Sant'Ivo alla Sapienza

Materie:Riassunto
Categoria:Arte

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Testo

Sant'Ivo alla Sapienza

Sant'Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile, realizzati da Giacomo della Porta, dove doveva sorgere la chiesa.
La pianta della cupola и stellare, formata dall'unione di due triangoli equilateri, e deriva dalla stilizzazione dell'ape emblema della famiglia Barberini. Scelse una matrice triangolare che gli consentм di creare un organismo orientato giа dalle linee del triangolo costruito. La trinitа и simboleggiata dal triangolo, che и la figura di partenza, che combinata con parti di cerchio, forma la figura stilizzata dell'ape, simbolo a sua volta di caritа e prudenza.
La facciata, compresa nel cortile circondato da due piani di arcate, e' inquadrata da lesene con finestre ad arco a tutto sesto.
La simbologia che il Borromini adopera nella pianta, legata al tema della religione, и interessante per chiarire certe componenti della scultura del Borromini, ma l'elemento ispiratore maggiore, й l'intuizione dello spazio come elemento che reagisce in senso negativo, rispetto al movimento della massa muraria. La cupola non e' sorretta da archi strutturali ma va a poggiare direttamente sul contorno della cappella, in modo lento e graduale la complessa forma di partenza in un cerchio perfetto.
Il tutto и ottenuto con estrema purezza e semplicitа: una serie di lesene scanalate, delle sottilissime cornici orizzontali, una cornice piщ profonda anche se non eccessivamente aggettante, con funzioni di trabeazione, in cui ritroviamo il motivo del soffitto leggermente concavo, ed infine nella cupola sottili costolature che convergono all'ultimo anello della lanterna, decorazioni di stelle, che rimpiccioliscono, e l'imagine dello Spirito Santo sul soffitto della lanterna, suggeriscono altezze smisurate ed intoccabili. La luminositа in crescendo diventa cielo luminoso, mentre la costolatura, inondata di luce, crea un effetto di trasparenza totale, come nella copertura di un chiostro nel giardino, di una uccelliera di enormi dimensioni permeabile allo spazio. Del resto la partenza geometrica, creata dalla contaminazione di forme dure e forme concave, fa pensare al concorrente di una serie di movimenti centrifughi e centripeti, intrecciati tra loro. Nella sua ricerca di sintesi, egli opera una fusione di elementi classici e gotici. La cupola sarebbe un falso strutturale, in quanto la diversitа dei sei lobi interni non traspare nell'esterno, e il sesto acuto interno e' nascosto da un tamburo ed un tetto a gradinate va verso la lanterna. (Non esiste corrispondenza tra interno ed esterno). La lanterna che all'interno й completamente rotonda,all'esterno й composta da sei parti concave con doppie colonne che terminano in pinnacoli altissimi, mentre la spirale che sale verso l'alto non trova corrispondenza in una forma interna dove la lanterna finisce molto prima. La continuitа й resa dalla linea sinusoidale del tamburo che viene evidenziata dalla cornice in alto. L'aspirazione all'infinito й data dalla spirale e la leggerezza ricreata trova il suo compimento nella gabbia di ferro sopra la spirale che sorregge a sua volta un globo, traduzione del senso interno dell'uccelliera. Il rapporto tra la muratura e la atmosfera diventa qui piщ serrato e Borromini dimostra che la materia й anche entitа incorporea, senza peso, nella luce.
Dopo aver terminato il completamento del palazzo, Borromini mise mano al tempio nel 1643, ma ci vollero ben diciassette anni di fatiche per vedere ricompensati i suoi sforzi. Nel 1660 papa Alessandro VII Chigi consacra ufficialmente l'edificio, uno straordinario esempio di originalitа architettonica, frutto dell'innata capacitа di Borromini nella creazione di nuovi modelli decorativi, dove si combinano suggestioni e memorie, archetipi e simboli di provenienza diversa. Una volta entrati nella spaziosa corte del palazzo, colpisce subito l'eleganza della chiesa, che chiude come una candida quinta teatrale i loggiati laterali. Nella parte bassa della facciata le arcate si trasformano in una serie di finestre incorniciate da lesene doriche e ioniche, che scandiscono il ritmo dell'architettura. Al centro dell'attico, dove sfilano le stelle araldiche di papa Chigi, troneggia l'iscrizione dedicatoria, mentre ai lati vediamo i monti a sei cime sormontati dalle stelle: l'emblema araldico completo della famiglia di Alessandro VII. Nella parte posteriore si eleva un alto tamburo, dove si aprono grandi finestroni inquadrati da lesene ioniche, che sorregge la copertura a gradinata e la magnifica lanterna elicoidale. La forma di quest'ultimo elemento architettonico ha generato ogni sorta di supposizioni: chi sostiene che derivi da una conchiglia che Borromini teneva nel suo studio, chi ipotizza che provenga dalla forma del tempio di Baalbek o addirittura dalla leggendaria torre di Babele. Di fatto la lanterna rappresenta una torre gemmata, che termina con una corona fiammeggiante, tradizionale attributo della caritа da rapportare quindi alla figura di Sant'Ivo.

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