L'Italia nel secondo dopoguerra

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L’ITALIA NEL SECONDO DOPOGUERRA (1945-1985)
1- LECONSEGUENZE DELLA SCONFITTA: L’ITALIA VOLTA PAGINA
L’Italia al termine della guerra
La situazione dell’Italia nel 1945 non era migliore di quella degli altri stati europei. I mezzi di trasporto, le industrie, le abitazioni avevano subito gravi danni e le condizioni di vita della popolazione erano difficili: miseria, fame, disoccupazione erano realtà quotidiane. Inoltre, l’economia si riprendeva con grande lentezza.
In questo periodo, l’Italia era divisa in due. Nella parte settentrionale e centrale, vi erano vivissime aspettative e una forte volontà di cambiamento. Non si voleva tornare all’Italia liberale precedente al fascismo; si voleva costruire una democrazia più aperta alle nuove esigenze delle masse popolari. Era il cosiddetto Vento del Nord.
Al Sud, al contrario, la società era rimasta ferma, immobile: le classi dirigenti tradizionali, appoggiate dagli alleati, avevano mantenuto il loro predominio politico e sociale. Le attese di molti operai, contadini e borghesi di un radicale cambiamento furono incarnate dal governo guidato da Ferruccio Parri, uno dei capi della Resistenza. Questo governo compì, però, molti errori e durò pochi mesi.
Le aspettative di cambiamento sfociarono in aspre lotte sociali, come quelle dei braccianti meridionali per una riforma agraria o come le lotte operaie nell’Italia settentrionale, spesso represse con la forza.
Il referendum istituzionale
Molti esprimevano un giudizio negativo sulla monarchia perché i Savoia si erano compromessi con il fascismo. Essi perciò ritenevano che la repubblica fosse una forma di governo più adatta ad uno stato democratico, quale l’Italia doveva diventare.
Nel frattempo, nel 1945, si formò un governo di coalizione, che univa tutte le forze antifasciste e comprendeva quindi sia i cattolici, sia i partiti di sinistra.
La questione istituzionale venne risolta per mezzo di un referendum: i cittadini italiani (per la prima volta votavano anche le donne), a suffragio universale decisero il 2 Giugno 1946 a favore della repubblica con una netta maggioranza: 54,3%. Fu quindi eletto presidente il liberale Enrico de Nicola. E’ significativo che nel Sud il 60% della popolazione fosse per la monarchia. Il risultato del referendum fu un’ulteriore conferma del divario esistente nel paese tra una parte conservatrice e una più progressista.
Per quanto riguarda la politica interna, i partiti di sinistra richiedevano profonde trasformazioni sociali, a cui si opponevano i cattolici riuniti nella Democrazia Cristiana; sul piano internazionale la DC mirava a rafforzare i legami dell’Italia con gli USA mentre le forze di sinistra volevano che il paese rimanesse neutrale.
2- LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA: L’ITALIA DIVENTA DEMOCRATICA
L’Assemblea Costituente
Lo Statuto Albertino non corrispondeva più alle esigenze di uno stato democratico. Si tennero quindi le votazioni per eleggere un’assemblea, detta Assemblea Costituente, con il compito di dare all’Italia una nuova Costituzione.
La DC e le forze di sinistra (Comunisti e Socialisti) si trovarono inevitabilmente in disaccordo su parecchi punti, come l’indissolubilità del matrimonio e la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Nonostante i disaccordi si giunse infine alla stesura definitiva, che venne approvata dalla Costituente, ed il 1° Gennaio 1948 la Costituzione italiana entrò in vigore.
La Costituzione della Repubblica italiana
La Costituzione italiana era una delle più avanzate in Europa e si ispirava ai principi democratici della Resistenza: considerava il lavoro come base dello Stato, stabiliva l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e garantiva le libertà ed i diritti civili.
Essa comprende due parti: la prima sui diritti ed i doveri dei cittadini, la seconda sull’ordinamento dello Stato.
Diritti e doveri dei cittadini
La Costituzione garantiva quei diritti dei cittadini che il fascismo aveva negato: la libertà personale, l’inviolabilità del domicilio, la segretezza della corrispondenza e le libertà di riunione e di associazione. Inoltre, poneva limiti molto precisi all’attività della polizia.
Per quanto riguarda il lavoro, assicurava piena libertà d’azione ai sindacati e garantiva la libertà di sciopero, oltre ai diritti del lavoratore (alle ferie, alle assenze per malattia e per maternità, al riposo settimanale).
L’ordinamento dello Stato
In base alla Costituzione il potere legislativo spetta al Parlamento, che comprende una Camera dei deputati ed un Senato. Il potere esecutivo spetta invece al governo, che deve avere la fiducia del Parlamento, ed il potere giudiziario ai tribunali.
Il Presidente della Repubblica non ha poteri esecutivi, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti. La Costituzione garantisce una certa autonomia agli enti locali, ovvero a Comuni, Province e Regioni: solo nel 1970, però, le Regioni ottennero la piena autonomia e si tennero le prime elezioni amministrative regionali.
3- LA VITA POLITICA ITALIANA NEGLI ANNI DELLA GUERRA FREDDA
Le forze politiche in campo
Le principali forze politiche in campo erano tre:
La Democrazia Cristiana (DC) su posizioni di centro. Essendo ostile ad ogni grande trasformazione sociale, essa aveva l’appoggio di gran parte della borghesia e della Chiesa. Fu guidata nel periodo successivo alla guerra da Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dal 1945 al 1953. Sempre su posizioni di centro vi erano alcuni partiti minori come il Partito Repubblicano Italiano ed il Partito Liberale Italiano.
Il Partito Comunista (PCI) era il secondo partito italiano, con un largo seguito tra gli operai, e si ispirava alle idee socialiste rivoluzionarie; ebbe a lungo posizioni molto vicine all’URSS. Solo dopo la morte di Palmiro Togliatti, il PCI si staccò dalle posizioni sovietiche.
Il Partito Socialista (PSI), di sinistra ma su posizioni riformiste, aveva un seguito nettamente inferiore agli altri due grandi partiti di massa. Guidato da Pietro Nenni, si spostò su posizioni più vicine alle correnti riformiste della DC.
Tra le forze minori vi erano il Partito Monarchico ed il Movimento Sociale Italiano, che si richiamava alle idee fasciste.

Il periodo del “centrismo”
Le elezioni del 1948 diedero il via ad un lungo periodo di governi guidati dalla Democrazia Cristiana. Per tutti gli anni Cinquanta si alternarono al potere governi nei quali la DC si alleava coi partiti minori di centro, cioè il Partito Repubblicano, il Partito Socialdemocratico e quello Liberale. Questo tipo di alleanza prese il nome di centrismo.
Venne, inoltre, approvato il programma di ricostruzione dell’economia italiana che trovò un sostegno fondamentale negli aiuti statunitensi del Piano Marshall (circa un miliardo e mezzo di dollari in cinque anni ‘48-‘53), che rese possibili nuovi investimenti ed una rapida ripresa economica (vedi in seguito).
Ciò comportò un consolidamento dei legami politici con gli Stati Uniti, come testimoniato dall’ingresso dell’Italia nella NATO, nel 1951.
Con il Trattato di Roma, nel 1957, l’Italia entrò a far parte del Mercato Comune Europeo, che portò notevoli vantaggi all’economia grazie ai liberi scambi con l’estero.
La situazione dei lavoratori
Anche se la produzione industriale aumentò considerevolmente, non ci fu un corrispettivo aumento dei salari operai, né un miglioramento delle condizioni generali di lavoro.
Inoltre, il fronte sindacale aveva perso la propria unità: in seguito ad una scissione nella CGIL, a maggioranza comunista e socialista, si era formata la CISL d’ispirazione cattolica e successivamente nacque la UIL, di tendenza socialdemocratica.
Relativamente alla questione della terra, nel Mezzogiorno, si verificarono ribellioni ed occupazioni di latifondi incolti da parte dei contadini. Queste agitazioni furono represse con durezza dalle forze dell’ordine. Fu quindi indispensabile trovare una soluzione attraverso l’applicazione di una riforma agraria.
Le difficili condizioni dei lavoratori portarono a una crescita dei consensi verso i socialisti. Fu così che, nonostante gli americani premessero perché il governo italiano non coinvolgesse in alcun modo i partiti della sinistra, non fu casuale, che alle elezioni del 1953 il governo, pur avendo emanato una legge che garantiva un premio di maggioranza alla coalizione che avesse ottenuto più della metà dei voti, per un soffio non la ottenne e quindi non scattò quella che l’opposizione aveva definito “legge truffa”.
Il centro-sinistra
Quando i rapporti tra USA e URSS cominciarono ad essere meno tesi, anche in Italia la contrapposizione tra centro e sinistra divenne meno forte. Negli anni ’60 la Democrazia Cristiana strinse un’alleanza con il Partito Socialista: si ebbe così l’ingresso dei socialisti nel governo e nel ’63 il primo consiglio dei ministri di centro-sinistra, presieduto da Aldo Moro.
4- DALLA RICOSTRUZIONE AL MIRACOLO ECONOMICO
Gli anni del boom industriale
Negli anni ’50 e ’60, in Italia, l’industria divenne l’attività principale, quella con il maggior numero di addetti. Lo sviluppo delle industrie italiane si basò soprattutto sulla disponibilità di manodopera e sui salari ridotti degli operai, ciò portò quindi ad avere basse spese di produzione anche senza innovazioni tecnologiche. Questa situazione permise, tra il ’58 ed il ’63, un grande sviluppo che prese il nome di miracolo economico o di boom. In questo modo la disoccupazione diminuì notevolmente e il mercato interno si ampliò.
Da quali fattori fu favorito questo grande sviluppo? In primo luogo, va considerata la politica economica impostata dai governi italiani, basata fondamentalmente sui principi del liberismo e del capitalismo. L’economista liberale Luigi Einaudi (divenuto Presidente della Repubblica nel 1948), riteneva che la ricostruzione dell’economia italiana dovesse fondarsi principalmente sulla libertà di iniziativa delle aziende. I settori industriali che più crebbero furono la siderurgia, la metalmeccanica, la chimica, la petrolchimica e l’edilizia. Nel frattempo la costruzione di nuove autostrade facilitò i collegamenti fra le varie parti del Paese. Di conseguenza, in breve tempo, le abitudini e le stesse esigenze degli Italiani cambiarono.
5- NUOVI E VECCHI SQUILIBRI NELL’ITALIA DEL “BOOM” ECONOMICO
Gli squilibri Nord-Sud
Le grandi trasformazioni economiche aggravarono il divario tra Nord e Sud. La crescita delle industrie fu particolarmente intensa nel cosiddetto triangolo industriale (Torino, Milano e Genova), in cui si era verificata la prima industrializzazione.
Nel Nord il livello di vita salì molto rapidamente e si ebbe una forte richiesta di manodopera. Nel Sud agricolo vi fu una riduzione di posti di lavoro e la povertà rimase diffusissima. Negli anni ’50 meno del 10% della popolazione dell’Italia settentrionale aveva un’alimentazione scarsa, mentre nell’Italia meridionale più del 50% si trovava in questa situazione.
Gli interventi del governo
La situazione del Sud non fu modificata dalla riforma agraria del 1950: una modifica troppo limitata. Non molto più efficace fu la creazione di una Cassa per il Mezzogiorno, con il compito di favorire lo sviluppo economico delle regioni dell’Italia meridionale. Furono realizzati interventi isolati, costruendo grandi complessi industriali, privi di collegamento con le attività praticate in quelle aree. Spesso si trattava d’impianti ad alto investimento tecnologico, con macchinari sofisticati, oltre a danneggiare gravemente l’ambiente.
Queste scelte sbagliate dipesero spesso dalla volontà di alcuni uomini politici di realizzare grandi guadagni personali, facendosi pagare forti tangenti (cioè compensi richiesti per favori illegali).
L’emigrazione
Il divario fra Nord e Sud portò ad una massiccia emigrazione. Tra gli anni ’50 e ’60 oltre un milione e mezzo di italiani lasciarono le regioni meridionali diretti verso le grandi città del nord, nelle quali contemporaneamente confluivano quanti avevano abbandonato le zone di montagna e le campagne del settentrione.
Nelle città del nord l’arrivo di un gran numero d’immigrati creò gravi problemi. Reperire un alloggio in città come Torino o Milano divenne veramente difficile. Si arrivò persino ad affittare posti letto ad ore: di giorno dormiva l’operaio che lavorava al turno di notte e la notte l’operaio che aveva il turno di giorno. Gli immigrati si affollarono nelle case dei centri storici, in condizioni di forte degrado e spesso prive dei servizi igienici interni.
6- I DANNI ALL’AMBIENTE NATURALE NEGLI ANNI DELLO SVILUPPO
L’inquinamento
Negli anni del grande sviluppo industriale si verificò una massiccia distruzione dell’ambiente naturale in tutta Italia.
Fino agli anni ’70 mancarono completamente leggi che limitassero i fenomeni d’inquinamento o la speculazione edilizia soprattutto nelle città e nelle arre industriali. Ne è un esempio il fatto accaduto nell’incidente di Seveso (1976), dove la fuoriuscita di diossina da una fabbrica costrinse gli abitanti ad abbandonare le loro case e provocò la nascita di bambini deformi.
La speculazione edilizia
La massiccia immigrazione favorì, negli anni ’50 e ’60, la speculazione edilizia, vale a dire la costruzione di case unicamente con lo scopo di realizzare ingenti profitti. Le città crebbero rapidamente, con l’edificazione di nuovi quartieri privi dei servizi necessari: spazi verdi, scuole, negozi e trasporti. I casi di crolli, o perché i materiali utilizzati erano scadenti o perché i terreni scelti per costruire erano del tutto inadatti, non furono rari.
Ben di rado i responsabili furono individuati e puniti. La qualità della vita nelle città italiane peggiorò gravemente e ancor’oggi esse si collocano agli ultimi posti per l’estensione del verde pubblico.
Gli edifici costruiti senza autorizzazione avrebbero dovuto essere abbattuti ma, purtroppo ci furono numerosi condoni, grazie ai quali le costruzioni abusive vennero rese legali. Spesso, la costruzione di case e strade, comportava giri d’affari e perciò costituì per gli uomini politici una gran fonte di ricchezza grazie alle tangenti.
Le leggi a tutela dell’ambiente
Negli anni ’70 e ’80 si diffuse una maggiore attenzione ai problemi ambientali e furono approvate alcune leggi: normativa Merli sull’inquinamento delle acque (1976) e decreto Galasso sulla speculazione edilizia (1984). Per lungo tempo, inoltre, non vennero però creati parchi nazionali e la percentuale di territorio protetto rimase molto bassa.
7- LA SOCIETA’ SI RINNOVA: LOTTE SOCIALI E TRASFORMAZIONI INDUSTRIALI
La condizione operaia negli anni ’50
Fino all’inizio degli anni ’60, i salari degli operai rimasero molto bassi e molti si trovarono a lavorare in ambienti nocivi o a svolgere lavori pericolosi. Si verificarono perciò moltissimi incidenti mortali e casi di danni permanenti. Alcune industrie chimiche divennero vere e proprie fabbriche della morte: fu il caso dell’IPCA di Torino, una fabbrica di coloranti, dove 140 operai morirono per carcinoma alla vescica.
L’affermazione del sindacato
Gli iscritti ai sindacati furono spesso discriminati nelle fabbriche. Negli anni ’60 però la situazione cominciò a mutare: nel Nord, ci fu una crescita di tali confederazioni e cominciarono i primi scioperi, come quello degli elettromeccanici milanesi nel 1961. I sindacati rafforzarono inoltre la loro posizione e videro un aumento del loro numero di iscritti. I tre maggiori sindacati erano: CGIL, CISL e UIL che, nel 1972, si unirono in una confederazione al fine di avere più peso e potere.
Dall’autunno caldo allo Statuto dei lavoratori
Gli scioperi divennero particolarmente intensi tra il ’68 ed il ’69 (Autunno caldo), in collegamento con le rivendicazioni studentesche. Si verificarono così dei significativi miglioramenti: aumenti salariali, eliminazione di alcune cause di rischio e di nocività, e riduzioni degli orari.
Nel 1970 fu approvato lo Statuto dei Lavoratori, che garantiva alcuni diritti fondamentali: ai proprietari fu proibito di indagare sulle opinioni politiche o sindacali dei lavoratori, ai quali venne invece permesso di riunirsi in assemblea e di effettuare propaganda sindacale all’interno del luogo di lavoro; il licenziamento di un lavoratore con almeno 15 dipendenti divenne possibile solo sulla base di una giusta causa. Vi fu inoltre l’introduzione della “Scala mobile”.
Le trasformazioni degli anni ’70 e ’80
La crescita economica continuò negli anni ’70 e ’80 ma fu interrotta da periodi di stagnazione e momenti di crisi. In particolare, l’Italia fu colpita dagli aumenti del petrolio nel 1970, provocando una forte inflazione.
Gli addetti al settore primario e all’industria continuarono a diminuire, per l’uso crescente di macchine agricole, l’abbandono delle terre meno produttive e la diffusione dell’automazione. Ci fu però una grande espansione del settore terziario (banche, assicurazioni, società finanziarie). Nonostante ciò, la richiesta di manodopera in questo settore non fu in grado di compensare la riduzione dei posti in agricoltura e nell’industria: di conseguenza la disoccupazione divenne un fenomeno molto grave, soprattutto tra i giovani.
L’immigrazione extracomunitaria
Lo sviluppo economico cominciò ad attirare migliaia di immigrati extracomunitari. All’inizio furono soprattutto cinesi, che formarono comunità chiuse, dedicandosi principalmente a lavorare nella pelletteria o nei ristoranti.
Solo negli anni Sessanta giunsero dall’Africa (Somalia,Eritrea) e dalle Filippine, molte donne, che trovarono lavoro come domestiche. Inoltre, si stabilirono in Italia numerosi rifugiati politici, soprattutto dall’America meridionale (brasiliani, cileni, argentini). Solo negli anni Ottanta l’immigrazione divenne anche in Italia un fenomeno di grandi dimensioni.
8- LE TRASFORMAZIONI DELLA SOCIETA’
Una società ricca
Il livello di vita migliorò ed anche in Italia la società dei consumi cominciò ad imporsi: dopo la motoretta e la radio fecero la loro comparsa la televisione, l’automobile (prima fra tutte la 500, l’utilitaria della FIAT), il frigorifero, la lavatrice. La villeggiatura non fu più un lusso ma un’abitudine di milioni di famiglie.
La scuola
In questi anni vi fu una maggiore diffusione dell’istruzione. Vennero organizzati corsi per adulti analfabeti e vennero prodotte trasmissioni televisive per insegnare a leggere, in particolare Non è mai troppo tardi.
Fu riformata la scuola dell’obbligo, unificando la scuola media che prima era di due tipi (avviamento professionale per chi non continuava gli studi, scuola media per gli altri).
A causa di seri problemi di spazi e di aule, per molti anni, furono necessari turni doppi se non tripli.
Il miglioramento del tenore di vita fece salire le iscrizioni alle Scuole superiori e alle Università.
La famiglia
Altre trasformazioni riguardarono la donna: grazie al femminismo fu approvato un nuovo diritto di famiglia che stabiliva la reale parità tra i due coniugi all’interno del matrimonio e nell’educazione dei figli. Vennero inoltre costruiti asili nido e scuole materne che permisero alle donne di lavorare fuori casa. Nel 1970 fu introdotto il divorzio, nel 1975 furono istituiti i consultori familiari e nel 1978 ci fu l’introduzione dell’aborto. Nei posti direttivi le donne rimasero però una minoranza.
La chiesa
La chiesa cattolica continuò ad avere molta importanza in Italia ed essa intervenne nella vita politica. Il suo potere però si ridusse, perché andò diminuendo il numero dei credenti e soprattutto dei praticanti.
9- MINACCE ALLA DEMOCRAZIA: I MOLTI MISTERI DEGLI “ANNI DI PIOMBO”
Il terrorismo fascista
Le grandi manifestazioni del ’68 e del ’69, fecero pensare ad uno spostamento verso il comunismo. Gruppi neofascisti diedero allora inizio, con la complicità di una parte dei servizi segreti, ad una “strategia della tensione”, il cui scopo era quello di creare il panico tra la gente e spingerla a richiedere un governo “forte”. Il primo atto fu l’attentato di piazza Fontana: il 12 dicembre 1969 una bomba esplose nella Banca dell’Agricoltura a Milano, provocando 16 morti e quasi un centinaio di feriti. Altri atti terroristici colpirono la Questura di Milano nel 1973, Piazza della Loggia a Brescia e il treno Italicus nel 1974.
Essi culminarono nell’attentato alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980 (86 morti).
Le Brigate Rosse
Dal 1974, la crisi economica, la crescente disoccupazione, il peggioramento dei livelli di vita legato all’inflazione, l’accentuarsi delle differenze sociali, spinsero alcuni a pensare che non fosse possibile modificare la situazione pacificamente. Si formarono gruppi armati d’ispirazione marxista che intendevano scatenare una rivoluzione attuando una guerriglia urbana.
Il più importante fu quello delle BR (Brigare rosse). Esse iniziarono senza spargimento di sangue, come il rapimento del giudice Sossi (1974). Progressivamente però l’azione dei brigatisti si fece sempre più violenta, dando inizio ad una serie di omicidi.
I brigatisti scelsero le proprie vittime, colpendo giudici, giornalisti, avvocati, uomini politici, poliziotti, sindacalisti, fino ad uccidere, nel 1978, uno dei massimi esponenti della DC, Aldo Moro.
La lotta al terrorismo
Il governo emanò leggi grazie alle quali molti brigatisti vennero catturati. Rimangono però diversi dubbi e molti oggi ritengono che dietro si nascondano pesanti responsabilità da parte di alcuni uomini politici e dei servizi segreti. Molti dei responsabili degli attentati neofascisti non furono scoperti perché le indagini vennero depistate.
Su quegli anni vi sono altri misteri mai del tutto chiariti: in particolare la loggia massonica, chiamata P2, fu probabilmente al centro di un tentativo di ridurre le libertà democratiche in Italia e di concentrare ogni decisione nelle mani di un ristretto gruppo di potere.
10- LA CRISI DELLA SOCIETA’ CIVILE: LA CORRUZIONE E LA CRIMINALITA’
La situazione politica degli anni ’80
Negli anni ’80, il Partito Socialista ottenne un potere sempre maggiore, mentre la Democrazia Cristiana continuava a perdere voti. Si ebbero così governi guidati da uomini politici non appartenenti alla DC, in particolare il socialista Bettino Craxi (1983-1987).
L’Italia fu l’unico paese dell’Europa occidentale a non conoscere un ricambio delle forze al governo. Questa situazione, definita da alcuni una democrazia bloccata, aumentò il potere dei partiti al governo e favorì la diffusione della corruzione.
Il potere dei partiti
Le principali cariche in tutti gli enti pubblici, dalla RAI, alle banche, alle ferrovie, venivano regolarmente affidate a persone scelte in base all’appartenenza ad un determinato partito e non alle effettive competenze, per ottenere vantaggi personali e guadagni anche illegali, a danno dei cittadini.
La corruzione
Negli anni Ottanta ci fu un forte sviluppo della corruzione e del sistema delle tangenti. Si cominciò a pagare la tangente sia per procurarsi favori illegali, sia per ottenere ciò cui si aveva diritto, sia per evitare danni.
Il costo del pizzo ebbe conseguenze pesanti: aumentarono i costi dei lavori pubblici che vennero spesso eseguiti con materiali scadenti. Inoltre, non vennero rispettate le norme di sicurezza e quindi si ebbero incidenti mortali.
Le organizzazioni criminali
Gli anni ’70 e ’80 videro anche la crescita delle organizzazioni criminali, la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra, grazie al controllo del traffico di droga.
Con l’appoggio di alcuni uomini politici riuscirono a controllare gran parte degli appalti. Chi si oppose venne spesso assassinato.

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Esempio



  


  1. nunzi

    materiale sulle relazioni industriali anni sessanta in italia