il programma accentratore di Luigi XIV

Materie:Riassunto
Categoria:Storia
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Testo

IL PROGRAMMA ACCENTRATORE DI LUIGI XIV
Il “Re Sole”: il potere monarchico come riflesso dell’onnipotenza divina.
All’età di 22 anni, quando morì il cardinale Mazarino, Luigi XIV, decise di assumere il potere nelle sue mani. Avendo fresco il ricordo dell’umiliazione subita da bambino, durante la Fronda, quando la sua famiglia fu costretta a fuggire da Parigi, e non apprezzando nemmeno la concentrazione di potere a favore del primo ministro invece che al re, si mosse per consolidare lo Stato e l’istituto monarchico, ma soprattutto per il rafforzamento del potere personale del re. Poiché credeva nelle dottrine riconoscevano al potere monarchico l’origine divina, sosteneva che l’unico a poter giudicare l’operato del re era Dio, dal quale appunto, il potere proveniva, e che chi nasceva suddito doveva obbedire, sempre per volere divino. Per simboleggiare questa onnipotenza del re, che in un certo senso rispecchiava quella di Dio, prese a simbolo il Sole, da qui il nome di Re Sole.
: l’accentramento del potere nelle mani del re
Oltre a riconoscere alto valore alla figura del re, riteneva anche che il potere dovesse essere esercitato in prima persona, per questo concentrò nelle proprie mani ogni decisione, per arrivare a identificare lo stato e il potere con la propria persona. , diceva Luigi XIV, che secondo questo principio non si affidò a nessuno primo ministro, ne concesse deleghe permanenti, evitando sempre di spostare il potere decisionale dalla propria persona. Prendeva le decisioni importanti con l’ausilio di un ristretto consiglio, diviso in affari segreti, interni e finanze, formato da un ristretto numero di collaboratori che riteneva affidabili, che sceglieva per competenza e provenivano spesso dalla borghesia.
I principali collaboratori di Luigi XIV e i loro contrasti: Colbert e Tellier
Collaboratore importante fu Jean-Baptiste Colbert, con mansioni di controllore generale delle finanze, responsabile della politica economica. Nella realtà si occupava di tutta la politica interna, a partire dalle grandi opere edilizie ai porti e la navigazione. Figure importanti furono pure Le Tellier e suo figlio, il marchese di Louvois, che aiutava il re nella politica estera e militare. I rapporti fra Colbert e la famiglia Le Tellier-Louvois non furono mai buoni, ma caratterizzati dal voler prevalere sull’altro. Re Sole favorì questo contrasto, concedendo favori ora a uno ora all’altro schieramento, con il vantaggio di mantenere sempre in prima persona, il controllo della situazione. Contro gli oppositori Luigi XIV si era organizzato con un corpo di polizia, e incarcerò spesso anche personaggi aristocratici e importanti, presso la Pastiglia, senza nemmeno processo.
La riforma centralistica dell’amministrazione: gli intendenti
Colber attuò un’importante riforma dell’amministrazione, reintrodusse gli intendenti, funzionari di origine borghese stipendiati e alle dirette dipendenze del re, già presenti ai tempi di Richelieu, ma soppressi durante la Fronda perché non graditi al popolo che protestava per il peso fiscale. Ora però avevano compiti di tipo ispettivo, controllavano per conto del re che le amministrazioni locali agissero lealmente, segnalando a Parigi i casi di corruzione. Questa sorveglianza delle ramificazioni periferiche del potere, contribuirono al rafforzamento della monarchia. La corruzione dei concessionari di cariche ereditarie, fu limitata, i parlamenti locali, persero la qualifica di corti sovrane,, e lo stesso parlamento di Parigi, dopo il 1673, non poté più opporsi al volere del re, venne privato cioè, di ogni potere politico. Si ridusse l’influenza politica dei capi militari, dei governatori delle province, che solitamente erano grandi aristocratici. Stava prendendo forma il “centralismo” politico e amministrativo , ancora oggi caratteristico del sistema istituzionale francese.
LA REGGIA DI VERSAILLES, IL CENTRO DELLA FRANCIA
Versailles e la cultura del Grand siécle
Luigi XIV non volle risiedere a Parigi, sfiduciato nei confronti dell’aristocrazia, preferì farsi costruire una reggia a Versailles a pochi km da Parigi. La reggia fu particolarmente sfarzosa, per rispecchiare il potere assoluto del re. La costruzione della reggia assorbiva il 5% del bilancio annuo statale, ma tornava ugualmente a favore del re, che vi ospitava artisti, scrittori e scienziati. Furono fondate molte accademie, fra le quali quella delle Belle Arti, dell’Architettura e della Musica. Questo portò in Francia molti artisti. La costruzione della villa cominciò nel 1672 e durò circa trent’anni, Re Sole cominciò ad abitarci nel 1682 e da quel momento Versailles divenne la vera capitale del regno. La reggia era un capoluogo artistico, ma soprattutto un capolavoro politico, che accentuava la distanza del re dal popolo e gli permetteva di sottomettere gli ultimi nobili ancora autonomi al suo potere assoluto, a partire dai riti della vita di corte.
“Culto” monarchico e società di corte
Nell’ambiente lussuoso e raffinato della corte, si rispettavano le regole dell’etichetta, secondo un cerimoniale orientato a confermare l’assoluta centralità della figura del re. Non contavano più le origini storiche della famiglia, ma la vicinanza al sovrano, da questo dipendeva ora l’importanza sociale. Ricevere il saluto del re, o un suo cenno dava importanza a chi lo riceveva agli occhi degli altri cortigiani.
Luigi XIV e la grande nobiltà: subordinazione e compromesso
Le grandi famiglie aristocratiche assistevano al loro indebolirsi, a corte si trovavano messe in concorrenza ai servitori del re, di origine borghese, come ad esempio gli intendenti, spesso dovevano indebitarsi per sostenere la costosa vita di corte. L’aristocrazia francese dovette rinunciare ai vecchi vantaggi politici, e inserirsi suo malgrado nella vita monarchica. In cambio della fedeltà e della sottomissione, otteneva però dal re, il mantenimento dello status sociale privilegiato, esonerato dagli obblighi fiscali, e con la possibilità a volte, di beneficiare di stipendi per incarichi assegnati dallo stesso re.
POLITICA E RILIGIONE NELLA FRANCIA DI LUIGI XIV
Gli obiettivi della politica religiosa di Luigi XIV
Con l’Editto di Nantes del 1598, si era garantita una certa libertà religiosa, e diritti politici, agli ugonotti, Luigi XIV ora, si muoveva in direzione opposta, voleva infatti ottenere uniformità religiosa fra i suoi sudditi, poiché era convinto che coincidesse con l’uniformità politica e avrebbe rafforzato la sua monarchia. Per attuare il suo programma politico religioso si pose tre obiettivi:
- sradicare il giansenismo;
- affermazione gallicana, supremazia reggia sulla chiesa francese;
- estirpare il calvinismo ugonotto.
La repressione del giansenismo
I giansenisti si opponevano ai gesuiti. I gesuiti sostenevano il ruolo insostituibile delle opere per la conquista della salvezza, i giansenisti privilegiavano il ruolo della grazia divina rispetto alle opere compiute dall’uomo. Il nome deriva dal teologo olandese Cornelio Giansenio (1585-1638). In Francia i giansenisti avevano base nel convento di Port-Royal, ripudiavano i riti sfarzosi e sostenevano il valore dell’interiorità. Il papa tentò di arrestarli con due condanne (nel 1643 e nel 1653), ma non servirono, si rese necessaria la BOLLA UNIGENITUS del 1713, voluta dallo stesso Luigi XIV, che l’attuò distruggendo il convento e disperdendo i giansenisti.
La persecuzione degli ugonotti
I cattolici tentavano in ogni modo di convertire gli ugonotti al cattolicesimo, sia con argomenti teologici, sia con metodi più violenti. Piano piano si ridusse l’applicazione dell’editto di Nantes, si ostacolò l’accesso degli ugonotti alle cariche pubbliche, si sovvenzionarono economicamente gli ugonotti più bisognosi, in cambio della conversione, e nel peggiore dei casi si usò la forza per ottenere con violenza e terrore la conversione.
Gli “Articoli gallicani” e la supremazia del re sulla chiesa francese
Per quanto la monarchia francese avesse aderito al cattolicesimo, questo non impedì a Re sole di mettersi in conflitto col papa, per sostenere la supremazia della monarchia sulla chiesa francese. Tutto iniziò perché impose alle diocesi senza vescovo di versare la regalia, per finanziare le sue finanze ridotte dalle guerre. Questa sua rivendicazione nasceva dalla dottrina dell’elezione divina del re, e poi dal gallicanesimo francese, che già in passato aveva assoggettato la chiesa (cattività avignonese). I vescovi però si lamentarono con papa Innocenzo XI (1676-89), che si oppose al re, in nome della libertà assoluta della chiesa. Lo scontro durò per alcuni anni, durante i quali la chiesa francese si schierava dalla parte del re. Durante un’assemblea nel 1682, si approvò una dichiarazione in quattro articoli, in cui si affermava l’autonomia della chiesa francese da Roma e la supremazia sovrana su di essa, mantenendo però almeno in apparenza i rapporti col papa.
L’editto di Fontainebleau (1685)
Nel 1685, Luigi XIV, con l’editto di Fontainebleau, revocò l’editto di Nantes, dando un colpo al calvinismo francese. Venivano chiuse le scuole protestanti, si stabilì l’obbligo a battezzare i bambini, vennero demoliti i luoghi di culto calvinista, si stabilì per decreto l’obbligo per tutti gli ugonotti di convertirsi al cattolicesimo, con la proibizione di lasciare la Francia. 300.000 ugonotti riuscirono lo stesso a scappare, e raggiungere Inghilterra, Olanda e Brandeburgo. Per la Francia fu un danno economico, perché si trovò priva delle attività che questi svolgevano.
Il “colbertismo” e la politica estera di Luigi XIV
Colbert e il mercantilismo
Colbert diede alla politica economica della Francia un’impronta mercantilistica. Cercò di ridurre le importazioni dei merci dall’estero, agendo direttamente nelle colonie, e si impegno a sviluppare la produzione industriale nel paese. Sollecitò l’ingresso di tecnici di altri paese, e favorì la nascita di imprese industriali. Fra le attività statali e private si possono ricordare gli arazzi a Beauvais e le vetrerie di Saint Gobain, nate per contrastare la concorrenza dei vetri di Murano. Impose agli artigiani di iscriversi alle corporazioni, che dovevano esercitare il controllo sul rispetto dei livelli di produzione e qualità. Per favorire lo sviluppo della marineria francese, e scoraggiare il commercio dall’estero, impose un dazio di 50 soldi a barile per i carichi da navi straniere che portavano merci da uno stato diverso dal loro. Favorì il commercio interno di grano unificando le dogane, realizzando cinque grandi circoscrizioni.
Il problema del bilancio e le misure fiscali
Per far quadrare il bilancio statale Colbert,controllo attraverso gli intendenti al fedeltà degli appaltatori, aumentò le imposte indirette e colpì l’evasione dei finti nobili che tentavano di sottrarsi al pagamento delle tasse. Nonostante ciò non riuscì ad ottenere il pareggio di bilancio, anche a causa di imprevisti ordini d’acquisto del re. Il deficit si aggravò ulteriormente nei decenni successivi, tanto che nel 1700 diventerà un problema anche politico, conseguenza delle costosissime guerre nelle quali Re Sole coinvolgeva la Francia.
Politica estera e militare di Luigi XIV
La forza interna al paese, Luigi XIV la spendeva in una politica estera, prevalentemente di tipo militare con l’obiettivo di:
- allargare i confini delle stato, e conservare frontiere stabili verso nord e verso est;
- imporsi sugli altri re europei, per far della Francia la potenza egemone del continente;
- aumentare la presenza francese nelle colonie.
Per raggiungere gli obiettivi posti, aumentò notevolmente il numero dei militari, prevalentemente di tipo mercenario. Il controllo dei reparti militari rimase in mano ai nobili, ma ora con la direzione delle forze armate da parte del re. Si fissarono le regole per gli avanzamenti sulla scala gerarchica militare, si migliorarono gli addestramenti, e si favorì l’accesso ai gradi intermedi, anche ai poveri che erano meritevoli. Venne anche rafforzata la marina da guerra, anche per avviarla all’attività corsara.
Dopo il Re Sole
Alla morte di Re Sole(1715), il successore, Luigi XV(1710-74), aveva solo cinque anni, di reggere il potere fu incaricato Filippo d’Orleans, che dovette fare i conti con la disastrosa situazione lasciata da Re Sole. Nonostante la Francia fosse il paese più popolato, ritenuta una grande potenza economica e militare, con uno stato forte e accentrato, aveva molti problemi. In agricoltura si era puntato ad aumentare le aree coltivate, più che inserendo nuovi sistemi; le industrie di stato volute da Colbert erano di poca influenza, l’unificazione del paese ancora non era completa; aristocrazia e clero avevano ancora molti privilegi, mentre la massa viveva una miseria pronta ad esplodere in nuove lotte sociali. Le enormi spese per la politica estera di Luigi XIV, avevano portato ad un enorme debito pubblico, che il sistema fiscale non riusciva a risolvere. Sarebbero servite profonde riforme, ma ne Filippo d’Orleans, ne più aventi Luigi XV furono capaci di praticarle. Luigi XV dal 1726 al 1743 lasciò il governo nelle mani del primo ministro, il cardinale Fleury.

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