Villa Romana

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Testo

ROMA: VILLA, DOMUS, INSULA
LA VILLA ROMANA
In età romana si affermò una tipologia della villa che conobbe larga diffusione. Collocate preferibilmente in collina, le ville non presentavano planimetrie standard, ma definite in base al tipo di contesto e alla destinazione (agricola o di soggiorno). Erano spesso composte di più fabbricati: oltre al palazzo della residenza del signore, potevano includere biblioteche, ginnasi, ippodromi e terme, disposti in modo vario all’interno del giardino (si vedano la Domus Aurea di Nerone, Villa dei Misteri a Pompei, Villa Adriana a Tivoli). I complessi termali, di notevole importanza nella cultura romana, erano caratterizzati da particolare lusso; importanti resti archeologici si ritrovano nella Villa dei Quintili sulla via Appia e nella Villa Adriana a Tivoli. Solitamente nel luogo più alto del giardino si trovava la piscina di raccolta dell’acqua, dalla quale si dipartivano le tubature in terracotta che raggiungevano le varie parti della villa.
La villa di Desenzano era disposta ai piedi di un declivio collinare e la spiaggia era a pochi metri da essa.
Chi oggi vuole avere una visione d'insieme della villa, deve con la fantasia far emergere dal complesso dei ruderi le strutture degli ampi e distinti blocchi di edifici risalenti all'inizio del IV sec. d.C, e non tener conto, in questo suo primo approccio, di tutti quegli elementi che risalgono a dimore di periodi antecedenti, i cui resti, disposti su livelli inferiori, qua e là si intravedono. All'ingresso della villa è sistemato un piccolo museo che in tre sale espone materiali provenienti dagli scavi: fra questi vi sono resti di statue e di ritratti molto interessanti oltre a un frantoio per la spremitura di uva o di olive.
Il settore A è disposto secondo la direzione assiale est-ovest- A est v'è un vestibolo ottagonale, da cui allora si accedeva alla spiaggia e, probabilmente, al porticciolo; dal vestibolo si entra nel peristilio, un cortile interno che era circondato su tutti i lati da portici e ornato di statue; dal peristilio si accede all'atrio a forcipe e, quindi, al triclinium, che era una stanza di rappresentanza triabsidata. Il triclinium era ricoperto da un tetto a cupola oppure a volta di botte. I locali e il peristilio erano pavimentati con mosaici che, con varietà di schemi geometrici e motivi vegetali, creavano effetti cromatici. Di questa ricca pavimentazione si vedono ancora dei tratti superstiti. Nell'atrio v'erano quattro rettangoli con mosaici rappresentanti scene di pesca.
Vi si vedono ancora, su barche e su scogli, amorini con canne e secchielli che pescano in un mare ricco di pesci. Si notano una triglia, dei cefali e un polipo. Ci aspetteremmo di vedere qualche motivo lacustre, uno scorcio del Garda, ma nell'epoca del tardo impero prevalevano tendenze artistiche che rifuggivano dal realismo: si preferivano il geometrismo, il simbolismo, il rinvio della quotidianità al mito o a forme e schemi accademicamente prefissati.

Nel triclinio absidato il mosaico centrale ha un ritmo geometrico assai elaborato in cui ottagoni si alternano a quadrati e a croci greche. Le figure geometriche sono collegate e cinte da due fasce attorte che s'inseguono. Negli ottagoni vi sono belve in caccia, per esempio, una pantera insegue un'antilope; nei quadrati si vedono putti vendemmianti o in corsa su bighe, e danze di satiri e menadi. Nelle croci figurano alte coppe da cui escono rami di alloro densi di foglie che si prolungano nei tre bracci della croce. Forse nell'abside centrale del triclinio s'apriva una finestra da cui si poteva godere il viridarium, il giardino chiuso sul fondo da un ninfeo, cioè da una fontana arricchita con nicchie. L'acqua scorreva in una canaletta che attraversava il giardino e contornava l'abside. Voltando le spalle al triclinio, con il viso rivolto al ninfeo, sulla nostra sinistra, si nota un gruppo di tre vani di soggiorno: un vano absidato centrale da cui si accede a due vani poligonali. Ritornando nel viridarium, notiamo, sul lato opposto, e quindi a nord, una serie di muretti: è ciò che rimane degli abitacoli usati come vani di servizio, tra cui è il pozzo. Al di là della serie dei piccoli vani adibiti ai servizi v'era l'entrata alla villa da cui partiva la strada che separava il settore A dal settore B.

A sud del peristilio si apriva una serie di cinque vani. Il primo, disgiunto dai precedenti, era probabilmente una saletta da soggiorno (diaeta): era ornato di un pavimento musivo di cui restano solo due riquadri con amorini che intrecciano ghirlande e compongono festoni di frutta, allegorie della primavera e dell'estate, sicuramente completate, nei due riquadri mancanti, dalle allegorie dell'autunno e dell'inverno. Gli altri quattro vani costituivano un piccolo complesso termale: il primo era una stanza in cui ci si riposava prima e dopo il bagno (nella parte centrale vi sono frammenti di una figura maschile in un paesaggio bucolico); il secondo funzionava da atrio; il terzo probabilmente era un locale dove si godevano i vapori caldi come in una sauna; nel quarto v'era la vasca. Il sistema termico era costituito da hypocausta, cioè da cunicoli sotterranei dove scorreva l'aria calda per riscaldare le stanze soprastanti. Il riscaldamento dell'aria veniva attuato da un forno di cui è visibile il praefornium, la stanza dove uno schiavo sorvegliava e riforniva di combustibile il forno.
Per avere un'idea complessiva della villa, occorre considerare che le pareti erano dipinte a vivaci colori; su di esse figuravano vari motivi, di cui abbiamo alcuni esempi lungo il muro a ovest del peristilio (su fondo bianco si notano greche rosse e fiori stilizzati) e nel primo vano del piccolo complesso termale ove si vedono parti di pittura parietale su fondo nero.
La villa del settore A venne alla luce durante gli anni 1921-23 e fu restaurata solo nel 1928-30, quando i mosaici e le strutture avevano già subito un grave deterioramento. Nelle aree immediatamente a sud e a ovest del settore A, la costruzione di complessi condominiali, avvenuta all'inizio degli anni '60, recò un gravissimo danno alla zona archeologica. Un tentativo di dissennata speculazione edilizia fu fatto dieci anni dopo, nel 1970. Le ruspe danneggiarono il settore C prima che si potesse intervenire per sospendere i lavori: tratti di parenti dipinte e mosaici, frantumati e ridotti dalle ruspe a polverose macerie, furono gettati in lontane discariche.
Il settore B fu soggetto, in età romana, a varie trasformazioni, dall'età augustea sino alla fine del IV secolo d.C., se non addirittura all'inizio del V secolo d.C.
In questo settore si osservano vari locali il cui asse direzionale è disposto da est a ovest, come quello del settore A. Gli ambienti residenziali a nord hanno mosaici geometrici il cui stile è collegabile con quello dei mosaici del settore A. Risalgono quindi alla fine del III secolo o inizio del IV secolo dopo Cristo. Successivamente, alla fine del IV secolo, vi fu una ristrutturazione in questo settore, nella parte sud: si notano alcuni ambienti disposti attorno ad un abside che era al termine di una grande sala probabilmente rettangolare, di cui fino ad ora si conosce solo un piccolo tratto. L'abside era pavimentata con piastrelle romboidali che formano un disegno di cubi visti in prospettiva. Lo stesso motivo proseguiva con piastrelle policrome nella sala che doveva giungere sino alla spiaggia. Probabilmente si trattava di un'aula di non modeste proporzioni adibite a riunioni aventi lo scopo di svago, a luogo di tranquille conversazioni tra amici e quindi collegata con le funzioni termali che risultano abbastanza evidenti dal complesso sistema di riscaldamento. Alcuni fanno l'ipotesi che questa sala absidata sia stata costruita per il culto cristiano cui si dedicavano persone appartenenti a ricche famiglie. Si consideri, però, che a quell'epoca (ca. 390 d.C.) era vescovo di Brescia S.Gaudenzio dalle cui omelie si ricava che il cristianesimo s'era diffuso in città fra i gruppi più poveri della popolazione mentre la maggioranza, gente benestante e colta, continuava a dare la sua adesione alla religione pagana

IL SETTORE C
Il settore C è stato fra i più danneggiati dagli interventi di sterramento effettuati negli anni Settanta. Questo nuovo edificio, orientato anch'esso da est ad ovest, aveva vani con pavimentazione in lastre marmoree e impianti di riscaldamento sia sotto i pavimenti, sia nelle intercapedini delle pareti. Ci troviamo molto probabilmente dinanzi a locali con funzioni termali.

LA DOMUS E L’INSULA ROMANA
Nelle case romane (di cui rimangono alcuni esempi ben conservati a Pompei) da uno spazio aperto centrale denominato atrium si accedeva alle diverse stanze. Questo tipo di casa signorile era chiamato domus. Nell’architettura romana sono presenti due tipi fondamentali di abitazione: la “domus patrizia”, posta su un unico piano con ambienti disposti attorno ad uno spazio centrale libero e chiusi verso l’esterno, ospitava una sola famiglia; la “domus a insula”, di carattere cittadino, urbano e commerciale, destinato alla coabitazione di più famiglie, era formato da più piani con botteghe al pian terreno ed aperto verso l’esterno; al suo interno racchiudeva un piccolo giardino.
La domus patrizia si sviluppava attorno ad un atrio centrale coperto ai lati da tetti inclinati che convogliavano l’acqua piovana in una vasca centrale chiamata implivium. L’atrio era di forma rettangolare e su di esso si aprivano vari ambienti, il più importante era il tablinum, posto davanti all’ingresso. Questo ambiente non era destinato solamente alla consumazione dei pasti, che si potevano svolgere anche nell’atrio o nel triclinium, ma ospitava anche il letto nuziale, detto lectus adversus. Originariamente il tablinium era il nucleo della domus, che andò poi sviluppandosi in altri ambienti. Intorno al tablinium erano disposte stanze da letto dette cubicola; una stanza centrale per la vita dei romani era il triclinium nel quale si mangiava stesi su divani.
Dietro questi ambienti vi era l’hortus, che venne poi sostituito dal peristilio, giardino ornamentale cinto da colonnati e spesso ornato da fontanelle o piscine.
Molte abitazioni presentavano decorazioni pittoriche; le più antiche pitture murali erano caratterizzate dallo stile a incrostazione, cioè dipinti che riproducevano il marmo o materiali pregiati usati per ricoprire le pareti. Più avanti nel tempo furono usati altri stili pittorici, più figurativi.
Non va dimenticato che nelle domus romane non erano presenti mobili, ma solamente piccoli armadi a muro e bauli usati per riporvi i vestiti; le decorazioni parietali miravano pertanto ad arricchire spoglio l’ambiente.
Non si conosce con certezza l’origine delle caratteristiche architettoniche della domus romana: forse trassero origine dalle primitive capanne villanoviane o più in generale dalle abitazioni italiche; trova più consensi però la teoria che le vede derivare dalle abitazioni etrusche. I pavimenti erano spesso rivestiti da mosaici in opus tesselatum o in opus vermiculatum. Le decorazioni pavimentali più utilizzate erano quelle in stile geometrico bianco e nero, spesso arricchite da emblemata centrali; questi piccoli quadretti, inseriti in una cornice in stile geometrico, impreziosivano il cosiddetto “tappeto musivo” ed erano pertanto inseriti nelle stanze più rappresentative.
Infine la maggior parte dei romani viveva in edifici a più piani (addirittura fino a dieci), divisi in appartamenti di piccole dimensioni. Tali insiemi di abitazioni, costruite con legno e dunque spesso soggette agli incendi, avevano il nome di insulae.

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