La coltivazione della vite: tesina completa

Materie:Tesina
Categoria:Agraria
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Testo

Le origini della vite si perdono nella notte dei tempi. Vinaccioli di Vitis silvestris appartenenti al quaternario sono stati ritrovati nei travertini toscani, marchigiani e romagnoli. Altri semi dell’età del bronzo, circa 2000-1000 anni prima di Cristo, sono stati rinvenuti nelle palafitte del lago di Garda, nelle province di Mantova e di Brescia, e del lago di Varese, nonché in quelle di Vicenza, Verona, Trento e nelle terramare di Modena, Parma e Siena.
Virgilio fu il primo autore latino a citare “Labrusca”, un vocabolo utilizzato per indicare le viti selvatiche. Il poeta descrisse le vite selvatica sulle rocce, pascolata dalle capre. La Labrusca, o Lambrusca o vite selvatica, che si avvolge agli alberi e li sovrasta è stata quindi addomesticata anche dai popoli italici. I primi vinaccioli di Vitis vinifera risalgono all’età del ferro. La vinificazione che in Italia iniziò con la Vitis silvestris, verrà però documentata solo a partire dal VII secolo a.C., con le raffigurazioni sui vasi dei banchetti etruschi. A Roma e nel Lazio, invece, la viticoltura fu piuttosto tardiva.
La coltivazione della vite nel mondo si estende si estende su una superficie di circa 8 milioni di ettari, 2/3 dei quali sono localizzati in Europa.
L’Italia è il Paese con la maggior produzione di uva da vino e da tavola: praticamente in tutte le regione e le province si coltiva la vite.
A livello mondiale sono in atto tendenze che mirano all’aumento delle superfici in alcuni Paesi latino-americani, in Australia e nei Paesi dell’Est, mentre si assiste una flessione nelle regioni europee e nord-africane.
Contemporaneamente, il consumo del vino sta subendo un calo repentino, particolarmente nei Paesi tradizionalmente produttori e forti consumatori, bilanciato solo in parte dall’aumento in atto nei Paesi del nord Europa, del sud-est asiatico e d’America. Questo suggerisce che nella viticoltura, sia da vino che da tavola, e nella grande come nella piccola azienda, è urgente indirizzare la produzione alla migliore qualità, con il contemporaneo contenimento dei costi di produzione.

La scelta della varietà

Con la scelta della varietà o del vitigno, quindi della combinazione d’innesto e del materiale vivaistico corrispondente, ci si avvia all’impianto di un vigneto. Momento molto importante, nel quale devono essere attentamente valutati tutti i principali fattori produttivi per ricercarne la migliore gestione, quindi gettare le basi per una produzione viticola equilibrata, di buona qualità e realizzabile con costi contenuti.
Analizzando tali fattori produttivi secondo il loro grado di evoluzione, possiamo fare ulteriori distinzioni.
Fattori produttivi innovativi: incrocio e ibridazione, per vitigni resistenti alle malattie e di qualità; pianificazione ambientale e varietale.
Fattori produttivi in fase di sviluppo: selezione di nuovi cloni, in particolare per i vitigni autoctoni o tradizionali; meccanizzazione integrale delle potature e della vendemmia; tecniche alternative alla gestione del suolo.
Fattori produttivi in fase di maturità: razionalizzazione delle concimazioni e delle irrigazioni, ottimizzazione delle potature; adozione dei cloni selezionati per i principali vitigni; fittezze d’impianto appropriate; difesa guidata e integrata.
Fattori produttivi in fase di declino: vecchi prodotti antiparassitari di sintesi e trattamenti cadenzati; lavorazioni tradizionali del terreno; adozione di forme di allevamento espanse e non meccanizzabili.
Fattori produttivi in via di ripristino: buona densità d’impianto; basse produzioni per ceppo: adozione dei vecchi vitigni; preferenza per i terreni in collina.
Tra i vari fattori produttivi che il viticoltore da vino deve gestire sin dall’impianto del vigneto (terreno, clima, portinnesto, vitigno, distanze d’impianto), il vitigno rappresenta certamente quello più importante. Ma con quali criteri scegliere il vitigno al momento di un nuovo impianto? Esistono al riguardo vari aspetti da considerare:
- condizioni dell’ambiente pedoclimatico;
- tradizione vitivinicola della zona;
- caratteristiche morfologiche e produttive del vitigno;
- disponibilità vivaistica e grado di selezione;
- valore commerciale dell’uva prodotta;
- obbiettivi enologici.

Forme di allevamento per la viticoltura da vino

Sceglier la forma di allevamento è tanto importante quanto difficile. E questo, soprattutto, quando si vuole optare per sistemi di nuova concezione, diversi da quelli del passato, dato lo spirito tradizionalista dei viticoltori, molto legati ai vecchi sistemi di allevamento, sia per questioni estetiche, che per l’attaccamento quasi affettivo ai vecchi sistemi, anche se molto costosi e complicati da gestire.
In più, il personale e i tecnici ai quali si deve ricorrere per il reimpianto del vigneto e l’allevamento delle viti, non sempre sono sufficientemente preparati per consigliarne le moderne soluzioni.
Fatto sta che, pur di fronte all’esigenza forte e urgente di contenere i costi d’impianto e di gestione, la scelta della forma di allevamento tende a ricadere ancora su quelle tradizionali.
Ma si tratta di scelte avventate,non in sintonia con le nuove tendenze tecniche.

Le funzioni del sistema di allevamento

Scegliendo una forma di allevamento bisogna attenersi ai seguenti obbiettivi:
- investimento ottimale dei ceppi/ettaro, per realizzare in ogni ambiente il migliore equilibrio vegeto-produttivo per ottimizzare la qualità della produzione, per realizzare in ogni ambiente il miglior equilibrio vegeto produttivo e quindi per ottimizzare la qualità della produzione;
- esposizione al sole del maggior numero di foglie, in particolare di quelle adiacenti ai grappoli per migliorarne l’attività fotosintetica, per la corretta maturazione dei grappoli e per la buona lignificazione dei tralci;
- buon arieggiamento dei grappoli in via di maturazione il che, soprattutto per i vitigni bianchi precoci, non significa diretta esposizione dei grappoli al sole;
- facile passaggio di macchine ed attrezzi;
- massimo risparmio di manodopera, in particolare per operazioni come potatura e vendemmia.
Numerose sperimentazioni compiute in Italia, ma anche all’estero, hanno dimostrato che i migliori risultati prodotti si conseguono con fittezze di impianto variabili tra le 3000 e le 6000 viti per ettaro, in rapporto alle combinazioni di innesto, all’ambiente pedoclimatico, alle tecniche colturali e alle finalità enologiche.
Inoltre, vanno considerate le soluzioni già presenti in azienda, le dimensioni delle macchine operatrici e le prospettive di meccanizzazione.
La potatura di formazione consiste in una serie di tagli invernali e di interventi sul verde, al fine di consentire la migliore costruzione delle piante e di favorire una rapida entrata in produzione. Nel complesso si tratta di operazioni abbastanza comuni alle varie forme di allevamento. Al primo anno non occorre avere viti eccessivamente forzate e sviluppate, per cui alla prima potatura invernale converrà lasciare un solo tralcio alla lunghezza di 2-3 gemme (naturalmente il migliore per posizione e sviluppo) o, per le viti più vigorose, a 4-5 gemme.
Nella primavera seguente, quando i germogli avranno raggiunto i 15-20 cm di lunghezza, interverrete a eliminarli o semplicemente a spuntarli, lasciandone solo uno intero (di solito il più alto) per favorirne il massimo sviluppo.
Nello stesso tempo, a partire da marzo e per altre 2-3 volte in primavera e inizio estate, distribuirete anche a tutto campo una buona dose di concimi poco prima di interventi irrigui o di eventuali piogge. Questo consentirà di arrivare a ottenere a fine stagione un tralcio di 3-4 metri di lunghezza che, se ben significato, rappresenterà la base fondamentale per la costruzione della forma di allevamento e per l’inizio della piena produzione a partire già dal terzo anno di impianto.

Le forme di allevamento tradizionali

Le pergole sono antiche forme di allevamento diffuse nelle regioni settentrionali, particolarmente nel Trentino Alto-Adige, Veneto, Emilia-Romagna.
Assumono varie caratteristiche secondo la giacitura del terreno, collinare o di pianura.
Pergole
Pergole veronesi e vicentine. Nella provincia di Verona le pergole hanno subito l’influenza del trentino nelle zone doc della Valpolicella e del Bardolino, con strutture e portamenti obliqui, mentre spostandosi verso est, nelle zone doc di Soave e Gambellara le strutture sono invece perfettamente orizzontali. Le distanze di impianto variano da 50 a 120 cm sulla fila e da 3,5 a 5 m tra file. Anche nel resto del Veneto queste forme molto espanse si sono diffuse soprattutto dagli anni 50 e fino ai primi anni 90, sulla spinta di forti richieste d’uva da parte delle grandi cantine sociali e private e del successo in tutto il mondo dei vigneti. Oggi, visto la necessità di produrre “meno ma meglio”, con la rarefazione della manodopera e con la tendenza all’aumento delle superfici medie aziendali, l’adozione delle pergole va limitandosi solo alle piccole aziende vitivinicole.

Le forme di allevamento consigliate

Alla luce dei recenti risultati sperimentali, accanto ai tradizionali controlli produttivi si sono considerati anche importanti aspetti fisiologici, quali la funzione fogliare, il consumo d’acqua, la facilità di migrazione degli elaborati, il rapporto tra legno vecchio e legno giovane, ma anche in seguito alle varie esperienze di campagna e alle vinificazioni dell’uva raccolta, le forme di allevamento che oggi si consigliano per un nuovo vigneto sono le seguenti: Guyot, Cordone speronato, Cortina semplice, Doppia cortina.
Guyot
È un sistema diffuso un po’ ovunque, pur con alcune differenze nella legatura, più o meno inclinata, e nella lunghezza del tralcio di potatura. Al Sud viene ottenuto anche dalla trasformazione del tradizionale sistema ad Alberello, in vista della meccanizzazione e del miglioramento qualitativo della produzione.
Comunemente denominato anche “sistema a spalliera”, si caratterizza sia per la semplicità della struttura che per la semplicità della struttura che per la facilità delle potature. Infatti, sono sufficienti pali in cemento o in legno, del diametro di 5-7 cm, posti a 4-5 m di distanza sulla fila e a circa 1,4-2,2 m di altezza fuori terra.
Le distanze d’impianto consigliate sono di circa 1,8-2,5 m tra filari e di circa 80-120 cm sulla fila, quindi con fittezze d’impianto variabili mediamente dalle 3500 alle 5000 viti per ettaro.
Pregi:
- relativa semplicità della struttura di sostegno;
- facilità di reperimento di manodopera;
- adeguata fittezza d’impianto;
- ottima esposizione fogliare;
- buona qualità della produzione;
- stimolazione vegetativa per i vitigni più deboli;
- concreta possibilità di meccanizzazione delle potature verdi e della vendemmia.
Difetti:
- necessità di rinnovare annualmente il tralcio di potatura, con successiva legatura;
- eccessiva esposizione dei grappoli al sole, quindi problemi per la regolare maturazione dei vitigni precoci e per i rischi di malattie, quali l’oidio e di scottature;
- forte stimolazione dell’attività vegetativa, in particolare negli ambienti più freschi e con combinazioni d’innesto vigorose. Ne consegue la necessità di potature verdi frequenti con l’invecchiamento eccessivo dell’apparato fogliare;
- impossibilità di meccanizzazione della potatura invernale;
Cordone speronato
Denominato anche “controspalliera”, è una forma di allevamento in rapida diffusione, grazie anche alla facile derivazione, nei vigneti in produzione, dai sistemi di allevamento tipo Guyot.
Nel cordone speronato si eliminano le legature e si favorisce una produzione più regolare grazie ai corti speroncini di potatura.
Fanno eccezione alcuni vitigni che non producono normalmente sulle gemme basali e che quindi, richiedono potature più lunghe.
Pregi:
- semplicità della struttura portante, quindi anche costi di impianto relativamente bassi;
- regolare fittezza di impianto e quindi produzioni equilibrate;
- eliminazione totale delle legature, dopo l’entrata in produzione del vigneto;
- stimolazione dell’attività vegetativa, naturalmente se necessaria;
- maggior equilibrio vegeto-produttivo, grazie alla potatura corta, cioè alla distribuzione della produzione su corti tralci;
- buone possibilità di meccanizzazione della potatura e della vendemmia, e risparmio anche a mano, soprattutto nella potatura;
- discreta resistenza al vento;
- buona esposizione fogliare al sole, quindi anche buona produttività;
- discreto ombreggiamento dei grappoli, aspetto importante per la maturazione dei vitigni precoci in ambienti caldi;
Difetti:
- rischi di eccessiva stimolazione della nuova vegetazione, particolarmente per le combinazioni di innesto abbastanza vigorose sui terreni più fertili;
- possibilità di esagerare con la carica di gemme in potatura, il cui numero è meno rigido rispetto al Guyot;
- qualche rischio in più marciumi del grappolo sui vitigni molto sensibili, rispetto al Guyot;
- necessità di personale preparato per la potatura invernale, pena l’irregolare distribuzione dei tralci e quindi anche dei grappoli lungo i cordoni speronati.

Cortina semplice

La cortina semplice, differisce dal cordone speronato sia per l’altezza d’impalcatura, sia per l’assenza di fili di sostegno al di sopra del cordone permanente. Tutta la vegetazione, quindi, è libera di spaziare e di radicare.
È una forma di allevamento impostata dall’università di Bologna soprattutto per la meccanizzazione integrale delle potature e della vendemmia, quindi con costi contenuti sia all’impianto sia in produzione; si è dimostrata interessante anche sotto l’aspetto fisiologico. Infatti, la vegetazione ricadente tende a frenare anzitempo l’attività vegetativa a vantaggio di quella produttiva, molto importante per i vitigni più vigorosi.
Con germogli liberi di spaziare, le foglie esposte alla luce, sono proporzionalmente più numerose rispetto alle spalliere, alle pergole e ai tendoni.
Pregi:
- grande semplicità della struttura portante, quindi anche i costi decisamente bassi;
- buona qualità della produzione, sia per le corrette distanze d’impianto, sia per il buon equilibrio raggiungibile dalla vegetazione, anche in conseguenza della potatura molto corta;
- eliminazione totale delle legature, quindi costi contenuti per le potature;
- ottima possibilità di meccanizzazione delle potature e della vendemmia, contemporaneamente, anche minor impiego di tempo se queste operazioni sono completamente manuali;
- rallentamento dell’attività vegetativa, grazie ai germogli ricadenti;
- buona resistenza al vento;
- ottimo ombreggiamento dei grappoli, importante per la qualità nelle zone molto esposte.
Difetti:
- l’altezza della struttura produttiva è piuttosto elevata, quindi maggiori difficoltà per le esigenze idriche della pianta in ambienti aridi e quelle di temperatura ottimale in ambienti freddi;
- indebolimento eccessivo della vite con combinazioni d’innesto poco vigorose e in terreni molto poveri;
- rischi di potature troppo ricche e di difficoltà nel reperimento di personale;
- in ambienti umidi e con vitigni sensibili, ci sono maggiori rischi per i marciumi del grappolo;
- sui vitigni molto produttivi, con grappoli grandi e portamento ricadente della vegetazione, tende a chiudere eccessivamente i grappoli, con maggiori difficoltà anche per la vendemmia meccanica, in particolare con le vendemmiatrici a scuotimento orizzontale.
Casarsa
È un sistema diffuso, soprattutto nel Veneto e nel Friuli Venezia-Giulia. Deriva dal Sylvoz, dal quale si distingue per avere i capi a frutto liberi e con minori inconvenienti riguardo la deformazione di attività vegetativa sui tralci sin dalla famedi germogliamento. In questo sistema, le due fasce, quella vegetativa che cresce verso l’alto e quella fruttifera rivolta verso il basso, risultano nettamente distinte. Tuttavia grazie alla mancanza delle legature e alla tendenza verso la riduzione della lunghezza dei tralci, consente di ottenere un miglioramento qualitativo della produzione e una buona riduzione dei costi rispetto alla forma da cui è derivato.
Pregi:
- semplicità delle strutture di sostegno;
- buona qualità della produzione unitamente alla discreta prevenzione degli attacchi fungini;
- facilità nella meccanizzazione delle potature e della vendemmia;
- ottima resistenza dei giovani germogli al vento;
- adattamento a tutti i vitigni, compresi quelli con bassa fertilità delle gemme basali.
Difetti:
- rischi di cimature dei germogli, in particolare intorno ai grappoli, troppo consistenti, con ripercussioni negative sulla qualità produttiva;
- eccesso di produzione con l’adozione di potature lunghe sulle singole viti;
- costi d’impianto relativamente alti rispetto ad altri sistemi totalmente ricadenti.
Doppia cortina
Questo sistema di allevamento, prevede la formazione di due cortine vegetative pendenti, parallele all’asse del filare e sostenute da bracci metallici orizzontali, applicati sui pali.
Sui 2 fili esterni, posti a 70 cm dal centro del filare, viene a collocarsi l’intera fascia vegeto-produttiva e, in funzione della mobilità dei braccetti, è possibile vendemmiare meccanicamente per scuotimento verticale, con enormi vantaggi operativi anche sui vitigni ritenuti più difficili.
Lasciando in potatura invernale solo i tralci esterni, di 2-4 gemme di lunghezza e sempre alternati a corti speroncini per il rinnovo già in primavera si formano due cortine vegetative ben distinte, le quali vanno mantenute anche in estate, con opportune “pettinature” e successive cimature dei germogli.
Portando verso l’esterno la fascia vegeto-produttiva ed essendo questa libera di ricadere, vengono notevolmente contenuti in tempi di intervento per le varie operazioni, anche manuali, fino a raggiungere limiti anche dell’80% rispetto ai sistemi tradizionali con la completa meccanizzazione delle potature e della vendemmia.
Questo sistema di allevamento, ha trovato ampia applicazione soprattutto in Pianura Padana.
Pregi:
- economicità della gestione del vigneto in produzione, anche con l’intervento completamente manuale;
- buona qualità della produzione, buon investimento di ceppi per ettaro e all’ottima esposizione fogliare, qualora le operazioni di potatura verde siano ben applicate;
- discreta resistenza alle malattie, in conseguenza del minor compattamentodei grappoli e del buon arieggiamento del fogliame;
- robustezza delle viti tendenzialmente contenuta, grazie al portamento ricadente dei germogli;
- maturazione regolare dei grappoli, per effetto delle potature corte del buon rapporto tra legno vecchio e legno giovane;
- buona resistenza al vento sia per la potatura “libera o speronata”, sia per “l’effetto vela” molto contenuto;
- migliore possibilità di meccanizzazione delle potature e della vendemmia, a seguito dello spostamento verso l’esterno della fascia produttiva;
- più completa gamma di macchine, in particolare potatrici, grazie alla particolarità della sua struttura produttiva;
Difetti:
- costo di impianto piuttosto elevato e molto vicino ai tradizionali sistemi quali Pergole e Tendone;
- necessità di assistenza tecnica in fase di impianto e di formazione,
- necessità di terreni abbastanza fertili e di combinazioni d’innesto sufficientemente vigorose.
Anche nella moderna viticoltura si possono scegliere diverse forme di allevamento.
L’adozione di una o l’altra deve tenere in considerazione l’ambiente pedoclimatico, la combinazione d’innesto, gli obbiettivi produttivi, la disponibilità di manodopera, i costi di impianto e di gestione, le prospettive di meccanizzazione delle potature e delle vendemmia.
In ogni caso, le tradizionali forme di allevamento trovano oggi scarsi motivi di adozione. E si allude all’Alberello e alla Spalliera molto bassa, al Tendone, alla Pergola, al Bellussi e al Sylvoz che pur se per certi aspetti sono ancora valide (non esiste un sistema perfetto e uno totalmente negativo), erano giustificate soprattutto in passato, quando l’esigenza qualitativa della produzione era meno sentita, la disponibilità di manodopera maggiore e il margine operativo era nettamente superio, in particolare per i prezzi maggiori delle uve.
Le moderne soluzioni, invece, oltre al risparmio di manodopera, anche fino all’80% rispetto al passato ( in totale 80-90 ore di manodopera per ettaro all’anno) con la meccanizzazione integrale del vigneto, si caratterizzano per la semplicità della struttura di sostegno, quindi per i costi di impianto contenuti.
L’apparato fogliare più esposto e quantitativamente proporzionale alla produzione potenziale, la vigoria più controllata, le distanze di impianto, quindi le produzioni per ceppo più appropriate, il buon rapporto tra peso del legno di potatura e produzione di uva e il miglior sfruttamento del suolo da parte delle radici, comportano inoltre una maturazione più regolare e migliore del passato.
Come ogni innovazione, il conseguimento dei migliori risultati si ottiene però con un’adeguata assistenza tecnica, che possono mettere a disposizione dei viticoltori le cantine sociali, le organizzazioni professionali, le strutture pubbliche, i vivaisti, gli impiantisti e i liberi professionisti.
Considerazioni sulla vendemmia e potatura meccanica
A seguito della rarefazione della manodopera, dell’altalenante andamento dei prezzi delle uve e del buon livello tecnico e operativo raggiunto dalle macchine operatrici, la viticoltura italiana, sull’esempio di quella francese, tedesca, americana, australiana, si sta rapidamente evolvendo alla ricerca di un miglioramento qualitativo e soprattutto del contenimento dei costi di produzione.
Particolare attenzione viene per questo dedicata alle due operazioni più onerose nella coltivazione della vite e cioè la potatura e la vendemmia.
L’adozione delle macchine al posto del lavoro manuale nella coltivazione della vite, soprattutto in potatura e in vendemmia, risulta vantaggiosa e utile per una serie di validi motivi:
- la rarefazione della manodopera sta interessando tutte le aziende di medio-grandi dimensioni;
- la necessità che anche la viticoltura cerchi rapidamente un contenimento dei costi di produzione;
- la dimostrazione scientifica e sperimentale che le forme di allevamento della vite adatte alla meccanizzazione sono frequentemente migliori di quelle tradizionali;
- la disponibilità di macchine tecnicamente perfette e oggi nemmeno tanto costose;
- la possibilità concreta e sperimentalmente dimostrata che le viti ben si adattano anche alla potatura e alla vendemmia totalmente meccanizzate.

Esempio



  


  1. angelo

    sto cercando una tesina completa per la facolta' di agraria

  2. BomBO

    azzi tua!perke sei un ciccione