La guerra di Spagna

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Testo

1933-38 LE PREMESSE DEL CONFLITTO
Germania 1933 finisce la repubblica di Weimar. Questa si trova nel caos, è appena uscita dalla prima guerra mondiale, è piena di debiti alle banche, in mano agli ebrei. Sale al potere il partito nazional socialista (abbreviato nazista) capitanato da Hitler. Hinderburg chiama Hitler come cancelliere tedesco. Le forze paramilitari festeggiano la nomina del fürer a cancelliere del Reich tedesco.
Nasce il terzo reich (impero) che propone una nuova razza quella ariana: alti, biondi, occhi azzurri.
Il nazismo si basava sulle leggi razziali, antisemitismo, non il Marxismo. Si inaugura il primo campo di concentramento, Dachau, in cui vengono inseriti gli oppositori al regime (Ebrei-intellettuali- polacchi-zingari-omosessuali...) controllati dalle camicie Brune.
Inizia il boicottaggio, la persecuzione della razza ebraica, i campi di concentramento aumentano di giorno in giorno.
1935. Con le leggi di Norimberga gli ebrei vengono fatti lavorare in campi di lavoro; i sopravvissuti verranno poi mandati in campi di sterminio nelle camere a gas ed in seguito ai forni crematori.
La cultura viene cancellata: i libri non ortodossi vengono messi al rogo, grandi intellettuali ed artisti come Einstein, Brecht, Schubert...vengono esiliati. La prima guerra mondiale era finita nel 1918, dopo questa si fece un trattato di pace ma il popolo tedesco ne rimane umiliato perchè voleva una Grande Germania Vittoriosa. Hitler diventa capo dello stato, non più ministro (colpo di stato) e i militari giurano fedeltà al Reich tedesco.
Furono fatte importanti marce, accompagnate da musiche e inni di quell'epoca, furono fatte nel 1939 le Olimpiadi. Furono costruite strade e autostrade non per comodità o per necessità di viaggiare anche perchè a quell'epoca di macchine non ce n'erano molte, ma per bellezza e propaganda, venne dato lavoro a persone disoccupate nelle fabbriche d'armi e artiglieria,vennero costruite mense popolari... I bambini, fin da piccoli venivano fatti crescere con la mentalità della guerra (passavano molto tempo con i militari, giocavano con le armi, svolgevano esercizi ginnici adatti a persone adulte durante il servizio militare.) Tutto questo venne fatto in segreto perchè il patto di pace (Versailles) impediva alla Germania di riarmarsi. In Italia sale al potere Mussolini (situazione non diversa) il quale attacca il corno d'Africa, a quel tempo non colonizzato.
1938. Hitler invade l'Austria e la Romania; il generale Franco (fascista) vuole prendere il potere e dà inizio a una guerra civile in Spagna (per tre anni). I tedeschi ed i fascisti italiani aiutano Francisco Franco per far vedere la loro potenza battagliera.
I tedeschi scaricarono migliaia di bombe che distrussero intere cittadine (prima volta che un popolo viene attaccato). In seguito ai bombardamenti sui civili vennero costruiti poi i rifugi antiaerei.
Durante tutto questo, Hitler trascorreva una vita spensierata con la sua amante Eva Braun. Faceva propaganda con i bambini, con i cani... per far vedere quanto era dolce e gentile...
Nel 1939 venne firmato il patto d'acciaio tra Hitler e Mussolini, questo consisteva nell'aiuto reciproco in caso di guerra.
Il 1 maggio 1938 un ebreo uccise un diplomatico tedesco; questo fu usato come scusa per la deportazione degli ebrei nei campi di concentramento, anche se a Norimberga si era già deciso così.
I campi di concentramento erano ormai pieni di ebrei, prigionieri politici e criminali e persone "innocenti".
"Relazione sul documentario: 1933-1938 le premesse del conflitto"
Nel 1918 ci fu l' armistizio e, a Versailles, per la Germania fu deciso un trattato di pace che le vieta il riarmo.
Dopo questo trattato il popolo tedesco si sentiva umiliato.
Nel gennaio 1933 finisce la repubblica di Weimar e vengono indette nuove elezioni.
Vince il partito nazional socialista, conosciuto come nazismo al cui comando c'era Adolf Hitler.
Il nazismo prometteva una condizione di pace. Il 30 gennaio 1933 Hindemburg chiama Hitler come cancelliere, cioè capo di stato. Così in Germania nasceva il terzo Reich cioè l'impero tedesco.
Hitler proponeva il programma di una nuova Germania in cui la razza ariana cioè i tedeschi coi capelli biondi, gli occhi azzurri e di corporatura alta, veniva messo in evidenza. Hitler su questo argomento scrisse anche un libro.
In Germania si stava aprendo una triste e tragica fase politica: l' antisemitismo e il totalitarismo contro il marxismo. Viene inaugurato Dachau, il primo campo di concentramento, in cui vengono inseriti gli oppositori politici.
Hitler era appoggiato dall’esercito e dai militari. Siccome la Germania era uscita stremata dalla Prima Guerra Mondiale e con molti debiti verso gli ebrei decise di eliminarli, dando loro tutte le colpe dei mali del mondo, compresa l’antica accusa di deicidio.
Ci furono le Leggi di Norimberga che vietavano i matrimoni tra tedeschi ed ebrei.
Anche in Italia, come in Germania, la situazione era la medesima. Mussolini, come Hitler, era salito al potere legalmente, con l’accordo del Re.
Adolf Hitler voleva ricostruire una nuova potenza industriale ed economica aprendo molte fabbriche di armi anche se il patto di Versailles vietava il riarmo della Germania.
Così Hitler promosse opere pubbliche e ridusse la disoccupazione, fece mense popolari e costruì strade ed autostrade non per necessità, ma per propaganda.
Hitler con il suo discorso conquistò la Germania:" Il bene più prezioso della Terra è il nostro popolo, quindi lunga vita al nostro popolo e al nostro movimento…".
Agli oppositori politici rimaneva l’esilio. Tra i più famosi esiliati c’erano Einstein e Brecht. La cultura veniva pian piano uccisa e molti libri vennero bruciati sul rogo.
In Germania nacquero le camicie brune e in Italia quelle nere.
Hitler decise che ci volevano dei militari a sua disposizione e così vennero addestrati dei nuovi ragazzi, poi chiamati SS.
Himmler sarebbe poi stato l’educatore delle SS perché era duro e sadico e andava bene per educarle sia mentalmente che fisicamente. Alle SS dovevano piacere lo sport, la musica e le marce. Camminavano sempre ben inquadrate e ubbidivano agli ordini.
L’Italia aveva vinto l’ultima guerra coloniale e auspicava un lungo periodo di pace.
Nel 1935 Mussolini voleva conquistare l’Etiopia e Hitler, nel marzo del 1936 si sentì pronto per occupare la Renania.
Nel 1938 la Germania e l’Austria vennero fuse insieme.
Il 18 luglio del 1936 Francisco Franco fece un colpo di stato e una banda di spagnoli gli si rivoltò contro. Hitler inviò una spedizione in Spagna per aiutare Franco, così la Germania fece le prove generali della sua potenza.
In Spagna i tedeschi colpivano gli obiettivi civili e viene distrutta la città di Guernica che Picasso ha rappresentato in uno dei suoi più famosi quadri.
Con la guerra di Spagna ci furono molti morti e questa guerra divenne la prova prima della futura guerra mondiale.
In Europa c’erano tre grandi dittature: in Spagna con Francisco Franco, in Italia con Mussolini e in Germania con Hitler. Quest’ultimo organizzava incontri e feste con autorità e nel mentre decidevano piani ed eventuali attacchi. Hitler si divertiva anche con Eva Braun mentre i campi di concentramento aumentavano.
In Spagna si continuava a combattere: la Catalogna si separò dal territorio nazionale. Era l'inizio della fine per la Spagna.
Ci fu l’alleanza tra le due dittature d’Italia e della Germania, Hitler e Mussolini fecero il patto d’acciaio, di aiuto reciproco in caso di guerra.
Hitler promette di rispettare i confini con la Cecoslovacchia ma non mantiene la promessa.
Il 9 novembre 1938 un ebreo di 17 anni uccide un diplomatico tedesco. Quella notte fu chiamata "La notte dei cristalli" perché vennero distrutti negozi, case, sinagoghe e ci furono 236 morti ebrei.
La conferenza di Wannsee, nel 1942, organizza lo sterminio degli ebrei in Europa.
In Italia il Re non oppone resistenza alle leggi razziali, anche se nel nostro paese l’85% degli ebrei si salva.
Ilenia Rostaing e Valentina Laggiard
Spagna '36 - Per la società: rivoluzione,
per lo Stato: guerra
1. La Spagna nel 1936
La società spagnola è caratterizzata da forti contrasti a tutti i livelli: fra le campagne e le città, fra il centro madrileno e le periferie catalane e basche, fra le classi padronali e il proletariato industriale, tra i latifondisti immobilisti e i braccianti ridotti alla fame.
Senza dubbio il problema centrale è quello della proprietà della terra. Gli immensi e aridi territori del Centro e del Sud sono controllati da un ristretto numero di famiglie di antica origine nobiliare che considera la terra e il lavoro agricolo con disprezzo ed estraneità: è un patrimonio da sfruttare, ma senza correre rischi, senza investire capitali per aumentare la produttività del terreno e pagando salari bassissimi ai braccianti. Questi ultimi potevano trovare occupazione solo per pochi mesi all'anno e il loro numero elevato li costringeva ad una disastrosa concorrenza e ad accettare compensi nettamente insufficienti anche alla pura sopravvivenza. Tale situazione insopportabile aveva dato vita ad una costante tensione fra una grande quantità di uomini costretti alla miseria e un ristretto gruppo di terratenientes. Le rivolta rurali costellano la storia sociale agricola, in particolare nell'Andalusia, la più meridionale e la più assolata: qui lo Stato, anche quello repubblicano e sedicente riformista dei primi anni Trenta, era intervenuto di frequente con repressioni sanguinose e indiscriminate.
Nelle regioni del Nord più sviluppato, cioè nella Catalogna e nei Paesi Baschi, dove esisteva una certa industrializzazione, sia pure con impianti generalmente arretrati, il conflitto di classe nei primi anni Trenta si manifestava con grande evidenza: gli scioperi, sia generali che di categoria, erano molto frequenti e duri. La lotta si andava radicalizzando sia per l'atteggiamento intransigente del padronato sia per la dimensione e lo spirito dei sindacati operai. In Catalogna, la regione più moderna e sviluppata, la Confederacion Nacional del Trabajo (CNT), di tendenza anarcosindacalista risulta di gran lunga l'organizzazione maggioritaria nella primavera del 1936. Le aspettative e l'immaginario collettivo dei suoi militanti non si limitano alle rivendicazioni economiche, ma investono l'intera struttura sociale; anche le componenti della CNT più sensibili al riformismo ritengono naturale una mobilitazione rivoluzionaria per abbattere il sistema capitalista. Si tratta solo di scegliere il momento più favorevole per un'insurrezione proletaria e per l'instaurazione del "comunismo libertario", un modello di società funzionante sulla base delle strutture sindacali e orientato da principi federalisti, egualitari, autogestionari.
Anche nell'altro sindacato, la Union General de Trabajadores (UGT), legato al Partito Socialista, la componente rivoluzionaria prevale su quella moderata e risente spesso, ad esempio tra i braccianti, della concorrenza della CNT e quindi intensifica le agitazioni e propone obbiettivi di profonda trasformazione economico-sociale. Gli affiliati ai due sindacati raggiungono, nei primi mesi del 1934, il ragguardevole numero di tre milioni, più di un terzo dell'intera forza lavorativa del paese, sia stabile che precaria. Ogni cambiamento, anche quelli auspicati dai piccoli partiti repubblicani e di sinistra, deve ottenere l'appoggio di queste formazioni per avere qualche speranza di successo.
Mentre la situazione dei movimenti operai è molto negativa in buona parte dell'Europa, in particolare dopo il successo del nazismo in Germania, in Spagna l'entusiasmo e l'orgoglio delle forze popolari spingono a ritenere possibile, anzi probabile, uno sbocco di tipo rivoluzionario alla crisi complessiva del sistema produttivo e politico. Il pericolo dell'avvento di forme di potere simili a quelle del fascismo europeo, non smorza le speranze e le aspettative del movimento operaio, anzi lo sprona ad intensificare gli sforzi e ad elevare il livello di scontro: nell'ottobre del 1934, la rivolta (temporaneamente vittoriosa) dei minatori nelle Asturie fa parte della risposta di classe all'ingresso di esponenti parafascisti nel governo dei repubblicani destra. Analogamente la CNT, con il sostegno dell'organizzazione anarchica specifica, la Federacion Anarquista Iberica (FAI), proclama con forza: "Contra el fascismo, Revolucion Social!".
2. Il Fronte Popolare
Nasce alla fine del 1935 una nuova alleanza politica ed elettorale che raggruppa i partiti del centro e della sinistra parlamentare, sia moderata che estremista (vi aderisce il POUM). Il Fronte Popolare stringe contatti e collaborazioni varie, talora anche con degli anarcosindacalisti e degli anarchici.
Il Fronte Popolare spagnolo risente dell'analoga esperienza francese (che si afferma in seguito alle agitazioni operaie e alle elezioni della primavera del 1936) e, naturalmente, è influenzato dalla svolta della Terza Internazionale Comunista controllata dal PCUS stalinista. Il suo segretario, il bulgaro Dimitrov, fedele strumento di Stalin, lancia la nuova linea che prevede una alleanza con i partiti borghesi progressisti e con i socialdemocratici in funzione antifascista e antinazista. Infatti, da poco più di un anno, Hitler aveva distrutto il forte Partito Comunista Tedesco, oltre a quello socialdemocratico e a tutti gli altri oppositori, e il suo governo dalle mire espansioniste era stato individuato come il nemico più pericoloso dal governo di Mosca. In pratica, la svolta del 1934 era causata dalla necessità di difendere sul piano politico, diplomatico e soprattutto militare l'Unione Sovietica.
Nella Spagna degli inizi del 1936 il Fronte Popolare si propone di rovesciare il governo di centro-destra che, dopo aver ottenuto un successo nelle elezioni politiche del novembre del 1933 (in seguito all'astensione delle masse rurali dopo le repressioni subite ad opera del governo "progressista"), aveva attaccato le già timide riforme del primo biennio repubblicano. Le dirigenze politiche laiche e di sinistra si erano impegnate, a partire dal 1931, ad affrontare, tra molte incertezze e compromessi, i temi centrali della società spagnola: l'autonomia della Catalogna, la riforma agraria, la separazione fra Stato e Chiesa cattolica, il controllo politico delle forze armate. Inoltre il fallimento dell'insurrezione antifascista dell'ottobre del 1934 aveva portato a brutali misure poliziesche contro la base operaia e contadina (molte centinaia di fucilati dall'esercito) e, inevitabilmente, anche contro una parte dei vertici politici di sinistra (decine di arresti).
La grande promessa che permette al Fronte Popolare di vincere le elezioni del febbraio '36 è l'immediata liberazione delle decine di migliaia di detenuti, tra i quali molti anarchici condannati per i fatti dell'ottobre 1934. Questa esigenza di ridare la libertà ai presos politici fa sì che una parte degli ambienti libertari abbandoni di fatto il tradizionale astensionismo per votare i candidati di sinistra, anche se né la CNT, né tantomeno la FAI fanno pubbliche dichiarazioni in tal senso. Tale partecipazione permette al Fronte Popolare di vincere le elezioni parlamentari del febbraio '36, sia pure di misura e, in base al sistema maggioritario, di dominare le Cortes. Molti prigionieri politici vengono liberati a furor di popolo; è un fatto emblematico della situazione reale dei rapporti di forza nel paese, soprattutto nei centri urbani con notevole presenza operaia.
3. Il golpe del 18 luglio 1936
Nei pochi mesi prima del 18 luglio al governo del Fronte Popolare sfugge il controllo effettivo della società: nelle campagne del Sud i braccianti senza terra occupano le proprietà dei latifondisti, nelle città più importanti (Madrid, Barcellona, Saragozza, Siviglia...) si susseguono lotte e scioperi violenti, squadre d'azione parafasciste si scontrano con gruppi armati di operai e militanti rivoluzionari, alti esponenti dell'esercito minacciano di intervenire autonomamente per "restaurare l'ordine", i vertici della gerarchia cattolica tuonano contro l'ateismo e il materialismo dilaganti...
Le tensioni si accumulano e si aggravano; in quasi tutto il territorio la posta in gioco appare di tipo complessivo e saltano le precarie mediazioni svolte dai pochi moderati fra la destra e le sinistre. Di fatto il governo del Fronte Popolare non riesce più a soddisfare le aspettative delle classi oppresse mentre i ceti privilegiati si rendono conto dei rischi di una rivoluzione proletaria profonda e sconvolgente. I margini di una fragile e indecisa democrazia, formalmente al potere, si vanno riducendo fino a scomparire del tutto nell'estate del 1936.
Già il 17 luglio i comandanti delle truppe di stanza in Marocco si sollevano contro il governo di Madrid che entra immediatamente in crisi. I quattro generali ribelli, tra i quali Franco appare allora il più vago e confuso, possono disporre dei reparti meglio armati e più professionali, quelli del Tercio e i Regulares, la Legione Straniera spagnola che, composta per lo più da marocchini, sarà paradossalmente la principale arma della "Cruzada" antisovversiva e cattolica.
L'obbiettivo politico del golpe non sembra molto definito, al di là della restaurazione dell'ordine gerarchico nel turbolento ambiente spagnolo; manca di certo un programma organico, anche se il modello si definirà nel corso della guerra civile prendendo a prestito alcune istituzioni (ad esempio il Fuero del Trabajo, simile alla Carta del Lavoro italiana) e simboli del fascismo italiano (il saluto romano) e inserendoli nell'esaltazione del mito della Spagna imperiale, coloniale, cattolica, unita e potente.
I militari si trovano di fronte ad una reazione debole delle istituzioni repubblicane (fatto previsto) insieme ad una diffusa mobilitazione delle forze sindacali, in primis la CNT (fatto imprevisto). A Barcellona, Madrid, Valenza, Bilbao e in altre città i reparti dei generali traditori sono sconfitti da una marea popolare che, quasi senz'armi, assalta le caserme e sconfigge in poche ore truppe addestrate e ben equipaggiate. Tra i soldati si verificano frequenti atti di insubordinazione agli ufficiali golpisti e ciò limita e talora blocca la macchina del pronunciamento. Ad esempio sulle navi i marinai alzano la bandiera rossa o rossonera ed eliminano gli ufficiali.
L'iniziativa dei generali trova successo nella Vecchia Castiglia, in quasi tutta la Galizia e nell'Andalusia (compresa Siviglia), nell'Aragona centrale (compresa Saragozza). In molti casi le ambiguità dei Governatori civili repubblicani hanno impedito agli antigolpisti di avere le armi per difendersi. In breve tempo i golpisti procedono a sanguinosi massacri di oppositori (anche presunti, in base all'appartenenza alle classi subordinate) e avanzano rapidamente dal Sud al Nord, grazie allo strategico aiuto dell'Italia fascista. Già nel luglio Mussolini dà ordine di effettuare un massiccio ponte aereo di truppe scelte dal Marocco all'Andalusia e poi decide si spedire il cosiddetto Corpo Truppe Volontarie che disporrà di moderni pezzi d'artiglieria e d'aviazione, di navi e sottomarini e di quasi 70.000 soldati. La Germania nazista userà la terra di Spagna come zona di sperimentazione della propria aviazione (a Guernica nei Paesi baschi nell'aprile 1937 si proveranno gli effetti di un attacco con bombe incendiarie su un centro abitato). L'Italia non è da meno con i frequenti bombardamenti a scopo terroristico di Barcellona che causano migliaia di morti fra i civili.
I golpisti sembrano trionfare nell'autunno del 1936 e annunciano la capitolazione di Madrid, ma nella capitale si organizza dal basso una resistenza animata dai civili politicizzati che si ritrovano in unità combattenti, omogenee politicamente e affini umanamente. Il governo intanto si trasferisce nella più sicura Valenza per ... difendere meglio la Repubblica. Nel novembre 1936 giungono alle porte di Madrid le Brigate Internazionali composte da migliaia di militanti accorsi da decine di paesi e comandati, in sostanza, dalla III Internazionale di osservanza moscovita. L'URSS aveva aspettato tre mesi prima di schierare uomini e mezzi, più o meno antiquati: l'urgenza e la gravità del momento favoriscono l'effetto propagandistico del suo aiuto "solidale". Una nave carica di 500 tonnellate d'oro della riserva della Banca di Spagna è la contropartita economica di questo atto di "internazionalismo proletario".
Alla fine di novembre sul fronte madrileno muore Buenaventura Durruti, il leggendario animatore della omonima colonna che raccoglie migliaia di combattenti anarchici, catalani e no, e che aveva sostenuto dal luglio '36 il fronte aragonese. Qui erano presenti le milizie libertarie che, senza gradi gerarchici e con una tenacia dalle radici ideali, cercavano di liberare Saragozza e Huesca: senza appoggio di aviazione, artiglieria e perfino con pochi fucili e munizioni, l'impresa risultò impossibile.
La decisione di Durruti di spostarsi a Madrid, obbedendo alle richieste governative, è il simbolo del prevalere, in molti casi, della logica istituzionale su quella rivoluzionaria; nella speranza di battere il fascismo si può giungere fino a rinviare i propri progetti di fondare una società liberata. "Portiamo un mondo nuovo nei nostri cuori" aveva dichiarato Durruti, ma anche "rinunceremo a tutto fuorché alla vittoria".
4. La rivoluzione sociale
La risposta popolare al golpe reazionario aveva dimostrato, nell'estate del 1936, che la vera forza per la difesa e per lo sviluppo della libertà risiedeva nelle organizzazioni di base, nei sindacati della CNT ed, in parte, dell'UGT. L'aver battuto i militari sul loro terreno, in quei giorni di esaltazione, conferisce all'iniziativa dei lavoratori uno slancio che va ben al di là della "difesa della Repubblica". E' venuto il momento, anche se la scelta dei tempi è stata provocata dal pronunciamento, di mettere in pratica il progetto di società libertaria ed ugualitaria, è l'ora del "comunismo libertario", già scelto come modello, originale ed aperto, dal congresso della CNT di Saragozza del maggio 1936.
La fuga dei padroni, quasi sempre compromessi con i militari, rappresenta una condizione favorevole per collettivizzare le fabbriche, in particolare la regione catalana, la più sviluppata economicamente e dove la CNT è ampiamente maggioritaria.
In centinaia di imprese i lavoratori riuniti in assemblea decidono di gestire in proprio la produzione e nominano un Comité composto da delegati di operai, impiegati e tecnici per la consueta amministrazione. Sorgono subito numerosi problemi: i tecnici, gli esperti del processo produttivo, sono solo in parte disponibili a collaborare con la collettivizzazione e, in genere, chiedono un miglior trattamento salariale; talora bisogna cambiare completamente il tipo di produzione, spesso per renderlo funzionale alle pesanti esigenze belliche; l'approvvigionamento delle materie prime e la distribuzione dei prodotti lavorati devono essere ripensati e reinventati; le istituzioni repubblicane, sia centrali che regionali (la Generalitat) dopo una prima fase di impotenza vogliono riprendere le tradizionali funzioni autoritarie, sia politiche che fiscali. Malgrado i molteplici condizionamenti e i sempre più frequenti interventi del potere politico, l'esperienza resiste e continua, pur con alcuni cedimenti anti-egualitari. Nel complesso, come dimostrano anche recenti ricerche, l'autogestione operaia messa alla prova si rivela più giusta, oltre che più efficiente, della gestione gerarchica tradizionale.
Nelle campagne povere e aride dell'Aragona e in quelle fertili e ricche del Levante, l'urgenza di non perdere i raccolti estivi spinge decine di migliaia di braccianti e di piccoli contadini a condurre in proprio le operazioni finali del ciclo agrario. Già in passato l'inutilità, anzi la dannosità, dei padroni (per lo più assenteisti) aveva favorito l'idea di una gestione collettiva della terra come una via d'uscita dalla miseria e dalle ingiustizie. Nella società rurale spagnola vi era inoltre una tradizione plurisecolare di proprietà comunitaria degli abitanti del villaggio sostanzialmente solidali e abituati al mutuo appoggio. Le classi privilegiate risiedevano nelle città lontane e la loro natura parassitaria era sotto gli occhi di tutti: dai lavoratori stagionali agli artigiani, dalle donne oberate di impegni produttivi e familiari ai vecchi inabili, ma dotati di memoria storica e depositari di saggezza. le assemblee dei pueblos (villaggi) si pongono spesso, almeno fino all'estate del 1937, come momenti di riflessione e di decisione che riguardano non solo la questione della continuità delle colture, ma anche la possibilità di innovazioni tecnologiche per ridurre l'enorme fatica umana.
Il rifornimento alimentare dei combattenti, oltre che delle grandi città, è all'ordine del giorno nelle frequenti riunioni mentre nelle zone ad agricoltura moderna e specializzata, come nel territorio intorno a Valenza, si cerca di riprendere l'esportazione delle produzioni specializzate (ad esempio di agrumi). La vicinanza dei fronti, con i pericoli connessi, riduce in molti casi la durata dell'esperienza autogestionaria che registra comunque dei notevoli risultati: l'abolizione del denaro, fonte di speculazioni e di diseguaglianze, rappresenta in molte comunità rurali un obbiettivo rivoluzionario conseguito con determinazione ed orgoglio.
La Rivoluzione Sociale non è solamente un fatto economico, ma coinvolge logicamente molti aspetti della vita collettiva. La quasi scomparsa delle istituzioni clericali ha annullato il condizionamento ideologico e pratico esercitato su ampi settori della società spagnola. La mancanza del ricatto psicologico, che i preti realizzavano da lungo tempo, contribuisce alla liberazione del mondo femminile, sollecitato d'altra parte dalla moltiplicazione delle occasioni d'incontro e di socializzazione che, nei centri urbani come nei villaggi, vengono proposte da gruppi di donne sia antifasciste che libertarie. L'attività intensa e pionieristica delle Mujeres Libres, organizzazione femminile e femminista, riesce a scuotere, tra difficoltà e incomprensioni anche nel movimento libertario, certi pilastri della secolare subordinazione della donna imposta nella Spagna dal cattolicesimo e dal diffuso maschilismo.
5. Il maggio del 1937
In nome della "collaborazione antifascista" la CNT-FAI (le due sigle appaiono quasi sempre assieme dopo il luglio 1936) aveva accantonato la radicale opposizione a qualsiasi Stato o governo. Se gli anarchici especificos della FAI avevano promosso dei moti insurrezionali contro lo Stato repubblicano, nell'agosto del 1932 gli anarcosindacalisti andalusi avevano indetto uno sciopero generale a Siviglia per bloccare il tentativo di golpe monarchico del generale Sanjuro, il capo della temibile Guardia Civil. Nei primi anni Trenta si era verificata quindi un'alternanza di lotte frontali e di occasionali alleanze fra il potente movimento libertario e i partiti repubblicani.
Nel settembre 1936 la CNT e la FAI entrano a far parte della Generalitat, il governo autonomo catalano; alla fine del luglio essi ne avevano tollerato l'esistenza decidendo di non scioglierlo per motivi d'opportunità politica nei confronti del resto della Spagna e degli stati democratici europei. Nell'autunno del 1936, pur avendone ancora le possibilità, gli anarchici si orientano a non abolire le istituzioni tradizionali. Essi pensano di poterle usare, per lo meno per superare i già provati boicottaggi burocratici che hanno indebolito la lotta armata sostenuta al fronte dalle proprie milizie e che hanno limitato la sperimentazione economica e sociale in atto nelle collettività. Con il passare dei mesi si dileguano però le speranze di una rapida vittoria sui generali reazionari; essa era sembrata a portata di mano nelle prime settimane, quando il pronunciamento risultava sconfitto su due terzi del territorio spagnolo e buona parte delle truppe più addestrate erano bloccate in Marocco. In quel frangente un miglior coordinamento fra rivoluzionari e repubblicani avrebbe potuto conseguire risultati decisivi sul piano militare.
Nell'autunno del 1936, mentre i golpisti sono alle porte di Madrid, la FAI-CNT accetta di partecipare anche al governo nazionale con quattro ministri: per la prima volta uomini d'azione come Juan Garcia Oliver o propagandiste acratas come Federica Montseny, militanti da sempre estranei e contrari agli apparati statali e ai cedimenti compromissori entrano a far parte di logiche politiche fino ad allora disprezzate e combattute. La contraddizione evidente tra teoria antistatalista e prassi governativa viene giustificata con l'eccezionalità delle circostanze della guerra civile.
Intanto i partiti repubblicani, con l'aiuto determinante del PCE e del PSUC catalano egemonizzato dai comunisti stalinisti, hanno ricostruito gli apparati ministeriali collocandovi i propri elementi di fiducia e proponendosi, in tempi brevi, di eliminare gli scomodi alleati rivoluzionari (oltre alla CNT-FAI, la tendenza classista del PSOE e il piccolo POUM composto da comunisti eterodossi). La collisione, già annunciata da scontri di entità circoscritta nei primi mesi del 1937, porta infine alla tragica settimana barcellonese del 3-8 maggio.
L'occasione è fornita dalla Centrale Telefonica di Barcellona, impresa già a capitale statunitense occupata durante l'epopea del 19 luglio dagli operai e gestita da un Comitè con la partecipazione dei delegati della CNT e, in minoranza, dell'UGT. La Centrale Telefonica è un esempio concreto della forza e del ruolo degli anarchici nella capitale catalana; è un punto strategico anche per le comunicazioni fra il governo centrale e quello locale, fra i vertici politici di Valenza e di Barcellona; è un luogo dove un semplice telefonista può interloquire con gli alti esponenti istituzionali e condizionarne l'attività.
L'assalto del 3 maggio alla Telefonica è guidato da un ufficiale di polizia noto come stalinista. Gli operai della Centrale non cedono e rispondono al fuoco. In poche ore nei quartieri popolari sorgono numerose barricate come il 19 luglio: il popolo libertario e rivoluzionario non è rassegnato a subire una nuova oppressione e riprende l'iniziativa. La situazione è gravissima perché una guerra civile all'interno della guerra civile significherebbe lo sfaldamento del fronte repubblicano. Reparti anarchici e del POUM minacciano di abbandonare il fronte aragonese e di rispondere con le armi alla provocazione stalinista.
Non lo faranno solo per l'intervento di "militanti influenti" della CNT-FAI che riesce a fermare la mobilitazione libertaria e a ricomporre una parvenza d'unità in nome della lotta al fascismo; le barricate sono smantellate e i Comitè de Defensa dei vari quartieri si sciolgono tra proteste e delusioni dei militanti di base.
Intanto le sparatorie e gli agguati hanno portato a quasi 500 morti, in maggioranza libertari (tra i quali Camillo Berneri). La conclusione reale, al di là degli accordi di facciata, è un brusco ridimensionamento del peso degli anarchici e l'eliminazione del POUM, accusato di essere alleato dei franchisti e di avere la responsabilità degli scontri. Il suo segretario Andres Nin sparisce dopo l'arresto e le torture messe in atto da un commando di agenti stalinisti; i membri del Comitato Centrale vengono processati come traditori, ma le proteste di una parte dei repubblicani riescono a salvarli.
La coincidenza temporale del mayo sangriento con le purghe che nell'URSS investono molti bolscevichi della prima ora è tutt'altro che casuale: Stalin vuole distruggere alle radici ogni possibile esempio o progetto di rivoluzione che sfugga al suo controllo. La rivoluzione libertaria in atto in Spagna è in effetti una pericolosa alternativa al suo modello di socialismo di Stato soffocato da burocrati, poliziotti, gerarchi militari; è negli interessi dell'Unione Sovietica ricondurre, anche con la violenza e la calunnia, i movimenti operai all'interno della disciplinata Internazionale Comunista.
6. La sconfitta dei repubblicani
Dopo il maggio barcellonese viene accantonata ogni possibilità di realizzare quei cambiamenti sociali per i quali avevano combattuto dal luglio 1936 milioni di proletari. Un'ulteriore tappa della restaurazione dell'ordine statale centralizzato sarà, nell'agosto del 1937, lo scioglimento delle collettività rurali aragonesi ad opera della divisione comunista di Enrique Lister, divisione che per compiere questo "lavoro di polizia" abbandona il fronte.
In definitiva la guerra si sta riducendo ad una logorante sequela di battaglie che, per dimensioni e modalità, riproducono le tattiche della Prima Guerra Mondiale nella quale la Spagna era rimasta neutrale. Le grandi battaglie di Brunete e Belchite e dell'Ebro sono vani tentativi dell'esercito repubblicano di riconquistare parte dei territori che l'esercito franchista aveva occupato. Nel confronto vengono usate enormi quantità di mezzi corazzati, di artiglieria e masse di fanti sono gettate nella mischia secondo le decisioni degli alti comandi e delle dirigenze politiche.
In questo ambito è facile prevedere che, prima o poi, prevalgano i "nazionali" sui "rossi": con i primi stanno le potenze naziste e fasciste, i capitali internazionali, i gruppi privilegiati di sempre (in testa la chiesa cattolica) che riescono a condizionare anche la situazione internazionale; tra i secondi, attraverso l'imposizione dei gradi e della disciplina gerarchica si è erosa una parte cospicua dell'entusiasmo popolare per sostituirlo con la rassegnazione e l'obbedienza passiva.
Sul piano internazionale la farsa del Comitato di Non Intervento, voluto dal governo inglese e accettato anche dal Fronte Popolare francese, aveva già favorito nettamente le potenze dell'Asse nel loro sostegno militare e diplomatico ai generali golpisti. A questo livello gli interessi del capitalismo occidentale, sia quello dei paesi democratici sia quello degli stati fascisti, coincidevano con quelli dell'Internazionale Comunista nel voler soffocare il movimento rivoluzionario spagnolo e le sue realizzazioni economiche e sociali.
Franco realizza le sue conquiste a tappe: i Paesi Baschi (giugno 1937), l'Aragona (aprile 1938), la Cantabria (agosto 1938). Anche la Catalogna, baluardo dell'antifascismo rivoluzionario, cade - quasi senza combattere - nel gennaio del 1939. La sconfitta è ormai solo questione di tempo e ciò scatena quella lotta intestina già esplosa a Barcellona nella primavera del 1937; ma in questi frangenti i comunisti, che nella loro corsa al potere si erano creati molti nemici anche fra partiti repubblicani, vengono isolati e neutralizzati. Juan Negrin, un socialista filocomunista che era andato al governo dopo il maggio 1937 riducendo drasticamente la presenza della CNT-FAI a livello istituzionale, deve dimettersi.
Alcuni militari di professione fedeli alla repubblica, dopo una serie di scontri armati con reparti comunisti, nominano uno di loro capo del governo nell'illusione di poter trattare con Franco la resa a certe condizioni, cosa che il Caudillo si guarda bene dal concedere.
Il 1° aprile 1939 termina ufficialmente la guerra civile con un terribile bilancio di morti (600-800.000 secondo le varie stime), di mutilati (più di un milione), di esiliati (quasi un milione). Il volto della Spagna è ormai deturpato irrimediabilmente: l'economia è distrutta, la società è violentata, gli spagnoli, quasi tutti, sono disperati.
Inizia la lunga e terribile serie di limpieza (pulizia): fino al 1945 continuano le fucilazioni di circa 100.000 oppositori, le carceri sono piene di individui sospettati, la chiesa cattolica riprende la sua funzione di sorveglianza sul popolo e di fiancheggiamento dei potenti.
Un tetro ordine regna ormai sulla penisola iberica.
Centro Studi Libertari di Trieste
1936-1939
GUERRA CIVILE SPAGNOLA
il contesto
Dai tempi in cui era crollato il suo impero coloniale, la Spagna viveva in una condizione di arretratezza economica e politica. Durante la prima guerra mondiale il paese era rimasto neutrale, traendone grandi benefici commerciali; ma questo non aveva attenuato la tensione sociale. Il governo era nelle mani di un gruppo di politici reazionari e corrotti, rappresentanti dell’aristocrazia terriera, e godeva dell’appoggio dell’esercito e della Chiesa, potente e fedele agli interessi dell’aristocrazia. Poche erano le regioni industrializzate e in queste si erano rafforzate le organizzazioni dei lavoratori.
la repubblica
La monarchia durò fino al 1931, quando il successo dei repubblicani e dei socialisti alle elezioni costrinse il re ad andare in esilio: venne allora proclamata la repubblica e il nuovo governo promosse una politica di moderate riforme. Tuttavia il nuovo governo repubblicano fu presto intralciato dalle forze reazionarie. Lo scontro tra i partiti si intensificò – aggravato da scioperi, da insurrezioni, dalle spinte separatiste dei Paesi Baschi e della Catalogna – e presto sfociò in frequenti crisi di governo e in delitti politici.
Nel 1933, anno di fondazione della Falange, le destre vincono le elezioni e conquistano il potere grazie al sostegno dei proprietari terrieri e della Chiesa allarmati dalle timide riforme del nuovo governo.
la vittoria
del fronte
popolare
Nel febbraio del 1936 il Fronte popolare vince le elezioni grazie anche all’apporto degli anarchici, influenti sulle masse contadine e operaie spagnole, che speravano in una rivoluzione sociale. Il Fronte popolare cercò di realizzare moderate riforme (importante quella agraria in favore dei contadini poveri, ai quali vengono concesse libertà politiche e aumenti salariali in un paese per molti aspetti semifeudale). Ma Chiesa, possidenti terrieri e caste militari, terrorizzate dalle iniziative politiche, animano la ribellione latente dell’esercito e finanziano la Falange, un’organizzazione fascista, affinché schiacci il governo legittimò e la Repubblica.
Da una parte stava il Fronte popolare, composto da democratici borghesi, socialisti, comunisti e anarchici, la cui politica mirava:
* a togliere la proprietà della terra ai proprietari terrieri e alla Chiesa, contro i quali provavano un fortissimo odio dato la loro situazione di povertà
* a trasformare le strutture sociali ed economiche del paese con forme di autogestione nelle fabbriche e nelle miniere, con l’esproprio e la collettivizzazione dei latifondi, con l’abolizione dei privilegi della Chiesa cattolica, protetta tradizionalmente dallo stato e alla quale appartenevano consistenti proprietà terriere e l’istruzione.
dall'altra parte, i proprietari terrieri (latifondisti) e la Chiesa cattolica si allearono alla Falange, un movimento che puntava a stabilire la dittatura fascista per garantirsi il controllo dello Stato e per affermare la supremazia del fascismo nei confronti degli stati democratici.
la guerra
civile
Il 17 luglio 1936 le truppe spagnole di stanza in Marocco, agli ordini del generale Francisco Franco, detto il "caudillo" (più o meno come l'italiano 2duce" e il tedesco "fuhrer"), insorsero contro il governo repubblicano e, sbarcate sul territorio metropolitano con l’aiuto dell’aviazione italiana, si unirono ad altri insorti.
Il governo, abbandonato da gran parte dell’esercito, fu affiancato dalle organizzazioni operaie e da comitati rivoluzionari popolari. Fu l’inizio di una sanguinosa guerra civile, che vide da una parte i nazionalisti, appoggiati militarmente dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e dal governo fascista del portoghese Salazar, e dal favore della Chiesa, dall’altra le sinistre, profondamente divise tra loro e moderatamente sostenute dall’Unione Sovietica. Mentre le potenze democratiche europee proclamavano il "non intervento", accorrevano in Spagna in sostegno della Repubblica molti volontari che costituivano le "brigate internazionali", a prevalente direzione comunista. Fra i numerosi italiani (in larga parte antifacisti fuorusciti) spiccano i fratelli Carlo e Nello Rosselli, il socialista Pietro Nenni e il comunista Luigi Longo, che fu il Comandante delle Brigate.
Nel caos generale il nuovo governo, presieduto dal socialista Largo Caballero, non riuscì a far fronte alle forze franchiste, sostenute massicciamente dall’aviazione tedesca e dalle truppe inviate dal gorverno italiano. Nel settembre 1936 una Giunta della Difesa Nazionale, costituita a Burgos, proclamò Franco capo dello stato spagnolo. Era l'inizio della guerra civile che avrebbe insanguinato la Spagna fino al 1939.
CRONOLOGIA
1936 feb.
Successo elettorale del Fronte Popolare che riunisce i partiti di sinistra. Presidente del consiglio è il repubblicano M. Azaña, che nel giugno viene eletto presidente della Repubblica.
1936 lug.
Assassinio del deputato monarchico Calvo Sotelo da parte della polizia. Rivolta militare nel Marocco spagnolo capeggiato dal generale J. Sanjurio (capo designato dei rivoltosi, che muore però in un incidente aereo), E. Mola, G. Queipo de Llana e Francisco Franco. Costituzione di una giunta militare a Burgos.
1936 ago.
Il presidente del consiglio francese Leon Blum propone un accordo di non intervento in Spagna, mentre i nazionalisti conquistano Badajoz.
1936 set.
Costituzione del nuovo governo repubblicano diretto dal socialista F. Largo Caballero. Francisco Franco diviene capo unico della giunta militare.
1937 feb.
I nazionalisti conquistarono Malaga con l’aiuto del Corpo Truppe Volontarie inviato dal governo italiano, che nel marzo è sconfitto a Guadalajara dalle Brigate internazionali.
1937 apr.
Aerei della Legione Condor tedesca bombardano a tappeto la città basca Guernica.
1937 mag.
Scontri tra comunisti e anarchici a Barcellona; Largo Caballero è sostituito a capo del governo dal socialista di sinistra J. Negrìz.
1937 giu.
I nazionalisti conquistano Bilbao e occupano Asturie e Province Basche.
1937 ott.
I nazionalisti conquistano Gijon, completando l’occupazione della parte nordoccidentale della Spagna.
1938 nov.
Le Brigate Internazionali vengono ritirate dal fronte.
1939 gen.
I nazionalisti conquistano Barcellona.
1939 feb.
Il governo di Franco è riconosciuto dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Azaña, rifugiatosi a Parigi, rassegna le dimissioni.
1939 mar.
I nazionalisti entrano a Madrid ponendo fine alla guerra civile. In totale i morti furono più di un milione.
CONSEGUENZE POLITICHE
Seguì l'instaurazione di un regime dittatoriale ispirato al fascismo e diretto dal generalissimo Franco, che durerà, con il benestare delle classi agiate e delle gerarchie cattoliche, fino alla morte del "caudillo", avvenuta nel 1975.
Ma la guerra civile spagnola ebbe un significato ideologico che andava al di là delle vicende spagnole: essa era diventata una battaglia più generale tra il fascismo da una parte e la democrazia liberale e il comunismo dall’altra. Dopo tre anni di guerra, che costò quasi un milione di morti, la repubblica cedette: i falangisti, largamente superiori dal punto di vista militare grazie ai massicci interventi italiani e tedeschi, conquistarono il potere. A partire dal 1939 venne instaurata una dittatura clerico – reazionaria retta da Francisco Franco. Questo governo venne riconosciuto da Francia e Inghilterra che, con la loro politica di non intervento, avevano contribuito a determinare l’esito della guerra civile e avevano confermato la loro disponibilità a cedere nei confronti della politica aggressiva dei regimi fascisti.
ALTRO...
Unite dal medesimo orientamento politico Germania, Italia e Giappone strinsero più solidi rapporti di alleanza. Nell'ottobre del 1936 Hitler e Mussolini stipulano un accordo (Asse Roma-Berlino) al quale fece seguito, poco dopo la partecipazione nipponica, l'Asse Roma-Berlino-Tokio, caratterizzato dal comune impegno anticomunista e dal comune disegno di modificare a proprio vantaggio gli equilibri imperialistici preesistenti.
Nel maggio del 1939 l’Italia e la Germania stipularono un altro trattato di alleanza: il cosiddetto "Patto d’acciaio". Esso prevedeva che, nel caso una delle due parti fosse entrata in guerra, l’altra sarebbe stata impegnata ad intervenire in suo aiuto. In questo modo l’Italia, pur essendo del tutto impreparata ad una guerra di grandi dimensioni, era in balìa dell’aggressivo espansionismo tedesco, che sembrava inevitabilmente portare alla guerra.
1936-1939
GUERRA CIVILE SPAGNOLA
Le condizioni economiche e sociali della Spagna di inizio ‘900 erano caratterizzate da un grande sottosviluppo e da una forte influenza della Chiesa cattolica . Nel 1923 vi fu il cinquantesimo colpo di stato (calcolati a partire dal 1814) attuato da Miguel Primo de Rivera che si avvalse dell’appoggio del re e del clero.
La dittatura di de Rivera durò fino al 1930 quando fu costretto ad abbandonare il Paese e si tennero nuove elezioni che videro la vittoria della sinistra (repubblicani e socialisti) grazie al determinate appoggio degli anarchici e dei radicali borghesi. Fu proclamata la Repubblica alla cui guida venne eletto il repubblicano moderato Zamora che affidò la guida del governo al leader repubblicano Azana il cui Ministro del Lavoro fu il socialista Largo Caballero.
Il nuovo governo attuò una serie di riforme laiche e progressiste tendenti a modernizzare il Paese e a ridurre l’influenza del clero e dei proprietari terrieri nella vita della nuova Spagna repubblicana.
Queste riforme alienarono le simpatie dei radicali (per i quali erano troppo avanzate) e degli anarchici (per cui erano, invece, troppo moderate) e il governo venne sconfitto alle Cortes (Parlamento) nel 1933. Il 19 novembre dello stesso anno si tennero le elezioni legislative che videro la vittoria della destra moderata guidata da Lerruox che fu a capo di un governo di centro-destra che godeva dell’appoggio della “falange”, un gruppo fascisteggiante fondato da Josè Antonio de Rivera, figlio di Miguel Primo).
Nel 1935 il governo conservatore entrò in crisi per le fratture insanabili tra la destra moderata e quella estremista. Il Presidente della Repubblica Zamora scioglie nuovamente le Cortes ed indice nuove elezioni a cui la sinistra, anche in ottemperanza alla “direttiva Dimitrov”, si presenta unita nella forma del “Fronte popolare” che, sull’esperienza francese, vede alleati radicali, repubblicani, socialisti, comunisti, anarchici e alcuni cattolici progressisti. Il 7gennaio il Fronte popolare ottiene il 48 % dei voti (46 % alla destra, 6 % al centro) e, in virtù della legge elettorale maggioritaria, la maggioranza assoluta dei seggi alle Cortes.
AZANA diviene Presidente della Repubblica e il repubblicano QUIROGA forma il governo che attua riforme molto radicali ed incisive. Il 17 e il 18 luglio 1936 le truppe guidate dal generale FRANCISCO FRANCO pronunciano l’ennesimo Alzamineto, ossia il colpo di stato non riconoscendo valido il governo legittimamente eletto dal Parlamento votato dai cittadini.
Inizia una sanguinosa guerra civile in cui i franchisti godono dell’appoggio di Mussolini e di Hitler, invece i repubblicani solo di quello dell’Urss di Stalin e del Messico poiché le grandi democrazie europee (Gran Bretagna e Francia in testa) mantengono una posizione ambigua e di sostanziale neutralità che finisce per il favorire i fascisti i Franco. Lo sdegno per quanto avviene in terra iberica è, invece, ben presente nelle popolazioni (sia proletaria, sia borghese) del mondo democratico: migliaia di volontari accorrono da tutto il mondo per dare vita alle brigate internazionali per difendere la Repubblica spagnola: “Oggi a Madrid domani a Roma, siamo antifascisti poiché non misuriamo la patria a cannoni ed a frontiere, la nostra patria corrisponde con quella di tutti gli uomini liberi.” (Carlo Rosselli).
Intellettuali (come ad esempio T. Mann, E. Hemingeay, G. Orwell, A. Malraux, Pablo Neruda e B. Brecht) o politici di primo livello (per l’Italia basti ricordare P. Togliatti, P. Nenni, G. Di Vittorio, i fratelli Carlo e Nello Roselli e Leo Valiani tutti membri della Brigata Internazionale Garibaldi guidata dal segretario del Pri Randolfo Pacciardi).
Simbolo della guerra civile fu la famosa foto di J. Capra che immortalava un miliziano repubblicano che cade morendo sotto i colpi dei fascisti: è il simbolo grafico del motto dei repubblicani coniato dalla segretaria del Partito Comunista Spagnolo, Dolores Ibarrurri (detta la Pasinaria) per cui era “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.” Le barbarie attuate dai franchisti e dai loro alleati italo-tedeschi e i bombardamenti ai danni dei civili da questi perpetuati sono rappresentati dai colpi di pennello intrisi di dolore da cui è scaturito quel grande capolavoro della pittura che è Guernica.
Gli scontri tra gli anarchici e i comunisti (nel 1936 vi erano solo 15 deputati del Partito Comunista, nel 1937 ben 12 mila miliziani erano comunisti!) mineranno alla base la stabilità della repubblica che, tra l’indifferenza e l’accondiscendenza dei governi di Londra e di Parigi, verrà travolta dalle truppe franchiste nel 1939 dopo 3 anni di dura e sanguinosa lotta che è costata a tutta la Spagna, sia di parte franchista, sia repubblicana, oltre un milione di morti.
Francisco Franco proclamò la dittatura che, fino alla sua morte ha governato la Spagna moderna uccidendo, fino agli anni ’50, 150 mila antifranchisti.
L’esperienza e la tragedia della guerra civile spagnola, ben testimoniata nelle indimenticabili pagine del romanzo Per chi suona la campana di Emingway, insegnano che, per usare la parole di Leo Valiani “La democrazia è sacra e va difesa a tutti i costi, anche con le armi se necessario. ”
By Luca Molinari
il contesto
Dai tempi in cui era crollato il suo impero coloniale, la Spagna viveva in una condizione di arretratezza economica e politica. Durante la prima guerra mondiale il paese era rimasto neutrale, traendone grandi benefici commerciali; ma questo non aveva attenuato la tensione sociale. Il governo era nelle mani di un gruppo di politici reazionari e corrotti, rappresentanti dell’aristocrazia terriera, e godeva dell’appoggio dell’esercito e della Chiesa, potente e fedele agli interessi dell’aristocrazia. Poche erano le regioni industrializzate e in queste si erano rafforzate le organizzazioni dei lavoratori.
la repubblica
La monarchia durò fino al 1931, quando il successo dei repubblicani e dei socialisti alle elezioni costrinse il re ad andare in esilio: venne allora proclamata la repubblica e il nuovo governo promosse una politica di moderate riforme. Tuttavia il nuovo governo repubblicano fu presto intralciato dalle forze reazionarie. Lo scontro tra i partiti si intensificò – aggravato da scioperi, da insurrezioni, dalle spinte separatiste dei Paesi Baschi e della Catalogna – e presto sfociò in frequenti crisi di governo e in delitti politici.
Nel 1933, anno di fondazione della Falange, le destre vincono le elezioni e conquistano il potere grazie al sostegno dei proprietari terrieri e della Chiesa allarmati dalle timide riforme del nuovo governo.
la vittoria del fronte popolare
Nel febbraio del 1936 il Fronte popolare vince le elezioni grazie anche all’apporto degli anarchici, influenti sulle masse contadine e operaie spagnole, che speravano in una rivoluzione sociale. Il Fronte popolare cercò di realizzare moderate riforme (importante quella agraria in favore dei contadini poveri, ai quali vengono concesse libertà politiche e aumenti salariali in un paese per molti aspetti semifeudale). Ma Chiesa, possidenti terrieri e caste militari, terrorizzate dalle iniziative politiche, animano la ribellione latente dell’esercito e finanziano la Falange, un’organizzazione fascista, affinché schiacci il governo legittimò e la Repubblica.
Da una parte stava il Fronte popolare, composto da democratici borghesi, socialisti, comunisti e anarchici, la cui politica mirava:
* a togliere la proprietà della terra ai proprietari terrieri e alla Chiesa, contro i quali provavano un fortissimo odio dato la loro situazione di povertà
* a trasformare le strutture sociali ed economiche del paese con forme di autogestione nelle fabbriche e nelle miniere, con l’esproprio e la collettivizzazione dei latifondi, con l’abolizione dei privilegi della Chiesa cattolica, protetta tradizionalmente dallo stato e alla quale appartenevano consistenti proprietà terriere e l’istruzione.
dall'altra parte, i proprietari terrieri (latifondisti) e la Chiesa cattolica si allearono alla Falange, un movimento che puntava a stabilire la dittatura fascista per garantirsi il controllo dello Stato e per affermare la supremazia del fascismo nei confronti degli stati democratici.
la guerra civile
Il 17 luglio 1936 le truppe spagnole di stanza in Marocco, agli ordini del generale Francisco Franco, detto il "caudillo" (più o meno come l'italiano "duce" e il tedesco "fuhrer"), insorsero contro il governo repubblicano e, sbarcate sul territorio metropolitano con l’aiuto dell’aviazione italiana, si unirono ad altri insorti.
Il governo, abbandonato da gran parte dell’esercito, fu affiancato dalle organizzazioni operaie e da comitati rivoluzionari popolari. Fu l’inizio di una sanguinosa guerra civile, che vide da una parte i nazionalisti, appoggiati militarmente dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e dal governo fascista del portoghese Salazar, e dal favore della Chiesa, dall’altra le sinistre, profondamente divise tra loro e moderatamente sostenute dall’Unione Sovietica.
Mentre le potenze democratiche europee proclamavano il "non intervento", accorrevano in Spagna in sostegno della Repubblica molti volontari che costituivano le "brigate internazionali", a prevalente direzione comunista. Fra i numerosi italiani (in larga parte antifacisti fuorusciti) spiccano i fratelli Carlo e Nello Rosselli, il socialista Pietro Nenni e il comunista Luigi Longo, che fu il Comandante delle Brigate.
Nel caos generale il nuovo governo, presieduto dal socialista Largo Caballero, non riuscì a far fronte alle forze franchiste, sostenute massicciamente dall’aviazione tedesca e dalle truppe inviate dal gorverno italiano.
Nel settembre 1936 una Giunta della Difesa Nazionale, costituita a Burgos, proclamò Franco capo dello stato spagnolo.
Era l'inizio della guerra civile che avrebbe insanguinato la Spagna fino al 1939.
CRONOLOGIA
1936 feb.
* Successo elettorale del Fronte Popolare che riunisce i partiti di sinistra. Presidente del consiglio è il repubblicano M. Azaña, che nel giugno viene eletto presidente della Repubblica.
1936 lug.
* Assassinio del deputato monarchico Calvo Sotelo da parte della polizia.
* Rivolta militare nel Marocco spagnolo capeggiato dal generale J. Sanjurio (capo designato dei rivoltosi, che muore però in un incidente aereo), E. Mola, G. Queipo de Llana e Francisco Franco.
* Costituzione di una giunta militare a Burgos.
1936 ago.
* Il presidente del consiglio francese Leon Blum propone un accordo di non intervento in Spagna, mentre i nazionalisti conquistano Badajoz.
1936 set.
* Costituzione del nuovo governo repubblicano diretto dal socialista F. Largo Caballero.
* Francisco Franco diviene capo unico della giunta militare.
1937 feb.
* I nazionalisti conquistarono Malaga con l’aiuto del Corpo Truppe Volontarie inviato dal governo italiano, che nel marzo è sconfitto a Guadalajara dalle Brigate internazionali.
1937 apr.
* Aerei della Legione Condor tedesca bombardano a tappeto la città basca Guernica.
1937 mag.
* Scontri tra comunisti e anarchici a Barcellona; Largo Caballero è sostituito a capo del governo dal socialista di sinistra J. Negrìz.
1937 giu.
* I nazionalisti conquistano Bilbao e occupano Asturie e Province Basche.
1937 ott.
* I nazionalisti conquistano Gijon, completando l’occupazione della parte nordoccidentale della Spagna.
1938 nov.
* Le Brigate Internazionali vengono ritirate dal fronte.
1939 gen.
* I nazionalisti conquistano Barcellona.
1939 feb.
* Il governo di Franco è riconosciuto dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
* Azaña, rifugiatosi a Parigi, rassegna le dimissioni.
1939 mar.
* I nazionalisti entrano a Madrid ponendo fine alla guerra civile. In totale i morti furono più di un milione.
ALTRO...
Unite dal medesimo orientamento politico Germania, Italia e Giappone strinsero più solidi rapporti di alleanza. Nell'ottobre del 1936 Hitler e Mussolini stipulano un accordo (Asse Roma-Berlino) al quale fece seguito, poco dopo la partecipazione nipponica, l'Asse Roma-Berlino-Tokio, caratterizzato dal comune impegno anticomunista e dal comune disegno di modificare a proprio vantaggio gli equilibri imperialistici preesistenti.
Nel maggio del 1939 l’Italia e la Germania stipularono un altro trattato di alleanza: il cosiddetto "Patto d’acciaio". Esso prevedeva che, nel caso una delle due parti fosse entrata in guerra, l’altra sarebbe stata impegnata ad intervenire in suo aiuto. In questo modo l’Italia, pur essendo del tutto impreparata ad una guerra di grandi dimensioni, era in balìa dell’aggressivo espansionismo tedesco, che sembrava inevitabilmente portare alla guerra.
(Quest'ultima parte sopra è stata compilata da
gli allievi dell' ISTITUTO RICCATI - TREVISO )
DALLE PAGINE DI CRONOLOGIA (ANNO 1938)
... Una follia Mussolini l'aveva già fatta in Spagna, mandando un contingente in aiuto ai franchisti, che lo stesso Franco non aveva per nulla richiesto. Stessa cosa fece Hitler che mandò delle squadriglie di aerei da caccia e dei bombardieri che si trasformarono in giustizieri senza scrupoli.
Aprirono un capitolo nuovo nella guerra "moderna" !
Gli italiani erano 50.000 uomini (alla fine saranno 74.285 e 5699 aviatori militari e 312 piloti civili) con 763 aeroplani, 141 motori di aerei, 1672 tonnellate di bombe, 9.250.000 cartucce, 1930 cannoni, 10.135 mitragliatori, 240.747 fucili, 7.514.537 proiettili di cannone, 7663 automezzi e 91 unità navali. Dalla stampa di allora apprendiamo anche che furono fatte 5318 incursioni aeree. Il tutto costò all'Italia (che stava facendo l'autarchia) la bellezza di 14 miliardi e mezzo di lire che Mussolini fatturò a Franco; ma gli mandò il conto solo quando non volle schierarsi con lui a fianco di Hitler nel 1940. La Spagna di Franco non pagò mai questo debito.
Dopo la cocente sconfitta a Guadajara, Mussolini e Hitler erano decisi di farla pagare a Franco; terrorizzando i governativi e gli italiani antifascisti che erano andati volontari, causando così una guerra di italiani contro italiani su un suolo straniero).
Non trovarono di meglio i due dittatori che coordinare una alleanza per fare...... il primo bombardamento della storia su una città e su una popolazione civile; a Guernica il 27 aprile 1937. Fu rasa al suolo; dei 7000 abitanti 1650 morirono innocentemente. Il mondo inorridì, i tedeschi negarono, mentre gli italiani dissero che non vi avevano partecipato, che le case erano saltate in aria da sole perchè avevano dentro delle munizioni. Falsi entrambi. Goring al processo di Norimberga nel 1946, confermò che era stato lui a fare il bombardamento, dicendo "che era stato un esperimento" e cinicamente aggiunse "perfettamente riuscito".
Anche gli italiani non erano affatto estranei: tre aerei italiani avevano partecipato al grande crimine ed erano tre bombardieri S. Marchetti 79, comandati dal Capitano Castellani, Tenente Porro, Tenente Fracasso. E altri che scopriamo più avanti. Poi leggendo un documento che Ciano mandò a Mussolini pochi giorni dopo, abbiamo una conferma in una nota dove troviamo sia gli attriti e le insofferenze delle tre Armi, che la conferma all'eccidio. "Bene in Spagna. Grande vittoria quella odierna. Un colpo duro per la Spagna rossa. L'offensiva continua. Nell'impresa trovo la costante opposizione della marina che fa resistenza passiva. L'esercito, con regolarita'. La Milizia con slancio. Ma é l'aeronautica che va benissimo. Ma io e te Duce ne siamo i responsabili, coloro che ne hanno il merito. Ho dato ordine di bombardare stanotte anche Valenza. Bisogna cogliere il momento per terrorizzare il nemico". Mussolini si convince e si fa prendere la mano, ordina ai piloti il bombardamento di Barcellona e lo vuole sistematico fatto a tappeto. Proteste in tutto il mondo e dal Vaticano; persino lo stesso Franco e i tedeschi chiedono al Duce meno efferatezza. Ma Ciano non demorde "i nostri nove S.79 in un minuto e mezzo su Barcellona hanno polverizzato palazzi, ponti, seminato il panico che diveniva follia; 500 morti, 1500 feriti; era tutto cosi' realisticamente terrorizzante. E' una buona lezione per il futuro".
E' insomma la prova generale della Seconda Guerra Mondiale. Non servono altri commenti! Anche se su questi bombardamenti valgono le considerazioni fatte nel precedente anno (folli lo diventarono tutti) Con una nota stonata in coda a questa guerra che finirà con la vittoria dei fascisti il 28 marzo del '39 con la capitolazione di Madrid. Infatti dopo che é morto Pio XI il 10 febbraio del '39, il nuovo Papa, eletto poi il 2 marzo, Pio XII Eugenio Pacelli, riceve il 18 marzo '39 in visita ufficiale proprio Galeazzo Ciano. Il "bombardiere" che ".con 500 morti ...dava lezioni per il futuro su Barcellona"! Pio XII, plaude alla conclusione della guerra in Spagna dove "ora risplende nuovamente la grande tradizione cattolica", "baluardo inespugnabile della fede". Il plauso lo fa personalmente a Ciano e lo fa anche con il Radiomessaggio alla nazione il 16 aprile '39.
Ciano fra poco però comincerà anche lui a rendersi conto di che "razza" sono gli alleati; inizia fra le quinte a costituire un fronte antitedesco (vedi CIANO CI RIPENSA) in seguito anti mussoliniano, lui che é il genero; fino a votare la sua destituzione, che gli costerà la fucilazione per tradimento. Anche se nel concludere la lettera di sopra (quella da Barcellona) aveva scritto "Un giorno si riconoscerà che sei grande". (!!!) Non immaginava certo di fare la fine che ha fatto!
http://www.cronologia.it/storia/tabello/tabe1534.htm
1936-1939
GUERRA CIVILE SPAGNOLA
Le condizioni economiche e sociali della Spagna di inizio ‘900 erano caratterizzate da un grande sottosviluppo e da una forte influenza della Chiesa cattolica . Nel 1923 vi fu il cinquantesimo colpo di stato (calcolati a partire dal 1814) attuato da Miguel Primo de Rivera che si avvalse dell’appoggio del re e del clero.
La dittatura di de Rivera durò fino al 1930 quando fu costretto ad abbandonare il Paese e si tennero nuove elezioni che videro la vittoria della sinistra (repubblicani e socialisti) grazie al determinate appoggio degli anarchici e dei radicali borghesi. Fu proclamata la Repubblica alla cui guida venne eletto il repubblicano moderato Zamora che affidò la guida del governo al leader repubblicano Azana il cui Ministro del Lavoro fu il socialista Largo Caballero.
Il nuovo governo attuò una serie di riforme laiche e progressiste tendenti a modernizzare il Paese e a ridurre l’influenza del clero e dei proprietari terrieri nella vita della nuova Spagna repubblicana.
Queste riforme alienarono le simpatie dei radicali (per i quali erano troppo avanzate) e degli anarchici (per cui erano, invece, troppo moderate) e il governo venne sconfitto alle Cortes (Parlamento) nel 1933. Il 19 novembre dello stesso anno si tennero le elezioni legislative che videro la vittoria della destra moderata guidata da Lerruox che fu a capo di un governo di centro-destra che godeva dell’appoggio della “falange”, un gruppo fascisteggiante fondato da Josè Antonio de Rivera, figlio di Miguel Primo).
Nel 1935 il governo conservatore entrò in crisi per le fratture insanabili tra la destra moderata e quella estremista. Il Presidente della Repubblica Zamora scioglie nuovamente le Cortes ed indice nuove elezioni a cui la sinistra, anche in ottemperanza alla “direttiva Dimitrov”, si presenta unita nella forma del “Fronte popolare” che, sull’esperienza francese, vede alleati radicali, repubblicani, socialisti, comunisti, anarchici e alcuni cattolici progressisti. Il 7gennaio il Fronte popolare ottiene il 48 % dei voti (46 % alla destra, 6 % al centro) e, in virtù della legge elettorale maggioritaria, la maggioranza assoluta dei seggi alle Cortes.
AZANA diviene Presidente della Repubblica e il repubblicano QUIROGA forma il governo che attua riforme molto radicali ed incisive. Il 17 e il 18 luglio 1936 le truppe guidate dal generale FRANCISCO FRANCO pronunciano l’ennesimo Alzamineto, ossia il colpo di stato non riconoscendo valido il governo legittimamente eletto dal Parlamento votato dai cittadini.
Inizia una sanguinosa guerra civile in cui i franchisti godono dell’appoggio di Mussolini e di Hitler, invece i repubblicani solo di quello dell’Urss di Stalin e del Messico poiché le grandi democrazie europee (Gran Bretagna e Francia in testa) mantengono una posizione ambigua e di sostanziale neutralità che finisce per il favorire i fascisti i Franco. Lo sdegno per quanto avviene in terra iberica è, invece, ben presente nelle popolazioni (sia proletaria, sia borghese) del mondo democratico: migliaia di volontari accorrono da tutto il mondo per dare vita alle brigate internazionali per difendere la Repubblica spagnola: “Oggi a Madrid domani a Roma, siamo antifascisti poiché non misuriamo la patria a cannoni ed a frontiere, la nostra patria corrisponde con quella di tutti gli uomini liberi.” (Carlo Rosselli).
Intellettuali (come ad esempio T. Mann, E. Hemingeay, G. Orwell, A. Malraux, Pablo Neruda e B. Brecht) o politici di primo livello (per l’Italia basti ricordare P. Togliatti, P. Nenni, G. Di Vittorio, i fratelli Carlo e Nello Roselli e Leo Valiani tutti membri della Brigata Internazionale Garibaldi guidata dal segretario del Pri Randolfo Pacciardi).
Simbolo della guerra civile fu la famosa foto di J. Capra che immortalava un miliziano repubblicano che cade morendo sotto i colpi dei fascisti: è il simbolo grafico del motto dei repubblicani coniato dalla segretaria del Partito Comunista Spagnolo, Dolores Ibarrurri (detta la Pasinaria) per cui era “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio.” Le barbarie attuate dai franchisti e dai loro alleati italo-tedeschi e i bombardamenti ai danni dei civili da questi perpetuati sono rappresentati dai colpi di pennello intrisi di dolore da cui è scaturito quel grande capolavoro della pittura che è Guernica.
Gli scontri tra gli anarchici e i comunisti (nel 1936 vi erano solo 15 deputati del Partito Comunista, nel 1937 ben 12 mila miliziani erano comunisti!) mineranno alla base la stabilità della repubblica che, tra l’indifferenza e l’accondiscendenza dei governi di Londra e di Parigi, verrà travolta dalle truppe franchiste nel 1939 dopo 3 anni di dura e sanguinosa lotta che è costata a tutta la Spagna, sia di parte franchista, sia repubblicana, oltre un milione di morti.
Francisco Franco proclamò la dittatura che, fino alla sua morte ha governato la Spagna moderna uccidendo, fino agli anni ’50, 150 mila antifranchisti.
L’esperienza e la tragedia della guerra civile spagnola, ben testimoniata nelle indimenticabili pagine del romanzo Per chi suona la campana di Emingway, insegnano che, per usare la parole di Leo Valiani “La democrazia è sacra e va difesa a tutti i costi, anche con le armi se necessario. ”
By Luca Molinari
il contesto
Dai tempi in cui era crollato il suo impero coloniale, la Spagna viveva in una condizione di arretratezza economica e politica. Durante la prima guerra mondiale il paese era rimasto neutrale, traendone grandi benefici commerciali; ma questo non aveva attenuato la tensione sociale. Il governo era nelle mani di un gruppo di politici reazionari e corrotti, rappresentanti dell’aristocrazia terriera, e godeva dell’appoggio dell’esercito e della Chiesa, potente e fedele agli interessi dell’aristocrazia. Poche erano le regioni industrializzate e in queste si erano rafforzate le organizzazioni dei lavoratori.
la repubblica
La monarchia durò fino al 1931, quando il successo dei repubblicani e dei socialisti alle elezioni costrinse il re ad andare in esilio: venne allora proclamata la repubblica e il nuovo governo promosse una politica di moderate riforme. Tuttavia il nuovo governo repubblicano fu presto intralciato dalle forze reazionarie. Lo scontro tra i partiti si intensificò – aggravato da scioperi, da insurrezioni, dalle spinte separatiste dei Paesi Baschi e della Catalogna – e presto sfociò in frequenti crisi di governo e in delitti politici.
Nel 1933, anno di fondazione della Falange, le destre vincono le elezioni e conquistano il potere grazie al sostegno dei proprietari terrieri e della Chiesa allarmati dalle timide riforme del nuovo governo.
la vittoria del fronte popolare
Nel febbraio del 1936 il Fronte popolare vince le elezioni grazie anche all’apporto degli anarchici, influenti sulle masse contadine e operaie spagnole, che speravano in una rivoluzione sociale. Il Fronte popolare cercò di realizzare moderate riforme (importante quella agraria in favore dei contadini poveri, ai quali vengono concesse libertà politiche e aumenti salariali in un paese per molti aspetti semifeudale). Ma Chiesa, possidenti terrieri e caste militari, terrorizzate dalle iniziative politiche, animano la ribellione latente dell’esercito e finanziano la Falange, un’organizzazione fascista, affinché schiacci il governo legittimò e la Repubblica.
Da una parte stava il Fronte popolare, composto da democratici borghesi, socialisti, comunisti e anarchici, la cui politica mirava:
* a togliere la proprietà della terra ai proprietari terrieri e alla Chiesa, contro i quali provavano un fortissimo odio dato la loro situazione di povertà
* a trasformare le strutture sociali ed economiche del paese con forme di autogestione nelle fabbriche e nelle miniere, con l’esproprio e la collettivizzazione dei latifondi, con l’abolizione dei privilegi della Chiesa cattolica, protetta tradizionalmente dallo stato e alla quale appartenevano consistenti proprietà terriere e l’istruzione.
dall'altra parte, i proprietari terrieri (latifondisti) e la Chiesa cattolica si allearono alla Falange, un movimento che puntava a stabilire la dittatura fascista per garantirsi il controllo dello Stato e per affermare la supremazia del fascismo nei confronti degli stati democratici.
la guerra civile
Il 17 luglio 1936 le truppe spagnole di stanza in Marocco, agli ordini del generale Francisco Franco, detto il "caudillo" (più o meno come l'italiano "duce" e il tedesco "fuhrer"), insorsero contro il governo repubblicano e, sbarcate sul territorio metropolitano con l’aiuto dell’aviazione italiana, si unirono ad altri insorti.
Il governo, abbandonato da gran parte dell’esercito, fu affiancato dalle organizzazioni operaie e da comitati rivoluzionari popolari. Fu l’inizio di una sanguinosa guerra civile, che vide da una parte i nazionalisti, appoggiati militarmente dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e dal governo fascista del portoghese Salazar, e dal favore della Chiesa, dall’altra le sinistre, profondamente divise tra loro e moderatamente sostenute dall’Unione Sovietica.
Mentre le potenze democratiche europee proclamavano il "non intervento", accorrevano in Spagna in sostegno della Repubblica molti volontari che costituivano le "brigate internazionali", a prevalente direzione comunista. Fra i numerosi italiani (in larga parte antifacisti fuorusciti) spiccano i fratelli Carlo e Nello Rosselli, il socialista Pietro Nenni e il comunista Luigi Longo, che fu il Comandante delle Brigate.
Nel caos generale il nuovo governo, presieduto dal socialista Largo Caballero, non riuscì a far fronte alle forze franchiste, sostenute massicciamente dall’aviazione tedesca e dalle truppe inviate dal gorverno italiano.
Nel settembre 1936 una Giunta della Difesa Nazionale, costituita a Burgos, proclamò Franco capo dello stato spagnolo.
Era l'inizio della guerra civile che avrebbe insanguinato la Spagna fino al 1939.
CRONOLOGIA
1936 feb.
* Successo elettorale del Fronte Popolare che riunisce i partiti di sinistra. Presidente del consiglio è il repubblicano M. Azaña, che nel giugno viene eletto presidente della Repubblica.
1936 lug.
* Assassinio del deputato monarchico Calvo Sotelo da parte della polizia.
* Rivolta militare nel Marocco spagnolo capeggiato dal generale J. Sanjurio (capo designato dei rivoltosi, che muore però in un incidente aereo), E. Mola, G. Queipo de Llana e Francisco Franco.
* Costituzione di una giunta militare a Burgos.
1936 ago.
* Il presidente del consiglio francese Leon Blum propone un accordo di non intervento in Spagna, mentre i nazionalisti conquistano Badajoz.
1936 set.
* Costituzione del nuovo governo repubblicano diretto dal socialista F. Largo Caballero.
* Francisco Franco diviene capo unico della giunta militare.
1937 feb.
* I nazionalisti conquistarono Malaga con l’aiuto del Corpo Truppe Volontarie inviato dal governo italiano, che nel marzo è sconfitto a Guadalajara dalle Brigate internazionali.
1937 apr.
* Aerei della Legione Condor tedesca bombardano a tappeto la città basca Guernica.
1937 mag.
* Scontri tra comunisti e anarchici a Barcellona; Largo Caballero è sostituito a capo del governo dal socialista di sinistra J. Negrìz.
1937 giu.
* I nazionalisti conquistano Bilbao e occupano Asturie e Province Basche.
1937 ott.
* I nazionalisti conquistano Gijon, completando l’occupazione della parte nordoccidentale della Spagna.
1938 nov.
* Le Brigate Internazionali vengono ritirate dal fronte.
1939 gen.
* I nazionalisti conquistano Barcellona.
1939 feb.
* Il governo di Franco è riconosciuto dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
* Azaña, rifugiatosi a Parigi, rassegna le dimissioni.
1939 mar.
* I nazionalisti entrano a Madrid ponendo fine alla guerra civile. In totale i morti furono più di un milione.
ALTRO...
Unite dal medesimo orientamento politico Germania, Italia e Giappone strinsero più solidi rapporti di alleanza. Nell'ottobre del 1936 Hitler e Mussolini stipulano un accordo (Asse Roma-Berlino) al quale fece seguito, poco dopo la partecipazione nipponica, l'Asse Roma-Berlino-Tokio, caratterizzato dal comune impegno anticomunista e dal comune disegno di modificare a proprio vantaggio gli equilibri imperialistici preesistenti.
Nel maggio del 1939 l’Italia e la Germania stipularono un altro trattato di alleanza: il cosiddetto "Patto d’acciaio". Esso prevedeva che, nel caso una delle due parti fosse entrata in guerra, l’altra sarebbe stata impegnata ad intervenire in suo aiuto. In questo modo l’Italia, pur essendo del tutto impreparata ad una guerra di grandi dimensioni, era in balìa dell’aggressivo espansionismo tedesco, che sembrava inevitabilmente portare alla guerra.
(Quest'ultima parte sopra è stata compilata da
gli allievi dell' ISTITUTO RICCATI - TREVISO )
DALLE PAGINE DI CRONOLOGIA (ANNO 1938)
... Una follia Mussolini l'aveva già fatta in Spagna, mandando un contingente in aiuto ai franchisti, che lo stesso Franco non aveva per nulla richiesto. Stessa cosa fece Hitler che mandò delle squadriglie di aerei da caccia e dei bombardieri che si trasformarono in giustizieri senza scrupoli.
Aprirono un capitolo nuovo nella guerra "moderna" !
Gli italiani erano 50.000 uomini (alla fine saranno 74.285 e 5699 aviatori militari e 312 piloti civili) con 763 aeroplani, 141 motori di aerei, 1672 tonnellate di bombe, 9.250.000 cartucce, 1930 cannoni, 10.135 mitragliatori, 240.747 fucili, 7.514.537 proiettili di cannone, 7663 automezzi e 91 unità navali. Dalla stampa di allora apprendiamo anche che furono fatte 5318 incursioni aeree. Il tutto costò all'Italia (che stava facendo l'autarchia) la bellezza di 14 miliardi e mezzo di lire che Mussolini fatturò a Franco; ma gli mandò il conto solo quando non volle schierarsi con lui a fianco di Hitler nel 1940. La Spagna di Franco non pagò mai questo debito.
Dopo la cocente sconfitta a Guadajara, Mussolini e Hitler erano decisi di farla pagare a Franco; terrorizzando i governativi e gli italiani antifascisti che erano andati volontari, causando così una guerra di italiani contro italiani su un suolo straniero).
Non trovarono di meglio i due dittatori che coordinare una alleanza per fare...... il primo bombardamento della storia su una città e su una popolazione civile; a Guernica il 27 aprile 1937. Fu rasa al suolo; dei 7000 abitanti 1650 morirono innocentemente. Il mondo inorridì, i tedeschi negarono, mentre gli italiani dissero che non vi avevano partecipato, che le case erano saltate in aria da sole perchè avevano dentro delle munizioni. Falsi entrambi. Goring al processo di Norimberga nel 1946, confermò che era stato lui a fare il bombardamento, dicendo "che era stato un esperimento" e cinicamente aggiunse "perfettamente riuscito".
Anche gli italiani non erano affatto estranei: tre aerei italiani avevano partecipato al grande crimine ed erano tre bombardieri S. Marchetti 79, comandati dal Capitano Castellani, Tenente Porro, Tenente Fracasso. E altri che scopriamo più avanti. Poi leggendo un documento che Ciano mandò a Mussolini pochi giorni dopo, abbiamo una conferma in una nota dove troviamo sia gli attriti e le insofferenze delle tre Armi, che la conferma all'eccidio. "Bene in Spagna. Grande vittoria quella odierna. Un colpo duro per la Spagna rossa. L'offensiva continua. Nell'impresa trovo la costante opposizione della marina che fa resistenza passiva. L'esercito, con regolarita'. La Milizia con slancio. Ma é l'aeronautica che va benissimo. Ma io e te Duce ne siamo i responsabili, coloro che ne hanno il merito. Ho dato ordine di bombardare stanotte anche Valenza. Bisogna cogliere il momento per terrorizzare il nemico". Mussolini si convince e si fa prendere la mano, ordina ai piloti il bombardamento di Barcellona e lo vuole sistematico fatto a tappeto. Proteste in tutto il mondo e dal Vaticano; persino lo stesso Franco e i tedeschi chiedono al Duce meno efferatezza. Ma Ciano non demorde "i nostri nove S.79 in un minuto e mezzo su Barcellona hanno polverizzato palazzi, ponti, seminato il panico che diveniva follia; 500 morti, 1500 feriti; era tutto cosi' realisticamente terrorizzante. E' una buona lezione per il futuro".
E' insomma la prova generale della Seconda Guerra Mondiale. Non servono altri commenti! Anche se su questi bombardamenti valgono le considerazioni fatte nel precedente anno (folli lo diventarono tutti) Con una nota stonata in coda a questa guerra che finirà con la vittoria dei fascisti il 28 marzo del '39 con la capitolazione di Madrid. Infatti dopo che é morto Pio XI il 10 febbraio del '39, il nuovo Papa, eletto poi il 2 marzo, Pio XII Eugenio Pacelli, riceve il 18 marzo '39 in visita ufficiale proprio Galeazzo Ciano. Il "bombardiere" che ".con 500 morti ...dava lezioni per il futuro su Barcellona"! Pio XII, plaude alla conclusione della guerra in Spagna dove "ora risplende nuovamente la grande tradizione cattolica", "baluardo inespugnabile della fede". Il plauso lo fa personalmente a Ciano e lo fa anche con il Radiomessaggio alla nazione il 16 aprile '39.
Ciano fra poco però comincerà anche lui a rendersi conto di che "razza" sono gli alleati; inizia fra le quinte a costituire un fronte antitedesco (vedi CIANO CI RIPENSA) in seguito anti mussoliniano, lui che é il genero; fino a votare la sua destituzione, che gli costerà la fucilazione per tradimento. Anche se nel concludere la lettera di sopra (quella da Barcellona) aveva scritto "Un giorno si riconoscerà che sei grande". (!!!) Non immaginava certo di fare la fine che ha fatto!
http://www.cronologia.it/storia/tabello/tabe1534.htm
Franco e il franchismo
Francisco Franco Bahamonde nacque nel 1892 a El Ferrol in una famiglia di classe media tradizionalmente legata alla marina. La sua infanzia non fu molto fortunata: i genitori erano separati e non sembra aver nutrito grande affetto per il padre. Era descritto come introverso e timido.
A 14 anni entrò all’Accademia Militare di Toledo dove era uno dei cadetti più giovani e di minor statura.
Divenne ufficiale a 19 anni e chiese immediatamente di essere incorporato nell’esercito d’Africa, cosa che gli fu concessa nel 1912. Senza dubbio i suoi anni africani ebbero una notevole influenza nella sua vita sia nella formazione del carattere sia nel miglioramento delle capacità professionali. Fu un ufficiale valoroso, che non sfuggiva nelle situazioni di pericolo nelle quali si dice abbia avuto molta fortuna. Fu ferito varie volte e anche gravemente. Grazie al suo valore e al suo impegno divenne presto una figura rilevante nell’ambiente militare.
Nel 1920 entrò nei ranghi della Legione, gruppo di élite militare di volontari, il cui prototipo umano era l’avventuriero. Si fece conoscere per la sua preoccupazione per le necessità dei soldati ma anche per la sua durezza e il culto della disciplina. Fu un consumato maestro nella guerra africana per piccole manovre avvolgenti su terreni accidentati e un ferreo difensore dell’autorità morale dell’esercito.
La sua carriera militare fu brillante: nel 23 divenne tenente colonnello, due anni dopo colonnello e nel 26, a soli 34 anni, generale di brigata.
Durante la dittatura del generale Primo de Rivera ebbe contrasti con lui sulla politica africana e fu nominato direttore dell’Accademia Militare di Saragozza dove molti dei professori erano militari africanisti. Della dittatura di Primo de Rivera criticò la provvisorietà, tuttavia alcuni dei suo collaboratori saranno i pilastri basilari del suo regime. Accolse senza alcun entusiasmo la proclamazione della seconda Repubblica e disapprovò lo scioglimento della Accademia di Saragoza da parte del Governo Repubblicano, i cui vertici lo consideravano l’unico generale veramente pericoloso per l’esperienza socialista-repubblicana. Nonostante ciò, nel secondo biennio il Ministro Radicale Hidalgo lo nominò Capo di Stato Maggiore e la sua prima preoccupazione fu di restaurare lo spirito militare attraverso i Tribunali dell’Onore e il miglioramento delle condizioni materiali dell’esercito.
Collaborò inoltre nella direzione militare della repressione della Rivoluzione delle Asturie del 1934.
Prima della guerra civile tenne una posizione politica molto defilata. Era un professionista dell’esercito e la sua figura si identificava con idee conservatrici ma moderate. Come gli atri militari di guarnigione in Marocco detestava il mondo dei politici professionisti che considerava la causa dei mali della Spagna. Già allora la sua mentalità era antiliberale benché non fosse un estremista. Giudicava i politici "disprezzabili fantocci" e già in uno dei suoi primi proclami del luglio 1936 affermava che gli spagnoli erano "stufi di loro".
Le idee base di Franco prima della guerra civile erano il nazionalismo ad oltranza e l’anticomunismo. In realtà la sua ideologia si cristallizzò tra il 1933 e l 1939: in questo periodo incominciò a manifestare la sua religiosità e la sua semplicissima interpretazione del passato storico della Spagna, concepito come lotta perenne tra alcune forze tradizionali, religiose e patriottiche e altre antinazionali e legate alla massoneria. Contrasse matrimonio con Carmen Polo, di distinta famiglia asturiana.
La sua decisione di intervenire nella guerra civile fu tardiva ma risultò inequivocabile e fin dal principio aspirò a esercitare la suprema responsabilità politica.
Franco non assomiglia a nessun altro personaggio storico dell’epoca contemporanea che ha esercitato il potere in prima persona. Veniva da ambienti umani ed ideologici molto differenti da quelli di Hitler o/e Mussolini, e la capacità oratoria di costoro non si può comparare con la pochezza tanto di gesti come di parola che fu del dittatore spagnolo. Fu soprettutto durante la sua vita un militare. Senza dubbio l’esercito fu per lui la cosa più sacra ed importante e considerò le virtù militari come le migliori.
Amante della disciplina la praticò e la pretese nella politica che considerava come un compimento del proprio dovere. Altri aspetti del suo carattere furono la serenità e la tranquillità che includeva la sua freddezza, che contrastava fortemente con gli impeti e gli entusiasmi di molti protagonisti della vita pubblica. Il modo di agire di Franco consisteva quasi sempre nel non affrettare le cose. A fronte dell’azione brillante, contraddittoria e spesso confusa che caratterizzò la dittatura di Primo de Rivera, Franco applicò ai problemi il metodo di tergiversare e di lasciare che il passare del tempo li risolvesse.
Ciò contribuisce a spiegare la lunga durata del suo potere.
Risulta sorprendente che, non essendo Franco un politico di professione, ma odiando questo tipo umano egli abbia avuto una abilità che normalmente propria dei professionisti della politica. Dimostrò abilità manovriera e astuzia nel maneggio della piccola politica, applicata soprattutto al mantenimento della disciplina sotto il comando dei settori politici e sociali che risultarono vincitori della guerra civile, esercitando un arbitraggio su tutti coloro che venivano in contrasto con il passare del tempo. Ciò gli fu permesso dal suo prestigio militare e dal non essersi schierato in nessun raggruppamento politico prima della guerra civile. Non ebbe una ideologia chiara e si mostrò sempre ambiguo, il che faceva sì che persone di differenti opinioni lo credessero dalla loro parte. Tutto ciò gli permise di mantenere la stabilità del suo regime. Nella formazione dei suoi governi applicò una mescolanza attenta delle distinte tendenze che esistevano in quel momento. In questo modo si mantenne al potere evitando contrasti ideologici e la polarizzazione delle opinioni , che è l’essenza del liberalismo e della democrazia.
A queste sorprendenti capacità in un terreno che non era il suo si sommano ovvie limitazioni. Fu carente di una ideologia ferma e non ebbe una preparazione politica di ampio respiro. Il suo orizzonte vitale era quello di un ufficiale della guerra del Marocco la cui massima aspirazione sarebbe stata quella di trasformarsi nell’Alto Commissario della Colonia. Le sue opinioni sulla politica e sulla economia erano semplificazioni nate dalla mancanza di cultura specifica, dalla mentalità ristretta e dalla mediocrità del suo orizzonte biografico. Come tante persone con i suoi limiti ebbe un’estrema avarizia del suo potere politico che non permise mai cadesse nelle mani di altri nelle decisioni fondamentali. La sua principale preoccupazione fu di far tesoro e di conservare ciò che aveva ottenuto a seguito di una gravissima tragedia nazionale.
I suoi peggiori difetti furono di indole morale. Meraviglia la sua indifferenza o carenza di pietà davanti alle sofferenze dei vinti e la sua incapacità di concepire un superamento effettivo del clima di guerra civile che in realtà durò tutta la sua vita.
L’arbitraggio sulle distinte tendenze esistenti diede a Franco una preponderanza che risultò decisiva nella vita politica spagnola. L’esaltazione della sua figura contribuì a convertirlo in " Caudillo" e a farlo considerare l’uomo mandato dalla provvidenza per salvare un popolo.
Senza dubbio per i franchisti egli era una persona provvidenziale ed egli stesso si considerò la sentinella che vegliava sul bene del paese mentre gli altri dormivano. Su ciò fondava il suo diritto a esercitare il potere in Spagna, visto che aveva ottenuto la vittoria con il favore divino, che era caduto provvidenzialmente su di lui . Solo dopo la crisi finale del regime, negli ultimi anni della vita di Franco si generalizzarono i giudizi negativi della sua opera. Dopo la sua morte la sua figura ha continuato a deteriorarsi nel giudizio della pubblica opinione.
Il regime politico che ebbe la Spagna tra il 1939 e il 1975 può essere definito come la dittatura Franchista. Il franchismo non fu tuttavia un sistema politico originale. Nelle sue concezioni e nei suoi comportamenti fu l’espressione di un desiderio di dittatura che mutuò evidenti somiglianze con gli altri regimi assoluti dell’Europa e dell’America. La vera peculiarità del regime fu che durante la vita del generale Franco, pur senza cambiare di forma sostanziale, esso passò dalla somiglianza a un tipo di dittatura all’altra mantenendo sempre come riferimento la medesima persona.
Durante gli anni Trenta predominò nella destra spagnola l’impronta cattolica conservatrice e tradizionalista con un chiaro sfondo reazionario, mancante del rivoluzionalismo verbale dei fascisti.
Durante la seconda guerra mondiale il termine di paragone della dittatura franchista non fu la Germania di Hitler ma i regimi pseudofascisti o semifascisti, compreso il fascismo italiano.
Come in Italia il totalitarismo non fu assoluto per l’esistenza di poteri autonomi come l’esercito e la Chiesa, realtà fondamentali della società spagnola.
Passati gli anni Trenta e Quaranta, la dittatura di destra divennero non totalitarie nel senso che la politica non occupava la totalità della società e permetteva un certo pluralismo interno, benché ciò non avesse niente a che vedere con la democrazia. In questo tipo di dittatura non totalitaria si può classificare il regime di Franco, che a partire da un certo momento, negli anni Sessanta, utilizzò come argomento principale della sua propaganda l’esistenza di uno sviluppo economico che analogamente si ebbe nelle altre dittature similari. In questo periodo il Franchismo fu una dittatura burocratico–amministrativa più che fascista.
La dittatura franchista ebbe tuttavia tratti fondamentali che rimasero inalterati durante tutta la sua esistenza.
Una prima caratteristica si riferisce al ruolo dell’ideologia politica nel regime.
Il franchismo ebbe più fonti ideologiche, tutte di destra, che lo influenzavano in successione.
Proibì la libera circolazione delle opinioni e la libertà di espressioni caratteristiche della società liberale ed ebbe sempre una visione autoritaria di base in un contesto clericale e autoritario. Non si diede un corpo dottrinale concreto ed elaborato.
Evitò la componente utopiche delle dottrine di estrema destra che il franchismo utilizzò solo per rompere con il passato e per stabile una apparenza di struttura istituzionale che serviva solo per nascondere un potere personale. Fu una dittatura personale e non collettiva di un partito o di una classe militare.
Il franchismo non cercò di istituzionalizzarsi tanto è vero che non si diede una costituzione se non trenta anni dopo essere nato. Il Caudillo esercitò un arbitraggio su una coalizione conservatrice con componenti molto distinte e contraddittorie.
Nei governi franchisti comparvero le distinte famiglie del regime cattolici, carlisti, falangisti.
Un tratto caratteristico del regime dittatoriale è il pretendere il consenso popolare mobilitando i cittadini. In questo il franchismo si comportò come i regimi fascisti. Quando si considerava in pericolo Franco ricorreva alla mobilitazione popolare. Tuttavia a partire dagli anni cinquanta si adoperò per costruire una società aliena completamente dalla politica . Almeno la metà della popolazione per vari motivi rimase sempre al margine della politica non schierandosi mai ne a favore ne contro Franco.
Nei primi anni della dittatura la Falange cercò di essere l’unica entità nello scenario politico ma questa pretesa fu stroncata da Franco. La Falange non poté avere una milizia dominare l’amministrazione, la giustizia o la diplomazia come fece il partito nazista in Germania. Venne burocratizzata e divenne una parte dell’apparato dello Stato che forniva servizi sociali alla popolazione. Ebbe sempre una importanza nello scenario politico, ma mai una egemonia assoluta.
Nel Franchismo non ci fu una distinzione tra il potere esecutivo e quello legislativo perché il primo ebbe sempre il predominio. Le Cortes servivano solo come cassa di risonanza per le grandi decisioni di Franco. In quanto all’esecutivo tutte le decisioni fondamentali erano nelle mani del Caudillo che dava una ampia libertà ai suoi ministri per la realizzazione dei provvedimenti minori. Inizialmente i collaboratori di Franco furono scelti nell’esercito o nel partito, nel periodo finale vennero soprattutto dall’Amministrazione.

La falange
La Falange spagnola della JONS nasce negli anni 30 a Madrid dall'Unione della Falange spagnola e della Juntas de las Ofensivas Nacional Sindacalistas (JONS).
Le figure fondamentali del movimento, che si definiva nazional-sindacalista, furono Ramiro Ledesma Ramos, José Antonio Primo de Rivera y Saenz de Heredìa, Onesimo Redondo Ortega e il famoso aviatore Julio Ruìz de Alda.
Essi furono i primi quattro militanti e furono accomunati dalla sorte per cui caddero tutti assassinati dai comunisti durante la guerra civile. Il nuovo raggruppamento fu presentato il 4 marzo del 1934 al Teatro Calderon di Valladolid, dopo di ché il 13 febbraio dello stesso anno Ramiro e José Antonio avevano firmato l'accordo di fusione dei due movimenti a Madrid. I simboli del nuovo movimento furono la bandiera rossa e nera della JONS e il giogo con un fascio di cinque frecce a emblema dei re cattolici, come espressione di unità.
Nell'ottobre del 34 si tenne il primo Consiglio Nazionale a Madrid in cui Josè Antonio fu nominato capo unico. Si stabilì come uniforme la camicia azzurro scuro.
José Antonio, figlio del generale Miguel Primo de Rivera y Orbaneja dittatore dal 23 al 30, fu senza dubbio la figura più importante della Falange. Ne elaborò l'orientamento politico fortemente antiliberale e antisocialista, rifacendosi ai movimenti nazionalisti allora imperanti in Europa e avendo come figura di riferimento Mussolini che aveva incontrato nell'ottobre del 1933.
Le fortune politiche della Falange procedettero a fasi alterne fino alle elezioni del febbraio 1936 vinte dal Fronte Popolare. Il 14 marzo fu arrestato José Antonio dopo che la sua elezione nel distretto di Cuenca era stata invalidata per privarlo dell'immunità parlamentare. Il 16 luglio inizia l'Alzamiento ( la Sommossa).
Dal 13 al 18 novembre in un processo- farsa ad Alicante venne condannato a morte e fucilato il 20.
Nel primo periodo della guerra civile la Falange rimase priva dei suo uomini guida, visto che il solo Onesimo Ridondo era in libertà e vivo.
La debolezza politica dei nuovi dirigenti fa si che il 19 aprile del 1937 Franco firmi il decreto di unificazione che raggruppa la Falange alla Comunione Tradizionalista, autoproclamandosi Capo Nazionale del nuovo Partito Unico Falange Spagnola Tradizionalista della JONS.
La maggior parte dei falangisti accettò la confluenza nel "Movimiento Unificado" di Franco mentre altri continuarono l'attività politica nella clandestinità, tanto che alla morte del Caudillo persisteva ancora questa divisione fra le famiglie falangiste.
Franco non era un falangista, mantenne solo la Falange sotto la sua autorità e ne attenuò le originali ansie sociali. Si servì di questo movimento per gestire il potere, facendo di Josè Antonio un eroe mitologico tanto da farlo seppellire nella Valle De Los Caidos sotto la croce dell' altar Maggiore in una tomba a fianco di quella a lui destinata.
José Antonio morto non era un potenziale antagonista ma solo un mito a cui rifarsi per gestire il potere.
La Sinistra Comunista e la Guerra di Spagna
Nel panorama editoriale riguardante la guerra di Spagna esistono testi di varie tendenze: dall'antifascismo generico - la difesa della repubblica - a quello più radicale, all'esaltazione delle milizie anarchiche con tutte le loro differenziazioni, gli estremisti, i giustificazionisti per la partecipazione della CNT alle attività governative, la descrizione delle autogestioni e delle "collettivizzazioni", fino ai critici dell'autogestione.
In genere, però, non si può non constatare l'assenza di testi di e su una corrente che si è distinta per originalità e per la sua capacità di navigare controcorrente e che in seguito a questa prova sarà l'unica ad analizzare e ad agire correttamente nella resistenza antifascista in Italia e in Francia. Ci riferiamo alla Sinistra Comunista, a quella che corrente che viene definita "bordighista" dal nome di Amadeo Bordiga fondatore e dirigente del PCd'I poi estromesso dal partito ormai stalinizzato.
Le case editrici, anche quelle dette militanti, hanno accuratamente taciuto questa esperienza, ed in Italia i primi a pubblicare una serie di testi della Sinistra Comunista è stata la Rivista Internazionale organo teorico in lingua italiana della Corrente Comunista Internazionale nel suo n.1 del 1976, dopo un'analoga iniziativa in lingua francese sulIa Revue Internationale della stessa CCI. Finalmente nel 1979 in Francia esce un testo curato da Jean Barrot, Bilan - Contre-révolution en Espagne, un'importante raccolta ragionata dei testi della Sinistra Comunista, recentemente, a cura del Centro Pietro Tresso, è comparso un opuscolo tal titolo I bordighisti nella guerra civile spagnola scritto dallo spagnolo Iborra, che ha il difetto di non presentare un'appendice con i testi originali. Testi della Sinistra Comunista sono stati riportati nella stampa detta "bordighista" come ad esempio "Il Partito Comunista", ma la difficoltà sta nel reperirli visto che sono dispersi in tanti numeri in tanti anni.
Se qui vogliamo ripresentare le posizioni della Sinistra Comunista, non è per spirito polemico, cosa che sarebbe fuori posto in un'iniziativa di un Centro di Documentazione e di un Archivio Storico, ma perché si vuole che i compagni riflettano su certe posizioni che oggi come allora possono sembrare provocatorie.
I "bordighisti" si erano costituiti in Frazione di Sinistra del PCd'I (noi chiameremo la Frazione indifferentemente Sinistra Comunista come si sarebbe chiamata successivamente), in Francia nel 1928 e in breve tempo erano divenuti un punto di riferimento delle minoranze rivoluzionarie in tutto il mondo financo in Messico con il Gruppo dei Lavoratori marxisti. Nel 1928 inizia a uscire in lingua italiana a Bruxelles la rivista Prometeo e dal 1933 in Francia, in lingua francese, la rivista Bilan che vuole essere un bilancio e un esame critico del fallimento della rivoluzione in Occidente e del riaccartocciarsi su se stessa della rivoluzione russa.
E' proprio la rivista Bilan che si occupa degli avvenimenti spagnoli con maggiore intensità. I punti caratterizzati di Bilan sui fatti di Spagna sono:
1) in Spagna manca un partito di classe in quanto la pur generosa lotta degli operai spagnoli negli anni precedenti non aveva fatto prodotto un simile organismo che in ogni caso non poteva che essere la sezione territoriale di un partito rivoluzionario mondiale;
2) in Spagna i compiti della rivoluzione democratica-borghese erano già assolti, l'unica rivoluzione possibile è la rivoluzione comunista;
3) le parole d'ordine democratiche vengono denunciate come parole d'ordine favorevoli alla borghesia; di qui la diversità di vedute con Trockij e col POUM;
4) l'antifascismo è una formula borghese che serve per sviare il proletariato dai suoi compiti comunisti. (vedi gli articoli di Bilan dal 1933).
Allo scoppio del sollevamento militare di Franco in Spagna, la Frazione prende decisamente le parti degli operai che si sollevano sia contro i militari che contro il governo del Fronte Popolare. Ma il problema stava altrove, il periodo era definito di aperto ciclo controrivoluzionario e, parafrasando Marx, la rivoluzione non poteva avere luogo che una volta compiuta la controrivoluzione. In Spagna non esiste situazione rivoluzionaria, manca il partito di classe, ma, attenzione, Bilan non afferma che la situazione è controrivoluzionaria perché manca il partito di classe - visione sottoleninista - ma la mancanza del partito di classe, nonostante il coraggio e la combattività operaia, è dovuta alla situazione controivoluzionaria che può essere rovesciata solo a livello internazionale.
Per Bilan la guerra in terra di Spagna è confronto fra le borghesie imperialistiche mascherato da confronto fascismo-antifascismo a cui si sarebbe opposta la mistificazione della dialettica rivoluzione-controrivoluzione intendendo con il primo termine le collettivizzazioni.. Il Fronte antifascista in Spagna ha consolidato dei Fronti antifascisti in Francia e in Belgio, certamente strumenti del capitale nazionale ma con un occhio rivolto all'URSS nella contesa con la Gran Bretagna. L'URSS appoggia in armi la Spagna repubblicana dietro il compenso dell'oro della Banca di Spagna e al tempo stesso vende petrolio all'Italia che interviene militarmente con i franchisti, Londra fornisce capitali a Negrin e a Franco: la Spagna è un ottimo mercato. Per la Germania il problema immediato non è vincere la guerra con l'appoggio a Franco, ma, come afferma Hitler, farla durare più a lungo possibie per accentuare le sue pressioni su Chamberlain e la Gran Bretagna. Questa è la tesi di Bilan epressa sul n° 44 dell'ottobre 1937 (riportata nel testo di Barrot già citato). Dunque il problema non è quello di non porsi o porsi, sia pure in maniera critica, dalla parte del Fronte Popolare partecipando alla guerra di posizione contro Franco, ma nei ristretti limiti del possibile intervenire in maniera internazionalista favorendo, dove possibile, l'enuclearsi di gruppi su posizioni di classe per il disfattismo rivoluzionario, per la trasformazione di una guerra fra i fronti in un guerra civile rivoluzionaria ma soprattutto, dato il periodo di depressione proletaria, fornire dei puntelli teorici necessari per favorire successivamente la massima chiarificazione fra le avanguardie.
Per Bilan i fronti territoriali si oppongono alla guerra di classe. E la guerra di classe comincia non con le collettivizzazioni perfettamente conciliabili e funzionali alla guerra imperialista in atto, ma con l'iniziare a rivendicare, da parte degli operai, migliori condizioni di vita. Esattamente contrario il modo di vedere degli anarchici che il 10 agosto 1936 durante un comizio a Barcellona dichiarano che: "Non è questo il momento di di andare a chiedere settimane di 40 ore e aumenti del 15%. No. Se per sconfiggere il fascismo è necessario lavorare di più di quanto si lavori adessso, ebbene, lavoreremo" (intervento di Vazquez). "Saremo leali al patto stipulato con gli altri settori antifascisti, però chiediamo altrettanta lealtà" (intervento di F. Montseny) (citati in Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, pp.255,256) Durruti non è da meno e poco prima di morire dichiara: "Un solo pensiero, un solo obiettivo: schiacciare il fascismo. Che nessuno si sogni di presentare aumenti salariali o riduzioni di ore lavorative ... sacrificarsi, sacrificarsi, lavorare quanto è necessario ... occorre formare un blocco granitico: E' venuto il momento di invitare le organizzazioni sindacali a finirla una volta per tutte. Nelle retroguardie occorre sapere amministrare. ...Non provochiamo con la nostra incompetenza, dopo questa guerra, un'altra guerra civile fra noi. Di fronte alla tirannide fascista dobbiamo opporre una sola forza; non deve esistere che una sola organizzazione con una disciplina unica" (da "La révolution prolétarienne" n.236 del 10/12/1936, ora in Jean Barrot, op. cit.).
Per quanto riguarda gli avvenimenti specifici, al momento immediatamente successivo al pronunciamento di Franco, gli operai scendono in sciopero armati e Bilan riconosce che all'inizio gli operai si muovono autonomamente incamminandosi verso un intenso riarmo politico prima di essere inghiottiti nella difesa del Fronte Popolare sotto la direzione degli anarchici. Di fatto oggi sappiamo che il 16 luglio 1936, di fronte alle notizie su un imminente colpo di stato militare, Luis Companys, della sinistra catalana, chiede aiuto - a difesa della democrazia - agli anarchici i quali accorrono formando un Comitato di Collegamento con con la Generalità composto dai futuri anarchici governativi Santillan e Garcia con il radicale Ascaso per la FAI e Durruti per la CNT. A questo comitato il presidente Companys rifiuta le armi: per Durruti e gli altri anarchici questo diniego sembra ragionevole (Semprun Maura, Rivoluzione e Controrivoluzione in Catalogna pp.22,23), non per gli operai che le armi se le conquistano sul campo, entrano in sciopero su rivendicazioni di classe e si scontrano con la polizia del Fronte Popolare oltre che con i golpisti. A Barcellona Garcia Oliver e Durruti impediscono gli scontri tra polizia e operai e convincono questi ultimi a riconsegnare le armi di cui si erano impossessati. A Valencia un sedicente Comitato di Sciopero (non espressione della volontà operaia, ma costituito da accordi di vertice tra i sindacati) il 27 luglio ordina la ripresa del lavoro, gli operai non l'accettano e questo Comitato di sciopero deve adeguarsi: ci riuscirà solo dopo avere logorato gli operai con la campagna antifascista (Broué-Temime, La rivoluzione e la guerra di Spagna, p.143).
Per quanto riguarda le socializzazioni o collettivizzazioni, la Sinistra Comunista (Bilan n° 34 ago-sett. 1936, in Barrot, op. cit.) sostiene che la "socializzazione di un'impresa, lasciando intatto l'apparato statale, è un anello che blocca il proletariato dietro il suo nemico sia sul fronte interno che sul fronte imperialista dell'antagonismo fascismo-antifascismo, mentre la dichiarazione di una sciopero per la più piccola rivendicazione di classe (anche in un'industria "socializzata") è un anello che può condurre alla difesa e alla vittoria del proletariato". E' questa la tesi rivoluzionaria di sempre che il problema, per il proletariato, non è prendere la fabbrica o i campi e gestirli, ma prendere il potere distruggendo lo stato borghese.
La Sinistra Comunista nega che gli organismi delle "collettività" fossero organismi proletari: in effetti i vari comitati sono l'espressione di accordi sindacali di bassa lega, non si tratta pertanto di organismi secreti dalla attività autonoma della classe operaia, ma di organismi la cui composizioni viene decisa in base al numero di iscritti a questo o a quel sindacato. I comitati, come il Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste o il Consiglio dell'Economia, lungi dall'essere organismi simili ai soviet, sono organismi dello stato capitalista, ad esempio il Comitato di controllo delle Asturie è designato dal sindacato e solo chi è iscritto alla CNT o alla UGT può partecipare a questo organismo.
Al di là del fatto che i lavoratori si trovino a lavorare in aziende collettivizzate, il fine è la produzione per la guerra che per la Sinistra Comunista è imperialista e scontro fra frazioni della borghesia nazionale e internazionale; né d'altra parte si può negare che il capitalismo stresso spinge alla collettivizzazione e alla massima socializzazione; non diceva forse Marx che il capitale sopprime, sia pure in maniera contraddittoria, la proprietà privata? Non per questo la Sinistra Comunista rifiuta di rendere omaggio alle vittime dello stalinismo come Berneri, Barbieri e Andres Nin, ma non lesina le critiche, né evita di mettere in mostra gli errori nei quali sono caduti: è questo il modo migliore per ricordarli.
A questo punto per la Sinistra Comunista si pone la necessità di una verifica internazionale, tanto più urgente quanto più ha visto una scissione della minoranza che abbandona l'organizzazione per raggiungere il POUM. Fra parentesi ricordiamo che la minoranza non giudica il POUM un partito rivoluzionario, ma ritiene che in questo partito ci possano essere elementi che possano transcrescere sulla via della rivoluzione, visto - qui sta l'errore -che la situazione sarebbe rivoluzionaria. La minoranza della Sinistra Comunista rivendica la proletariato la direzione nella lotta contro Franco. Non è però precisa nel determinare gli organismi nazionali ed internazionali che divrebbero dirigere questa lotta. Per la maggioranza si tratta di individuare delle organizzazioni politiche internazionali con cui instaurare un dibattito. Solo nella Ligue Communiste Internationaliste del Belgio si trova un referente con cui iniziare un dibattito e difatti in questa organizzazione si provoca una scissione, una minoranza si riconosce nella concezione della Sinistra italiana per formare una organizzazione internazionale. Non si può tacere il GIK olandese, i consiliari, che ha un approccio simile a quello dei "bordighisti", ma l'orrore che i consiliari hanno per la forma partito li tiene prigionieri impedendo loro una crescita politica che senz'altro sarebbe stata foriera di nuovi orizzonti per il proletariato internazionale. Con i trockisti il problema non si pone per il diverso modo di intendere la ricostituzione del partito di classe, ma soprattutto, nel caso spagnolo, perché il trockismo considera progressiva e dunque compito del proletariato la difesa della democrazia. D'altra parte l'Opposizione Internazionale di Sinistra aveva già rotto unilateralmente con la Frazione agli inzi degli anni '30. Trockij stesso sarà definitto un "grande rinnegato dalle piume di pavone" per la sua difesa della Cina nella guerra cino-giapponese.
Solo su questa base la sinistra Comunista saprà mantenere un atteggiamento coerente durante la Resistenza senza cadere nella trappola dell'antifascismo e del partigianesimo e potrà essere punto di riferimento per le future avanguardie.
Mauro Guatelli
Da Prometeo 5 - dicembre 1996
La Sinistra Italiana e la guerra civile in Spagna
Il Centro Studi Pietro Tresso ha recentemente pubblicato il n.27 dei suoi quaderni di Studi e ricerche, dedicato a "I bordighisti nella guerra civile spagnola".
Il lavoro, di Augustín Guillamón Iborra, ricostruisce le vicende politiche della Frazione Italiana della Sinistra comunista" di fronte alla guerra civile spagnola: dalle analisi di Prometeo [1]e di Bilan[2] sul tema, alla scissione che ne conseguì, operata da quanti vedevano possibilità di sviluppo della guerra della democrazia contro il fascismo in guerra del proletariato contro la borghesia; dalla partecipazione di questi compagni alla colonna Internazionale Lenin del Poum, alla delegazione della Frazione a Barcellona per discutere direttamente con la minoranza, il Poum e l'anarchico Berneri. Chiude il lavoro di A.G.Iborra il breve capitolo "L'isolamento della frazione e i limiti della sua analisi".
Il libretto è certamente uno studio interessante di uno dei passaggi cruciali nella vita della Frazione di Sinistra in Francia e merita di essere conosciuto soprattutto per la fedele ricostruzione della posizione della Frazione sugli sviluppi della guerra civile a partire dalla sollevazione operaia del 19 luglio 1936.
Qui Iborra riconosce, dalle rilettura degli scritti di Bilan e di Prometeo, l'estrema coerenza della Frazione al punto di vista di classe: la sua analisi prescinde dai luoghi comuni ideologici allora prevalenti nel movimento operaio - dopo la sconfitta dell'esperienza bolscevica del '17 - per mantenersi solidamente sul terreno dei rapporti di forza fra le classi. Così la Frazione fu in grado di riconoscere la sconfitta subita dal proletariato spagnolo nelle sue insurrezioni rivoluzionarie del dicembre 1933 e dell'ottobre 1934, e di giudicare quella del 19 luglio 1936 come l'estremo soprassalto di autonomia delle rivendicazioni e dell'azione pratica della classe operaia, protese all'attacco.
Il 19 luglio, due giorni dopo il proclama di Franco dal Marocco per la presa delle città da parte delle guarnigione spagnole, il proletariato di Barcellona si scagliò a mani nude contro le prime caserme, verso le due del pomeriggio del giorno seguente era padrone di Barcellona. Sempre il 20 cadevano nelle mani del proletariato semi-disarmato le città di Madrid, di Valenza, di Malaga....
Leggiamo da Bilan n.36 "La lezione degli avvenimenti di Spagna - La lotta delle classi è il solo motore degli avvenimenti attuali":
"L'effervescenza del proletariato a Barcellona era al suo parossismo. La domenica mattina (19) tutto il proletariato, armato con mezzi di fortuna e in gran parte senza armi, è nelle strade. Alle cinque si scatena la battaglia. Circondata dagli operai la Guardia d'Assalto e una parte della Guardia civile deve marciare contro i militari. Subito il coraggio e l'eroismo degli operai, fra i quali si distinguono particolarmente quelli della Cnt e della FAI hanno ragione dei punti essenziali della sollevazione, perché qui e là i soldati fraternizzano con i proletari, come tutta la caserma Terragona. La sera i soldati sono vinti e il generale Godet capitola. Da quel momento l'armamento dei proletari diviene generale....."
Ma alla eroica azione proletaria del 19 luglio seguì l'intruppamento dietro le logiche della guerra inter borghese.
"...Sembra che dal 24, sotto la pressione della Generalità, la maggior parte delle organizzazioni operaie tentino di frenare il movimento rivendicativo. I social-centristi (leggi gli stalinisti, ndr) di Barcellona sono contro il prolungamento dello sciopero, la Cnt ha dato l'ordine del rientro al lavoro, il Poum si sforza di mantenere il suo programma di rivendicazioni, ma non dice se approva o no il rientro.
Dal 24 si organizza la partenza delle colonne per Saragozza. Ma occorre che gli operai partano avendo la sensazione d'aver ottenuto soddisfazione in materia delle loro rivendicazioni. La Generalità emana un decreto: i giorni di sciopero saranno pagati. Ma anche qui nella maggior parte delle fabbriche gli operai, armi alla mano, avevano già ottenuto soddisfazioni parziali.
Poiché grazie ai partiti e alle organizzazioni sindacali che si richiamano al proletariato, la borghesia è riuscita a far cessare lo sciopero generale e che nelle imprese occupate dagli operai la settimana di 36 ore è instaurata ipso facto, il 26 luglio la Generalità emana un decreto che instaura la settimana di 40 ore con un aumento del 15%.
E mentre la Generalità si sforza di inquadrare l'esplosione dei contrasti sociali, arriviamo al 28 luglio, che segna una svolta importante della situazione. Il Poum, che controlla, attraverso la Fous, il Sindacato mercantile (sindacato di impiegati), e qualche piccola impresa, lancia la parola d'ordine della ripresa del lavoro per gli operai che non si trovano nelle milizie. Occorre creare la mistica della marcia su Saragozza. Prendiamo Saragozza, si dirà agli operai, poi regoleremo i conti con la Generalità e con Madrid."
La Frazione vede ancora nelle giornate del maggio '37 a Barcellona i proletari in lotta, ma questa volta sulla difensiva e ormai completamente disarmati dell'arma vincente: quella politica.
Dal Manifesto "Piombo, mitraglia, prigione: è così che il Fronte Popolare risponde agli operai di Barcellona che osano resistere all'attacco capitalista" (in Bilan n.4, maggio -giugno 1937), riportiamo, e anche Iborra riporta:
"Il 19 luglio i proletari di Barcellona schiacciarono a pugni nudi l'attacco dei battaglioni di Franco che erano armati fino ai denti.
Il 4 maggio 1937 quegli stessi proletari armati hanno lasciato sul selciato delle strade un numero di vittime molto maggiore che in luglio, quando dovettero respingere Franco, ed è il governo antifascista - che comprende gli anarchici e con il quale il Poum è indirettamente solidale - a scatenare la ciurmaglia delle forze repressive contro gli operai"
Su questi giudizi una minoranza dissente: per essa quella che è in atto è ancora l'iniziativa proletaria verso la rivoluzione. Non conta che il moto di classe si sia arreso al governo di alleanza delle forze politiche pseudo-operaie con la borghesia; non basta che alle "necessità della guerra antifascista" si sia piegata ogni pur minima autonomia della classe e ogni rivendicazione. Per sostenere che l'iniziativa di classe è in piedi, la minoranza si accontenta del dato formale: gli operai sono in armi; la condotta della guerra antifascista è determinata dal Comitato centrale delle milizie. E' solo con la fine di questa formalità, cioè con lo scioglimento del Comitato centrale delle milizie e la militarizzazione di queste alle dipendenze del Ministero della Difesa, che la minoranza della Frazione rinuncia alla partecipazione attiva alla guerra per dedicarsi alla "vigilanza estrema per impedire che la massa inquadrata nel nuovo organismo militare possa trasformarsi in uno strumento della borghesia che verrà un giorno o l'altro utilizzato contro gli stessi interessi della classe lavoratrice...".
Iborra ripercorre quei dissensi in una sintesi certamente illuminante per quanti desiderino approfondire la conoscenza della Frazione di sinistra.
Questa adesione della Frazione al metodo e al punto di vista di classe in questo aspetto dell'analisi si integra con l'altro lato del problema: perché la classe operaia non avanza con le insurrezioni dei primi anni '30 per soccombere poi alla politica di guerra inter borghese? La risposta data dalla Frazione a questa domanda è sintetizzabile nella assenza del partito rivoluzionario. Qui fa bene Iborra a insistere "sull'importanza di non confondere la posizione della Frazione a proposito della assenza di un partito - il quale non esiste per 'mancanza di maturità' della classe operaia spagnola, perché non è emerso 'pazientemente ed accanitamente' dalle lotte operaie dei decenni precedenti, con la posizione dei trotskisti o degli Amigos de Durruti in merito alla crisi della direzione rivoluzionaria, che verrebbe risolta sostituendo una 'cattiva' direzione con la propria affinché gli 'errori' e i 'tradimenti' della organizzazione madre (la Cnt, il Poum) fossero rettificati e il partito venisse orientato e incamminato sulla strada giusta". (pag. 36).
La posizione della Frazione è dunque distinta, formalmente corretta, ma porta con sé il limite che Iborra accenna e non sviluppa, anche perché esulerebbe dal tema del lavoro. E il limite è sì, forse, in una sottovalutazione della 'rivoluzione economica e sociale sviluppatasi in Catalogna' (pag.38) ,ma è soprattutto nella sottovalutazione del proprio ruolo. Allo slancio della minoranza verso il precipizio politico di considerare le organizzazione di sinistra della guerra civile come organizzazione di classe, che sbagliano, ma in qualche modo ricuperabili, reagì con la chiusura simmetricamente opposta: denuncia del ruolo controrivoluzionario di quelle organizzazioni come ammissione della propria impotenza e non come terreno di sviluppo del proprio intervento.
Quale rapporto ci sia fra questo atteggiamento e l'altro grave handicap della Frazione che Iborra indica in chiusura è tema che l'autore non affronta e che merita una attenta riflessione, soprattutto per quei tanti che acriticamente rivendicano la propria perfetta continuità con la Frazione.
Scrive Iborra:
" Ma il fattore che maggiormente pesò sul futuro della Frazione, fu senza alcun dubbio il progressivo deteriorarsi della sua capacità di analisi teorica. Mentre la situazione storica evolveva verso un inevitabile scontro bellico fra le grandi potenze imperialiste, la Frazione teorizzò una nuova ondata di lotte rivoluzionarie. Sarebbe stato proprio questo grave errore di analisi, al quale si deve aggiungere il suo tremendo isolamento, a portare allo scioglimento della Frazione al momento dello scoppio della seconda guerra mondiale".
Val la pena ricordare che fra le altre posizioni caratteristiche c'era il riconoscimento dell'Urss come stato operaio degenerato, comunque non capitalista e che l'iniziativa dello scioglimento venne da quanti quelle teorizzazioni avevano sostenuto sulle pagine di Bilan, e fu respinta dagli altri che la Frazione ricostituirono. E' questo infatti uno fra i molti segnali che la Frazione non fu quell'entità omogenea e coerente che qualcuno vuole presentare, quale propria paternità. Anche in questo senso il lavoro di Iborra è un valido documento.
Le leggi fondamentali
Il Franchismo non ebbe mai una vera Costituzione, ma solo un Corpus di Leggi, definite Fondamentali, che andò delineandosi negli anni seguendo l’evoluzione politica economica e culturale del regime.
Il 17 luglio del 1945 apparve sul Bollettino Ufficiale dello Stato una legge chiamata "Fuero" (Carta) degli spagnoli, definita " Testo fondamentale che definisce i diritti e doveri degli spagnoli e tutela le loro garanzie". Tale legge era stata approvata quale "Legge fondamentale" dalle Cortes, in " qualità di organo superiore della partecipazione del popolo all’attività dello Stato".
Solo nel 1947 con le Leggi di Successione le Leggi Fondamentali diventarono una categoria legislativa del diritto pubblico spagnolo. L’articolo 10 di tale legge enumera infatti come" Leggi Fondamentali "le seguenti: Fuero degli Spagnoli, Fuero del Lavoro, Legge Costitutiva delle Cortes (1942), Legge di Successione, Legge del Referendum Nazionale (1945). Il Fuero del Lavoro era stato presentato a Burgos nel 1938 ed era stato deliberato dal Congresso Nazionale della Falange Spagnola Tradizionalista (FET) e delle JONS.
Questo Corpus fu solo il nucleo iniziale delle Legge Fondamentali ed ad esso si aggiunsero progressivamente nuove leggi che delinearono negli anni i diritti e i doveri degli spagnoli.
Così nel 1958 apparve la Legge dei Principi del Movimento Nazionale e la legge dei Convegni Collettivi, nel 1959 la Legge dell’Ordine Pubblico, nel 1966 la Legge della Stampa e la Legge Organica dello Stato, nel 1967 la Legge della Libertà Religiosa, nel 1970 la Legge Generale dell’Educazione, nel 1974 la Legge delle Associazioni.
Fino alla fine il Franchismo rimodellò i principi dello Stato e non sentì il bisogno di attenersi a dei principi fissi come avverrebbe in presenza di una vera Costituzione. Si può anzi dire che la mancanza di una vera costituzione permise al regime di modellarsi in varia misura all’evoluzione di una società che, sebbene compressa in schemi rigidi non poteva non risentire di ciò che avveniva nel mondo occidentale.
A differenza dei regimi marxisti dell’Est dell’Europa, vincolati ad una forza egemone quale l’URSS ed ad una ideologia totalitaria e totalizzante quale il marxismo, che ingessava la società in una forma definita e immodificabile, il franchismo non ebbe una ideologia univoca e dopo la seconda guerra mondiale non ci fu nessun paese di riferimento. Dovette inoltre sempre fare i conti con forze ispiratrici "forti" quali la Chiesa, l'Esercito, la Monarchia stessa e l'Occidente. L'evoluzione della società e il diverso peso delle varie forze dettarono pertanto un sistema che fu in evoluzione perenne e grazie a questa evoluzione seppe durare a lungo.

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