I lavoratori del turismo

Materie:Riassunto
Categoria:Tecnica Turistica
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Testo

Il prodotto turistico è composto di molti elementi tra loro strettissimi e quindi esso risulta estremamente complesso.
Di seguito si vedrà come operano soltanto i lavoratori del settore turistico in senso stretto e verranno trattati più precisamente i diritti e i doveri di queste categorie di lavoratori.
Questi possono distinguersi in tre categorie:
• lavoratori dipendenti, che si stimano poco più di 800000 unità;
• lavoratori flessibili, il cui rapporto con le imprese può assumere gli aspetti più vari;
• professionisti, in possesso di qualifiche riconosciute.
I lavoratori dipendenti

Il lavoro dipendente è regolato da leggi contenute nel Codice civile e dalla legge del1970, n. 300, nota come Statuto dei lavoratori.
Una regolamentazione più precisa è fornita dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL), che sono stipulati da una parte delle associazioni di categoria degli imprenditori e dall’altra dai sindacati dei lavoratori, e sono validi per tutti i datori di lavoro e per tutti i lavoratori del settore al quale si riferiscono, anche per quelli che non condividono i loro contenuti.
Ogni azienda conclude, poi, con i propri dipendenti dei contratti integrativi aziendali che migliorano le condizioni stabilite dai contratti collettivi ed esistono anche contratti individuali che possono prevedere ulteriori miglioramenti per i lavoratori.
Fino a pochi anni fa l’avviamento al lavoro, il controllo della regolarità delle assunzioni e la protezione dei lavoratori erano compiti affidati e gestiti esclusivamente da uffici controllati dal Ministero del lavoro, chiamati uffici di collocamento e diventati successivamente Centri per l’impiego, gestiti dalle province.
Ora a questi centri si affiancano le Agenzie per il lavoro, aziende private dotate di apposita autorizzazione del Ministero stesso.
Tutta la materia relativa alle assunzioni è stata quindi molto semplificata.
I contratti di lavoro sono normalmente a tempo indeterminato, senza scadenza ma, entro i limiti previsti dal CCNL, possono anche essere stipulati:
• contratti a tempo determinato, consentiti oltre che per sostituire lavoratori assenti, per “intensificazioni dell’attività temporanee dovute a flussi non ordinari di clientela cui non sia possibile far fronte con il normale organico”.
• contratti di apprendistato, per i giovani che devono completare gli studi e possono essere di tre tipi:
• contratto di apprendistato per la realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione, finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale; prevede un’età minima di 15 anni e una durata massima di tre anni;
• contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione, attraverso una formazione sul lavoro e un apprendistato tecnico-professionale; è destinato a giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni e ha una durata compresa fra i due e i sei anni;
• contratto di apprendistato per l’acquisizione di titoli di studio di livello secondario, universitari e di alta formazione nonché per la specializzazione tecnica superiore; anche in questi casi l’età prevista è compresa fra i 18 e i 29 anni.
• contratti di inserimento, destinati anche ai disoccupati da almeno due anni, alle persone senza lavoro di età superiore ai 50 anni, alle donne che vivono nelle regioni dove la disoccupazione femminile è particolarmente alta, ai disabili oltre che ai giovani fra i 18 e i 29 anni.
• contratti part-time, con orario di lavoro ridotto e possono essere di vari tipo:
• orizzontale se prevedono la presenza tutti i giorni per un numero di ore inferiore a quello previsto per i lavoratori a tempo pieno;
• verticale, se prevedono orario pieno solo per alcuni giorni la settimana;
• week-end, per i lavoratori che prestano la loro opera solo il sabato e la domenica;
• job sharing, se è previsto che le mansioni concordate nel contratto possano essere svolte da diversi lavoratori indifferentemente.
• contratti di somministrazione, con i quali un lavoratore viene assunto e retribuito da un’impresa somministratrice per lavorare in un’altra impresa detta utilizzatrice (lavoro interinale).

Le mansioni che i lavoratori devono svolgere e il conseguente inquadramento contrattuale sono specificati nei contratti collettivi di lavoro.
Ad ogni livello definito corrispondono precisi diritti e doveri, una retribuzione minima definita dal contratto stesso, un preciso orario di lavoro settimanale e così via.
Sono escluse invece dalla contrattazione collettiva le mansioni e la retribuzione dei dirigenti, in quanto assunti ai vertici delle aziende maggiori sulla base di contratti individuali.
L’orario di lavoro è di 40 ore settimanali, distribuito su cinque giorni settimanali, oppure su quattro giorni più due mezze giornate per i dipendenti delle agenzie di viaggio e in cinque giornate e mezza per i dipendenti di alberghi.
Solamente per alcune categorie di lavorati come custodi, portieri e autisti, l’orario è di 45 ore settimanali.
I lavoratori delle agenzie di viaggio e degli alberghi hanno diritto a 26 giorni lavorativi di ferie all’anno più 104 ore all’anno di permesso.
Gli elementi che concorrono a formare le retribuzioni dei lavoratori sono:

• la paga-base, stabilita dal contratto collettivo nazionale di lavoro, tanto maggiore quanto più alto è il livello assegnato, pagata per 14 mensilità raddoppiando lo stipendio di dicembre e quello di luglio.
• altre indennità in relazioni a particolare funzioni, riguardanti il personale responsabile del movimento di denaro o il personale che opera all’esterno, in trasferta.
• gli scatti di anzianità, con cadenza triennale.
• il superminimo, un importo pagato in più rispetto alla paga-base e deciso da contratti integrativi aziendali o da contratti individuali.
• gli assegni familiari, assicurati ai lavoratori con retribuzioni basse e carichi familiari.
Dal totale dello stipendio, che tiene conto di tutti questi elementi, vanno dedotti:
• i contributi sociali per assicurarsi la pensione e l’assicurazione per malattia;
• l’IRPEF ( imposta sui redditi delle persone fisiche), che viene dedotta interamente alla fonte, dallo stipendio, dal datore di lavoro
Nelle imprese con più di 15 dipendenti, lo scioglimento del rapporto di lavoro si ha per dimissioni del dipendente o per licenziamento.
Il licenziamento può aver luogo solo per:
• giustificato motivo, derivante da gravi inadempimenti del lavoratore oppure per esigenze produttive e organizzative dell’azienda;
• giusta causa, in caso di comportamento recidivo nelle assenze ingiustificate, nei ritardi o per furto.
Nelle imprese con meno di 15 dipendenti, come la maggior parte di quelle turistiche, il licenziamento può avvenire anche senza giusta causa o giustificato motivo ma, nei casi in cui questi non ricorrano, il datore di lavoro deve pagare per indennizzo al lavoratore fino a un massimo di 6 mensilità.
Quando si scioglie il rapporto di lavoro, al lavoratore va corrisposto il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), detto anche liquidazione e l’importo è pari a circa una mensilità per ogni anno lavorato.
I professionisti
Le diverse professioni turistiche esercitabili in Italia sono riconosciute con leggi specifiche e richiedono un’abilitazione, con la quale è possibile l’iscrizione a un albo professionale e grazie a questa possono esercitare l’attività prevista.
L’articolo 11 della legge-quadro per il turismo del 1983 prevedeva dieci professioni per le quali era richiesta l’abilitazione regionale e molte regioni avevano aggiunto altre figure a quelle previste a livello nazionale creando una situazione diversificata e molto confusa.
La legge di riforma del turismo n. 135 del 2001, all’art. 7, comma 5, dà una nuova definizione delle professioni turistiche, che sono:
“quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell’attività turistica, nonché servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti”.
Il successivo comma 6 dispone che:
“le regioni autorizzano all’esercizio dell’attività di cui al comma 5. L’autorizzazione, fatta eccezione per le guide, ha validità su tutto il territorio nazionale, in conformità ai requisiti e alle modalità previsti ai sensi dell’art. 2, comma 4, lettera g)”.
La lettera g) del comma 4 dell’art. 2, prevede che il Presidente del Consiglio, con un suo decreto, stabilisca
“i requisiti e le modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche per le quali si ravvisa la necessità di profili omogenei e uniformi, con particolare riferimento alle nuove professionalità emergenti nel settore”.
La lettera n), inoltre, lascia al Presidente del Consiglio fissare con decreto “i criteri uniformi per l’espletamento degli esami di abilitazione all’esercizio delle professioni turistiche”.
Il decreto è stato emanato il 13 settembre 2002, ma rinvia all’accordo fra le regioni la soluzione del problema.
Il coordinamento fra gli enti locali che sta cercando di mettere a punto questo accordo sembra intenzionato a individuare solo tre professioni turistiche valide a livello nazionale: quella di guida locale, quella di accompagnatore e quella di guida ambientale ed escursionistica.
Un dato importante, rispetto alla legge precedente, consiste nell’affermazione secondo cui, per lo svolgimento delle professioni turistiche, si stabiliscono “i requisiti e le modalità di esercizio su tutto il territorio nazionale”, “la necessità di profili omogenei e uniformi”, “i criteri uniformi per l’espletamento degli esami di abilitazione”.
In sostanza, la legge 135 del 2001 intende porre fine alla situazione precedente, caratterizzata dalla presenza di figure professionali diverse nelle diverse regioni, i cui requisiti venivano accertati in modo completamente differente da regione a regione, creando una situazione di disparità e di confusione eccessiva.
Gli obblighi dei professionisti
Tutti coloro che svolgono attività professionali non alle dipendenze di un’impresa devono aprire una partita IVA presso l’Ufficio Provinciale Imposta sul Valore Aggiunto e seguire tutta la normativa riguardante i soggetti IVA.
Essi sono obbligati per ogni prestazione ad emettere ricevuta fiscale o fattura, a tenere la contabilità IVA e sono assoggettati anche a ritenuta d’acconto IRPEF qualora la ricevuta o la fattura emessa risultino intestate ad altri soggetti IVA e non a consumatori privati.
Inoltre i lavoratori autonomi sono assoggettati al pagamento dei contributi previdenziali che variano a seconda delle categorie alle quali essi appartengono ma possono farseli restituire dai loro clienti addebitandone una parte in fattura.
Sono esonerati dagli obblighi relativi all’IVA e quindi dall’emissione delle ricevute fiscali o delle fatture, coloro che operano non professionalmente, cioè occasionalmente, come la guida turistica.
Tre tipi di lavoratori autonomi
Non tutti i lavoratori autonomi esercitano la loro attività per professione abituale e solamente chi rientra in questa categoria deve avere partita IVA, tenere la relativa contabilità ed emettere fattura per le proprie prestazioni.
• I professionisti:
è considerato professionista l’accompagnatore che lavora con una certa continuità, la guida che svolge le proprie funzioni per più di un paio di volte all’anno e questo vale anche per tutti gli altri professionisti.
Il lavoratore considerato professionista ai fini fiscali, poiché non opera occasionalmente, deve aprire una partita IVA ed emettere fattura per le proprie prestazioni.
Si considera non professionale l’attività svolta “a favore dei soci e assistiti degli enti e organismi di carattere associativo”, cioè le associazioni senza scopo di lucro.
In sostanza l’accompagnatore di un gruppo organizzato da un’associazione culturale o da un club non necessita di autorizzazione, perché non opera per professione ma deve essere comunque in grado di documentare l’appartenenza all’associazione.
• I lavoratori a progetto:
fino al 2003 erano definiti lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto si tratta di personale che non viene regolarmente assunto da un’azienda, che non appartiene neppure alla categoria dei professionisti e quindi non necessita di partita IVA ma lavora con una certa continuità per un’impresa.
Si può trattare sia di soggetti che hanno già un contratto di lavoro dipendente con un’altra azienda e utilizzano il loro tempo libero per svolgerne un altro o di persone che non hanno altre occupazioni e svolgono esclusivamente quella assoggettata a questo contratto.
Questo tipo di lavoratori si è molto diffusa e l’attività turistica si presta molto allo sviluppo di progetti che permettono l’uso di questa tipologia di accordo.
I lavoratori a progetto, non avendo una partita IVA, devono rilasciare una ricevuta, non quella fiscale.
• I lavoratori occasionali:
chi svolge attività saltuarie, al di fuori di una continuità che lo renderebbe lavoratore professionista, non solo non è tenuto ad avere partita IVA ma non deve neppure versare i contributi INPS.
L’accompagnatore che svolge un solo viaggio in un anno per il quale riceve dal tour operator committente una retribuzione di una certa somma, deve quindi emettere una ricevuta.
La legge 135/2001 pone le basi per una regolamentazione omogenea ed uniforme delle professioni turistiche, delle quali sono le più tipiche quelle della guida e dell’accompagnatore.
Il coordinamento fra le regioni conferma entrambe queste figure tradizionali aggiungendo anche quella di guida ambientale ed escursionistica.
• La guida turistica
Legge 217/83 (legge quadro)- Art. 11
“E’ guida turistica chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi di persone nelle visite ad opere d’arte, a musei, a gallerie, a scavi archeologici, illustrando le attrattive storiche, artistiche, monumentali, paesaggistiche e naturali. […] Le regioni dovranno accertare per le guide turistiche, oltre all’esatta conoscenza di una o più lingue straniere, una conoscenza approfondita delle opere d’arte, dei monumenti, dei beni archeologici, delle bellezze naturali, o comunque delle risorse ambientali della località in cui dovrà essere esercitata la professione.”
L’articolo 10 del DPR 633/72 stabilisce che le prestazioni di guida siano esenti da IVA, pur permanendo l’obbligo di rilasciare regolare ricevuta per ogni prestazione fornita.
La qualificazione professionale della guida turistica è precisata dalla FEG (Federazione Europea delle Guide).
Essa consiste in:
• un’ampia cultura generale, con specifico riferimento alla storia, alla geografia, all’arte, all’architettura, all’economia, alla politica, alla religione e agli aspetti sociologici relativi all’area in cui opera;
• una conoscenza linguistica specializzata, che consente l’uso della terminologia appropriata in molti campi e linguaggio fluente nelle lingue parlate;
• abilità nell’intrattenere relazioni personali, conoscenze di base di tecniche di comunicazione, ivi compresa l’arte di condurre.
• La guida viaggiante
Una sentenza di condanna dello Stato italiano della Corte di Giustizia della Comunità Europea ha ridimensionato l’attività delle guide locali italiane dichiarando che la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ai sensi dell’art. 59 del trattato CEE, avendo subordinato
“la prestazione di guida turistica che accompagna un gruppo di turisti proveniente da un altro Stato membro, quando si tratta di visite guidate in luoghi diversi da musei o monumenti storici che richiedono l’intervento di una guida specializzata, al possesso di una licenza rilasciata dopo l’acquisizione di una determinata qualifica comprovata mediante il superamento di un esame.”

In sostanza l’Unione Europea riconosce il diritto di riservare a guide specializzate solo prestazioni specifiche di illustrazione di musei e monumenti storici, e non anche generiche visite di città, centri storici e aree di interesse turistico, come previsto dalle leggi italiane. Queste ultime possono essere pertanto assistite anche dagli accompagnatori che assumono il ruolo di guide viaggianti.
Le regioni hanno l’incarico di distinguere i siti che possono essere illustrati solo da guide specializzate e tutti i monumenti, le piazze, le chiese non espressamente indicati nell’elenco possono essere visitati e guidati da tour leader (accompagnatori) che non hanno la qualifica di guide.
• L’accompagnatore turistico
Legge 217/83 (legge quadro) – Art. 11
“E’ accompagnatore turistico o corriere chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi di persone nei viaggi attraverso il territorio nazionale o all’estero; fornisce elementi significativi e notizie di interesse turistico sulle zone di transito al di fuori dell’ambito di competenza delle guide.”
Gli accompagnatori devono possedere, e le Regioni devono accertarne il possesso con gli esami di abilitazione,

adeguate conoscenze di geografia turistica, nonché dei regolamenti per le comunicazioni e i trasporti e sull’organizzazione turistica.

Un’altra legge valida in tutta Italia prevede che possano esercitare la professione di accompagnatore sul territorio italiano anche i cittadini stranieri, domiciliati all’estero, che non possono essere in possesso di abilitazione regionale, purchè muniti di dichiarazione di abilitazione a svolgere l’attività, rilasciata da autorità competente del loro paese.
Gli accompagnatori sono lavoratori autonomi che operano su incarico dei tour operator; per le loro prestazioni emettono fatture, regolarmente gravate di IVA ad aliquota ordinaria
• Il promotore
Il promotore turistico è una persona che visita le agenzie di viaggio per conto di uno o più tour operator per illustrare i pacchetti che questi predispongono, mostrare le caratteristiche dei cataloghi e cercare, insomma, di invitarli a vendere quei viaggi.
Il suo compito è quello di convincere i titolari d’agenzia e i banconisti a vendere i prodotti del t.o. per cui lavora.
Solitamente si tratta di un professionista inquadrato fra gli agenti di commercio, che paga i suoi contributi previdenziali all’Enasarco (Ente Nazionale di Assistenza per Agenti e Rappresentanti del Commercio) ma può essere anche un lavoratore dipendente.
Se si tratta di un professionista, egli viene remunerato con una provvigione, che può aggirarsi intorno all’1-1,5% del fatturato delle agenzie di viaggio che gli vengono assegnate e in più può ricevere premi in relazione all’incremento delle vendite nella sua area di influenza.
• Una figura particolare: il direttore tecnico
Il direttore tecnico d’agenzia di viaggi è una figura prevista dall’art. 9 della legge-quadro del 1983.
La nuova legge quadro n. 135 del 2001 non fa cenno all’esistenza di questa figura e il comitato di coordinamento fra le regioni non ha ancora trovato una posizione precisa.
Tutt’oggi non si sa se questa figura continuerà ad esistere o se si tratta di una specializzazione destinata a scomparire; per ora rimane in vigore perché è recepita dalle leggi regionali e la normativa precedente prevedeva che l’esercizio delle attività di produzione, organizzazione e vendita dei servizi turistici eseguite dalle agenzie di viaggio fosse assoggettata “ad autorizzazione regionale, previo accertamento del possesso da parte del richiedente dei seguenti requisiti professionali:
• conoscenza dell’amministrazione e organizzazione delle agenzie di viaggio;
• conoscenza di tecnica, legislazione e geografia turistica;
• conoscenza di almeno due lingue straniere.
Qualora la persona fisica titolare dell’autorizzazione non presti con carattere di continuità ed esclusività la propria opera nella agenzia, i requisiti di cui al comma precedente dovranno essere posseduti dal direttore tecnico.” (art. 9 legge 217/83).
Il direttore tecnico era il proprietario del quale erano stati accertati i requisiti professionali, oppure era un dipendente dell’agenzia che aveva subito la medesima procedura di accertamento delle conoscenze.
Nell’articolo si parlava anche di “continuità ed esclusività” nello svolgimento della propria opera in agenzia: da ciò si deduceva che ogni direttore tecnico poteva operare in una sola agenzia e non gli era permesso svolgere le proprie mansioni in più imprese.
Le regioni, nella loro normativa, avevano interpretato questa norma in modo restrittivo, imponendo un diverso direttore tecnico a ogni sede di agenzia; una sentenza della Corte costituzionale del 1998 ha però chiarito che è necessario un direttore tecnico per ogni impresa e non per ogni sede.
Ciò significa che se un’agenzia ha più sedi e più filiali necessita comunque di un unico direttore tecnico.

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