Raffello

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Testo

Nasce ad Urbino nel 1483; suo maestro fu il Perugino. Nel 1504 si reca a Firenze dove conosce l’arte di Bramante, Leonardo e Michelangelo. Qui vi rimase fino alla sua morte nel 1520.
1500-1502
Studio di un nudo maschile- British Museum- inchiostro su carta.
In questo disegno si può notare una decisa determinazione del contorno delle figure, realizzata con una linea continua, ma con tanti tratti i cui inizi e le cui fini si sovrappongono, e un tratteggio ondulato ad archetti che modella la muscolatura. La rasa anatomica è molto essenziale: le linee sembrano scavare il corpo mettendone in evidenza tendini tirati e muscoli come se l’uomo fosse scavato.
1505
San Giovanni e il drago- Firenze, Uffizzi- penna e matita nera su carta bianca.
Si può notare l’influenza della pittura e del disegno di Leonardo soprattutto nel cavallo impennato, nella posizione scattante del cavaliere, nel lungo collo e nella coda del drago. Il chiaroscuro è a tratteggio incrociato o a brevi chiazze, ben evidente nella testa del cavallo, nella sicura volumetria del drago e nel volto di San Giovanni.
1518-1519
Due uomini nudi- Parigi, museo del Louvre- sanguigna.
Il disegno fa parte del preparatorio per la tavola della Trasfigurazione, realizzato con la sanguigna con tracciato preparatorio a punta di metallo. La linea di contorno si è fatta morbida, la volumetria è ottenuta dal tratteggio curvo che dà il senso d’arrotondamento. Il chiaroscuro delicatissimo è reso con il tratteggio incrociato e con il segno spesso della matita.
1504
Lo Sposalizio della Vergine- Milano, Pinacoteca di Brera- Olio su tela.
Lo schema composito di questa tavola risale alla “Consegna delle Chiavi” del Perugino, per la presenza di due gruppi di personaggi, per l’introduzione del tempio a pianta centrale nel fondo e per l’intelaiatura prospettica sottolineata dalla griglia della pavimentazione della piazza. La scelta del soggetto, la forma centellinata della tavola, gli atteggiamenti di talune figure, la porta aperta del tempo che lascia intravedere la prosecuzione del passaggio al di là di essa derivano sicuramente dallo “Sposalizio della Vergine” sempre del Perugino. La tavola di Raffaello è più piccola di quella del maestro e i personaggi si affollano, inoltre dispone le figure secondo una curva che lascia vuoto lo spazio antistante il sacerdote. Questi dal Perugino è stato dipinto esattamente sull’asse verticale della tavola, mentre Raffaello lo dipinge sbilanciato verso destra in quanto la sua testa e il busto sono sbilanciati da quella parte. A destra il Raffaello ha voluto un maggior movimento, sottolineato e accentuato da San Giuseppe che sembra venire in avanti e dal giovane che spezza una verga sul ginocchio, che si contrappone alla calma del lato opposto dove sono le dolci, graziose e pacate figure femminili che accompagnano la Vergine. La linea d’orizzonte è posta più alta rispetto a quella del Perugino, fornendo monumentalità ai personaggi attraverso le loro varie posizioni. Il tempio localizzato nella parte superiore della tavola, ne conferisce il centro visivo configurando un limite. I personaggi sotto il porticato sono autentici artifici che consentono all’osservatore di definire una scala di rapporti che rende il tempio misurabile. La sua forma architettonica cambia, passando dalla forma ottagonale ad avere 16 lati, in tal modo è decisamente meno pesante e rigido di quello dipinto dal maestro; la presenza di un ampio colonnato genera l’impressione di uno spazio circolare e ruotante attorno all’edificio.
1507
La Sacra Famiglia Canigiani- Monaco, Alte Pinakothec- olio su tavola.
Il fascino dei componimenti piramidali e del linguaggio e degli affetti assume particolare evidenza in questa tavola, così detta perché dipinta per il fiorentino Canigiani. Alla sacra famiglia composta da Gesù, Maria e Giuseppe si aggiungono anche Sant’Elisabetta e il Piccolo San Giovanni in una scena dolce e piena d’affetti famigliari collocata in un prato dai colori brillanti. I bambini che giocano occupano la posizione centrale protetti dai tre adulti disposti secondo una serrata piramide. A bilanciare la rigidità dello schema, non bastando l’articolazione secondo una retta obliqua della cittadella sullo sfondo, così Raffaello inserisce due gruppi d’angioletti sulle nubi.
1508-1520
Decorazione delle stanze dell’appartamento papale.
Per il troppo lavoro Raffaello fu costretto a servirsi degli alunni come aiuti, a cominciare dalla terza stanza in cui pose mano, quella dell’incendio del Borgo; mentre la quarta, la stanza di Costantino, progetto solo le storie. Le stanze sono quattro:
• La stanza delle Segnature
• La stanza dell’Elidoro
• La stanza dell’Incendio del Borgo
• La stanza di Costantino
Il programma iconografico della Stanza della Segnatura prevede la visualizzazione dei concetti del Vero, del Bello e del Bene. Quello della Stanza di Eliodoro prevede che si debbano rappresentare episodi storici che rendano chiara la protezione accordata da Dio alla Chiesa. Nella Stanza dell’incendio del Borgo vengono rappresentati episodi delle vite dei papi che hanno in comune il nome Leone. Nella stanza di Costantino sono rappresentate scene della vita del grande imperatore.
1509-1510
Scuola d’Atene- Città del Vaticano- affresco.
In questo affresco Raffaello rappresenta una delle due vie per arrivare a Dio ( il Vero): la filosofia, caratteristica di un percorso totalmente umano. In un grandissimo edificio classico che ricorda le Terme romane sono riuniti i più importanti filosofi dell’Antichità. L’edificio è preceduto da una scalinata: e su di questa e sui due livelli che essa collega, che l’artista dispone i suoi personaggi disponendoli secondo un andamento semicircolare attorno alle figure centrali di Platone e Aristotele: l’uno che indica il cielo ricordando che secondo le proprie concezioni il mondo non è che una brutta copia di un'unica realtà ideale e superiore, l’altro, con un braccio teso davanti a sé, vuole esaltare che l’unica realtà possibile è quella in cui viviamo. Fra i due filosofi è posizionato il punto di fuga. La costruzione rigorosamente prospettica determina un senso di grande rigorosità e classicità. Anche le due figure di Eraclito e di Diogene il cinico, sdraiato sulla scalinata contribuiscono a tale impressione; infatti l’inclinazione dei loro corpi segue docilmente quella delle linee prospettiche. Ad alcuni filosofi Raffaello ha dato le fattezze di artisti suoi contemporanei a simboleggiare il filo ideale che lega gli uomini colti del suo tempo con quelli del passato. Bramante è identificato in Euclide che, a destra, è chinato a tracciare disegni geometrici con il compasso; Platone ha il volto di Leonardo. Sicuramente Michelangelo è raffigurato in Eraclito, il filosofo pensoso che annota qualcosa su un foglio mentre seduto si appoggia contro un blocco marmoreo. Eraclito non era stato previsto nel progetto primitivo ma è un omaggio a Michelangelo.
1513-1514
Liberazione di San Pietro dal carcere- Città del Vaticano- affresco.
L’episodi della liberazione del santo dal carcere nella stanza di Eliodoro è tratto dagli Atti degli Apostoli dov’è narrato che Pietro, il primo papa, imprigionato a Gerusalemme da re Erode, credette di sognare che un angelo lo liberasse dalle catene. Quando si accorse di essere veramente libero e lontano dal carcere si recò dai suoi confratelli che stavano pregando. Raffaello svolge il racconto secondo 3 scene distinte separate dalle mura della cella di Pietro. Al centro l’Angelo, luminosissimo, scuote San Pietro per svegliarlo; a destra i due si apprestano a scendere per una scalinata su cui dormono dei soldati; a sinistra un movimento concitato pone in primo piano un milite che reggendo una torcia sveglia i compagni addormentati, indicando loro la scena della liberazione e istigandoli a inseguire il fuggiasco. I protagonisti della composizione sono la notte e la luce. La luce naturale della Luna fra le nubi si diffonde sulla città lontana, oltre la quale si vedono i primi chiarori dell’alba, e la luce artificiale della torcia, al centro del capannello dei quattro soldati, fa riverberare le armature. La luce soprannaturale e sfolgorante dell’Angelo, invece, imbianca le armature dei due soldati che dormono appoggiati alle lance e fa emergere dall’indistinto dell’oscurità le architetture della cella. Ma un’altra fonte luminosa deve essere presa in considerazione, quella reale della finestra che è nella parete dell’affresco. L’effetto di controluce consiste nel non poter vedere bene un dipinto su una parete se su questa si apre una finestra in quanto i nostri occhi sono abbagliati dalla luce che da essa penetra.
1514
Incendio in Borgo- Città del Vaticano- affresco.
Il soggetto rappresentato è la cessazione dell’incendio divampato nell’anno 847 in Borgo, il quartiere adiacente alla basilica vaticana, con il semplice gesto di un segno di croce di papa Leone IV. Il dipinto è ricco di movimento e pone a confronto la vecchia basilica paleocristiana di San Pietro con l’antico( i due edifici colonnati situati di fianco) e con l’architettura cinquecentesca, quindi “moderna”( la loggia da cui si affaccia il papa). Una ripresa lettera letteraria è costituita da un giovane uomo che porta in salvo il vecchio padre sulle spalle ed è seguito da un bambino: evidente riferimento alla fuga da Troia in fiamme di Enea. Un esercizio stilistico sembra invece il corpo nudo del giovane che scavalca un muro per fuggire dal fuoco, quasi fosse la dimostrazione di una perfetta conoscenza delle anatomie.
1518-1519
Ritratto di Leone X- Firenze, Uffizzi- Olio su tavola.
Il ritratto di Leone X con due cardinali, il papa vi è colto mentre seduto davanti ad uno scrittoio sta osservando con una lente un prezioso codice miniato. Vi sono accanto i cardinali Giulio De’Medici e Luigi De’Rossi. L’architettura monumentale in cui essi si trovano è immersa in una quasi totale oscurità, non tanto, però, da rendere impossibile seguire le linee oblique delle cornici che confluiscono nello stesso punto di fuga esterno al quadro a cui concorre la linea formata dallo spigolo dello scrittorio e dalle braccia di papa Leone e del De’Rossi. Tali rette oblique ci invitano a percorrerle in continuazione e sempre ci conducono oltre i limiti del dipinto impedendoci di cogliere immediatamente l’intera composizione.
Lo sguardo di Leone X è quello di un uomo intelligente, curioso e indagatore, abituato alle raffinatezze della cultura fiorentina, come dimostrano il libro miniato e il pregiato campanello poggiati sul tappeto rosso che copre lo scrittoio. Le sue mani sono delicate e femminili, il volto e la corporatura quelle di chi vive nell’agiatezza. Un solo colore domina la scena: il rosso. Più volte variato per adattarlo a raffigurare stoffe di diversa specie.
1518-1520
Trasfigurazione- Città del Vaticano- Olio su tavola.
La tavola riunisce due distinti racconti evangelici: nella porzione superiore la trasfigurazione di Cristo, in quella inferiore la liberazione di un ragazzo indemoniato. La trasfigurazione è il mutamento che Cristo subì nel monte Tabor quando si mostrò ai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni splendente di luce mentre apparivano ai suoi fianchi i profeti Mosè ed Elia. Cristo fu poi avvolto da una nube luminosa. I discepoli caddero a terra impauriti. Scendendo pio dal monte i Vangeli narrano che Cristo guarisse un fanciullo posseduto dal demonio. E’ nella contrapposizione delle due parti, calma e solare la prima, concitata e tempestata dalla luce la seconda, dove si fronteggiano gli apostoli e la famiglia dell’indemoniato, che il dipinto trae la sua forza. Ed è all’insegnamento di Leonardo e all’Adorazione dei Magi, che Raffaello continua a riferirsi con lo studio fisionomico, il linguaggio dei gesti, il colloquio degli sguardi e il trasparire dei sentimenti.
www.matura.it
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