L'ermetismo

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Testo

L’ ERMETISMO

E’ stato uno dei più importanti momenti letterari del 900’. Il nome “ermetico” fu applicato al movimento, nel saggio di un critico avverso, Francesco Flora ( La poesia ermetica, 1936), per indicare una poesia caratterizzata da una voluta oscurità dovuta ad un procedimento analogico esasperato. L’ermetismo esordì negli anni Venti e si sviluppò negli anni tra il 1935 ed il 1940. Il termine che nel significato corrente indica qualcosa di oscuro significato, venne usato, con intenti chiaramente dispregiativi, per designare con un unico nome, varie correnti della poesia italiana, che ebbero delle influenze anche su alcuni circoli letterari stranieri. Le origini del movimento sono da ricercare nella polemica, all’inizio di questo secolo, tra le riviste letterarie fiorentine La voce e Lacerba; si riallaccia inoltre ai tentativi del Mallarmè di raggiungere un’espressione lirica, il cui valore consistesse principalmente nella purezza del verso, e agli insegnamenti di Paul Valery. Iniziatore del movimento è generalmente considerato Arturo Onori, ma la prima raccolta di poesie ermetiche è Il porto sepolto di Ungaretti, 1916. Questa raccolta si riallaccia ad una parte della mistica romantica, e precisamente alla solitudine dell’artista e dell’uomo, alla sua impossibilità di comunicare con gli altri. Proseguendo sulla strada aperta dai crepuscolari, i poeti ermetici non solo ripudiano la retorica nazionalistica, storica e sensuale, ma hanno anche perso quella fiducia nel mondo tipica del XIX secolo. In questo essi sono un prodotto della loro epoca. La grande guerra aveva distrutto quella fiducia nell’uomo e nel mondo tipica della concezione positivistica, di modo che come in filosofia con il risorgere della scuola esistenzialista l’uomo cerca la verità entro se stesso, così in letteratura il poeta si chiude in un suo mondo personale. Per l’ermetismo il mondo è un ambiente ostile, una oscura minaccia incombe sulla vita umana, essa è precaria( poesie di guerra dell’Ungaretti) e, cosa molto più tremenda, solitaria. Ognuno è chiuso in un suo mondo interiore e non vi è possibilità di comunicazione tra la propria sfera di sentimenti e quella altrui. La poetica della crisi raggiunge il massimo nel periodo fra le due guerre. Vengono fissati i punti chiave di questa nuova poesia che è essenzialmente lirica. Ai poeti ermetici non interessa la chiarezza, tanto nessuno potrà mai capire quello che il poeta ha voluto veramente esprimere; la poesia è intesa come atto puro, e ha valore solo in quanto riesce ad esprimere nella sua immediata purezza e spontaneità l’originaria intuizione lirica, senza alcuna pretesa di comunicabilità, senza preoccupazioni tecniche o metriche. Non è affatto necessario un motivo logico, un filo conduttore, anzi questi sono solo degli attentati alla purezza della intuizione lirica. Esiste una sola realtà, ed è quella interiore, valida per il poeta che egli esprime mediante la parola. Ede è la parola che attrae tutte le cure dell’ermetismo. Essa non ha importanza per il suo significato letterale, ma in quanto col suo suono riesce a creare un ambiente, riesce a provocare delle sensazioni. L’ermetismo si conclude quindi in una ricerca raffinata e sapiente della parola giusta, che messa al posto giusto riesca da sola ad esprimere tutto un mondo di immagini e di sentimenti. Per quanto riguarda i contenuti, la poesia ermetica rifiuta la concezione oratoria della poesia intesa come celebratrice di ideali esemplari( la religione, la patria, la storia, l’eroismo, la virtù ecc…) e persegue l’ideale della “poesia pura”, libera cioè non solo dalle forme metriche e retoriche tradizionali, ma anche da ogni finalità pratica, didascalica, celebrativa, narrativa e descrittiva. In questo modo, essa aspira ad esprimere, nel modo più autentico ed integrale, il nostro essere più profondo e segreto. Il motivo centrale della nuova poesia, che accomuna gli ermetici alla contemporanea tematica di Svevo e di Pirandello e della filosofia esistenzialistica, è il senso della solitudine disperata dell’uomo moderno: perduta la fede negli antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivistica(la religione, la patria, la scienza, il progresso) , egli non ha più certezze a cui ancorarsi saldamente, in un mondo incomprensibile, sconvolto dalle guerre, offeso dalle dittature e da ideologie totalizzanti e oppressive. Ne consegue una visione della vita sfiduciata e desolata, priva di illusioni: da Ungaretti “uomo di pena”, che si sente in esilio in mezzo agli uomini, a Montale, che vede negli aspetti quotidiani della realtà “il male di vivere”, a Quasimodo che ricorda, con epigrammatica concisione, il destino di ogni uomo che sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole, inchiodato cioè alla vita, che presto si concluderà con la sera della morte (Ed è subito sera). Ad aggravare il senso della solitudine e del mistero concorrono altri elementi, che sono altrettanti temi della nuova poesia: l’incomunicabilità, cioè l’incapacità e l’impossibilità di un colloquio fiducioso ed aperto con gli altri, l’alienazione, ossia la coscienza di essere ridotti ad un ingranaggio nella moderna civiltà di massa, strumentalizzati per fini più o meno reconditi; la frustrazione, ossia la coscienza del contrasto tra una realtà quotidiana sempre banale e deludente e l’ideale di una vita diversa, intuita ma irrealizzabile. Tra i principali poeti ermetici ricordiamo:Giuseppe Ungaretti,Eugenio Montale, Umberto Saba, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Libero de Liberi, Vittorio Sereni, Leonardo Sinigalli, Mario Luzzi.

GIUSEPPE UNGARETTI

Nasce il 10 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi, trasferiti in Africa per lavorare alla costruzione del canale di Suez. A due anni il poeta subisce il primo lutto in famiglia: la morte del padre. Il periodo egiziano lascia nella mente dello scrittore ricordi esotici, uniti a esperienze giovanili di consolidate amicizie, come quella con il compatriota Enrico Pea, fondatore del circolo anarchico la Baracca Rossa. Nel 1912 Ungaretti si trasferisce a Parigi : studia per due anni alla Sorbona, segue le lezioni di filosofia ma non si laurea. Frequenta gli ambienti dell’avanguardia, venendo a contatto con Apollinaire, Ricasso, Braque, e con gli italiani De Chirico, Modiglioni, Soffici, Papini, Palazzeschi, Martinetti e Boccioni. Ritornato in Italia nel 1914. Questo è il periodo in cui inizia la sua poetica. Allo scoppio della guerra, è attivo come interventista, si arruola come volontario ed è mandato a combattere sul fronte del Carso. Questa esperienza in trincea spinge Ungaretti a una profonda riflessione sull’effimera condizione umana e sul valore della fratellanza tra gli uomini. Nasce quindi in mezzo ai morti la sua prima raccolta (Il porto sepolto,1916).Dal 1918 al 1921 vive a Parigi, lavora presso l’Ambasciata italiana ed è corrispondente per il giornale fascista il “ Popolo d’Italia”. Durante il suo soggiorno francese pubblica con Vallecchi la prima edizione di Allegria di Naufragi (1919). A causa della precaria condizione economica, nel 1912 si trasferisce vicino Roma, a Marino, e viene impiegato al Ministero degli Esteri. Questo è l’anno in cui esce la nuova edizione de l’ Allegria: il volume pubblicato a La Spezia ha come titolo Il Porto Sepolto e reca la prefazione di Benito Mussolini. Nel 1925, Ungaretti firma il Manifesto degli intellettuali fascisti. Dopo un periodo di lavoro come corrispondente della “ Gazzetta del Popolo”, che lo vede impegnato in diversi viaggi all’estero, nel 1936 è chiamato in Brasile a insegnare letteratura italiana all’Università di San Paolo. Durante il soggiorno americano, il poeta, che in pochi anni aveva visto la morte della madre e del fratello, è ora colpito da un lutto ben più grave, la morte del figlio di nove anni. A questo tragico evento sono dedicati molti dei versi raccolti nella prima parte de Il dolore, in cui l’uomo ungarettiano lotta per conservare la fede di fronte agli imperscrutabili disegni divini. Nel 1942, a causa del conflitto mondiale, ritorna in Italia: gli sono conferiti il titolo di Accademico d’Italia e la cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’ Università di Roma. Alla fine della guerra, dopo una serie di difficoltà legate al suo collaborazionismo con il regime fascista, è confermato docente universitario. La poesia di Ungaretti presenta dunque uno svolgimento di contenuti e di forme articolato nelle seguenti raccolte:Il Porto sepolto (1917), Allegria di naufragi (1919), Sentimento del tempo(1933), Il dolore (1947), e i frammenti La Terra promessa(1950), Un grido e paesaggi (1952), Il taccuino del vecchio (1960) e Vita di un uomo (1969).Ungaretti termina cosi la sua opera letteraria, un anno prima della sua scomparsa, muore a Milano nel 1970.

IL PORTO SEPOLTO.
La prima raccolta, Il porto sepolto(1916), contiene le poesie scritte sul fronte di guerra, in trincea, su pezzi di carta occasionali, conservati dal poeta nello zaino. Il titolo, ha soprattutto un significato simbolico: Il porto sepolto è il mistero, l’assoluto, alla cui ricerca il poeta si pone con la speranza di approdarvi come in un porto di pace.

L’ALLEGRIA.
Il nome della raccolta indica la gioia del sopravvissuto alla tempesta, di colui che, avendo visto la morte vicina, sa apprezzare la vita. Ungaretti è dunque il poeta delle emozioni forti,che richiedono un’immediatezza espositiva, giocata sull’impiego di analogie e sulla rottura delle regole della metrica tradizionale. Successivamente, le liriche di Il porto sepolto confluiscono nella raccolta Allegria di naufragi(1919) che poi diventerà l’Allegria(1932). Anche questo titolo è allusivo: la guerra è come un naufragio della vita; i superstiti del naufragio sono presi da una sorta di ebbrezza per lo scampato pericolo e superano lo sgomento e il dolore con la fede e la speranza di un domani migliore. Le due raccolte contengono in gran parte le impressioni della Prima Guerra Mondiale: il sentimento dell’attaccamento alla vita, che spinge il poeta a scrivere lettere piene d’amore, quando è costretto a passare un’intera nottata vicino a un compagno massacrato( Veglia); il cuore impietrito dal dolore, divenuto simile alla pietra refrattaria del San Michele, indurita dal sole( Sono una creatura);il cuore ancora più straziato delle case sbriciolate dalla guerra, per la morte di tanti che gli corrispondevano(San Martino del Carso); il sentimento della precarietà della vita: Si sta come/ d’autunno/sugli alberi/le foglie (Soldati) ; il sentirsi docile fibra dell’universo(I Fiumi), quando, durante un momento di poesia della guerra, il poeta si bagna nelle acque dell’Isonzo e ricorda altri fiumi(il Serchio,il Nilo, la Senna); infine il disperato anelito a un paese innocente(Girovago), di uomini degni, liberi e fraterni. In contrasto con la retorica dannunziana e nazionalistica, Ungaretti sente la guerra non come un’occasione di eroismo o di esaltazione patriottica, ma come una fatalità ineluttabile che si abbatte sull’umile e povera gente d’Italia, la quale la subisce con virile rassegnazione, con semplicità di gesti e di parole, perché la guerra restituisce l’uomo alla condizione di creatura fragile e indifesa. Ungaretti vuole esprimere questa condizione umana, che è anche la sua, di combattente diseroicizzato, e lo fa in poesie brevi, a volte brevissime, ridotte a semplici notazioni, ma estremamente dense di significato, poesie da meditare, non da declamare, contenenti impressioni fulminee, profonde. E per esprimere queste impressioni, frutto di una scelta etica di fronte alla guerra, che lo colloca dalla parte della sofferenza, il poeta rinuncia alla retorica, ai metri e ai versi tradizionali , avvalendosi di versi liberi, di parole semplici, essenziali, scavate, ricondotte alla loro primitiva purezza e freschezza. Egli ricorre, inoltre, ai mezzi tecnici escogitati già dai simbolisti e dai futuristi: l’accostamento paratattico, l’abolizione della punteggiatura, l’impiego di spazi bianchi e di pause, i titoli suggestivi ed evocati, l’uso dell’analogia e della sinestesia per congiungere velocemente sensazioni e sentimenti diversi. Terminata la guerra, Ungaretti continua la sua meditazione sulla poesia e sulla condizione dell’uomo. La prima lo porta al recupero dell’endecasillabo e del settenario. Tale scelta, tuttavia, non si riduce ad una pura esercitazione stilistica e metrica, ma risponde all’esigenza morale del poeta di comunicare agli uomini le sue arcane scoperte, di essere, insomma, il poeta”veggente”,teorizzato dai simbolisti.

IL SENTIMENTO DEL TEMPO.
Quanto alla meditazione sulla condizione dell’uomo, il titolo della nuova raccolta , Sentimento del tempo,è allusivo: significa sentimento del veloce correre del tempo, del rapido fluire delle cose, delle persone amate, che produce, per contrasto, la nostalgia del passato e un più tenace attaccamento alla vita. Ma accanto al fluire delle cose appare l’altro tema della raccolta, il sentimento di Dio, in cui si placa l’angoscia esistenziale del poeta. Per giudizio unanime della critica le poesie contenute ne l’Allegria e nel Sentimento del tempo sono tra le più suggestive di Ungaretti. Le poesie raccolte in Il dolore furono scritte dal 1940 al 1946 e traggono origine da due esperienze del poeta: la prima personale e individuale ( la morte del figlio), l’altra universale,la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, che ispira al poeta un messaggio d’amore e di solidarietà tra gli uomini(Non gridate più…). Le altre raccolte − La Terra promessa( 1950), Un grido e paesaggi(1952) e il Taccuino del vecchio(1960) − trattano ancora i temi del dolore, del tempo, di Dio, ma la sincerità dell’ispirazione è sorvegliata da una compiaciuta letterarietà di forme. Un cenno a parte merita La Terra promessa , una raccolta di liriche che dovevano costituire un poema, un libretto d’opera che però non fu condotto a termine. Il tema era la storia del viaggio avventuroso di Enea. Del progetto restano solo alcuni frammenti, come i Cori che descrivono gli stati d’animo di Didone, e contengono le meditazioni sulla morte, sul tempo e sull’amore. Ungaretti, la cui fama fu dapprima ristretta negli ambienti della critica, è oggi considerato uno dei più grandi poeti contemporanei. Egli è stato il dissolvitore del linguaggio poetico tradizionale e il creatore di un linguaggio poetico nuovo, meglio aderente al sentimento del poeta e alla disincantata vita moderna. Il recupero dell’endecasillabo e del settenario in Sentimento del tempo, dopo l’esperienza innovatrice dell’ Allegria dà un connotato preciso alla sua posizione che è quella di un “ classicismo moderno” di una “ avanguardia nella tradizione”. Questo spiega il suo amore per il Petrarca ed il Leopardi, da lui considerato come il punto d’avvio di ogni poetica. In questa sintesi tra antico e moderno egli supera il disgregamento psicologico e formale dei simbolisti e dei futuristi e conserva un posto di rilievo nella storia della poesia contemporanea.

VEGLIA

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

Qui la guerra è vista nella sua tragica ed assurda disumanità, in modo del tutto opposto alle celebrazioni retoriche dei futuristi, che la chiamarono “sola igiene dei popoli” (Martinetti), di D’Annunzio e degli interventisti.
Veglia è scritta con la tecnica consueta di Ungaretti, volta alla ricerca della parola scarnificata, essenziale, pura o assoluta, immune cioè dalle incrostazioni del linguaggio convenzionale. Ungaretti spesso spiegò la ragione di tale ricerca. “Stando tra i morti ­ egli scrisse ­non c’era tempo: bisognava dire delle parole decise, assolute, ecco allora questa necessità di esprimersi con pochissime parole, di liberarsi della retorica, di non dire quello che era necessario".
La poesia indica la ragione della veglia notturna del poeta.

Per un’intera nottata buttato(come uno straccio) accanto ad un compagno massacrato, con la bocca deformata rivolta verso il plenilunio, e con le mani congestionate, impresse nel silenzio assorto della mia anima( col gesto disperato di aggrapparsi alla vita), ho scritto lettere piene d’amore(mosso da un incoercibile bisogno di affetto). Mai(come in quel momento) davanti all’orrore della morte violenta) ho sentito un più intenso attaccamento alla vita(un attaccamento, si badi, non egoistico, ma sentito come protesta contro la guerra, come proclamazione del diritto di tutti gli uomini alla vita).Il plenilunio verso cui è rivolta la bocca del compagno massacrato, è il simbolo della dolcezza e della bellezza della vita. E’ questo uno dei testi dell’Allegria più intensamente caratterizzato in senso espressionistico. Ciò si deve soprattutto alle scelte lessicali, violentemente cariche e deformanti(buttato - massacrato – digrignato – congestione – penetrata). Fra l’altro i termini più forti hanno spesso una posizione rilevata nel verso( tre dei cinque esempi ora fatti sono isolati in un unico verso). Vi è infine una notevole insistenza su alcuni suoni(in particolare la desinenza –ata/ato).

SOLDATI

Si sta come
d’autunno
su gli alberi
le foglie.

In questa brevissima lirica, il tema è ancora la guerra, vista nella sua tragica vicenda di dolore e di morte.
Il poeta, che ha visto morire tanti compagni durante i combattimenti, ha voluto rappresentare l’estrema precarietà della vita dei soldati veramente sospesa a un esile filo, evidenziandola con un paragone efficacissimo.

I soldati(nella loro condizione di essere esposti quotidianamente ai rischi della guerra) sono simili alle foglie d’autunno sugli alberi, le quali al più lieve soffio di vento si staccano dai rami e cadono per marcire nel terreno.

L’analogia è espressa in pochi versi, brevi, essenziali, dal tono epigrammatico, per fare meglio risaltare l’inesorabile destino di morte che grava su ogni combattente.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Le cause che diedero origine alla Prima Guerra Mondiale furono quattro:
1. la causa politica: i contrasti tra gli Stati
In Europa esistevano molti territori:
a) la Francia voleva sottrarre alla Germania l’Alsazia e la Lorena;
b) l’Italia voleva liberare Trento e Trieste dal dominio dell’impero austro-ungarico;
c) Austria, Italia e Russia, volevano espandersi nella zona dei Balcani.
Alla vigilia della guerra l’Europa era divisa in due schieramenti:
a) la Triplice Alleanza che comprendeva Germania,Austria e Italia;
b) la Triplice Intesa che comprendeva Francia, Gran Bretagna e
Russia.

2. la causa militare: la corsa al riarmo
le grandi potenze europee, la Germania, soprattutto, da anni si preparavano alla guerra dotandosi di grandi armamenti.

3. la causa economica: la gara tra le potenze industriali
Tra le potenze industriali si era scatenata una gara economica e commerciale sempre più dura.
4. la causa militare: si diffonde un giudizio positivo sulla guerra.
Parte dell’opinione pubblica credeva nella guerra, l’unica possibilità di combattimento della situazione sociale e politica.

La scintilla che innescò la prima guerra mondiale fu l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, che avrebbe dovuto succedere sul trono dell’Austria-Ungheria al vecchio imperatore Francesco Giuseppe. L’attentato fu opera di uno studente nazionalista serbo e avvenne a Sarajevo,in Bosnia, il 28 giugno 1914. Per ritorsione l’Austria attaccò la Serbia un mese più tardi; il 1° agosto l’alleata Germania dichiarò guerra alla Russia, e due giorni dopo alla Francia. In realtà la Germania cercava di accelerare la guerra, convinta che le potenze dell’Intesa fossero ancora impreparate, I suoi piani militari predisposti fin dal 1905, prevedevano di battere prima la Francia e, in un secondo tempo, la Russia. La speranza di poter combattere sempre su un solo fronte non si realizzò, ma non fu l’unico calcolo sbagliato dei Tedeschi: essi credevano che l’Inghilterra non sarebbe entrata in guerra. Invece, non appena l’esercito tedesco invase il Belgio, nazione neutrale, l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania (4 agosto). Il suo intervento fu decisivo, la sua forza sui mari servì a isolare gli Imperi centrali, i cui porti non potevano più essere riforniti di materie prime e derrate alimentari. Per contro, le navi inglesi rifornivano incessantemente gli alleati dell’Intesa. In un primo momento sembrò che la guerra lampo prevista dalla Germania potesse realizzarsi. Dal Belgio neutrale i Tedeschi penetrarono rapidamente in territorio francese, avvicinandosi a Parigi. L’epica battaglia della Marna(6-12 settembre 1914), che vide lo scontro di ben due milioni di soldati, fermò però l’avanzata dei Tedeschi, costringendoli ad arretrare. La guerra di movimento era finita, mentre iniziava la guerra di posizione: 800 chilometri di trincea,lungo i quali Francesi e Tedeschi continuarono la loro opera quotidiana di distruzione del nemico. In Estremo Oriente la Germania, attaccata dal Giappone(alleato dell’Inghilterra), aveva perso i suoi presidi coloniale in Cina, dove ora l’imperialismo giapponese poteva espandersi incontrastato. I Tedeschi avevano più successo, invece, sul fronte orientale europeo, grazie anche alla disorganizzazione dell’esercito russo, che risentiva della crisi generale dei domini dello zar. Le difficoltà della Russia aumentarono quando l’intervento di Bulgaria e Turchia a fianco degli Imperi centrali la costrinse a combattere su due fronti. A questo punto( maggio 1915) l’ intervento dell’Italia contro l’Austria tornò utile alla Russia, perché gli Austriaci dovettero dividere il loro esercito su due fronti. La maggioranza degli italiani non volevano la guerra. Erano neutralisti, cioè favorevoli a una posizione di neutralità, i liberali giolittiani, i socialisti e i cattolici. Rispecchiando questa maggioranza, il governo italiano allo scoppio della guerra si era affrettato a proclamare la sua neutralità, sottolineando che la Triplice alleanza prevedeva un intervento degli alleati in caso di aggressione, ma non in caso di attacco, come di fatto era avvenuto. Inoltre, le condizioni dell’esercito nel 1914 non avrebbero permesso all’Italia di affrontare una guerra. Già allora, i liberali di destra e i nazionalisti imperialisti, appoggiati dai proprietari di industrie belliche, erano interventisti, cioè favorevoli a un intervento che garantisse all’Italia conquiste territoriali. A favore di un intervento a fianco dell’Intesa si proclamarono anche gli irredentisti, desiderosi di portare a termine gli obiettivi del Risorgimento liberando Trento e Trieste. Attivo interventista divenne Benito Mussolini( il futuro capo del fascismo), espulso dal Partito socialista, dove militava. Gli interventisti continuavano ad essere una minoranza in Parlamento e nel Paese, ma erano attivi e si facevano sentire anche utilizzando i giornali e le radio. Senza informare il Parlamento, il governo, guidato da Calandra, firmava il 26 aprile 1915 un accordo segreto con le potenze dell’Intesa, detto “ Patto di Londra”, col quale si impegnava ad entrare in guerra entro un mese al loro fianco, con la promessa di ricevere, in caso di vittoria, oltre a Trento e Trieste, tutta l’Istria, una parte delle coste della Dalmazia e alcune colonie. Così il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarava guerra all’impero austro-ungarico. Comandate dal generale Luigi Cadorna, le truppe italiane erano più numerose di quelle austriache, ma anche meno addestrate e peggio armate. Gli Austriaci avevano inoltre il vantaggio di poter utilizzare le postazioni alpine, strategicamente più efficaci. A parte la conquista di Gorizia(agosto 1916), gli Italiani dovettero perciò per due anni limitarsi a una guerra di trincea, interrotta da battaglie( ben undici furono combattute sul fiume Isonzo) molto sanguinose, ma perfettamente inutili dal punto di vista militare, perché lasciarono la situazione invariata. Questa era d’altronde la condizione generale di tutti i fronti, dopo le grandi battaglie del 1916. In quell’anno i Tedeschi attaccarono i Francesi a Verdun: ma dopo quattro mesi di battaglia, costati 600.000 morti, le linee di frontiera erano rimaste immutate. Per alleggerire l’attacco su Verdun, Francesi e Inglesi scatenarono un’altra battaglia contro i Tedeschi lungo il fiume Somme: questa volta in tre mesi morirono un milione di soldati. Alle grandi battaglie seguiva un’estenuante guerra li logoramento,combattuta dalle opposte trincee: avrebbe vinto chi fosse riuscito a sopravvivere più a lungo alla mancanza di cibo, di uomini validi, di armi e di denaro. Pur non essendo superiori sul piano militare, le potenze dell’Intesa lo erano su quello economico. Mentre infatti Germania e Austria erano isolate dal blocco navale inglese, i loro avversari ricevevano cospicui aiuti, specialmente dagli Stati Uniti d’America. La guerra si stava rivelando un ottimo affare per gli USA: essi avevano quadruplicato le esportazioni di grano in Europa, e le loro industrie producevano a tutto ritmo per i Paesi dell’Intesa. Per compiere il blocco navale la Germania lanciò, nel gennaio 1917, la guerra sottomarina a oltranza: i suoi sottomarini, già in azione da due anni, avrebbero colpito tutte le navi,a qualunque nazionalità appartenessero, che portassero merci ai Paesi dell’Intesa. Gli Stati Uniti, sentendosi minacciati nei loro interessi, nell’aprile del 1917 entrarono in guerra a fianco dell’Intesa. A questo punto la guerra aveva assunto veramente dimensioni mondiali. L’intervento degli Stati Uniti giunse nel momento più critico per l’Intesa. Infatti in Russia, a causa della crisi economica e del profondo malessere sociale acuiti dalle sconfitte militari, nel febbraio 1917 era scoppiata una rivoluzione contro lo zar. Abbattuto lo zar, il nuovo governo comunista nel marzo 1918 firmò una pace separata a Brest-Litovsk: la Russa si ritirava dalla guerra, facendo ampie concessioni territoriali alla Germania. L’anno cruciale fu il 1917. La decisione tedesca di scatenare la “guerra sottomarina” a oltranza(febbraio) provocò l’intervento degli Stati Uniti(aprile), che, divenuti la più grande potenza economica del mondo, non potevano tollerare che fosse ostacolata la “libertà dei mari”, ovvero il diritto di commerciare liberamente con l’Europa. Il ritiro della Russia, determinato dal tracollo dello varismo e dalla rivoluzione bolscevica, consentì agli austro-tedeschi di spostare truppe sul fronte italiano, che fu sfondato a Caporetto, sull’Isonzo(ottobre 1917). Dopo aver resistito sul nuovo fronte del Piave, l’Italia lanciò una controffensiva che portò alla vittoria finale sull’Austria( Vittorio Veneto, ottobre 1918). Il 4 novembre l’Austria firmò l’armistizio con l’Intesa; l’11 novembre 1918(resa della Germania) cessarono tutte le ostilità sul fronte occidentale. La prima guerra mondiale terminò nel 1918, ma i trattati di pace furono firmati in cinque diverse località nei pressi di Parigi(una delle quali fu Versailles)tra il 1919 e il 1920. Il presidente americano Wilson aveva steso un elenco di quattordici punti che riassumevano i progetti per la futura politica europea e mondiale, finalizzati a garantire un’epoca di pace tra gli Stati. Wilson dava molta importanza all’autodeterminazione dei popoli: ogni nazione aveva diritto a raggiungere l’indipendenza politica e scegliere la propria forma di governo. I trattati di pace stipulati a Parigi rispettarono però solamente in parte questo principio:
• venne riconosciuta l’indipendenza di molti nuovi Stati europei(Ungheria, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Lettonia, Lituania, Estonia);
• l’Austria perse circa i 7/8 dei territori dell’antico Impero; la Turchia perse tutti i territori europei, tranne la zona degli Stretti e la città di Instabul; la Palestina e l’Iraq furono affidati agli Inglesi; la Siria alla Francia;
• la Germania, con il Trattato di Versailles, venne riconosciuta quale responsabile della guerra, l’Alsazia e la Lorena ritornarono alla Francia, che venne anche autorizzata a sfruttare per 15 anni le miniere della regione tedesca della Saar; altri territori passarono alla Danimarca e alla Polonia. Anche l’Italia era scontenta dei compensi territoriali ottenuti dall’Austria(il Trentino,l’Alto Adige, la Venezia Giulia e Trieste). Il Primo ministro Orlando e il ministro degli Esteri Sonnino chiedevano però anche i territori accordati all’Italia col patto di Londra del 1915(situati in Albania, Dalmazia e Turchia). Le altre potenze vincitrici ritenevano però che queste concessioni avrebbero violato il principio dell’autodeterminazione: l’Italia, cioè, si sarebbe costituita dalle colonie sul territorio europeo. Pertanto si opposero. Per protesta, la delegazione italiana abbandonò i colloqui. Quando tornò al tavolo delle trattative, Francia ed Inghilterra si erano già spartite le colonie tedesche; l’Italia così non ebbe alcun vantaggio. Questo fatto causò nel paese grandi proteste. Nazionalisti e reduci di guerra definirono quella italiana una vittoria mutilata, incompleta: gli alleati, comportandosi da traditori, non avevano dato all’Italia quello che avevano promesso col patto di Londra. L’Europa che uscì dalla prima guerra mondiale e dalla pace di Versailles non somigliava più a quella di prima. Tre imperi erano scomparsi(turco, russo,austro-ungarico);in nome del principio di nazionalità, sostenuto dal presidente americano Wilson, erano sorti nuovi stati sovrani(Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia). E questo mentre in Russia stava nascendo il primo regime comunista della storia. Sempre per volontà di Wilson fu istituita a Versailles la società delle Nazioni, un organismo composto inizialmente da 32 paesi cui spettava il mantenimento della pace mondiale. In realtà, la Società delle Nazioni esercitò appena per un decennio la sua funzione di garante della sicurezza collettiva. Nata già indebolita per la defezione del paese leader, gli Stati Uniti-il Congresso negò a Wilson l’adesione- la Società delle Nazioni mostrò tutti i suoi limiti negli anni Trenta, quando il quadro internazionale degenerò a causa delle ripercussioni della crisi economica del ’29 e dell’ascesa della Germania hitleriana. La pace anziché la guerra; la democrazia invece dell’imperialismo e del militarismo: era questo il sogno wilsoniano per l’Europa del dopoguerra. Negli anni Venti e Trenta, infatti, si assistette non all’affermazione dei regimi democratici, ma dei regimi totalitari(fascismo n Italia, nazismo in Germania, stanilismo in Unione Sovietica). Il totalitarismo è un sistema politico nel quale lo Stato, retto da un partito unico e guidato da un “capo carismatico”(Mussolini, Hitler, Stalin), esercita un controllo completo,”totale”appunto, su ogni aspetto della società. E’ l’esatto opposto della democrazia, perché non rispetta i diritti del singolo. Si regge, invece, sul consenso delle masse: per questo utilizza i moderni mezzi di comunicazione sociale(radio, cinema, giornali), lo sport, le organizzazioni giovanili per propagandare le sue parole d’ordine. Nel regime totalitario, libertà e individualità vengono sacrificate a un valore assoluto, supremo: per comunismo, la vittoria del proletariato; per il fascismo, lo Stato; per il nazismo, la superiorità della razza tedesca. Per tutto l’arco dell’Ottocento la Russia mantenne la sua caratteristica di paese prevalentemente agricolo governato da un monarca dispotico, lo zar. Alla fine del secolo, un grande sviluppo industriale,sostenuto da capitali stranieri, cambiò il volto delle grandi città, che si riempirono di masse di operai. In questo contesto si diffusero le idee marxisiste e si costituì un partito socialista molto forte(Partito operaio socialdemocratico russo,1898), caratterizzatola due correnti:quella dei menscevichi, che intendevano muoversi sul piano delle riforme sociali e politiche in alleanza con la borghesia; e quella dei bolscevichi, che individuava nella rivoluzione lo strumento per liberare la Russia dall’assolutismo zarista. Nel 1905, lo zar Nicola II concesse un Parlamento, la Duma. L’aggravarsi delle condizioni di vita del proletariato e dei contadini durante la prima guerra mondiale portò alle rivoluzione del febbraio 1917, che vide la nascita della repubblica retta da un governo provvisorio appoggiato dalla borghesia. A tale governo legale, si contrapponeva un “governo di fatto” costituito dai Soviet. Il nuovo regime si dimostrò incapace di dare al popolo russo ciò che più desiderava: pace e lavoro. Questa situazione rafforzò la posizione dei bolscevichi, guidati da Lenin(1870-1924),che attuarono una s4econda rivoluzione di ispirazione socialista(la rivoluzione di ottobre)dando inizio alla repubblica dei Soviet. Nonostante alcuni provvedimenti molto popolari(come l’abolizione della proprietà privata delle terre) le elezioni per l’Assemblea costituente segnarono una sconfitta dei bolscevichi. Lenin sciolse allora con la forza l’assemblea e impose la dittatura del proletariato. In seguito si scatenò una drammatica guerra civile(1918-20)vinta alla fine dall’esercito bolscevico organizzato da Lev Trockij(1879-1940). La situazione economica e sociale della nuova repubblica era disastrosa. Ciò indusse Lenin ad avviare una nuova politica economica attraverso l’introduzione di piccole forme di libero mercato e di proprietà privata. Alla morte di Lenin(1924), la lotta per la successione fra Stalin, segretario organizzativo del partito, e Trockij si risolse a favore del primo(1925), che in breve tempo acquisì un potere assoluto grazie all’eliminazione di tutti gli avversari di partito. Il suo governo impose grandi sacrifici ai russi per accelerare il processo di industrializzazione, da realizzarsi a tappe forzate attraverso la realizzazione di piani quinquennali. L’Unione Sovietica divenne rapidamente una potenza industriale ma si trasformò sempre più in un paese totalitario: con il pretesto della lotta di classe, infatti Stalin eliminò milioni di avversari, in particolare i contadini agiati(i kulaki) che si opponevano alla collettivizzazione della terra. Alla fine della prima guerra mondiale, la crisi economica era, in Italia, particolarmente grave, con la lira pesantemente svalutata e il dramma di milioni di disoccupati. A impoverirsi non erano soltanto gli operai, ma anche i ceti medi, che manifestavano il loro disagio assumendo atteggiamenti nazionalistici. In questo contesto prese il via un’ondata di scioperi. Gli operai, chiedevano aumenti salariali e garanzie contro i licenziamenti, i contadini del Sud e della Pianura Padana, volevano la riforma agraria. Le agitazioni si concentrarono tra il 1919 e il 1920(Biennio rosso). Gli agrari e gli industriali decisero di affidarsi a una nuova forza politica, il Movimento dei fasci di combattimento, fondato dall’ex –socialista Benito Mussolini. Nel 1921 Mussolini giunse in Parlamento e trasformò il suo movimento nel Partito nazionale fascista. Il 28 ottobre 1922 migliaia di camice nere marciarono su Roma. In seguito, l’assassinio di Giacomo Matteotti, il deputato socialista che aveva denunziato in Parlamento le violenze e le irregolarità compiute dai fascisti durante le elezioni del 1924, costrinse Mussolini a rivendicare pubblicamente il diritto di usare la forza contro chi si opponeva al fascismo. Il fascismo si trasformava in regime. Attraverso la cosiddette “leggi fascistissime” Mussolini procedette all’eliminazione di ogni forma di opposizione politica, alla costruzione della sua personale dittatura e alla creazione di un consenso di massa. Per guadagnarsi le simpatie cattoliche, siglò un concordato con la Santa Sede( Patti Lateranensi, 1929), che chiuse l’annoso conflitto tra la Chiesa lo Stato apertosi con l’unità d’Italia. Nell’ottobre 1936 Italia e Germania strinsero un patto di amicizia(Asse Roma-Berlino), poi rafforzato l’anno successivo dall’adesione dell’Italia al patto tedesco-giapponese contro il comunismo internazionale. La disfatta subita nella prima guerra mondiale gettò la Germania in una situazione rivoluzionaria: la monarchia fu abbattuta e venne proclamata la repubblica(novembre 1918). Dal caos politico e dai disordini sociali nacque una repubblica democratica, che prese il nome di Repubblica di Weimar. La Repubblica di Weimar accentuò il suo carattere borghese con il ritorno delle vecchie classi conservatrici. La situazione generale era drammatica: l’inflazione aveva raggiunto livelli insostenibili. La ripresa non resse all’urto della crisi che nel ’29 aveva travolto l’economia mondiale. La conseguenza più grave fu politica: l’affermazione del nazismo. Il partito nazionalsocialista dei lavoratori Tedeschi nacque nel 1920 per iniziativa di Adolf Hitler, un eroe di guerra. Nei mesi trascorsi in carcere per un fallito colpo di stato nazionalista a Monaco, aveva lavorato a un libro”La mia battaglia” dove indicava l’ideologia nazista: lotta al liberalismo, lotta al bolscevismo;antisemitismo, l’ineguaglianza delle razze, ovvero la superiorità della razza ariana. Hitler conquistò il potere con regolari elezioni. Formato il suo governo, Hitler non perse tempo e in soli 18 mesi edificò lo stato totalitario e la sua dittatura personale: assunse i pieni poteri divenendo il Fuhrer(“capo”)del Reich(“stato”), sciolse partiti e sindacati, istituì una speciale polizia segreta(Gestapo). Durante il secondo conflitto mondiale, la persecuzione si trasformò in uno sterminio pianificato, il cui obiettivo era la totale eliminazione fisica del popolo ebraico(soluzione finale). Milioni di ebrei morti per la fatica, la fame o nelle camere a gas. Questa cifra, sommata a quella di coloro che già in precedenza erano stati uccisi nei ghetti o durante e azioni delle squadre speciali, portò il numero degli ebrei eliminati dai nazisti a circa sei milioni di persone. “Nazistissima” la Germania, Hitler poté dedicarsi alla realizzazione del suo progetto più ambizioso: la costruzione di un nuovo ordine europeo dominato dalla Germania. Per compiere questo nuovo “assalto al potere mondiale”, la strada era una sola: il riarmo totale.

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