Il totalitarismo

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Il totalitarismo

Negli anni ’30 si presentò il nuovo fenomeno del totalitarismo. Con tale termine si indicano una serie di regimi di differente natura, ma con delle caratteristiche che li accomunano: come il nazismo, il fascismo (non solo quello italiano, ma si parla di regimi fascisti anche in relazione ad altri paesi, come il Portogallo, la Spagna e i Paesi dell’Europa Orientale) e lo stalinismo.
Le due principali caratteristiche sono:
1. sono fenomeni differenti che si inseriscono all’interno della crisi liberale tipica del primo dopoguerra;
2. sono regimi non omologabili ai precedenti regimi di tipo autoritario (come ai tempi della Restaurazione, quando ancora in molti paesi non c’era una carta costituzionale).
Nel primo novecento sono regimi soprattutto di destra differenti dai regimi dell’ancien regime e della Restaurazione, anche perché totalitarismo non è l’equivalente di autoritarismo; l’unica analogia fra i due tipi di regimi è che entrambi non ammettevano il dissenso, il pluralismo politico né la critica nei confronti dell’autorità costituita. Ma evidenti sono anche le differenze:
• I regimi autoritari erano elitari (escludevano dalla partecipazione politica le masse popolari e soprattutto quelle contadine); tendevano a restringere il diritto di voto (come per esempio durante il regno di Luigi XVIII); l’atteggiamento nei confronti delle masse era quello di tenerle a bada ed eventualmente usare la repressione per reprimere la velleità da parte degli atti popolari.
• I regimi totalitari avevano un approccio differente nei confronti delle masse popolari perché si svilupparono in una società di massa tipica dell’800, in cui la masse pretendevano un ruolo di partecipazione. Conseguentemente tali regimi tendevano a mobilitare le masse: spesso nel fascismo, nel nazismo e nello stalinismo si ricorreva alle adunate, alle manifestazioni pubbliche nelle piazze e usavano molto la radio come strumento di massa. Per esempio nel caso di Hitler, analogamente a Mussolini, si organizzavano adunate di piazza da cui si trasmetteva con la radio, nella ricerca di un consenso delle masse).
Si crearono in questo contesto delle associazioni controllate dall’alto per organizza re e mobilitare le masse: per esempio in Italia si crearono organizzazioni del dopolavoro, si tentò un inquadramento dei giovani e dei bambini in organizzazioni di regime (i balilla, gli avanguardisti…) a fini propagandistici.
Ma questa mobilitazione aveva dei limiti: innanzitutto non era frutto di un’autentica partecipazione popolare, era una partecipazione politica fittizia, perché le masse non avevano potere decisionale.
Come si spiega allora il tentativo di mobilitazione? Questo dipendeva dal fatto che nel primo dopoguerra c’era nelle masse un’esigenza di partecipazione che nel biennio rosso aveva dei connotati di sinistra e rivoluzionari. Ma quando si esaurì lo spirito di “fare come in Russia”, rimase il bisogno di mobilitazione soprattutto nei giovani, negli ex-militari, nei ceti intellettuali e soprattutto nei piccoli borghesi, che si sentivano a disagio perché erano timorosi delle classi operaie e invidiosi della grande borghesia (i cosiddetti pescecani).

Il caso più eclatante di totalitarismo fu quello tedesco con l’ascesa al potere di Hitler ed il nazismo.
Il partito nazionalsocialista era nato negli anni ’20 ma in quel contesto non aveva trovato largo seguito (come pure i fasci all’elezioni del ’19). Addirittura nel ’23 Hitler tentò una specie di colpo di stato che però non ebbe successo. Perché poi divenne un partito quantomeno di maggioranza relativa? Le ragioni risiedono innanzitutto nella crisi del ’29 perché la crisi americana si riverberò sullo scenario tedesco, determinando dei fallimenti industriali, cosicché all’inizio degli anni ’30 in Germania c’era un’alta disoccupazione che determinò insoddisfazione sociale di cui Hitler si fece portavoce determinando la crisi della repubblica di Weimar, che gia di per sé era debole (vi erano molti partiti, governi di coalizione e poca stabilità). Il colpo di grazia fu dato dalla crisi politica fusa con la crisi economica.
Verso il ’31-’32 la crisi economica raggiunse il suo apice, per cui si creò un forte clima di violenza e di agitazioni.
La sinistra era divisa in due partiti principali: l’SPD e il partito comunista, in forte contrasto fra di loro. Il partito comunista considerava i socialdemocratici come una versione camuffata della borghesia capitalistica e li chiamavano “social-fascisti”. Questo camuffamento secondo loro nascondeva l’appoggio al capitalismo; vi erano poi il partito di centro e altri partiti, anch’essi frantumati. Né la sinistra né il centro riuscirono, in quest’ambito, a farsi carico di questa difficile situazione e si dimostrarono non adeguati al contesto.
L’elettorato tedesco quindi credette di trovare in Hitler un’ancora di salvezza in grado di risolvere la crisi tedesca. Perché proprio Hitler? Perché probabilmente ci sono ragioni legate alla sua ideologia: forte nazionalismo, razzismo che identificava gli ebrei come caprio espiatorio della loro crisi (n.b.: il razzismo tedesco esisteva già da prima, ma Hitler lo estremizzò). In una situazione di grande smarrimento non vedendo vie d’uscita si cerca e ci si indirizza verso ciò che sembra la soluzione più ottimale, senza razionalizzare la validità effettiva (i tedeschi trovarono tale soluzione nel colpevolizzare gli ebrei).
La crisi politica si espresse in una serie di elezioni che si succedettero con una velocità spaventosa nel giro di 2 anni (intorno al ’32).
Fu eletto nuovo presidente della repubblica Hindenburg, un moderato ma che sostanzialmente era più di destra che di centro, senza dubbio era un conservatore. Egli, con altri esponenti di centro-destra commise lo stesso errore che avevano compiuto certi liberali italiani con Mussolini (come Giolitti, Croce…): voleva strumentalizzarlo per eliminare la sinistra dandogli spago. In Germania furono organizzate dai nazisti delle bande paramilitari (guidate da Röhm).

Nelle elezioni politiche del 1933 il partito nazista aveva conquistato grossi consensi, ma non la maggioranza assoluta però il presidente Hindenburg, l’ex maresciallo, come altri esponenti moderati fece un ragionamento simile a quello dei liberali italiani e Giolitti, il quale aveva dato spago al fascismo per poi istituzionalizzarlo dopo aver messo a posto i socialisti. In Germania successe una cosa similare: pensarono di usare Hitler per risolvere i problemi creati dalla crisi del ’29, ma fecero male i calcoli perché Hitler, ottenuto il cancellierato, alla fine del ’33, ne approfitto per conquistare in toto il potere politico. Anche il partito nazista aveva delle organizzazioni paramilitari organizzate come le squadriglie fasciste. Anche il nazismo aveva le sue truppe d’assalto e di conseguenza si diedero ad uccidere i suoi avversari con la connivenza (complicità) dell’esercito e della polizia.
Nel febbraio ci fu un episodio emblematico: il parlamento tedesco venne incendiato da uno squilibrato olandese; questa provocazione fu orchestrata dai nazisti che ne presero spunto per accusare la sinistra di esserne responsabile e scatenare così una repressione forte in periodo di campagne elettorali. Hitler aveva indetto nuove elezioni perché il nazismo non aveva la maggioranza assoluta, ma aveva assunto la guida del Paese grazie all’appoggio di altri partiti del centro destra. Sulla scia delle repressioni e delle intimidazioni naziste, nelle elezioni di marzo Hitler ottenne un incremento di voti, ma non raggiunse ancora una volta la maggioranza assoluta, ma nonostante ciò Hitler riuscì, avendo l’appoggio della borghesia, degli industriali e dell’esercito, a far approvare delle leggi che portavano all’abbattimento della repubblica parlamentare di Weimar. I partiti di opposizione vennero sciolti (in primo luogo il partito social.democratico), altri vennero ridotti ad autosciogliersi e il partito nazista venne proclamato l’unico partito legale. Si instaurò cioè un regime a partito unico (e quindi si ebbe l’abolizione del pluralismo). Questo avvenne in estate, con un processo molto più rapido di quello fascista (Mussolini, infatti, fece la marcia su Roma nel ’22, ma le leggi fascistissime risalgono solo al ’25).
Il consolidamento del nazismo avvenne anche tramite l’eliminazione di Röhm, il capo delle truppe d’assalto (SA) perché:
1. era un concorrente interno che poteva far ombra alla figura di Hitler;
2. Röhm non era molto amato dagli alti comandi tedeschi che vedevano nelle truppe d’assalto un apparato che poteva opporsi all’esercito.
Fu così che le SA vennero liquidate e si formarono le SS, i reparti di difesa. Nell’autunno furono indette nuove elezioni per aver il consenso plebiscitario.
Uno degli elementi più importanti del nazismo è l’antisemitismo: i nazisti erano alla ricerca di un capro espiatorio che faceva capo su sentimenti antisemiti che già facevano leva sulla società tedesca. Hitler diede via ad un programma di ingegneria genetica nell’eliminazione fisica dei ritardati mentali e degli omosessuali (perché non rientravano nello stereotipo ella razza ariana), attuò cioè un programma di difesa e purificazione della razza.
Gli ebrei furono quindi sottoposti a limitazioni: erano vietati matrimoni fra ebrei e non ebrei; vi erano poi delle limitazioni professionali, anche se per lo più erano alto/medio borghesi, i quali vennero poi privati dei propri averi, e fu loro proibito che si occupassero di una banca.
L’atteggiamento della Chiesa tedesca fu sostanzialmente acquiescente nei confronti di Hitler, anche se il papa emanò un’enciclica in tedesco (“Con cosciente dolore”) dove assumeva una posizione critica nei confronti del totalitarismo tedesco perché manipolava le masse, e che quindi poteva mettere in crisi le associazioni cattoliche.
In Italia il totalitarismo non ebbe forme nette come in Germania e in Russia.
LA RUSSIA
Con la presa del palazzo d’inverno, nell’ottobre del ’17, i bolscevichi avevano instaurato una dittatura e avevano annullato l’elezioni del panrusso perché i bolscevichi non avevano la maggioranza assoluta e così soppressero il parlamento e il pluralismo politico.
Ma all’interno del partito bolscevico c’era una lotta interna per il potere motivata in parte da differenti opinioni, in parte a motivazioni legate alla lotta di potere.
Negli anni ’20-30 la lotta ha come suo punto di riferimento Stalin, il quale assunse formalmente la guida del partito nel ’24, con la morte di Lenin, ma lo deteneva in pratica già da quando era segretario e Lenin era malato.
C’era stata negli anni ’20 una lotta di potere che aveva visto in contrapposizione Stalin e Trotzkij, il quale poteva fare ombra a Stalin e quindi la rottura era motivata per imporsi alla guida del partito e quindi dello Sato.
Da un punto di vista ideologico c’erano delle differenziazioni fra Stalin e Troztkij:
1. Stalin sosteneva la tesi del “socialismo in un paese solo”: dopo aver constato che la rivoluzione aveva avuto successo solo in Russia, propose di lasciar perdere gli altri paesi occidentali e consolidare il socialismo in un solo paese.
2. Troztkij sosteneva invece la tesi della “rivoluzione permanente”: pensava che la Russia fosse troppo arretrata per poter reggere una rivoluzione comunista e che avesse bisogno del supporto degli altri paesi (e soprattutto della Germania); temeva poi che confinare il socialismo in un solo paese finisse per vanificare gli sforzi del socialismo stesso.
Vi erano poi delle differenze riguardanti la politica economica e in particolare la Nep: in un primo momento Stalin fu un fautore della Nep, mentre all’interno del partito c’erano delle voci dissenzienti (l’opposizione di sinistra) che declamavano la fine della Nep perché ritenevano che essa potesse riportare il Paese a forme economiche di tipo borghese (la Nep consentiva, anche se con dei limiti, un’economia di mercato: i kulaki potevano vendere le loro eccedenze produttive). Stalin voleva usare la Nep per colpire il dissenso interno di sinistra.
Oltretutto Troztkij era un personaggio importante perché aveva condotto le armate rosse, fu anche per questo che fu costretto all’esilio, cioè Stalin non lo eliminò fisicamente, ma quando fu dimenticato, nel 1940, lo fece eliminare da un sicario, mentre era in esilio in Messico, perché dall’estero continuava ad alimentare l’opposizione a Stalin.
Nel 1929 Stalin prese la decisione di procedere con l’abolizione della nep e di sopprimere fisicamente i kulaki, tramite l’esercizio sistematico del terrore e la soppressione degli oppositori, tipica del regime staliniano. L’apparato terroristico era spesso casuale, cioè i motivi per cui si era imprigionati nel gulag (l’insieme dei campi di concentramento staliniani in Siberia) erano frutto di arbitri. C’era anche, come in Germania, un forte uso dell’apparato propagandistico per glorificare Stalin (quello che dagli storici è chiamato il culto della personalità); questo spiega il motivo per cui Stalin fu in grado di procedere all’eliminazione fisica degli oppositori e dei kulaki (che erano tanti milioni) i quali venivano trasferiti nelle fattorie collettive, i Kolchoz.
Il motivo per cui si pervenne alla scelta dell’abolizione della Nep e dei kulaki, non condivisa dalle opposizioni di destra, rappresentata da Bucharin, era legato alla necessità di procedere a tappe forzate, soprattutto a livello di costruzioni meccaniche (industria pesante) e per far questo occorreva dirottare le risorse dl settore agricolo (anche nella rivoluzione industriale inglese i capitali erano stati acquisiti grazie al liberarsi di risorse provenienti dal mondo agricolo, cioè l’industrializzazione era stata preceduta da una rivoluzione agraria).
Ma finché i prezzi agricoli sarebbero stati affidati al libero mercato, il mondo agricolo avrebbe assorbito risorse, per cui l’unico modo era di spremere le risorse contadine e contrarre i prezzi agricoli per liberare capitali per l’industria. Ma mentre in occidente questo era avvenuto in un arco di tempo diluito, Stalin voleva ottenere tale risultato in pochi anni, da qui deriva il carattere violento di questo processo e la necessità di procedere in modo terroristico.
La destra e Bucharin invece pensavano che la politica dell’industrializzazione forzata avrebbe portato i contadini all’opposizione; avrebbe cioè creato opposizione sociale e quindi il regime si sarebbe limitato al mondo contadino. Bucharin pensava che la società potesse consolidarsi non prescindendo dall’alleanze fra proletari e contadini.
Si procedette comunque all’attuazione dei primi piani quinquennali, i quali erano una programmazione dall’alto della quantità di prodotti, merce per merce, che doveva essere raggiunta, erano cioè degli obiettivi. Questi obiettivi di norma non venivano rispettati, perché erano molto ambiziosi, però dal punto di vista della produzione industriale si registrarono cospicui incrementi. Infatti all’estero si ignoravano i costi di vita umana, anche perché non si poteva circolare in Russia per cui non si avevano notizie per un inquadramento in termini corretti della situazione. Nessuno immaginava che Stalin avesse sterminato 4 o 5 milioni di kulaki. In Europa filtrava solo l’idea positiva: il procedere di un’industrializzazione molto forte negli anni in cui in Europa si sentivano gli effetti del crollo di Wall Street. Stalin pesava che le potenze occidentali prima o poi si sarebbero opposte. Anche dopo la seconda guerra mondiale l’industria leggera fu sempre più penalizzata, perché si puntava sull’industria bellica.
Gli anni ’30 furono i cosiddetti anni delle grandi purghe: nel ’34 il segretario del partito comunista Kirov venne assassinato probabilmente dallo stesso Stalin, che preso il pretesto per inscenare processi contro gli oppositori.

La situazione era dirompente poiché i regimi nazisti e fascisti erano tendenzialmente aggressivi, cosicché Francia e Inghilterra si trovarono a fronteggiare questa aggressività. Gli Stati Uniti dagli anni ’20 erano in una situazione di isolazionismo e quindi non si interessarono alle vicende europee. Nella seconda metà degli anni ’30 il comportamento dei governi francesi e inglesi fu debole ed incline ad accettare le iniziative aggressive del regime nazista per salvaguardare la pace; gli permisero così di rafforzarsi e di fare acquisizioni territoriali, mentre dovevano stroncare sul nascere sul nascere questo rafforzamento sul piano militare della Germania, che violava il trattato di Versailles.
In Inghilterra vi erano dei governi Tories, conservatori con diversi leader fra, cui Churchill, i quali guardavano con simpatia ai regimi fascisti; Churchill in realtà all’inizio degli anni ’30 era ancora pieno di stima nei confronti di Mussolini, solo quando si incamminò sulla via aggressiva, il giudizio di Churchill andò mutando).
In Francia all’inizio degli anni ’30 c’era stato un avvento al governo del fronte popolare, il quale aveva fortemente smorzato il proprio riformismo, e aveva preso atteggiamenti moderati. Anche la Francia si tenne su posizioni miti nei confronti di Hitler, no n c’era consapevolezza della forza che la Germania stesse assumendo.

All’inizio del ’33 ci fu l’avvento del nazismo in Germania, questo spostò gli equilibri europei a destra.
Ci furono conseguenze importanti da un duplice punto di vista:
• i rapporti fra le potenze europee si avviarono ad una fase difficile: la Germania mostrò inclinazioni nazionalistiche e lasciò la Società delle Nazioni e soprattutto tenne un atteggiamento aggressivo nei confronti dei Paesi vicini. Si creò così un clima di tensione a livello internazionale.
• L’ascesa al potere di Hitler e il consolidarsi dei totalitarismi di destra.

CRISI DELLA SICUREZZA COLLETTIVA E I FRONTI POPOLARI
In questo periodo ci sono grandi svolte nella politica internazionale. In Germania l'avvento del nazismo sposta l'equilibrio a destra e ha come conseguenze:
1.I rapporti tra le potenze europee diventano più difficili per le aspirazioni nazionalistiche della Germania che lascia la Società delle Nazioni e assume un atteggiamento aggressivo organizzando il riarmo (contro le decisioni di Versailles).
2.Revisione dell'impostazione politica della Terza Internazionale. Fino agli anni '30 infatti la divisione all'interno del partito era causata dall'accusa dei comunisti contro i socialisti, chiamati dispregiativamente socialfascisti, perché ritenuti a favore della borghesia reazionaria. La revisione della Terza Internazionale poneva l'accento sull'aspetto negativo del socialfascismo e tra il '34-'35 fu elaborata la teoria dei fronti popolari. Questa affermava che i comunisti avrebbero dovuto stabilire contatti con un fronte di sinistra il più ampio possibile per combattere la destra. Questa fu un'importante svolta poiché i comunisti che finora avevano lottato contro gli altri partiti, adesso vi si devono alleare nella lotta antifascista. La teoria dei fronti popolari ebbe importanti conseguenze:
1.In Francia si era costituito un ampio fronte popolare che contava sulla partecipazione di molti partiti (dai comunisti ai radicali) guidato da Blum, ebreo, e che riuscì ad ottenere la maggioranza nelle elezioni del 1936. Questo ebbe ricadute positive per le classi popolari, ma soprattutto a causa della svalutazione del franco Blum fu costretto a dimettersi.
2.In Spagna, Paese marginale dell'Europa, si formò un fronte popolare costituito da marxisti, comunisti, anarchici ecc. che nel '36 vinse le elezioni. Molte tensioni che si erano accumulate precedentemente esplosero. La Chiesa spagnola, fortemente conservatrice legata ai grandi proprietari terrieri, era vista dagli strati popolari come un'antagonista. Con la vittoria del fronte popolare aumentò l'anticlericalismo e nacque nei ceti disagiati l'illusione di vendicarsi dei soprusi subiti. I contadini affamati di terra cominciarono a farsi giustizia da soli, mentre alcuni generali dell'esercito si sollevarono contro il governo popolare. Fu Francisco Franco a prendere in mano la situazione riuscendo a stabilire il controllo su alcune zone anche se il governo conservava ancora buona parte del territorio, comprese Barcellona e Madrid. La situazione si rovesciò a causa dell'intervento dell'Italia e della Germania che sostennero i generali insorti con l'invio, rispettivamente, di uomini e armi. Al contrario i Paesi democratici come la Francia e l'Inghilterra dettero al governo popolare un sostegno formale e tiepido. Contemporaneamente ci fu un afflusso di volontari antifascisti, tra i quali anche molti italiani, che però non erano né professionisti né ben armati. A Barcellona scoppiarono violenti scontri tra anarchici e comunisti, avvantaggiando i franchisti.

Dopo tre anni di combattimento si concluse la guerra civile (nel '39) con la vittoria di Francisco Franco, il quale governò fino alla morte negli 70.
Nel ’38 si tenne a Monaco un incontro fra le maggiori potenze europee, qui le aggressioni tedesche furono riconosciute sia dalla Francia che dall’Inghilterra, per cui si risolse come un successo per Hitler. È questa la dimostrazione che non c’era consapevolezza della situazione.
L’aggressività di Hitler dal punto di vista ideologico si prospettava come il mito dello “spazio vitale” e cioè sul mito che la Germania per le sue caratteristiche doveva ampliare la sua sfera d’influenza per la sua crescita. Lo spazio vitale era identificato con l’Europa orientale e slava (Hitler guardava con disprezzo agli slavi, li considerava come una sottorazza che dovevano fornire manodopera per amplificare la potenza della razza ariana). Quindi mostrarono con i popoli slavi più violenza che nei confronti dei popoli occidentali (cioè con parte della Francia e con i Paesi Bassi).
I primi tentativi di espandersi verso l’est si ebbero nel 1938 quando venne realizzato l’accorpamento dell’Austria la III reich, realizzato con un colpo di stato, che vide l’abbattimento del governo Dolfus; l’Austria fu quindi incorporata senza alcuna reazione da parte di Francia e Inghilterra. Subito dopo, con la scusa della questione dei Sudati accorpò anche la Cecoslovacchia, poiché qui c’era un ‘area, assegnata alla Cecoslovacchia dal trattato di Versailles, che era abitata da molti tedeschi: Hitler voleva recuperare tali territori per riunire la popolazione di lingua tedesca alla madrepatria. Di conseguenza attaccò Praga e fece della zona Ceca (la parte più industrializzata) uno stato autonomo assoggettato alla Germania, mentre la Slovacchia rimaneva formalemente indipendente, ma era anch’essa assoggettata.
Tutte queste conquiste vennero riconosciute alla conferenza di Monaco di Baviera dove pensarono che Hitler placasse i propri appetiti.
Hitler nel ’39 aprì un contenzioso con la Polonia e la invase il 1° settembre, ma Inghilterra e Francia reagirono dichiarando guerra, ma a questo punto Hitler aveva già conquistato molti territori.

CINA
Nel periodo successivo alla prima guerra mondiale la Cina era una repubblica indipendente con gravi problemi: era un paese enorme e popoloso, ma povero, soprattutto negli anni ’20, essenzialmente contadino e assoggettato da feudatari; era un Paese debole sia economicamente che militarmente; era inoltre soggetto alle mire espansionistiche di altri Paesi come il Giappone, il quale aveva partecipato alla prima guerra mondiale a fianco dell’Intesa. Per cui con il trattato di pace vennero attribuito al Giappone il controllo della regione cinese dello Shantung.
Questo alimentò lo spirito nazionalistico e si formò quindi il partito politico del Kuomintang con a capo Chang Kai-shek, e che all’inizio era stato capeggiato da Sun Yat-sen.
Il comunista Mao Tse-tung in un primo momento collaborò con il Kuomintang, ma tale collaborazione venne a termine nel 1825, con la morte di Sun Yat-sen e l’ascesa di Chang Kai-shek, il quale era più a destra del suo predecessore ed anche lui aveva una forte caratterizzazione nazionalista ma, visto che era un conservatore, era anche un forte anticomunista; doveva quindi combattere su un doppio fronte.
Così all’inizio degli anni ’30 prese la decisione di regolare prima i conti con i comunisti e poi concentrarsi sui Giapponesi; ci fu così uno scontro fra il Koumintang e il partito comunista: all’inizio i comunisti ebbero la peggio, tanto che vennero confinati bella regione di Hunan, ma vistosi accerchiate 100 mila persone si rifugiarono nella regione dello Shanxi da dove riorganizzarono la lotta, con quella che fu poi chiamata la lunga marcia.
La lotta contro i comunisti indebolì il Koumintang tanto che alla fine degli anni ’30 il Giappone aggredì la Cina facendo numerose conquiste. Il fatto che i Giapponesi disprezzassero i Cinesi comportò che, nell’invadere la Cina, commettessero atrocità inaudite, delle vere e proprie stragi.

GIAPPONE
In Giappone si era affermato un regime autoritario, una politica controllata da potenti industriali e da un esercito entrambi; entrambi si riconoscevano nell’autorità dall’imperatore. Era caratterizzato da una grande espansione economica e demografica; con inclinazioni imperialistiche, a cominciare con la guerra Russo-Giapponese del 1904, con la vittoria del Giappone, non erano cioè inclinazioni recenti. Tale aggressività si era scontrata prima con la Germania, durante la prima guerra mondiale, poi con la Cina e infine contro la presenza degli Stati Uniti nel Pacifico e in Asia che lo portò a schierarsi contro gli Stati Uniti nel corso della seconda guerra mondiale.

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