La guerra civile in spagna

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LA GUERRA CIVILE IN SPAGNA

Nei primi anni trenta la Spagna passa dalla dittatura al Fronte popolare in una situazione di diffuso conflitto sociale e di profonda crisi politica. Le forze repubblicane tentano di avviare una politica di riforme sociali a cui si oppone la destra tradizionalista che nel 1936 trova il suo leader nel generale Francisco Franco e provoca la guerra civile. Inizia un conflitto drammatico fortemente caratterizzato dallo scontro ideologico tra fascismo e antifascismo e che coinvolge tutta l’Europa. Questa “estensione” internazionale della guerra civile spagnola la rende un preludio alla seconda guerra mondiale sia sul piano politico che su quello diplomatico.
La dittatura clerico-militare di Miguel Primo de Rivera, instauratasi in Spagna nel 1923, viene interrotta nel 1929 dalla scelta del re Alfonso XIII, già responsabile e complice di quel regime, di appoggiare le richieste dell’opposizione costituzionale riguardanti la convocazione di una Costituente. Dopo una complessa crisi politica, finalmente nell’aprile del 1931 si tengono le elezioni amministrative che danno una grande vittoria ai partiti repubblicani con la conquista di 46 capoluoghi di provincia su 50. Alfonso XIII fugge dal paese, evitando così di abdicare, affidando il governo a un repubblicano di orientamento moderato, Alcalà Zamora. Nelle elezioni per l’Assemblea costituente del giugno 1931 crescono le forze popolari e democratiche (socialisti e radicali) a scapito dei partiti monarchico-cattolici. Il governo viene affidato al repubblicano di destra Manuel Azaña mentre si elabora un nuova costituzione di impronta fortemente democratica. E’ previsto l’impegno diretto dello Stato in ambito economico con la nazionalizzazione dei servizi pubblici e il coordinamento della produzione industriale, lo strapotere della Chiesa viene ridimensionato con la separazione dallo Stato: agli ordini religiosi vengono tolte le sovvenzioni pubbliche e, specialmente, il monopolio dell’educazione nazionale. Azaña, cedendo alle pressioni dei partiti popolari, avvia una politica di riforme in campo agrario e industriale e procede, molto lentamente invero, all’espropriazione dei beni ecclesiastici. Tuttavia il paese è attraversato da forti tensioni sociali e da violente agitazioni promosse dal movimento anarchico. Questo scatena un’ondata di disordini con assalti ai conventi, uccisioni di religiosi, occupazione delle terre e numerosi scontri con le forze di polizia (la Guardia Civil). In questa situazione la destra conservatrice tenta di riorganizzarsi: nell’agosto del 1932 fallisce un tentativo di colpo di Stato militare e si formano due raggruppamenti : la Falange di Josè Antonio Primo de Rivera e la Confederaciòn Española de Derechas Autònomas (CEDA) guidata dal cattolico Gil Robles. Quest’ultima ottiene un ampio successo alle elezioni del 1933 e, alleata con i radicali, segna una svolta a destra della politica spagnola che tenta una restaurazione clericale e conservatrice. Il conflitto nel paese si radicalizza: le sinistre guidate dal rivoluzionario Largo Caballero promuovono numerose agitazioni che sfociano nel 1934 nelle rivolte separatiste della Catalogna e nel tentativo rivoluzionario dei minatori delle Asturie. La risposta del governo è durissima: reparti speciali dell’esercito guidati dal generale Francisco Franco reprimono nel sangue la rivolta. La situazione di grande tensione convince il presidente della repubblica Zamora a indire nuove elezioni per il 1936. Lo scontro è frontale: da una parte l’esercito e i conservatori con la CEDA di Robles, dall’altra il Fronte popolare che unisce tutta la sinistra tranne gli anarchici.
Nelle elezioni del 1936 le destre monarchico-cattoliche vengono duramente sconfitte dal Fronte popolare delle sinistre. Torna al governo il democratico moderato Azaña con l’appoggio esterno dei socialisti. La tensione nel paese però non si placa per la presenza di un forte movimento rivoluzionario di orientamento anarchico e comunista. Mentre falliscono i tentativi del Partito socialista di frenare le forze alla sua sinistra, la destra organizza la reazione. Si candida a gestire il colpo di forza il movimento filo-fascista della Falange che viene però bloccato dall’arresto del suo leader Josè Antonio Primo de Rivera. Nel luglio del 1936 viene assassinato il capo dell’opposizione di destra Calvo Sotelo e dopo appena quattro giorni scoppia la rivolta militare capeggiata dal generale Francisco Franco. Tutto ha inizio in Marocco dove il 17 luglio le truppe insubordinate dichiarano l’intenzione di marciare sulla Spagna. Contemporaneamente nel sud del paese i militari ribelli occupano alcuni centri nevralgici come Siviglia, Cordova, Valladolid. La Spagna è spezzata in due: la parte meridionale nelle mani dei militari falangisti e la parte settentrionale sotto il controllo del governo repubblicano. Ha inizio la guerra civile che, a dispetto delle illusioni della destra che crede di liquidare in breve tempo la Repubblica, dura ben tre anni e coinvolge tutta l’Europa.
Nel settembre del 1936, a guerra civile iniziata, scoppia una rivoluzione sociale che porta alla presidenza della Repubblica il socialista Largo Caballero. La nuova compagine governativa è però debole e deve ricorrere a metodi molto severi e all'aiuto dei comunisti per riportare ordine tra le file repubblicane. Proprio la condizione di debolezza della Repubblica è uno degli elementi all’origine della sconfitta.
Nel corso del 1937 le truppe di Francisco Franco, aiutate con uomini e mezzi dall’Italia fascista e dalla Germania di Hitler, conquistano le provincie basche e le Asturie; l’anno successivo si inseriscono a cuneo tra la Catalogna e le provincie centrali. Le forze repubblicane indebolite dai conflitti interni e prive dell’aiuto delle nazioni democratiche sono costrette infine a cedere e nel 1939 i nazionalisti occupano le ultime roccaforti democratiche: Barcellona, Madrid e Valencia. La vittoria di Francisco Franco avvia una sua dittatura personale di tipo clerico-fascista che si protrae per quasi un quarantennio.
Il carattere ideologico della guerra civile spagnola si può schematicamente ricondurre allo scontro fascismo/antifascismo che si va definendo in Europa nel corso degli anni trenta. In realtà la situazione è molto più complessa e vede l’intrecciarsi di uno scontro interno alle organizzazioni del movimento operaio internazionale con la lotta contro il nazifascismo. La guerra civile ha immediatamente una ricaduta internazionale con il massiccio intervento della Germania nazista e dell’Italia fascista al fianco dei nazionalisti di Franco. Armi, aerei, munizioni, contingenti militari vengono inviati da Mussolini e da Hitler svolgendo un ruolo decisivo per le sorti della guerra. La risposta delle nazioni democratiche è invece assai debole: la Francia e l’Inghilterra decidono di non intervenire facendo così prevalere i propri interessi economici e le paure di una degenerazione della crisi diplomatica internazionale. La stessa URSS si impegna molto modestamente nella difesa del governo repubblicano spagnolo al quale invia qualche aiuto in materiale bellico. A riscattare però i valori dell’antifascismo contribuiscono le numerose brigate internazionali di volontari che giungono in Spagna da ogni parte del mondo. Questi uomini, tra cui molti antifascisti italiani, si impegnano in prima fila portando in terra straniera la volontà di combattere le dittature del proprio paese.
Sul fronte nazionalista e nazifascista il carattere ideologico dello scontro è abbastanza semplice: si tratta, nella loro propaganda, di opporsi al comunismo internazionale. In ciò il fascismo riceve l’appoggio di gran parte della Chiesa cattolica che vede colpite le sue istituzioni e i suoi rappresentanti.
Più difficile e complessa la situazione nel fronte antifascista diviso al suo interno: la maggioranza dei resistenti spagnoli è infatti rappresentato dagli anarco-sindacalisti che hanno ben poco in comune con i comunisti presenti all’interno del governo repubblicano di Largo Caballero, appoggiati dall’URSS e aiutati dalle Brigate di volontari legate alla Terza internazionale. Le divisioni interne al fronte antifascista portano a durissimi scontri, specialmente a Barcellona e nella Catalogna, che vedono prevalere i comunisti contro gli anarchici e le organizzazioni del Partito operaio unificato marxista (POUM) di orientamento trotzkista.
In Spagna si consuma così uno scontro ideologico a tutto campo che rispecchia le drammatiche contrapposizioni dell’epoca.
Il carattere ideologico e quello internazionale rendono la guerra civile spagnola una sorta di prova generale della seconda guerra mondiale. Lo scontro fascismo/antifascismo e l’intervento dei regimi nazi-fascisti europei ne sono già una conferma, ma è sul piano diplomatico che quella drammatica esperienza contribuisce a determinare le condizioni del successivo conflitto mondiale. E’ infatti anche grazie a questa occasione che la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini, dopo i dissapori degli anni precedenti, procedono a un riavvicinamento e stringono il patto noto con il nome di "Asse Roma-Berlino". Al contempo la guerra civile spagnola mette in tutta evidenza la debolezza delle due grandi democrazie europee incapaci di intervenire, non solo sul piano militare, ma anche su quello diplomatico. L’inerzia della Francia e dell’Inghilterra rafforza la convinzione di Hitler e di Mussolini di poter utilizzare la minaccia della guerra senza rischiare nulla. Si consolida così quel clima di appeasement da una parte e politica aggressiva dall’altra che è alla base dello scoppio della seconda guerra mondiale.
Vi è inoltre un altro aspetto che rende la drammatica esperienza spagnola un preludio alla guerra totale: l’uso dei bombardamenti indiscriminati sulle città. Il bilancio del conflitto è infatti tragico, più di mezzo milione di morti e devastazioni immense. Di quei bombardamenti rimane una testimonianza artistica di grande effetto: il noto quadro di Pablo Picasso Guernica.

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