la guerra del Peloponneso

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Testo

LA GUERRA DEL PELOPONNESO
LE RAGIONI DEL CONFLITTO
L’azione di governo esercitata da Pericle per un trentennio, conseguì risultati eccezionali nell’attuazione della democrazia e nel progresso della civiltà, ma riaccese anche odio e rivalità fra le città greche, che sfociarono in una guerra civile. Lontane e complesse erano le origini del conflitto. Gli Spartani erano molto titubanti nello scendere in guerre, perché ne avevano valutato i pericoli e ne temevano le conseguenze. Pericle, invece, pensava di affermare con le armi la supremazia di Atene sulla Gracia.
Ma ogni decisione era influenzata e condizionata da sentimenti di rivalità fra Atene e Sparta. Infatti, Sparta, aveva assistito al sorgere della potenza ateniese ed al consolidamento del suo prestigio dopo le guerre persiane.
Ecco perché gli antagonismi mai scomparsi tra Sparta e Atene si ridestarono: le rivalità tra la stirpe ionica ateniese e la stirpe dorica spartana rinverdirono; i contrasti tra due diverse strutture statali, la democrazia di Atene e l’aristocrazia di Sparta, si accentuarono; le differenze culturali tra le due città sembravano incolmabili, la concorrenza commerciale e politica sembrò insanabile, ridivennero motivo di frattura; e fu la guerra.
Intanto molte città della Lega di Delo riaccendevano rancori e accentuavano contrasti fra le due rivali, mal sopportando la supremazia che si serviva del loro denaro non per provvedere alla flotta, ma per abbellire Atene, dove era stato trasportato il tesoro della Lega.
Così dall’antagonismo tra Sparta ed Atene e dal rancore che c’era nelle città alleate venne fuori la lunga e terribile guerra fra le città greche, che preparavano la propria rovina.

IL PRIMO DECENNIO DI GUERRE (431-421 A.C.)
Atene si schierò con quasi tutte le città della lega di Delo, Sparta con quasi tutte le città del Peloponneso, e quest’ultima regione diede il nome alla guerre, che durò 27 anni (431-404 a.C.).
Sparta contava sul suo esercito mentre Atene contava sulla sua flotta.
Sparta invase l’Attica. Pericle fece rifugiare tutta la popolazione dell’Attica ad Atene e poi fece distruggere tutto ciò che potesse servire al nemico. Così quando giunsero gli Spartani trovarono terra bruciata. Gli Spartani non poterono rimanere in Attica anche perché nel frattempo la flotta ateniese seminava distruzione e terrore sulle coste del Peloponneso. Atene contava su una lunga guerra difensiva, che avrebbe stancato il nemico e fiaccato la sua resistenza. In questo modo la lotta si condusse nei primi tempi senza apprezzabili successi dall’una e dall’altra parte. Ma alle distruzioni ed ai lutti della guerra si aggiunse la peste che fece moltissime vittime, fra cui lo stesso Pericle (429 a.C.).
La morte di Pericle scatenò il contrasto tra Nicia e Cleòne. Prevalse Cleòne che riuscì ad ottenere una netta affermazione militare con l’occupazione della penisola di Pilo e con la cattura di 420 opliti spartani. Agli Spartani, che si affrettarono a chiedere la pace, rifiutò ogni trattativa e la guerra continuò. Un corpo di spedizione al comando di Bràsida fu inviato da Sparta nella calcifica. Gli Spartani occuparono Anfìpoli e Cleone accorse subito in difesa di questi territori. Ma nella battaglia di Anfiboli Brasida e Cleone morirono e i fautori della pace riuscirono a prendere il sopravvento. Nicia, capo della corrente pacifista, avviò i negoziati e concluse la pace, che,dal nome del suo maggiore protagonista, fu detta pace di Nicia (421 a.C.). Fu una pace di compromesso, che, dopo dieci anni di sanguinosissime lotte, riportava le cose alla situazione iniziale, poiché con la restituzione dei prigionieri si stabiliva anche il ritiro delle truppe dalle posizioni occupate da ambo le parti.

LA SPEDIZIONE IN SICILIA (415-413 A.C)
La pace stipulata tra Ateniesi e Spartani era solo una tregua. Appena nel Peloponneso si formò una coalizione antispartana, Atene si schierò con essa; ma gli Spartani sconfissero gli avversari nella dura battaglia di Mantinèa (418 a.C.) e riconquistarono la supremazia sul Peloponneso.
Gli Ateniesi tentarono di approfittare di questo stato di disagio dei propri rivali, per estendere altrove il proprio dominio; così accolsero la richiesta di aiuto da parte della città di Egesta (o Segesta), minacciata da Siracusa.
Alcibiade ( discepolo di Socrate), divenuto,dopo la morte di Perirle, capo del partito democratico, fu il principale fautore dell’impresa. Partì con Nicia e Làmaco, Mentre le armate ateniesi assediavano Siracusa, Alcibiade, sotto l’accusa di sacrilegio, fu richiamato in patria. Egli, indignato, si rifugiò fra gli spartani, diede loro preziosi consigli e li indusse, a soccorrere i Siracusani.
L’imperizia, le decisioni dei comandanti ateniesi e l’intervento degli Spartani concorsero al grave disastro a cui andarono incontro gli Ateniesi, che perdettero Lamaco in combattimento, mentre Nicia fu condannato alla decapitazione dai vincitori. La potente flotta allestita dagli Ateniesi fu distrutta, i soldati furono trucidati o venduti schiavi o gettati nelle latomie (cave di pietre trasformate in carcere).

IL DECLINO DI ATENE
Il disastro della spedizione ateniese in Sicilia incise sugli sviluppi futuri della Grecia. Infatti, Sparta si alleò con i persiani, dai quali, ottenne aiuti finanziari con cui armò una potente flotta da contrapporre a quella ateniese. Fu posto al comando di queste navi Lisandro che distrusse o catturò l’intera flotta avversaria ad Egospòtami. Atene con la perdita delle sue navi si trovò ad essere preda degli avversari, che, l’assediarono e che, la costrinsero alla capitolazione. Durissime condizioni furono imposte ai vinti.
Crollava così l’impero di Atene e con esso la democrazia instaurata in Grecia da Perirle, mentre l’ indipendenza dell’intera Penisola era scossa, poiché Sparta nel chiedere l’aiuto della Persia aveva riammesso nel mondo ellenico una potenza molto pericolosa, che avrebbe influito comunque sulle decisioni degli Stati greci.

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