La rivoluzione russa

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Testo

LA RIVOLUZIONE RUSSA

DA FEBBRAIO A OTTOBRE
La rivoluzione russa fu non soltanto il più violento e traumatico, ma anche il più imprevisto, almeno nei suoi sviluppi sconvolgimento politico e sociale. In realtà, già prima dello scoppio del conflitto, erano in molti a pensare che il regime assolutistico degli zar non potesse resistere a lungo e fosse destinato a essere sostituito da forme di governo più adeguate ai tempi. Pochissimi, però, immaginavano che la caduta della monarchia avrebbe dato luogo al più grande evento rivoluzionario mai verificatosi nel mondo dopo la rivoluzione francese.
Quando nel marzo 1917, il regime zarista fu abbattuto dalla rivolta degli operai e dei soldati di Pietrogrado, la successione fu assunta da un governo provvisorio di orientamento liberale. Obiettivo di tale governo era
- di continuare la guerra a fianco dell’Intesa
- di promuovere nel contempo l’occidentalizzazione del paese sul piano delle strutture politiche e dello sviluppo economico.
Condividevano questa prospettiva
- i gruppi liberal-moderati che facevano capo al partito dei cadetti
- i monscevichi che si ispiravano ai modelli della socialdemocrazia europea
- i socialisti rivoluzionari che interpretavano le aspirazioni delle masse contadine i quali volevano una radicale riforma agraria.
I rappresentanti di tutti e tre i partiti entrarono, nel maggio ’17, nel governo provvisorio.
Gli unici a rifiutare ogni partecipazione al potere furono i bolscevichi, ma anch’essi, colti di sorpresa dallo scoppio della rivoluzione, assunsero sulle prime una posizione di attesa. Il consenso o la neutralità, di tutte le forze politiche antizariste non furono tuttavia sufficienti per fondare su solide basi il potere del governo provvisorio e per evitare che alla caduta del vecchio regime seguisse lo sgretolamento dell’autorità centrale.
Al potere legale del governo si era subito sovrapposto il potere di fatto dei soviet: soprattutto di quello della capitale, che agiva come una specie di parlamento proletario, emanando ordini spesso in contrasto con le disposizioni governative. Si diffuse, così, un movimento di massa che respingeva l’idea di un’autorità centrale, era favorevole a un diffuso potere dal basso, e, soprattutto, voleva porre fine alla guerra.
Questa era la situazione nell’aprile del ’17, quando Lenin, leader dei bolscevichi, rientrò in Russia dalla Svizzera dopo un avventuroso viaggio attraverso l’Europa in guerra. Non appena giunto a Pietrogrado, Lenin diffuse un documento in 10 punti, le cosiddette tesi di aprile, in cui poneva in termini immediati il problema della presa del potere, rovesciando la teoria marxista ortodossa, secondo cui la rivoluzione proletaria sarebbe scoppiata prima nei paesi più sviluppati. L’obiettivo era quello di conquistare la maggioranza dei soviet (riconosciuti come unica legittima fonte del potere) e di lanciare parole di pace ai contadini poveri, del controllo della produzione da parte dei consigli operai. Questo programma, che favoriva le masse operaie e contadine, portò molti consensi al Partito bolscevico, ma lo allontanò ulteriormente dagli altri gruppi socialisti e dal governo provvisorio.
Il primo episodio di esplicita ribellione al governo si ebbe a Pietrogrado a metà luglio, quando soldati e operai scesero in piazza per impedire la partenza per il fronte di alcuni reparti. Ma l’insurrezione fallì per l’intervento di truppe fedeli al governo. Alcuni leader bolscevichi furono arrestati, o come lo stesso Lenin costretti a fuggire. Per i moderati fu questo l’ultimo successo.
A settembre, infatti, un tentativo di colpo di Stato militare fu represso dal governo presieduto dal socialrivoluzionario Kerenskij, che fece appello alle forze socialiste, ma a uscire rafforzati dalla vicenda furono soprattutto i bolscevichi, principali protagonisti della mobilitazione popolare che conquistarono la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e di Mosca.

LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
I bolscevichi in ottobre decisero di rovesciare con la forza il governo Kerenskij. Organizzatore e ente militare dell’insurrezione fu Trotzkij, proveniente dalla sinistra menscevica, eletto in settembre presidente del soviet di Pietrogrado.
La mattina del 7 novembre soldati rivoluzionari e guardie rosse (milizie operaie), circondarono il Palazzo d’Inverno, già residenza dello zar e ora sede del governo provvisorio, e se ne impadronirono la stessa sera, incontrando scarsa resistenza. L’attacco al palazzo d’inverno fu l’episodio-simbolo della rivoluzione, come era stata la presa della Pastiglia del 1789. Tale attacco fu praticamente incruento in quanto pochissime furono le vittime che ebbero luogo nei corridoi e nei saloni dell’antica reggia.
Nel momento stesso in cui cadeva l’ultima resistenza del governo provvisorio, si riuniva a Pietroburgo il Congresso panrusso dei soviet, cioè l’assemblea dei delegati dei soviet di tutte le provincie dell’ex Impero russo. Come suo primo atto il congresso approvò due decreti proposti personalmente da Lenin.
1° decreto faceva appello a tutti i popoli dei paesi belligeranti .
2° decreto stabiliva che la grande proprietà terriera era .
Il nuovo potere tendeva così a garantirsi l’appoggio, o almeno la neutralità, delle masse contadine, accontentate nelle loro aspirazioni più elementari e immediate. Veniva così costituito un nuovo governo rivoluzionario, composto esclusivamente da bolscevichi e di cui Lenin era presidente, che fu chiamato Consiglio dei commissari del popolo.
I menscevichi, i cadetti, e la maggioranza dei socialrivoluzionari protestarono vivacemente contro l’atto di forza, ma non organizzarono manifestazioni contro il governo rivoluzionario e preferirono puntare le loro carte sulla convocazione dell’Assemblea costituente, le cui elezioni erano state fissate per la fine di novembre. I risultati delle urne costituirono una gravissima delusione per i bolscevichi in quanto ebbero meno di ¼ dei seggi (175 su 707). Quasi scomparsi dalla scena i menscevichi e i cadetti, i veri trionfatori delle elezioni furono i socilarivoluzionari che si assicurarono la maggioranza assoluta con oltre 400 seggi, grazie al massiccio sostegno dell’elettorato rurale.
I bolscevichi non avevano nessuna intenzione di rinunciare al potere appena conquistato. Riunitasi per la prima volta in gennaio, la Costituente fu immediatamente sciolta grazie all’intervento dei militari bolscevichi, che ubbidivano a un ordine del Congresso dei soviet. Questo nuovo atto di forza era coerente con le idee espresse più volte da Lenin, che non credeva alle regole della e riconosceva al solo proletariato il diritto di guidare il processo rivoluzionario, attraverso le sue repressioni dirette (soviet) e la sua avanguardia organizzata (il partito). Certo è che, con lo scioglimento della Costituente, il potere bolscevico rompeva definitivamente con le altre componenti del movimento socialista e con tutta la tradizione democratica occidentale, ponendo le premesse per l’instaurazione di una dittatura di partito.

DITTATURA E GUERRA CIVILE
se era stato relativamente facile per i bolscevichi impadronirsi del potere centrale, molto più difficile si presentava il compito di gestire questo potere, di amministrare un paese immenso, di governare una società tanto complessa quanto arretrata, di affrontare i tremendi problemi ereditati dal vecchio regime, primo fra tutti quello della guerra. Convinti di poter conquistare in tempi brevi l’appoggio compatto delle masse popolari, i leader bolscevichi speravano di poter procedere rapidamente alla costruzione di un nuovo Stato proletario ispirato all’esperienza della Comune di Parigi, secondo il modello delineato da Lenin in una delle sue opere più famose, Stato e rivoluzione. In questo saggio, scritto alla vigilia della rivoluzione d’ottobre, Lenin prevedeva che, una volta abbattuto il dominio borghese, lo Stato stesso si sarebbe avviato verso una rapida estinzione e le masse si sarebbero autogovernate secondo i principi di democrazia diretta sperimentati nei soviet.
Per quanto riguardava la guerra volevano una sollevazione generale dei popoli europei, da cui sarebbe scaturita una pace equa, . Ma questa ipotesi non si realizzò. E i capi rivoluzionari si trovarono a trattare in condizioni di grave inferiorità con una potenza che già occupava vaste zone dell’ex impero russo.
La pace separata con la Germania fu conclusa il 3 marzo 1918 con la firma del durissimo trattato di Brest-Litovsk. Per imporla Lenin dovette superare le perplessità di alcuni fra i suoi stessi compagni di partito e la violenta opposizione dei socialrivoluzionari. Le potenze dell’Intesa inoltre considerarono la pace come un tradimento, per cui non solo appoggiarono le forze antibolsceviche, che si erano andate organizzando nel paese, ma inviarono contingenti militari al fine di alimentare la guerra civile. La prima minaccia venne dall’Est, dove l’ammiraglio zarista Kolciak assunse il controllo di vasti territori della Siberia. Lo zar e tutta la sua famiglia furono giustiziati, nell’estate ’18, nel timore che fossero liberati dai controrivoluzionari. Altri focolai di ribellione si andavano frattanto sviluppando nel nord della Russia, dove più forte era la presenza di truppe dell’Intesa, e soprattutto nella regione del Don dove, oltre alle truppe dei monarchico-conservatori, i cosiddetti bianchi, era attivo un movimento di guerriglia guidato dai socialrivoluzionari.
Per far fronte a tutte queste minacce, il regime rivoluzionario fu indotto ad accentuare i suoi tratti autoritari, lasciando da parte le utopie antimilitariste e i progetti di autogoverno popolare. Nel dicembre ’17 fu creata una polizia politica, la Ceka e istituito un Tribunale rivoluzionario centrale, col compito di processare chiunque disubbidisse al . Nel giugno 1918 tutti i partiti d’opposizione vennero messi fuori legge e fu reintrodotta la pena di morte che era stata abolita subito dopo la rivoluzione d’ottobre.
Si procedeva frattanto alla riorganizzazione dell’esercito, ricostituito ufficialmente nel febbraio ’18 col nuovo nome di Armata rossa degli operai e dei contadini. Artefice principale dell’operazione fu Trotzkij che , servendosi anche di ufficiali del vecchio esercito zarista, fece di quella che avrebbe dovuto essere una milizia popolare una potente macchina da guerra, fondata su una ferrea disciplina. La creazione di un esercito efficiente consentì alla Russia bolscevica di sopravvivere allo scontro con i suoi numerosi nemici.
Nella primavera del’20, a parte qualche residua sacca di resistenza, le armate bianche erano sconfitte e la fase più acuta della guerra civile poteva considerarsi esaurita. Ma proprio nel momento in cui trionfava sui suoi nemici interni, il regime bolscevico dovette subire un inatteso attacco esterno. A sferrarlo, nell’aprile del 1920, fu la nuova Repubblica di Polonia, insoddisfatta dei confini definiti da Versasilles. La reazione dei bolscevichi fu rapida ed efficace tanto che l’Armata rossa giunse fino alle porte di Versailles. Ma, a fine agosto, una controffensiva polacca costrinse i russi a una precipitosa ritirata. Si giunse infine (dicembre 1920) alla conclusione di un armistizio e quindi alla pace, nel marzo 1921. La Polonia vide in parte accontentate le sue aspirazioni territoriali, incorporando ampie zone della Bielorussia e dell’Ucraina. La guerra contro l’aggressione straniera comunque accresciuto in Russia il senso di coesione nazionale, riavvicinando molti oppositori al regime sovietico, ormai identificato con una nuova .

LA TERZA INTERNAZIONALE
l’inattesa vittoria dei bolscevichi russi nella guerra civile rese possibile l’attuazione di un progetto che Lenin aveva concepito fin dall’inizio della guerra mondiale: sostituire alla vecchia internazionale socialista una nuova Internazionale , che coordinasse gli sforzi dei partiti rivoluzionari di tutto il modo e rappresentasse, anche nel nome, una rottura definitiva con la socialdemocrazia europea, colpevole di aver tradito gli ideali internazionalisti.
Già nel 1918, del resto, i bolscevichi avevano abbandonato l’antica denominazione di Partito socialdemocratico, a lungo contesa con i menscevichi, per quella di Partito comunista (bolscevico) di Russia.
La riunione costitutiva dell’Internazionale comunista, o Terza Internazionale, come venne subito chiamata, ebbe luogo a Mosca (perché era l’unico paese in cui il socialismo aveva raggiunto qualche obiettivo) nel marzo del 1919. La struttura e i compiti dell’Internazionale comunista furono fissati soltanto nel II congresso, che si tenne, sempre a Mosca, nel luglio del 1920.
Il problema centrale fu rappresentato dalle condizioni cui i singoli partiti avrebbero dovuto sottostare per essere ammessi a far parte dell’Internazionale. Fu lo stesso Lenin a fissare le condizioni in un documento in 21punti. Vi si affermava fra l’altro che i partiti aderenti al Comintern avrebbero dovuto ispirarsi al modello bolscevico, cambiando il proprio nome in quello di Partito comunista, difendere con tutte le sedi possibili la causa della Russia sovietica, rompere con le correnti riformiste espellendone i principali esponenti. Condizioni così pesanti e ultimative suscitarono nel movimento operaio europeo accesi dibattiti e gravi lacerazioni con conseguenti scissioni.
Fra la fine del ’20 e l’inizio del ’21 fu comunque raggiunto quello che era stato lo scopo principale del secondo congresso:
- creare in tutto il mondo una rete di partiti ricalcati al modello bolscevico e fedeli alle direttive del partito-guida
- fare della Russia sovietica il centro del comunismo mondiale
- impegnare nella difesa della patrie del socialismo i movimenti rivoluzionari di tutti i paesi
Non riuscì a raggiungere gli obiettivi di:
- coinvolgere nei nuovi partiti la maggioranza della classe operaia dei paesi più sviluppati
I partiti comunisti rimasero in minoranza rispetto ai partiti socialisti in quanto il legame con il partito bolscevico era un limite per la possibilità di espansione e una causa di debolezza per molti paesi in quanto tale partito doveva occuparsi di problemi interni

DAL COMUNISMO DI GUERRA ALLA NEP
L’economia russa già quando i comunisti presero il potere era in uno stato di dissesto, ma ora, con la rivoluzione, era peggiorato.
Il decreto sulla terra aveva provocato la creazione di piccole aziende che producevano soprattutto per l’autoconsumo e non contribuivano al benessere della città. Molte industri furono lasciate in mano a vecchi imprenditori sotto la sorveglianza dei consigli operai, mentre altri furono gestite direttamente dagli operai o dallo stato.
Le banche, invece, furono nazionalizzate e i debiti con l’estero cancellati.
Il governo non era in grado di riscuotere tasse ed era costretto a stampare carta moneta senza valore. Si ritornò così al sistema del baratto e le retribuzioni venivano pagate in natura.
Nel 1918 il governo bolscevico, per far fronte al problema economico, attuò una politica definita comunismo di guerra:
1) in campo economico:
- furono istituiti comitati col compito di provvedere all’ammasso e alla distribuzione di derrate: squadre di operai e di contadini requisivano il grano degli agricoltori benestanti.
- Fu incoraggiata la formazione di comuni agricole volontarie (fattorie collettive)
- Furono istituite le fattorie sovietiche gestite direttamente dallo stato o dai soviet locali
2) in campo industriale:
- vennero nazionalizzati tutti i settori + importanti. Vanne così normalizzata la produzione e centralizzate le decisioni + importanti
- i dirigenti vennero affiancati da funzionari di partito
- sistema di retribuzione a cottimo cioè retribuzione legata al rendimento. Tale criterio non era marxista in quanto spingeva i lavoratori a lavorare per il proprio bene e non per il bene di tutti
Tale politica fu un fallimento in quanto la produzione sia industriale che agricola era diminuita e le grandi città si erano spopolate a causa della disoccupazione e della fame. Si andava così sviluppando il commercio illegale e i fenomeni di borsa nera. Le autorità civili e militari ricorrevano spesso a requisizioni indiscriminate.
Nell’inverno del 1920/21 iniziarono delle vere e proprie sommosse contadine.
Nella primavera-estate del 1921 a causa della guerra civile e della siccità, La Russia fu colpita da una terribile carestia che provocò la morte di 3milioni di persone.
Anche gli operai si ribellarono al governo a causa:
- gestione autoritaria
- no sindacati
- privazioni materiali
I primi a ribellarsi furono i marinai della base di Kronstadt, presso Pietroburgo, roccaforte dei bolscevichi durante la rivoluzione d’ottobre i quali volevano maggiori libertà politiche e sindacali. Il governo rispose con una dura repressione militare.
Nello stesso periodo si tenne a Mosca il X congresso del partito comunista il quale
- vietava la costituzione di correnti organizzate
- abbandonava l’esperimento del comunismo di guerra
- affermava una nuova politica economica (NEP) la quale prevedeva una parziale liberalizzazione nella produzione e negli scambi. Essa aveva l’obiettivo di stimolare la produzione agricola e di favorire l’afflusso di generi alimentari verso le città. I contadini ora producevano anche per lo stato.
- Il controllo delle banche e dei maggiori gruppi industriali era affidato ancora allo stato
Ciò provocò una ripresa produttiva, ma
- nella campagne riemerse il ceto dei contadini ricchi che in breve riuscirono a controllare il mercato agricolo
- nacque una nuova classe di trafficanti (nepmen) la cui ricchezza contrastava col basso tenore di vita della maggior parte della popolazione
- le grandi industrie statali non riuscivano a riprendere il lancio
- le città si ripopolarono, ma le industrie non riuscivano a dar lavoro a tutti (disoccupazione) e l’aumento della domandadi lavoro provocò una diminuzione dei salari. Inoltre non sindacati

L’UNIONE SOVIETICA: COSTITUZIONE E SOCIETA’
1918 I costituzione della Russia rivoluzionaria.
- Si apriva con una dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato e proclamava che il popolo doveva appartenere unicamente e interamente alle masse lavoratrici e ai loro autentici organismi rappresentativi: i soviet degli operai, dei contadini e dei soldati.
- Lo stato doveva avere un carattere federale,
- Lo stato doveva rispettare l’autonomia delle minoranze etniche
- Lo stato doveva aprirsi all’unione, su base di parità, con altre future repubbliche sovietiche. La costituzione sperava nella formazione di una repubblica socialista mondiale. In realtà si formò solo l’unione della Repubblica russa la quale comprendeva anche la Siberia ed altre province dell’ex impero zarista (Ucraina, Bielorussia, Georgia, Armenia…)
1922 unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss)
1924 nuova costituzione dell’Urss la quale stabiliva:
- lo stato doveva essere fondato sulla democrazia sovietica (consiliare) (non è così perché era governato dal partito comunista)
- lo stato doveva essere una libera federazione tra diversi nazioni
- il potere supremo doveva essere affidato al Congresso dei soviet dell’unione. In realtà era nelle mani del Partito comunista
Il partito, infatti, :
- Forniva le direttive ideologiche e politiche a cui si ispirava l’azione del governo
- Proponeva i candidati alle elezioni dei soviet i quali venivano votati su lista unica e con un voto palese
- controllava la polizia politica
I bolscevichi cercarono, inoltre, di creare una nuova cultura. Per far ciò:
- si dedicarono all’educazione della gioventù per creare un “uomo nuovo” e per sviluppo economico. L’istruzione fu resa obbligatoria fino a 15anni e si cercò di collegare la scuola al mondo della produzione privilegiando le discipline tecniche su quelle umanistiche. Si volle formare ideologicamente le nuove generazioni inserendo la dottrina marxista e incoraggiando l’iscrizione di massa nell’organizzazione giovanile del partito.
- lottarono contro la Chiesa ortodossa in quanto tale istituzione era incompatibile con i fondamenti materialisti della dottrina marxista. Confiscarono i beni ecclesiastici, chiusero le chiese, arrestarono i capi religiosi. Si diminuì così l’influenza della chiesa sul popolo. Lo stato riconosceva il solo matrimonio civile e semplificò le procedure per il divorzio. 1920 fu legalizzato l’aborto, fu proclamata l’assoluta parità dei sessi e le condizioni dei figli illegittimi fu equiparata a quella dei figli legittimi.
I primi anni ’20 furono caratterizzati da una stagione di fioritura delle avanguardie artistiche (nacque la poesia futurista, pittura astrattista, teatro rivoluzionario, primi grandi film). Per alcuni intellettuali comunisti la nuova arte proletariata doveva porsi al diretto servizio della politica di classe e andare incontro ai bisogni culturali delle masse, ma per altri la rivoluzione nelle arti doveva essere parallela a quella politica (non dipendente) e doveva consistere prima di tutto nella rottura dei canoni tradizionali e nella ricerca di nuove forme espressive.
Tale periodo ebbe breve durata in quanto a partire dalla metà degli anni ’20 la libertà di espressione artistica fu sempre + condizionata dall’invasione dal potere politico che stava diventando sempre + autoritario.

DA LENIN A STALIN: IL SOCIALISMO IN UN SOLO PAESE
1922 l’ex commissario della Nazionalità Stalin fu nominato segretario del Partito comunista dell’Urss. Poche settimane dopo fu colpita da una grave malattia che gli limitò la capacità lavorativa e lo condusse alla morte nel 1924. Egli controllò saldamente il partito e impedì che i contrasti nel gruppo dirigente si trasformassero in veri e propri scontri.
Con la malattia di Lenin e la quasi contemporanea ascesa di Stalin alla segreteria, i dissensi interni si fecero + aspri e iniziò una aspra lotta per la successione.
Il 1° scontro ebbe per oggetto i problemi
- della centralizzione
- della burocratizzazione del partito
- degli enormi poteri che si andavano accumulando nelle mani del segretario generale Stalin
e voleva ridare spazio ai principi della democrazia sovietica.
Stalin in un primo periodo riuscì a emarginare Trotzkij (fautore di un continuo sviluppo e di una continua estensione del processo rivoluzionario) contrapponendogli la teoria del “socialismo in un solo paese” senza però rinnegare del tutto la teoria tradizionale secondo cui la piena realizzazione dell’ideale socialista sarebbe stata il risultato dello sforzo comune del proletariato globale. Tale teoria di Stalin era in opposizione a ciò che avevano da sempre affermato i bolscevichi, ma si adattava di + alla situazione reale e offriva lo stimolo di un potente richiamo patriottico. Tale tesi fu rafforzata dalle potenze europee.
L’emarginazione di Trotzkij provocò una drammatica spaccatura tra il gruppo dirigente comunista. Tale spaccatura fu evidenziata nel dibattito sulla politica economica del 1925.
Alcuni erano favorevoli alla prosecuzione della Nep e all’incoraggiamento alla piccola impresa agricola (Stalin)
Altri, invece, volevano l’interruzione dell’esperimento della Nep che, secondo loro, stava facendo rinascere il capitalismo nelle campagne e un rilancio industriale a spese, se necessario, degli strati contadini privilegiati. (Trotzkij). Essi erano in minoranza e formarono così l’opposizione. I leader dell’opposizione furono allontanati dall’Ufficio politico e dal Comitato centrale e nel 1927 espulsi dal partito. Trotzkij fu espulso dall’Urss e i suoi seguaci perseguitati e spesso incarcerati.
Iniziò per l’Urss una nuova fase che voleva portare l’unione sovietica alla condizione di grande potenza industriale e militare.

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