di stazione e il punto considerato.
DETERMINAZIONE DELLE COORDINATE GEOGRAFICHE: quando si vuole stabile la posizione assoluta di un qualsiasi punto della superficie terrestre occorre determinare le sue coordinate geografiche, le quali sono rappresentate dalla latitudine e dalla longitudine.il metodo più usato per la determinazione della latitudine consiste nel misurare l’altezza di una stella sul piano dell’orizzonte del luogo considerato. Di solito nell’emisfero boreale ci si riferisce alla stella polare, tenendo conto che essa si trova allo zenit del polo Nord e che i suoi raggi possono essere considerati paralleli tra loro: per conoscere la latitudine di un punto basta misurare l’angolo che la visuale verso la stella polare forma col piano dell’orizzonte. Al posto della stella polare si può prendere in considerazione anche un’altra stella qualsiasi, purché se ne conosca la distanza angolare dal polo celeste, cioè la sua distanza polare; in questo caso la laitudine del luogo si ottiene sottraendo dall’altezza massima che la stella raggiunge sul piano dell’orizzonte il valore della sua distanza polare. Nell’emisfero australe la determinazione della latitudine normalmente non si esegue servendosi della Costellazione dell’Ottante, bensì riferendosi alla più riconoscibile Croce del Sud, anche se quest’ultima costellazione è più lontana dal polo Sud celeste. La determinazione della latitudine si può effettuare anche misurando l’altezza del Sole nel momento della sua culminazione sul meridiano del luogo. Nei giorni degli equinozi, quando il Sole si trova allo Zenit sull’euqatore, a mezzodì i raggi solari formano col piano dell’orizzonte un angolo che è complementare della latitudine del luogo. Negli altri giorni dell’anno poiché il Sole è allo Zenit su un parallelo posto a Nord o a Sud dell’equatore occorre tener conto dell’angolo che i raggi formano col piano equatoriale, cioè della declinazione solare: il valore di questo angolo deve essere aggiunto o sottratto al complemento a 90° dell’altezza del Sole sull’orizzonte. Per conoscere con esattezza il valore della declinazione solare nei vari giorni dell’anno occorre consultare un Annuario astronomico oppure si può ricorrere ad uno speciale diagramma, detto analemma. Per la misura dell’altezza degli astri si può adoperare il sestante che in passato era di uso corrente in marina. Un altro strumento utilizzabile per lo stesso scopo è il teodolite, che è costituito da un cannocchiale girevole sia rispetto ad un cerchio verticale si ad un cerchio orizzontale; entrambi questi archi sono graduati e quindi sul primo si leggono gli angoli verticali sul secondo gli angoli azimutali. La determinazione della longitudine si esegue basandosi sull’apparente moto diurno del Sole attorno al nostro pianeta. Poiché la Terra compie in circa 24 ore una rotazione completa su se stessa, in tale periodo il Sole culmina successivamente su tutti i 360 meridiano di grado che si possono immaginare tracciati sul globo terrestre. Perciò il Sole impiega un’ora per passare sopra 15 meridiani e quindi 4 minuti primi per passare da un meridiano geografico a quello successivo, cioè per compiere uno spostamento angolare di un grado di longitudine, mentre impiega 4 secondi per descrivere un arco di un primo di longitudine. Dalla differenza che si ha dall’ora locale a quella del meridianop fondamentale si può agevolmente ricavare la longitudine del luogo in cui si trova l’osservatore. Dato che il Sole si sposta apparentemente da Est verso Ovest, se l’ora locale è maggiore di quella di Greenwich vuol dire che nel luogo considerato il Sole è sorto prima che a Greenwich e quindi esso si trova ad Est del meridiano fondamentale; se l’ora locale è minore, il luogo si trova invece ad Ovest. L’ora locale viene determinata osservando la culminazione del Sole, cioè il suo passaggio sul meridiano del luogo. L’ora del meridiano fondamentale si può conoscere avvalendosi di orologi di precisione regolati sul tempo di Greenwich, oppure per mezzo dei moderni servizi radiotelegrafici che trasmettono periodicamente i segnali orari; in questo caso ci si può riferire anche all’ora di un’altra località qualsiasi, purchè se ne conosca la sua longitudine da Greenwich.poiché la superficie terrestre non è ovunque allo stesso livello, ma presenta rilievi e depressioni, per fissare esattamente la posizione di un punto sulla superficie terrestre occorre conoscere anche l’altitudine o quota, cioè la sua distanza verticale dal livello medio del mare. Quest’ultima coordinata può ottenersi mediante l’altimetro, che è un tipo di barometro nel quale ai valori della pressione atmosferica sono sostituiti quelli della altezze rispetto al livello marino. Tale sostituzione è basata sul fatto che tra le due grandezze esiste un rapporto inverso. L’altitudine può essere determinata con maggior precisione mediante la triangolazione. Nel caso di depressioni marine o lacustri le profondità si determinano comunemente per mezzo degli scandagli.per una rapida determinazione della coordinate geografiche si ricorre ai moderni metodi radiogoniometrici ed all’impiego del radar. Con questi sistemi ci si riferisce a due o più punti della stessa superficie terrestre, dei quali si conosce l’esatta posizione assoluta. Con i radiogoniometrici, che ricevono i segnali emessi da radiofari, mediante misure angolari si determinano le direzioni che congiungono il punto di stazione con quelli di riferimento; il radar consente di stabilirne anche le distanze, in base all’intervallo di tempo compreso fra la trasmissione dei suoi segnali radioelettrici e la ricezione dell’eco corrispondente, che arriva dai punti di riferimento per riflessione.
UNITA’ DI MISURA DEL TEMPO: comunemente per giorno si intende il periodo di tempo che la Terra impiega per compiere una rotazione intorno al proprio asse; però a seconda che tale rotazione venga computata facendo riferimento alle stelle oppure al Sole, si deve fare una distinzione fra giorno sidereo e giorno solare. Se annotiamo l’ora in cui si vede passare una stella su un determinato meridiano della superficie terrestre e quindi segniamo l’ora in cui la stessa stella vi ripassa il giorno dopo, possiamo osservare che il tempo trascorso è di 23h56m4s, che rappresentano la durata effettiva della rotazione terrestre o giorno sidereo. Se però facciamo la stessa osservazione riferendoci al Sole, invece che ad una stella, controllando il tempo che esso impiega per passare due volte successive alla sua massima altezza sul piano dell’orizzonte di un certo luogo, conteremo un tempo lievemente maggiore, cioè circa 24h, che costituiscono la durata del giorno solare.il giorno sidereo rappresenta il vero periodo della rotazione terrestre e quindi può considerarsi di durata praticamente costante, perché le variazioni dovute ad irregolarità di questo movimento sono estremamente piccole. La durata del giorno solare non è sempre la stessa nel corso dell’anno, poiché la terra descriva la sua orbita intorno al Sole con velocità variabile; in prossimità del perielio questa velocità è massima ed il giorno solare supera di alcuni secondi le 24 ore mentre in prossimità dell’afelio la velocità orbitale della Terra si riduce ed il giorno solare ha una durata un po’ minore delle 24 ore. Il giorno solare è quello che noi usiamo comunemente, perché è il Sole che regola la nostra vita. Per ovviare all’inconveniente della sua diversa durata nei vari periodi dell’anno ci serviamo del giorno solare medio che risulta esattamente di 24 ore. Su questo arco di tempo sono regolati gli orologi e il suo sottomultiplo: il secondocce rappresenta la 86400° parte del giorno solare medio. Anche per il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole occorre fare una distinzione: a seconda di come si considera tale movimento, è possibile distinguere un anno sidereo ed un anno tropico che hanno durate diverse. Per anno sidereo si intende il periodo della rivoluzione terrestre: esso corrisponde all’intervallo di tempo che passa tra due ritorni consecutivi del Sole nella stessa posizione ed ha una durata di 365d6h9m10s. l’anno tropico è invece il tempo che intercorre fra due passaggi successivi del Sole allo Zenit dello stesso tropico, cioè fra due solstizi con lo stesso nome; la sua durata è di 365d5h48m46s, circa 20 minuti più breve di quella dell’anno sidereo: questa differenza è dovuta alla precessione degli equinozi, cioè al fatto che gli equinozi ed i solstizi si verificano ogni anno un po’ prima che la Terra abbia compiuta una rivoluzione completa intorno al Sole. È bene notare che l’anno sidereo non è dato dalla somma di tutti i giorni siderei compresi in un anno, né quello solare corrisponde all’insieme dei giorni dello stesso nome, tant’è varo che nessuno dei due comprende un numero intero di giorni; inoltre fra i due tipi di anno è quello solare che ha una durata minore, a differenza di quanto avviene tra le due specie di giorno. Generalmente quando si usa la parola anno ci si riferisce all’anno tropico o solare, poiché esso indica il periodico susseguirsi delle stagioni a cui sono collegati molti dei fenomeni fisici e biologici che si svolgono sulla superficie terrestre. Nella pratica comune non è possibile utilizzare l’anno tropico con la sua durata effettiva, dato che essa non corrisponde ad un numero intero di giorni; per ovviare a questo inconveniente, si è resa necessaria l’introduzione dell’anno civile, formato da un numero non frazionario di giorni: su questa unità di misura convenzionale sono basate le divisione del tempo adottate dai vari popoli per poter fissare le epoche di determinati avvenimenti naturali o umani, cioè i calendari.
FUSI ORARI: per evitare gli inconvenienti connessi ad un eventuale uso dell’ora vera ad un certo momento diversi stati decisero di adottare per tutto il loro territorio un’ora convenzionale unica, detta ora nazionale, corrispondente a quella vera del meridiano passante per la capitale. Anche facendo ricorso all’ora nazionale non era possibile risolvere le complicazioni derivanti dal fatto che, nel passare da uno stato all’altro, si potevano avere non solo differenze di ore, ma anche differenze di minuti e secondi. E ciò rese necessaria l’adozione di un sistema più pratico, ideato fin dal 1859 dall’astronomo italiano Quirico Filopanti e codificato da una convenzione internazionale nel 1893. In questo sistema la superficie terrestre è divisa in 24 spicchi, detti fusi orari, limitati da meridiani distanti 15° in longitudine e quindi con differenze di 1h l’uno dall’altro; per tutti i luoghi situati in un determinato fuso si assume convenzionalmente, come tempo civile quello che corrisponde al meridiano centrale del fuso. Più precisamente i primo fuso orario si estende per 7° 30’ ad Est e ad Ovest del meridiano di Greenwich ed i luoghi in esso compreso adottano il tempo civile di Greenwich, che viene considerato come riferimento e perciò è detto tempo universale: in tutti questi luoghi si segna contemporaneamente il mezzogiorno quando il Sole culmina sul meridiano fondamentale. Tutti i paesi situati nel fuso immediatamente ad Est del primo adottano l’ora del meridiano centrale che passa per l’Etna e quindi hanno un tempo civile che è in anticipo di un’ora rispetto al T.U.; nei successivi fusi verso Est il tempo civile è in anticipo di due, tre o più ore rispetto al T.U., mentre quelli posti ad Ovest del primo fuso si ha un analogo ritardo. In certi tratti i limiti effettivi dei fusi orari nono sono segnati dai meridiani geografici me se ne discostano prer seguire i confini politici, in modo da evitare che qualche porzione del territorio di uno Stato abbia un’ora diversa da quella adottata nella gran parte del Paese; però vi sono anche Stati che comprendono più fusi orari. In alcuni Stati o regioni viene adottato un tempo che assume una designazione particolare ed è dato dal T.U. aumentato o diminuito di quantità non corrispondente ad un numero intero di ore. Nel corso delle due guerre mondiali alcuni Stati europei introdussero l’ora estiva, che durante l’estate anticipava il tempo civile di un’ora, in modo da usufruire più a lungo della luce solare ed avere un minor consumo di energia elettrica. L’ora estiva è stata ripristinata in Italia a partire dal 1966 e si sta pensando di mantenerla durante tutto l’anno. Nel sistema di fusi orari assume un’importanza particolare la linea internazionale del cambiamento di data, che divide il tredicesimo fuso in due parti aventi la stessa ora, ma giorno diverso. Come linea del cambiamento di data è stato scelto l’antimeridiano di Greenwich, perché corre prevalentemente sull’oceano pacifico modificandone l’andamento in modo da passare sempre su zone marine o su regioni disabitate. E si è stabilito che nell’attraversare tale linea occorre ripetere la data del giorno in corso se si è diretti verso Est mentre bisogna spostare la data al giorno successivo se si procede verso Ovest.
LA LUNA
La Luna è l’unico satellite naturale della Terra ed è anche il più interno fra tutti i satelliti del nostro sistema planetario. È un astro privo di luce propria costituito da materiali allo stato solido. La massa e le dimensioni della Luna sono abbastanza ragguardevoli se vengono paragonate a quelle degli altri 63 satelliti del sistema solare. Se a questi dati si aggiunge che il rapporto tra la massa della Luna e la massa della Terra è sensibilmente maggiore di quelli esistenti per tutti gli altri satelliti nei confronti dei rispettivi pianeti, si comprende uno dei motivi per cui la Luna può essere considerata un pianeta. Anche se dalla Terra si osserva sempre la stessa faccia della Luna, ha una forma pressoché sferica: anche questa non è una caratteristica comune a tutti i satelliti del sistema solare. Sulla base delle osservazioni eseguite con i moderni telescopi questa forma è stata accertata e si è potuto stabilire che il globo lunare ha un raggio di circa 1738 km; la sua superficie è di circa 38 milioni di km2 e il suo volume è pari a 1/49 circa di quello del nostro pianeta. La Luna non ha esattamente la forma di una sfera, ma di un ellissoide a tre assi, con l’asse maggiore equatoriale rivolto verso la Terra. Si deve tuttavia considerare che i due diametri equatoriali differiscono tra loro solo di qualche centinaio di metri e che il maggiore di essi è più lungo del diametro polare di appena un paio di km. La densità o anche la massa volumica della Luna è di circa 3,3g/cm2; essa è quindi leggermente maggiore di quella delle rocce della crosta terrestre, ma senz’altro inferiore alla densità della Terra nel suo complesso. Il valore della densità sembrerebbe confermare l’ipotesi che la luna si sia originata dalla Terra, dalla cui parte estrema si sarebbe staccata a causa della rotazione molto veloce del nostro pianeta appena formatosi a della forza di attrazione esercitata dal Sole: in tal caso la maggiore densità media della Terra si spiegherebbe ammettendo che quest’ultima avrebbe conservato la parte densa del corpo celeste originario. Attualmente prevale l’idea che la Luna si sia formata in modo almeno in parte autonomo, o meglio per un processo dinamico più complesso. A causa della massa più piccola e delle minori dimensioni della Luna rispetto alla terra il valore dell’accelerazione di gravità sulla superficie lunare è di circa 1/6 di quello esistente sulla superficie terrestre. A motivo della minore gravità, eruzioni vulcaniche prodotto da forze che agissero all’interno della Terra e della Luna con eguale intensità, sulla Luna sarebbero state molto più violente e, a parità di massa dei materiali proiettati, lancerebbero questi ultimi ad altezze sensibilmente maggiori. Ammettendo che fenomeni eruttivi, che oggi non di osservano, si siano verificati sulla Luna in epoche passate, ciò può in parte spiegare il maggior numero e le più grandi dimensioni degli apparati vulcanici lunari rispetto a quelli terrestri. La Luna non ha un’atmosfera gassosa a neanche acque come quelle terrestri. La probabile mancanza dell’atmosfera e della idrosfera è forse da attribuire al basso valore della forza di attrazione gravitazionale della Luna. L’assenza di un involucro gassoso come quello dell’atmosfera terrestre fa si che sulla Luna non si abbiano fenomeni crepuscolari: il passaggio dall’illuminazione solare all’oscurità è molto brusco. Inoltre i periodi d’illuminazione e di oscurità hanno una lunga durata perché la rotazione lunare è piuttosto lenta. Se a ciò si aggiunga che il suolo lunare non ricoperto di atmosfera ma che è costituito di materiali che trattengono una minima parte dell’energia ricevuta dal Sole, si comprende come esso si riscaldi fortemente durante la lunga insolazione e si raffreddi sensibilmente e rapidamente durante il lungo periodo d’oscurità.
MOTI DELLA LUNA E DEL SISTEMA TERRA-LUNA: come la Terra anche la Luna gira su se stessa ma per compierlo impiega un tempo che molto più lungo di un giorno. Il movimento di rotazione si compie attorno all’asse lunare nello stesso senso della rotazione terrestre, cioè da Ovest verso Est, con una velocità angolare media di circa 13 gradi al giorno; la durata di una rotazione completa della Luna è di 27d7h43m12s, uguale e quella del moto di rivoluzione. Questo è il motivo per cui la Luna rivolge alla Terra sempre la stessa faccia. La rotazione della Luna non è perfettamente uniforme, perché la forma di questo corpo celeste non è proprio sferica, ma ellissoidale. L’attrazione che la Terra esercita sul rigonfiamento equatoriale in maggior misura che sulle zone polari della Luna provoca in essa delle oscillazioni di lieve entità che vengono chiamate LIBRAZIONI. Calla Terra noi vediamo che la Luna compie anche delle altre e più consistenti oscillazioni che ci consentono di scorgere un po’ più della metà della superficie. Quest’ultime sono librazioni apparenti, cioè non appartengono alla Luna. Per rendersi conto di queste librazioni apparenti si deve considerare che l’asse di rotazione della Luna non normale al piano dell’orbita lunare, ma forma un angolo di 6°41’ con la perpendicolare a questo piano; quindi dalla erra si vede alternativamente il polo Nord e il Polo sud della Luna. A causa della diversa velocità con cui avviene la rivoluzione lunare nei vari punti dell’orbita, la rotazione della luna, che è molto più regolare si trova ora in anticipo ora in ritardo rispetto al moto di rivoluzione; ciò ci permette di vedere in certi momenti qualcosa di più del bordo occidentale e in altri qualcosa di più del bordo orientale della superficie lunare. Considerando che anche noi non siamo al centro della terra, ma sulla sua superficie, e che durante le nostre osservazioni non rimaniamo immobili nello spazio, ma ci spostiamo a causa della rotazione terrestre, risulta che circa il 18% della superficie della Luna è a noi alternativamente visibile e invisibile, mentre del restante 82% una metà la vediamo sempre e l’altra metà ci è sempre nascosta. La Luna si muove anche attorno alla Terra; e intanto cambia anche la sua posizione rispetto al Sole e ai vari corpi del sistema solare e dell’Universo. Il movimento di rivoluzione della Luna si effettua in senso antiorario lungo un’orbita ellittica di cui la Terra occupa uno dei due fuochi. L’ellisse orbitale della Luna è un po’ più schiacciato rispetto a quello della Terra, ma non si discosta eccessivamente dalla circonferenza. Il valore dell’eccentricità dell’orbita è di 0,055 circa. Nel corso della rivoluzione la Luna non si trova sempre alla stessa distanza dalla Terra:il punto più vicino alla Terra è detto perigeo e il punto più lontano è detto apogeo. Il piano su cui giace l’orbita lunare non coincide con quello terrestre, ma è inclinato rispetto a questo di circa 5°; l’orbita terrestre interseca quella della Luna in due punti che vengono detti e la linea che congiunge i due nodi è detta linea dei nodi. La velocità con cui la Luna compie il suo moto di rivoluzione attorno alla terra si aggira intorno a 1 km/s, ma è maggiore in prossimità del perigeo e minore in prossimità dell’apogeo. Per la durata della rivoluzione bisogna distinguere se essa viene definita a una stella della sfera celeste oppure all’asse Terra-Sole: nel primo caso si ha la cosiddetta rivoluzione siderea che dura27g7h43m12s, nel secondo la rivoluzione sinodica che dura 29g12h44m3s. il motivo di questa differenza che è di circa due giorni è dovuta al fatto che quando la Luna ha terminato di compier un’effettiva rivoluzione intorno alla Terra, quest’ultima non si trova più nello stesso punto, essendosi spostata intorno al Sole di un arco di circa 27°; per ripresentarsi di nuovo nella posizione di partenza rispetto all’allineamento terra-Sole, la Luna dovrà compiere un tratto supplementare dell’orbita. Esaminando gli spostamenti della luna attorno alla Terra, per giungere ad una determinazione precisa si deve tener conto delle reciproche influenze gravitazionali fra questi due corpi celesti; e così si comprende in realtà come la Luna e la Terra si muovano entrambe attorno a un punto comune detto baricentro di massa del sistema che esse costituiscono. A causa della maggiore massa della Terra questo punto si trova nell’interno della Terra; perciò il moto di rivoluzione della Luna si può considerare poco diverso da quello che si registrerebbe se essa realmente girasse intorno alla Terra. E tuttavia il fatto che il baricentro del sistema Terra-Luna è ad una certa distanza dal centro della Terra non può essere completamente trascurato, per gli effetti che ne derivano sul fenomeno delle maree, che sono dovute alla forza centrifuga connessa al moto di rivoluzione del sistema Terra-Luna attorno al baricentro comune.

Esempio