Vandea

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VANDEA: ALLE ORIGINI DI UN MITO ANTILIBERALE
Nel 1789 la Vandea è soltanto un piccolissimo affluente della Sèvre, che a sua volta fluisce nella Loira.
Nel febbraio del 1790, quando il nuovo governo ridisegna la carta amministrativa della Francia, con il nome di quel fiumiciattolo viene battezzato un dipartimento nella provincia del Poitou.
Nel 1793 il dipartimento vandeano diventa l’epicentro di un violento conflitto tra la popolazione rurale, insorta contro le autorità parigine, e l’esercito della Repubblica francese.
La guerra civile dura tre anni e in questo arco di tempo il nome di Vandea acquista una risonanza immensa.
Da un lato passa a indicare tutta la regione coinvolta nel conflitto, dall’altro diviene simbolo della resistenza alle istanze rivoluzionarie.
Per i repubblicani i vandeani sono selvaggi manipolati dal clero e dai loro antichi signori feudali, per gli avversari della Repubblica sono invece i crociati dei tempi moderni.
Una volta smantellato l’Ancien Régime, la Vandea deve fare i conti con la Chiesa cattolica, che teme la vena anticlericale e scristianizzatrice dei rivoluzionari più accesi, e con i sostenitori di opzioni moderate, come la monarchia inglese.
In pochi anni, gli uomini che si raggruppano nei club giacobini infrangono le resistenze degli esponenti moderati conquistando il potere.
L’accelerazione giacobina mette a tacere l’opposizione a Parigi, ma non riesce a impedire le proteste della periferia.
Qui infatti il nuovo dibattito politico si innesta sull’antica diffidenza verso la capitale.
A Parigi si vedono allora ovunque complotti contro la Repubblica: ogni castello è ritenuto una base nemica e tutto l’Ovest, dalla Bretagna al confine con il Midi, è considerato un potenziale avversario, perché troppo ligio ai suoi antichi signori e ai suoi parroci.
Tra il 1791 e il 1793 sono quindi organizzate numerose spedizioni contro i possedimenti di chi è sospettato di attività antirivoluzionarie e intanto si cerca di sottomettere il clero cattolico.

LA SECESSIONE DI MARSIGLIA E TOLONE RIVELA LE TENSIONI TRA PERIFERIA E CENTRO DELLO STATO
I nobili e i notabili fedeli all’Ancien Règime, in questo periodo, pensano ad emigrare all’estero e le proteste locali non sono contro i valori del 1789, ma contro l’utilizzo strumentale che di questi si fa per imporre una centralizzazione sfavorevole alla periferia.
Un solo episodio “controrivoluzionario” appare realmente pericoloso: il raduno a Jalès nell’agosto 1790 di un gruppo di guardie nazionali del Vivarais, che inneggiano al re, alla religione e alla legge. Ma il vero nemico dei manifestanti non sono le autorità rivoluzionarie, quanto i protestanti.
Negli anni successivi i contrasti fra cattolici e protestanti, e lo scontento dei primi per l’appoggio che essi ritengono che la Repubblica dia ai secondi, Jalès diviene un punto d’incontro per i cattolici più decisi.
Ora esiste veramente un progetto antirivoluzionario: i cattolici dovrebbero infatti appoggiare uno sbarco di truppe spagnole a Aix-en-Provence.
I soldati della Repubblica giocano d’anticipo e spengono questo focolare insurrezionale: ormai la Convenzione ritiene di avere la prova certa che l’emigrazione a Londra, Torino e Coblenza ha in Francia agenti incaricati di alimentare il malcontento sociale.
Il 1793 è caratterizzato da una crescente tensione. La vittoria della Montagna a Parigi porta la girondina Lione a rompere con il governo rivoluzionario.
La secessione dura quasi quattro mesi, poi la città è espugnata.
Anche Marsiglia cerca di opporsi, ma cade in mano dei giacobini e i fuggiaschi si rifugiano a Tolone.
La rivolta cattolica nel Sud e la lotta di Lione, Marsiglia e Tolone danno prova di una consistenza ideologica e politica.
Nel 1793 esplodono anche il Nord e l’Ovest, che da tempo esprimevano il loro dissidio. In questi episodi si riscontra la stessa sfiducia verso lo Stato centrale, ma le contestazioni sono ispirate da motivi economici, più che politici, e vedono protagonisti gli abitanti delle campagne.
I contadini infatti reputano che la Rivoluzione non abbia mantenuto le sue promesse: essi hanno partecipato al 1789 per cancellare L’Ancien Règime, e ora si sentono defraudati per la mancata abolizione dei diritti feudali e delle imposte troppo gravose.
A volte i contadini si schierano dalla parte di quei sacerdoti che non hanno giurato fedeltà alla repubblica (clero refrattario) o dalla parte della monarchia.
Tuttavia la loro reazione è antiborghese e anticittadina, perché temono che la Rivoluzione si sia limitata a sostituire agli antichi signori una nuova élite borghese.

ALL’ARRUOLAMENTO IMPOSTO DA PARIGI LA VANDEA INSORGE, TRAVOLGENDO OGNI OPPOSIZIONE
Nel 1791 nascono le prime risse di villaggio nell’Ovest, mentre nel 1792 i focolai di protesta sono ancora isolati e la borghesia locale crede di avere il pieno controllo della situazione.
Ma il 24 febbraio 1793 la Convenzione decreta il reclutamento di 300.000 uomini per difendere la Francia.
A tal scopo 82 commissari sono inviati nei vari dipartimenti agli inizi di marzo.
I sorteggi da loro organizzati suscitano proteste più o meno violente soprattutto a Ovest, dove esplodono tumulti locali, particolarmente aspri in Bretagna e in tutta la regione della Loira.
Nella Vandea militare gli avvenimenti seguono un corso analogo, tranne che negli esiti finali. Le proteste iniziano il 10 marzo e nei giorni seguenti, dai primi scontri tra reclutatori e contadini o artigiani dei villaggi, si passa al confronto tra migliaia di rurali inferociti e un centinaio di guardie civili.
Il successo iniziale convince i contadini a organizzarsi in bande. I contestatori sono molte migliaia e di fronte hanno solo 400 sostenitori della Repubblica. La vittoria è facile ed è seguita dal saccheggio delle case dei repubblicani.
La tensione sale e gli amministratori locali comunicano che le truppe del generale Marcé sono in marcia contro i rivoltosi.
La Convenzione è quindi convinta di poter riacquistare con facilità il controllo della situazione, ma alcuni oratori sottolineano la gravità della protesta che trova il suo epicentro nella Vandea.
Il 19 marzo, le truppe del generale Marcé, mal organizzate e poco desiderose di battersi, incappano nei ribelli e si danno alla fuga. Quattro giorni dopo la notizia raggiunge Parigi e getta la Convenzione nel panico.
Le autorità affermano che nella Vandea non è scoppiata un’insurrezione regionale, ma si è disvelato un complotto dell’Inghilterra e degli emigranti: la stesso Marcé è indicato come complice e accusato di tradimento.
Entro la fine di marzo 3.000 repubblicani abbandonano la regione, così i ribelli si trovano improvvisamente padroni del campo, proprio mentre le altre sommosse sono domate.

ALLE ORIGINI DELLA RIVOLTA L’INSIPIENZA E L’AVIDITA’ DEI NUOVI PADRONI PORTATI DALL’89
La Vandea bianca (formata dagli avversari della Repubblica, contrapposta a quella blu) deve gestire una vittoria inaspettata, perché le forze “controrivoluzionarie” non hanno un piano ben preciso né intenti unitari.
La società della Vandea di fine Settecento è polarizzata dall’antagonismo tra la piccola nobiltà locale e la borghesia dei centri urbani vicini.
Quest’ultima ora vuole riuscire a imporsi nelle campagne e assicurarsi il controllo amministrativo e politico della regione.
Inoltre non esiste una forte contrapposizione tra nobili, che traggono le loro ricchezze dalla concessione di terre in affitto o in mezzadria, e contadini e una tradizione culturale unitaria è garantita da un clero rurale, che offre agli abitanti dei villaggi i soli momenti d’incontro e di socialità.
La società rurale del dipartimento vandeano appare molto chiusa e omogenea, a causa del profilo geografico (il “bocage vendéen”, un insieme di piccoli appezzamenti delimitati da lunghe siepi e separati da boschetti) e dalla povertà dei suoli.
Tale chiusura verso l’esterno si caratterizza, già prima della Rivoluzione, nel rifiuto della città, della sua cultura e della sua borghesia.
Dopo il 1789, i contadini sentono di avere soltanto cambiato padrone, trovandone uno peggiore. Le terre migliori sono cadute in mano ai mercanti, ai notai, agli avvocati, ai borghesi di città piccole e grandi.
Questa nuova élite fondiaria combina il potere economico con quello politico.
Inoltre spadroneggia nei villaggi organizzando spedizioni contro i preti refrattari e requisizioni di beni a vantaggio della città.
Nei primi anni Novanta è palese la frustrazione del mondo rurale, destinata a crescere quando le misure fiscali volute dalla rivoluzione si rivelano del tutto inadeguate per i bisogni dei contadini. Esse infatti aboliscono i diritti signorili, ma impongono il riscatto improbo dei canoni fondiari. Inoltre non esentano il locatario del suolo dal pagare la decima. L’indebolimento della moneta, l’aumento del prezzo dei cereali e le continue requisizioni per rifornire le città infuriano i contadini.
E’ la coscrizione quindi a scatenare quella che, a prima vista, è solo l’ennesima sommossa contadina, ma la vittoria trasforma questo moto in qualcosa d’altro, nel nucleo di un’armata “cattolica e regia” guidata da parroci e piccoli nobili.

LE STRUTTURE MILITARI E AMMINISTRATIVE “BIANCHE” STENTANO A PRENDERE FORMA
Dopo il 19 marzo ex-soldati ed ex-ufficiali dell’armata regia si incaricano dell’organizzazione militare della Vandea bianca e tentano di trasformare l’insieme delle bande in una “armata”. I nuovi capi mirano a restaurare l’Ancien Régime, ma non controllano la massa dei sottoposti, che amano dedicarsi a sanguinose rappresaglie e non sembrano preoccuparsi del futuro.
La gerarchia militare della Vandea rimane così mal definita, anche perché tra i vari capobanda non corre buon sangue, a causa delle loro origini sociali, della loro cultura e delle loro aspirazioni divergenti.
Comunque il 22 marzo gli insorti prendono la cittadina di Chalonnes, iniziano a espandersi nell’entroterra a sud della Loira con lìintento di arrivare fino all’oceano.
Intanto i repubblicani circondano la regione e preparano la riconquista.
Alcuni capi vandeani propongono quindi di accettare l’alleanza che l’Inghilterra è disposta a offrire, ma che l’emigrazione controrivoluzionaria boicotta, temendo quei contadini sospettati di avversione all’antica realtà feudale.
Altri capi non sembrano avversi a un accordo con le forze della Repubblica.
Alla fine di marzo i leader vandeani riorganizzano l’amministrazione regionale: sono cancellate le strutture repubblicane e vengono create nuove unità locali (comitati militari getsiti da funzionari dell’amministrazione pre-repubblicana.
Inoltre, gli uomini sono reclutati in base alla parrocchia di appartenenza.
Infine il 26 marzo è creato un Consiglio superiore, composto dai comandanti dell’armata, dai giuristi, da notabili locali e da ecclesiastici, che dovrebbe sovrintendere all’amministrazione civile, religiosa e militare di tutto il territorio.
Ma nonostante la maggior omogeneità, neanche i suoi membri riescono a trovare una linea unitaria, né a garantire un’efficace amministrazione quotidiana.
Insomma, l’amministrazione e l’esercito vandeani sono mal organizzati e tengono solo grazie al vantaggio numerico e alla disorganizzazione delle truppe repubblicane.
Nella primavera ed estate 1793 queste si presentano infatti in formazione sparsa e sono facilmente bloccate.
A giugno i Bianchi hanno ancora l’iniziativa, ma il loro tentativo di estendersi dall’entroterra al mare è fallito.
Ad agosto prende forza l’offensiva repubblicana e lentamente i vandeani sono spinti sulla difensiva: ad ottobre la loro presa sulla regione è spezzata.
DOPO LA SCONFITTA MILITARE DEI RIBELLI LA REPRESSIONE REPUBBLICANA E’ DURISSIMA
La vittoria repubblicana a Chalet il 17 ottobre 1793 è un momento decisivo.
L’esercito vandeano è diviso in due tronconi. Quello più piccolo si dà alla macchia sotto la guida di Charette, quello più grande varca la Loira e tenta di aprirsi la strada verso la costa bretone, dove vorrebbe favorire uno sbarco britannico.
A fine ottobre e a novembre circa 60.000 vandeani combattono in Bretagna e in Normandia, perdendo progressivamente uomini.
I repubblicani, che hanno inviato le truppe migliori in Vandea, non riescono a fermare l’esercito nemico.
Quest’ultimo ormai conta di ricongiungersi agli inglesi, con i quali sono stati finalmente presi accordi, ma l’incontro non si realizza per il mare cattivo e per ola resistenza degli emigrati che nonostante tutto temono un’invasione della Francia.
A metà dicembre i vandeani, duramente decimati, sono allo sbando e iniziano a ripiegare. Pochi giorni dopo un piccolo gruppo ripassa la Loira e si disperde: chi va a combattere con gli chouans, chi raggiunge Charette, chi avanza verso Nantes e viene definitivamente disperso.
Nel frattempo i Blu occupano tutto il territorio della Vandea militare e danno inizio a terrore e vendetta: i prigionieri sono fucilati, ghigliottinati o affogati nella Loira e le colonne repubblicane fanno terra bruciata attorno a 6.000 uomini che combattono ancora. La repressione colpisce ugualmente i Bianchi e i Blu e ben presto anche i repubblicani delle città vicine.
Alla fine Nantes si ribella e ottiene che i maggiori responsabili dei massacri siano richiamati nella capitale.
Ormai, però, tutta la Francia reagisce contro il terrore giacobino e, per il momento, la Repubblica abbandona la Vandea alla sua sorte.
I Bianchi, ridotti a poche centinaia, approfittano della tregua per ricostruire un’altra armata più agguerrita e numerosa di quella “cattolica e regia” di qualche mese prima.
I repubblicani mantengono un assoluto vantaggio numerico, ma sono distratti dagli avvenimenti parigini.
Durante l’autunno 1794, i capibanda vandeani si ritagliano enclaves territoriali nelle quali agiscono come piccoli signori della guerra, e si dimostrano ancora una volta incapaci di raggiungere un’unità di intenti: alcuni intensificano i contatti con gli inglesi e con l’emigrazione e stringono legami con gli “chouans”, altri accettano le negoziazioni proposte dalle autorità parigine.
Il 17 febbraio 1795, alcune bande vandeane arrivano a un primo accordo con Parigi e offrono aiuto per combattere gli irriducibili.
In maggio questi ultimi devono cede e darsi alla fuga.
LA RIVOLTA RIPRENDE, MA IL FALLITO SBARCO INGLESE PORTA ALLA SCONFITTA DEFINITIVA
I repubblicani riprendono, nei mesi successivi, a perseguitare i preti refrattari, mentre i vandeani saldano qualche conto a spese dei Blu o tra differenti fazioni bianche.
Infine nel giugno 1795 le ostilità riprendono.
I Bianchi più oltranzisti sono in corrispondenza con i capi dell’emigrazione, con il ministro inglese Pitt e con la chiesa più refrattaria.
Alla notizia della morte di Luigi XVII il conte di Provenza, assunto il nome di Luigi XVIII, nomina Charette suo luogotenente generale e comandante in capo all’armata regia della Vandea. Il 25 giugno 1795 il nuovo generale vandeano riceve l’aiuto di due divisioni di emigrati francesi e di una inglese, il cui sbarco è protetto da 15.000 “chouans”. I repubblicani sono presi in contropiede, ma emigrati francesi, soldati inglesi, “chouans” e vandeani litigano fra loro e vanificano il vantaggio iniziale.
La notte fra il 15 e il 16 luglio l’offensiva fallisce e il 19 le truppe repubblicane, guidate da alcuni disertori delle schiere monarchiche, colpiscono a sorpresa.
Una parte dell’armata della Vandea si arrende senza combattere, un’altra cade prigioniera, una terza fugge: la forza dei ribelli è spezzata.
Charette fugge e la Vandea si stringe di nuovo attorno a lui alla notizia delle 752 condanne a morte per gli emigrati caduti in mano dei repubblicani.
Intanto il conte di Artois sberca sull’isola di Yeu con 5.000 inglesi e 800 francesi.
Charette opera una diversione per farlo penetrare nella Vandea, ma i repubblicani resistono. Le forze controrivoluzionarie non riescono e il conte rientra in Inghilterra.
Charette, prima di dileguarsi, fa assassinare il parroco inviato a lui dal generale repubblicano Hoche per trovare un accordo. Charette perde così l’appoggio del clero ed è messo fuori gioco.
Nel gennaio 1796 Stofflet riprende il combattimento, capitanando un gruppo di vandean, sacerdoto refrattari e “chouans”, ma le sue truppe si sfaldano rapidamente.
Il 23 febbraio si arrende e il 25 è fucilato, mentre Charette verrà giustiziato il 29.
La Vandea è ormai definitivamente nelle mani della Repubblica, anche se a nord della Loira la “chouanerie” sopravvive e aspetta l’occasione propizia.
Nel 1798 la ripresa della politica anti-religiosa e della coscrizione spinge la regione di Tolosa a ribellarsi, ma la popolazione non risponde all’appello di rivolta degli “couanns” e la sommossa si spegne.
Nel dicembre 1798, Napoleone Bonaparte propone l’amnistia per i combattenti antirivoluzionari e questi ritornano a casa, sotto la sorveglianza della polizia.
La resistenza vandeana alle autorità parigine non è ancora del tutto debellata a causa della presenza di bande comandate da nobili che scorazzano nelle campagne, ma sin dai primi decenni del nuovo secolo la guerra civile è ormai un periodo consegnato alla memoria.
LA MEMORIA STORICA DELLA POPOLAZIONE DELLA VANDEA SI TINGE ANCOR PIU’ DI BIANCO
Nei primi decenni dell’Ottocento l’immagine della Vandea assume un duplice carattere: da un lato, stampe, litografie, “pièce” di teatro, romanzi attestano lo stereotipo del vandeano selvaggio e primitivo, dall’altro i vandeani glorificano coloro che sono caduti combattento nel periodo rivoluzionario.
In particolare, la chiesa cattolica locale dipinge i soldati della Vandea come guerrieri di Cristo e carica la rivolta di valenze religiose e politiche che inizialmente non aveva e alle quali alcune bande certamente non si sono ispirate.
La Vandea reale è piegata da anni di guerra e si stringe atorno al proprio clero, alla fede, a un immaginario capace di compensare la sconfitta e i prezzi pagati.
Tra le file dei ex-Bianchi sono forti i legami e i ricordi che piccola nobiltà, clero e contadini condividono: si crea una coesione ideologica mai avvertita prima della guerra.
Tutti i vandeani sono accomunati dal trattamento loro riservato dalle autorità centrali: Napoleone offre loro l’amnistia, ma li fa sorvegliare; la Restaurazione è molto cauta nei loro riguardi temendone il potenziale soffersivo e antifeudale, la monarchia di luglio e l’impero non sono meglio disposti.
Nel corso del secolo i vandeani si rinserrano quindi in una posizione rigidamente cattolica e filomonarchica.
Tale atteggiamento di assoluta chiusura è sancito dal rifiuto di celebrare sotto qualsiasi sotto qualsiasi forma la festa nazionale del 14 luglio.

STEREOTIPO DELLA REAZIONE, LA VANDEA CONFERMA IL SUO ORIENTAMENTO CONSERVATORE
Nel nostro dopoguerra, dopo una parziale sintonia con i valori della Resistenza, si assiste alla rinascita del “nazionalismo” vandeano.
Per oltre cento anni due elettori vandeani su tre hanno votato a destra e sono stati sensibili al revanscismo contro il governo centrale, accusato anticlericale, se non filo-comunista.
La Vandea è la trincea di una Francia che vuole garantire la difesa contro gli “stranieri” e l’autonomia delle “antiche” regioni storiche.
Da una parte il vandeano è il superpatriota che rappresenta la vera essenza della Francia, da lui difesa contro gli eccessi rivoluzionari, dall’altra è divenuto il simbolo universale della reazione bigotta, intollerante e antistatale.
Viene così perpetuata una visione della Vandea che fa leva sull’orgoglio regionale e cementa una compattezza reazionaria estranea alle prime sommosse.
L’incapacità della Repubblica e della borghesia progressista francese di comprendere le esigenze dei contadini della Vandea ha gettato quella regione tra le braccia della conservazione più outreé e ha trasformato il ricordo della guerra civile in in potente strumento di propaganda antirivoluzionaria.
Le dernier moine de Saint-Aubin
Près de la forét de Saint-Aubin (Bretagne),il y avait,au temps de la Révolution,une abbaye,aujord'hui transformée en ferme.C'est dans ce monastère qu'a eu lieu la captivante histoire que nous reproduisons.
L'abbaye de Saint-Aubin était riche.Quand vint la Révolution,les moines n'emigrèrent pas.ils étaient peu nombreux et ne remplissaient qu'une aile de leur vaste monestère, où les cellules se suivaient,toutes ouvertes sur le méme corridor.Une nuit d'hiver,les révolutionnaires firent invasion chez ces pauvres religeux trop confiants.Sans autre forme de procès,ils les massacrèrent,à lexception d'un seul,le plus jeune,qui,occupant la cellule la plus éloignée,put échapper avant qu'on arrivaàtjusqu'à lui.Le jeune religeux trouva une chalumière non loin du monastère et là les habitants le tinrent caché tout le temps de la persécution.Quand il y eut un peu de sécurité,il revint à l'abbaye.Depuis la nuit du massacre elle était déserte,personne n'y avait osé entrer.Le religeux trouva les restes de ses frères à la place où les assassins les avaient laissés.il leur donna la sépultuure.Ensuite il s'etablit dans sa cellule.il vécut là de longues années,avec quelques anciens serviteurs,revenus comme lui.Un soire,deux voyageurs,surpris par un effroyable orage,se réfugièrent à l'abbaye.Le moine,averti par ses serviteurs,vint au-devant d'eux et leur rendt en personne les devoirs de l'hospitalité,comme il avait d'ailleurs coutume.L'un des deux voyageurs ètait un homme d'un certain àge,d'assez mauvaise figure,et qui paraissait préoccupé et presque craintif;l'autre était son fils,garçon de vinght ans.Après qu'ils eurent bu et mangé et qu'ils se furent réchauffés auprès d'un bon feu,le père parla de reprendre sa route.L'orage continuait,le religieux leur conseilla de passer la nuit.C'etait l'avis et le desire d'une jeune homme.
-Mon père na voulais pas entrer-di-t-il en souriant -il craignait un mauvais accueil,et c'est presque malgrè lui que j'ai frappé à la porte de l'abbaye.
-Il est vrai-reprit l'autre -et je suis très reconnaissant de la bonne hospitalité que l'on nous donne.Néanmoins je ne voudrais point passer la nuite ici.
-vous ne gènerez point -insista le moine -nous avons des chambres vides.On a fait la place ici.Sous la Révolution...
-Oui,oui-se hàta d'ajouter le voyageur -j'ai entendu parler de cela.Mais l'orage a cessé,nous pouvons partir...
Un coup de tonnerre et le bruit furieux du vent lui cupèrent la parole.Il pèàlit.
-Vous entendez,mon père -dit le jeune homme, -que deviendrons-nous sur les chemins par ce temps et à cette heure?
-quelle heue est-t-il donc? -dit l'homme,de plus en plus pàle.
en prononçant ces mots,il tira machinalement sa montre.
Le moine étendit la maine et prit avec une sorte d'autorité cette montre qu'il croyait reconnaìtre.C'etait celle qu'il avait laissée dans sa cellule en fuyant les asssasssins.
Il la rendit sans manifaster aucune émotion.
-Restez ici -dit-il au jeune homme. -Couchez-vous et reposez tranquillement dans ce lit,qui fut celui du dernier abbé de Saint-Aubin.Vous -ajout-t-il en s'ddressant au père -venez avec moi,j'ai une autre chambre où peut-ètre vous pourrez dormir.
Le moine le conduisa à l'extrémité du corridor,dans sa prope cellule,celle d'où il avait fui la nuit du massacre.
-Ici -dit il au voyageur -le repos pourrra vous etre moins difficille...il n'y a pas eu de sang versé.
L'homme tomba à geneux.Le dernier moine de Saint-Aubin lui donna sa benedition.
-Dormez,mon frère.
Et il le laissa.
L.Veuillot
Le Petit Caporal
Bonaparte était adorè de ses soldats qui,après la victoire de lodi,lui confèrènt en signe d'amitiè le titre de "Petit Caporal".Pour eux sa personne était sacrée.Eh bien!pourtant l'un d'eux,un conscrit,osa,pendant la campagne d'Italie,lui opposer une résistance énergique.Voici dans quelle circostance.
Bonaparte,apès une des rondes solitaires qu'il avait l'Habitude de faire,revenait fort tard au camo.L'obscurité était profonde.Soudain il se trouve à quelques pas d'un soldat enfaction,qui en l'apercevant,croise la baìonnette.
-Halte-là!qui vive'crie le soldat.
"Diantre!pense Bonaparte,voici une sentiinelle sur laquelle je n'avais pas compté".
-Mon ami,ajoute-t-il tout haut,Je suis officier.
-Bon!en ce cas vous avez le mot d'ordre.
-Ouais!c'set justement ce que je n'ai pas.
-Bah!...Alor,hop!aularge!...ou sinon,gare!je tire.
Bonaparte insiste.
-Si tu fais un pas de plus,je te fourre ma baìonnette dans le ventre.
-Silence!je vous dis que je suis...
Eh!morbleu!Quand vous seriez le Petit Caporal lui mème,vous ne passeriez pas.
Attiré per le bruit,un sergent accourt avec des hommes portant des lanternes.
-Eh quoi!le general?s'écrie le factionnaireeffrayé en reconnaissant son interlocutor.Ah!Mon Dieu!je suis perdu!...
-Non,mon ami,repond Bonaparte.Bravo!Tiens,voici une pièce d'or;et demain viens me voir dans ma tente;désormais j'aurai l'oeil sur toi.
Les soldats de l'An Deux
Contre toute l'Europe avec ses capitaines,
Avec ses fantassis couvrant au loin les plaines,
Avec ses cavaliers,
Tout entière debout comme une hydre vivante,
Ils chantaient,ils allaient,l'àme sans épouvante
Et les pieds sans souliers!
Au levant,au couchant partout,au sud,au pole,
Avec des vieux fusils sonnant sur leur épaule,
Passant torrents et monts,
Sans repos,sans sommeil,coudes percés,sans vivres,
Ils allaient,fiers,joyeux,et soufflant dans des cuivres
Ainsi que des démons!
...............
La Révolution leur criait: "Volontaires,
Murez pour délivrer tous les peuples vos frères!"
Contents,ils disaient oui.
"Allez,mesvieux soldats,mes généraux imberbes"
Et l'on voyait marcher ces va-nu-pieds superbes
Sur le monde ébloui.
La tristesse et la peur leur étaient inconnues,
Ils eussent,sans nul doute,escaladé les nues,
Si ces audacieux
En retournaut les yeux dans leur course olympique
Avaient vu derrière eux la grande République
Montrand du doigt les cieux!
Victor Hugo
La Marseillaise
"Ce chant fut donné à la grande àme de la France en son moment désinteressé et sacré.Répété de proche en proche il a gagné la terre....Il fut trouvé à Strasburg à deux pas de l'ennemi.Le nom que lui donna l'auteur est "Chant de guerre de l'armé du Rhin".Trouvé en mars ou en Avril 1792,au premier moment de la guerre,il ne lui fallut pas deux mois pour pénétrer toute la France".C'est ainsi que Jules Michelet,le grand historien,parle de l'origine de la Marseillaise.Ce chant qui devait devenir l'hymne national de la France et qui est l'un des plus beau parmi ceux des nations européennes,a une origine à la fois romantique et héroìque.Son auteur est un jeune officier du génie,poète à ses heures,nommé Rouget de l'Isle.En 1792,il se trouvait à Strasbourg,hòte du maire de la ville.La révolution vivait alors sa période la plus terrible et héroìque.L'Europe entière coalisée,menaòait les frontières de la patrie.Les armées de la révolution,les soldats de l'An Deux,luttaient partout avec un courage indomptable.Le jeune Rouget de l'Isle,dans l'exaltation du moment,composa en une nuit les paroles et la musique de l'hymne et,dans la vieille maison du maire de Stransbourg,tous chanterènt pour la première fois ce chant fameux.Ensuite,le peuple de Paris le chanta lors de l'assaut au Palais de Tuileries,tenté pour s'emparer de la personne du roi.Ce fut au cours de cet assaut que le peuple,exaspéré par la conduite équivoque de Louis XVI,craignant de perdre ce qu'il avait conquis durement,à travers tant de luttes et de sang,réclama pour la première fois la tète du souverain.Parmi la foule déchainée qui donnait l'aussaut au palais,il y avait un corps de volontaires venus de Marseille et de la provence.Ils chantèrent le chant de guerre de Rouget de l'Isle.C'est ainsi que "Le chant de l'Armée du Rhin" devint "La Marseillaise"
La Marseillaise
Allons,enfants de la Patrie,
Le jour de gloire est arrivée.
Contre nous de la tyrannie
L'entardard sanglant est levé.
Entendez-vous dans les campagnes
Mugir ces féroces soldats?
Ils viennent jusque dans nos bras
E'gorger nos fils,nos compagnes!
Aux armes,citoyens!Formez vos bataillons:
Marchons,qu'un sang impur abreuve nos sillons.
Amour sacréde la Patrie,
Conduis,soutiens nos bras vengeurs.
Liberté,liberté chérie,
Combats avec tes défenseurs!
Sous nos drapeaux,que la Victoire
Accoure à tes màles accents:
Que tesennemi expirants
Voient ton triomphe et notre gloire!
Le poète,en s'addressant aux soldats da la révolution,les incite à défendre leurs enfants,aux femmes contre l'étranger qui envahit le sol de la patrie: "L'étendard sanglant de la tyrannie s'est levé contre nous!dit-il.Aux armes,citoyens!Défendons la vie des étres chers;défendons la Patrie".
LA LITTE'RATURE REVOLUTIONNAIRE
La Révolution s'accompagne d'une production littéraire intense mais médiocre.Populaire et moralisateur,le Théatre tend au mélodrame;l'actualité inspire quelques grands poèmes à Lebrun-Pindare,à André Chénier,à son frère Marie-Joseph Chénier.Avec la liberté de la presse,le jurnalisme prend un essor considérable,mais les jurnaux quotidiens sont d'une affligeante vulgarité.Les articles les plus remarquables sont ceux de Camille Desmoulins qui servit généuresement la Révolution naissante,puis eut le courage de s'élever contre le terreur et de proposer dans Le Vieux Cordelier l'institution d'un Comité de Clémence:cette initiative lui coùta la vie.
L'éloquence
Trés vite,dans les Assemblées et les Clubs,l'éloquence devint l'arme des hommes
politiques pour décider des plus graves questions,abattre leurs adversaires ou défendre leur téte.La plupartdes tribuns révolutinnaires sont des hommes jeunes au tempérament passionée,dont l'ardeur lyrique enflamme les foules.
Mirabeau s'impose à la Constituante par sa carrure et son masque terrible,son tempérament de lutteur,ses images éclatntes,ses phrases puissament rytmées,la logique pressante de son argumentation.
Vergninaud est d'une éloquence plus souple,alanguie par ses réves humanitaires.Il trouve pourtant des accents virils pour appeler ax armes en 1792 et déploie en faveur des Girondins aux abois une dialectique désespérée.
Danton s'est formé au Club des Cordeliers:c'est le "Mirabeau de la populace".
Vainqueur des Girondins,il domine les masses par son verbe impétueux et brutal jusqu'au jour où il est lui-méme vicime de Robespierre.A la différence de son ami Saint-Just,dont la phrase sèche et tranchante est celle d'un homme d'action,
Robespierre n'a pas n tempérament d'orateur:il supplée au défaut d'entosiasme par son argumentation serrée et la vertueuse austérité de ses principes.
CONTRE LA BANQUEROUTE
26 septembre 1789:la banqueroute menace la France.Neker propose d'y faire face immédiatement par une contribution volontaire du quart des revenus.Mirabeau soutient ce projet et combat victorieusement une proposition d'ajourdement.Voici la vibrante péroraison de son discours improvisé,où l'on rreconnaìt la puissante personnalité de l'orateur unissant à la logique de l'argumentation son réalisme,sa véhémence et son art de soulever les passions.
Mes amis ,écoutez un mot.Deux sièclees de déprédations et de brigandages ont creusé le gouffre où le royaue est près de s'engloutir.Il faut le combler,se gouffre effroyable!eh bien,voici la liste des propiétaires français.Choisissez parmi les plus riches,afin de sacrifier moins de citoyens;mais choisissez;car ne faut-il pas qu'un petit nombre périsse pour sauver la masse du peuple?Allons,ces deux mille notables possèdent de quoi combler le déficit.Ramenez l'ordre dans vos finances,la paix et la prospérité dans le royaume....Frappez,immolez sans pitiéces tristes victimes!précipitez-les dans l'abìme!il va se refermer...Vous reculez d'horreur...Hommes inconséquents!hommes pusillanimes!eh!ne voyez-vous donc pas qu'en décrétant la banqueroute ou,ce qui est plus odieux encore,en la rendant inévitable sans décréter,vous vous souillezd'un acte mille fois plus criminel,et,chose inconcevable,gratuitement criminel;car enfin cet horrible sacrifice farait du moins disparaìtre le déficit.Mais croyez-vous,parce que vous n'avez pas payé,que vous ne devrez plus rien?Croyez-vous que les milliers,les millions d'hommes qui perdront en un istant,par l'explosion terrible ou par ses contrecoups,tot ce qui faisait la consolation de leur vie,et peut-ètre leur unique moyen de la soustener,vous laissernt paisiblement jouir de votre crime?
Contemplateurs stoìques des maux incalculables que cette catastrophe vomira sur la France,impassibles égoìstes qui pansez que ces convulsions du désespoir et de la isère passeront comme tant d'autres,et d'autant plus rapidement qu'elles seront plus violentes,étes-vous bien sùrs que tant d'hommes sans pain vous laisseront tranquillement savourer les mets dont vous n'aurez voulu diminuer ni le nombre ni la délicatesse?...Non,vous périrez,et dans la conflagration universelle que vos frémissez pas d'allumer,la perte de votre honneur ne sauvera pas une seule de vs détestables jouissances.Voilà ù nous marchons...J'entends parler de patriotisme,d'élans de patriotisme,d'invocations au patriotisme.Ah!ne prostituez pas ces mots de patrie et de patriotisme.Il est donc bien mangnanime,l'effort de donner une portion de son revenu pour sauver tout ce qu'on possède!Eh!messieurs,ce n'est là que de la simple arithmetique,et celui qui hésitera ne peut désarmer l'indignation que par le mépris que doit inspirer sa stupidité.Oui,messieurs,c'est la prudence la pls ordinaire,la sagesse la plus triviale;c'est votre intérèt la plus grossier que j'invoque.Je ne vous dis plus,comme autrefois: "Donnerez-vous les premiers aux nations le spectacle d'un peuple assemblé pour manquer à la fois publique?" je ne vous dis plus: "Eh!quels titres avez-vous à la liberté,quels moyens vous resteront pour la mantenir si,dès votre premier pas,vous surpassez les turpitudes des gouvernements les plus corrompus,si le besoin de votre concours et de votre surveillance n'est pas le garant de votre Costitution?" Je vous dis: "vous serez tous entraìnés dans la ruine universelle,et les premiers intéressès au sacrifice que le gouvernement vous demande,c'set vous mémes." Votez donc ce subside extraordinaire,et puisse-t-il ètre suffissant!Votez-le,parce-que,si vous avez des doutes sur le moyens (doutes vagues et non éclairès),vous n'en avez pas sur la nécessité et sur notre impuissance à la remplacer,immédiatement du moins.Votez-le parce-que les circostances publiques ne souffrent aucun retard et que nous serions comptables de tout délai.Gardez-vous de demander du temps; le malheur n'en accorde jamais...Ah!messieurs,à propos d'un ridicule motion du Palais-Royaal,d'une risible insurrection qui n'eut jamais d'importance que dans les immaginations faibles ou les desseins pervers de quelques hommes de mauvaise foi,vous avez entendu naguère ces mots forcenés: "Ctilina est aux portes de Rome et l'on délibère!" Et certes,il n'y avait autour de nous ni Catilina,ni périls,ni factions,ni Rome...Mais aujord'houi la banqueroute,la hideuse banqueroute est là;elle menace de consumer,vous,vos propiétés,votre honneur,et vous délibérez?...
Défense des "modérés"
10 avril 1703:les Girondins sont de plus en plus sévèrement attaqué par les Montagnards qui les accusent de "modératisme" etguillotineront leurs chefs deux mois plus tard.Vergniaud trouve des accents émouvants et déjà désespéréspuor refuter les accusations de Robespierre,dénoncer ses aspirations tyranniques et opposer à la politique de terreur son reve de fraternité.
Robespierre nous accuse d'étre devenus tout à coup des "modérés",des "feuillants".
1. Nous,"modéré"? Je ne l'étais pas le 10 aoùt,Robespierre,quand tu étais caché dans ta cave! Des "modéré!! Non,je ne le suis pas dansdans ce sens que je veuille éteindre l'énergie nationale;je sais que la liberté est toujours active comme la flamme,qu'elle est inconciliable avec ce calme parfait qui ne convient qu'a des esclaves:si l'on n'eut voulu que nourrit ce feut sacré,qui brùle dans mon coeur aussi ardemment que dans celui des hommes qui parlent sans cesse de l'impétusité de leur caractère,de si grands dissentiments n'auraient pas éclaté dans cette Assemblée.Je sais aussi que,dans des temps révolutionnaires,il y aurait autant de folie à prétendre calmer à volonté l'effervescence du peuple,qu'a commander aux flots de la mer d'étre tranquilles quand ils sont battus par les vents; mais c'est au législateur à prévenir autant qu'il peut les désastres de la tempéte par de sages conseils;et si,sous prétexte de révolution,il faut, pour étre patriote,se declarer le protecteur du meurtre et du brigandage,je suis "modéré"! Depuis l'abolition de la royauté, j'ai beaucoup entendu parler de révolution. Je me suis dit: "Il n'y en a plus que deux possibles: celle des propriétés, ou la loi agraire, et celle qui nous raménerait au despotisme." J'ai pris la ferme résolution de combattre l'une et l'autre, et tous les moyens indirects qui pourraient nous y conduire. Si c'est là ètre modéré, nous le sommes tous, car tous nuos avons voté la peine de mort contre tout citoyen qui propeserait l'une ou l'autre. J'ai aussi beaucuop entendu parler d'insurrection, de faire lever le peuple, et je l'avoue, j'en ai gémi. Ou l'insurrection a un objet déterminé ou elle n'en a pas; au dernier cas, c'est une convulsion pour le corps politique, qui, ne pouvant lui produire aucun bien, doit nécessairement lui faire beaucoup de mal; la volonté de la faire naìtre ne peut entrer que dans le coeur d'un mauvais citoyen. Si l'insurrection a un objet déterminé, quel peut-il ètre? De transporter l'exercice de la souveraineté confiè à la représentation nationale: donc ceux qui parlent d'insurrection veulent détruire la représentation nationale, donc ils veulent remettre l'exercice de la souveraineté à un petit nombre d'hommes, ou le transporter sur la tète d'un seul citoyen, donc ils veulent fonder un gouvernement arisocratique ou rétablir la royauté. Dans les deux cas, ils conspirent contre la République et la liberté; et s'il faut ou les approuver puor étre patriote, où étre modéré en les combattant, je suis modéré! Lorsue la statue de la liberté est sur le tròne, l'insurrection ne peut étre provoquée que parles amis de la royauté...Quelques hommes ont paru faire consister leur patriotisme à tourmenter, à faire verser des larmes. J'aurais voulu qu'il ne fìt que des heureux. La Convention est lee centre autur duquel doivent se rallier tous les citoyens.Peut-étre que leurs regards ne e fixent pas toujours sur elle sans inquiétude et sans effroi. J'aurais voulu qu'elle fùt le centre de toutes les affections et de toutes les espérances. On cherche à consommer la Révolution par la terreur; j'aurais voulu la consommer par l'amour.
"De l'audace, ancore de l'audace"
2 septembre 1792: la Patrie est en danger. L'armée des princes, commandée par le
duc de Bronswik, s'est emparée de Longwy et encercle Verdun. Prise de panique,
l'Assemblée veut se replier sur la Loire. Danton, qui vient de faire créer le
Tribunal révolutionnaire et de reduire les enemis de l'intérieur, lance ce
pathétique appel à la levée en mase. Son éloquence directe et populaire rompt
avec l'ordonnance classique: d'instinct, l'orateur accumule tous les éléments de
nature à reveiller l'espérance et l'énergie de l'Asemblée Législative.
Il est bien satisfaisant, Messieurs, pour lles ministes d'un peuple libre, d'annoncer à
ses représentants que la patrie va étre sauvée. tout se lève en France d'un bout de
l'empire à l'autre. Vous savez que Verdun n'est pas encore au pouvoir de l'ennemi.
Vous savez que la garnison a juré de mourir plutòt que se rendre. Une partie du
peuple va se porter aux frontières; une autre va creuser de retanchements, et la
troisième, avec des piques, défendra l'intérieur de nos villes.
Paris va seconder ces grands efforts. Tandis que nos ministres se concertaient avec
les
généraux, une grande nouvelle nous est arrivée. Les commissaires de la Commune
proclament de nouveau, en cet instant, le danger de la ùParie, avecplus d'éclat qu'il ne
le fut. Tous les citoyens de la capitale vont se rendre au Champ-de-Mars, se partager
en trois divisions: les uns vont voler à l'ennemi, ce sont ceux qui ont des armes; les
autres travailleront aux retranchements, tandis que la troisième division restera et
présentera un énorme bataillon hérissé de piques. C'est en ce moment, Messieurs, que
vous pouvez déclarer que la capitale a bien mérité de la France entière; c'est en ce
moment que l'Assemblée nationale va devenir un véritable comité de guerre; c'est à
vous à favoriser ce grand mouvement et à adopter les mesures que nous allons vous
proposer avec cette confiance qui convient à la puissance d'un nation libre. Nous vous
demandons de ne point étre contrariés dans nos opérations.
Nous demandons que vous concouriez avec nous à diriger ce mouvement sublime du
peuple en nommant des commissaires qui nous seconderont dans ces grandes
mesures. Nous demandons qu'a quarante lieues du point où se fait la guerreles
citoyens qui ont des armes soient tens de marcher à l'ennemi; ceux qui resteront
s'armeront de piques. Nous demandons que quinoque refusera de servir de sa
personne ou de remettre ses armes soit punit de mort. -Il faut des mesres sévères, ul,
quand la patrie est en danger, nul ne peut refuser son service sans étre déclaré infàme
et traìtre à la patrie. Prononcez la peine de mort contre tout citoyen qui refusera de
marcher ou de céder son arme à son concitoyen plus généreux que lui, ou contrariera
directement ou indirectement les mesures prises pour le salut de l'E'tat... Le tocsin qui
sonne va se propager dans toute la France. Ce n'est point un signal d'alarme, c'est la
charge sur les ennemis de la patrie. Pour les vaincre, Messieurs, il nous faut de
l'audace, encore de l'audace, toujours de l'audace, et la France est sauvée.

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