Verso la rivoluzione francese

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Testo

Un paese prevalentemente agricolo
Nel 1774 Luigi XVI diventa Re di Francia. La Francia a quel tempo contava circa 25 milioni di abitanti. Era in corso uno sviluppo demografico e la popolazione era considerevolmente giovane. Tuttavia la francia era disastrata economicamente e gli introiti delle tasse bastavano appena a pagare gli interessi. L’80% della popolazione era composto da contadini, il 30% aristocrazia e il 10% al clero. Tuttavia l’agricoltura era di sussistenza e i piccoli contadini con terreni sufficienti appena a mantenere la propria famiglia non godevano della vendita dei prodotti, ed erano privilegiati soltanto i nobili con grandi terreni. Dopo l’anno 1788, disastroso per l’agricoltura, si inseriscono le vicende della rivoluzione.
Una società basata sul privilegio
Il regno di francia era una monarchia assoluta e l’unico organo che poteva tenere a freno la totale autorità del re era l’assemblea degli stati generali, che tuttavia non era più stata convocata dal 1614. L’assemblea degli stati generali raccoglieva i tre stati che componevano la piramide sociale all’interno del regno francese del periodo, ossia la nobiltà, il clero e il terzo stato (ovvero contadini e borghesia). La società francese si riteneva di origine divina e l’ordine dei tre stati era di tipo piramidale e trinitario. Gli ordini superiori, clero e nobiltà, godevano quindi di privilegi sia giuridici sia economici rispetto al terzo stato. A differenza delle classi sociali infatti, esistevano privilegi garantiti dallo stato, poichè i cittadini erano trattati in modo disuguale. Ogni ordine tuttavia aveva al suo interno persone ricche e povere, ma la differenza stava nei privilegi assegnati loro dallo stato.
I gruppi privilegiati
Il clero era al primo posto nella società trinitaria. Contava circa 150 mila individui e la fede cristiana era radicata nella società francese, tanto che Parigi possedeva cinquanta parrocchie e i conventi coprivano un quarto della superficie della città. Il clero era esentato dal pagametno di imposte sulle proprietà fondiarie. Periodicamente l’assemblea del clero donava al re una parte dei propri guadagni, cosa che i singoli individui non erano tenuti a fare. Anzi, ogni parroco doveva ricevere la cosiddetta decima dai propri fedeli. La chiesa inoltre possedeva il 10% delle terre. Il secondo gruppo della nobiltà era anch’esso esentato dal pagamento delle imposte sulla terra. La regola di non versare i tributi era sensata in epoca medievale ma diventava un vero e proprio privilegio allora. Inoltre la nobiltà possedeva il privilegio di trasferire integralmente la proprietà al maschio primogenito, onde evitare divisioni del patrimonio. I figli detti cadetti, a cui non restava nessuna parte di patrimonio, intraprendevano la carriera ecclesiastica o il servizio militare. Infatti tutto l’alto clero era di origine nobiliare.
Nobili e contadini nelle campagne
L’aristocrazia godeva inoltre di un potere importante, ossia la signoria bannale. Principalmente l’amministrazione della ricchezza e la riscossione dei tributi spettava al re o ai suoi funzionari. Le contee e i grandi territori però cominciarono a frazionarsi e le piccole entità facevano capo a un castello. Ben presto per la fortificazione e per l’esercito, e quindi per esercitare pace e giustizia, il signore cominciò a richiedere il potere che un tempo era esercitato dal re o dai funzionari. Cominciò infatti ad esigere tributi in cambio della protezione, per il mantenimento della fortezza o dell’esercito. Inoltre il signore cominciò ad amministrare la giustizia e incamerare le ammende. Il signore gestiva strumenti essenziali per i contadini, quali torchi, mulini e forni e possedeva privilegi sulla vendita che fornivano vantaggi considerevoli a scapito dei contadini.
La convocazione degli stati generali
Nonostante la Francia uscisse vincitrice riuscendo a spezzare il monopolio dei commerci dell’Inghilterra con le colonie americane, essa si trovava in gravissime condizioni economiche. Nonostante quattro ministri delle finanze avessero poposto delle riforme fiscali, l’aristocrazia e il clero non erano disposti a perdere i privilegi tradizionali. Per difendere i propri diritti e condizionare l’operato del re, più che mai debole economicamente, misero in moto un meccanismo rivoluzionario, che partì proprio dalla nobiltà. Essi ottennero la convocazione degli stati generali cercando di porre limite all’assolutismo del re, vedendo come esempio l’inghilterra. L’8 agosto 1788 il re accettò di convocare gli stati generali per il primo paggio del giorno seguente, anche se ben presto la situazione sfuggì di mano alla nobiltà e passò in mano alla borghesia del terzo stato.
Il terzo stato
Il terzo stato comprendeva circa il 98% della popolazione. Esso al suo interno aveva le condizioni economiche più disparate, poichè il divario all’interno di uno stato era impressionante. Luogo comune tra gli appartenenti al terzo stato era l’odio nei confronti degli ordini privilegiati che non dovevano versare nessun tipo d’imposta. Il terzo stato era composto di contadini ma anche di persone più ricche appartenenti alla borghesia come avvocati, notai, medici. Quando il sovrano convocò gli stati generali, un movimento d’opinione chiese al re di raddoppiare i partecipanti del terzo stato all’assemblea, che di fatto rappresentavano un importante numero della popolazione. Il re, pensando in questo modo di limitare le pretese dell’aristocrazia, favorì invece un inizio dello smantellamento dell’ordine tradizionale. In un libro riguardante il terzo stato Sieyes parla del concetto di nazione come un insieme di cittadini che si dedicano alle attività produttive e al pagamento delle imposte per mantenere lo stato in funzione. Il terzo stato secondo Sieyes rappresenta una nazione completa in se stessa. L’aristocrazia invece, avversa al lavoro e al pagamento delle imposte, non favorisce in nessun modo lo stato e ne è estranea. Secondo Sieyes vanno quindi aboliti i privilegi della nobiltà e il terzo stato, formando uno stato di per sè, dovrebbe riunirsi in una propria assemblea per formare una nuova Legge fondamentale.
L’assemblea nazionale
Nella fase preparatoria all’assemblea, vennero eletti da cittadini francesi di più di 25 anni i rappresentati dei vari stati. Vennero raccolti dal terzo stato delle lamentele che i delegati dovevano rendere pubbliche. Il 5 maggio 1789 il re aprì a Versailles gli stati generali. Il terzo stato con 600 membri circa rappresentava la maggioranza dei membri, contro clero e nobiltà che sommati erano meno di 600. Tuttavia la maggioranza numerica non portava alcun vantaggio poichè la modalità di votazione nell’assemblea era per ordine e non per individuo, favorendo così clero e nobiltà. Sieyes già nel suo libro aveva parlato del voto per individuo, e in seguito alla richiesta di cambiare modalità di voto il re rispose negativamente perchè una decisione del genere riformava totalmente il sistema ritenuto fino ad allora un sistema basato sui 3 ordini e non per individuo. Il terzo stato quindi, accettando di buon grado quanto scritto da Sieyes, decise di riunirsi in un assemblea nazionale formata solo da rappresentanti del terzo stato. Essi infatti si ritenevano la rappresentanza della vera realtà nazionale. Il re tuttavia rispose che avrebbe preso in considerazione la questione del voto di lì a poco. In seguito alla chiusura dell’assemblea indetta dal terzo stato, essi si riunirono in una palestra di pallacorda dove giurarono di non separarsi fino a quando la Francia non avesse avuto una nuova costituzione. Si ha quindi il giuramento della pallacorda e a questa assemblea si unirono anche rappresentanti del clero, più vicini al terzo stato, e rappresentanti dei nobili.
La presa della bastiglia
Il re non aveva accettato la sconfitta e ordinò ad alcuni reggimenti di marciare verso la capitale per tentare di ristabilire l’ordine. Il 14 luglio il prezzo del pane raggiunse il massimo storico e in un momento di crisi così delicato la popolazione era facilmente eccitabile e disposta a trovare ogni capro espiatorio. Oltre alla voce comune secondo cui la nobiltà volesse affamare la popolazione per far evitare all’assemblea di giungere a decisioni favorevoli al terzo stato, unite con la diffusione della voce che le truppe del re stavano giungendo a parigi, fece scoppiare un tumulto. Nel medesimo giorno dei manifestanti assaltarono la bastiglia , la prigione dove venivano rinchiusi i nemici del re. La folla irruppe nella fortezza dove uccise il comandante. I borghesi, profondamente colpiti dagli avvenimenti, istituirono una milizia chiamata guardia nazionale, che era incaricata di mantenere l’ordine. La milizia assunse come emblema il colore che tutt’ora mantiene la bandiera nazionale francese. A capo della guardia nazionale fu posto il marchese La Fayette, che aveva guidato il contigente francese in america, simbolo che si voleva procedere verso la cancellazione dell’assolutismo in francia. Tuttavia i leader politici temevano che si stesse procedendo troppo oltre, con il timore che venisse messa in discussione l’istituzione monarchica o addirittura la proprietà privata.
La rivolta contadina
Nello stesso periodo ci furono gravi disordini nelle campagne. Episodi di violenza contadina si manifestavano nei confronti dei signori, poichè i contadini attaccavano i castelli e bruciavano gli archivi dei nobili. La paura degli aristocratici li costrinse a emigrare da parenti all’estero e il ceto più basso credeva quindi che i nobili emigrati avessero eserciti mercenari. Nelle campagne imperava caos e timore. Nella notte tra il 4 e 5 agosto l’assemblea nazionale decise di interrompere i diritti sulle persone e le decime, e vennero aboliti i diritti reali. Nello stesso tempo inoltre furono assegnati impieghi pubblici anche al terzo stato e non solo a nobili e clero, cancellando la società trinitaria basata sul privilegio.
La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Il 26 agosto l’assemblea nazionale, incaricata di stendere la nuova costituzione, cominciò con l’approvare la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che riassumeva in modo chiaro i concetti di libertà e uguaglianza che avevano guidato fino ad allora la rivoluzione. Il testo è articolato in 17 articoli, i primi tre sono i più importanti, l’articolo 6 parla di uguaglianza. Il testo è nato con l’antico regime come bersaglio principale. L’articolo 6 ricorda che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge mentre l’articolo 17 definisce la proprietà privata come diritto inalienabile, ponendo le persone in uguaglianza giuridica e civile, ma non economica. La concezione del potere, di tipo ascendente, riprende dall’idea di Locke. Da Rousseau si trae l’idea di legge come volontà generale. La concezione è opposa all’assolutismo. Lo stato è visto come un tiranno che calpesta i diritti del cittadino, e lo stato con la nuova costituzione si deve prodigare al far mantenere i diritti che l’uomo possedeva nello stato di natura, per permettere un sicuro esercizio delle libertà individuali.

Esempio



  


  1. marco

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