Il colonialismo

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Categoria:Storia

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Testo

Il rapido evolversi dello sviluppo industriale finì per determinare anche forti contrasti tra gli Stati europei, in crescente concorrenza per la conquista e lo sfruttamento di mercato sempre più ampi. A tutto ciò si aggiunsero ben presto fattori ideologici legati al prestigio politico e militare. Inoltre il nazionalismo venne progressivamente trasformandosi in aggressivo espansionismo verso i paesi extraeuropei, a danno dei quali ogni Stato tendeva a crearsi un ampio “impero”. Di qui negli ultimi decenni dell’Ottocento il diffondersi dell’imperialismo, inteso come tendenza a espandere il possesso e il controllo economico e politico sulla maggior quantità possibile di territori. Tale penetrazione era sostenuta dall’illusione della superiorità politica, culturale e biologica della razza bianca e quindi della nazione colonizzatrice rispetto a qualsiasi altro gruppo, in particolare africano.
Il 15 novembre 1884 venne inaugurata a Berlino, con la partecipazione di tutti i maggiori Stati europei (Inghilterra, Francia, Russia, Germania) e degli Stati Uniti, un’apposita Conferenza internazionale per gli affari africani, nel corso della quale, attraverso animati dibattiti e intricati giochi diplomatici, le maggiori potenze riuscirono ad assicurarsi il diritto di spartizione del continente nero secondo il principio delle sfere d’influenza. Inoltre assegnava il territorio del Congo alla personale sovranità di Leopoldo II, re del Belgio, il quale dette luogo a una delle forme più brutali di dominio coloniale, per quanto riguardava lo sfruttamento delle risorse e le violenza sulla popolazione.
Ebbe inizio così una vero e propria corsa alle colonie da parte delle potenze europee, alle quali sul finire del secolo si affiancarono gli Stati Uniti, che si impadronirono di Cuba, Portorico e delle Filippine, spingendosi poi fino alle isole Samoa e Hawaii, sia il Giappone, che riuscì ad aprirsi la via della Cina settentrionale e della Corea. La Germania non era stata da meno, creandosi dal nulla un vasto dominino coloniale nel Togo, nel Camerun e in due ampie zone dell’Africa orientale e sud-occidentale. La parte del leone fu però sostenuta dall’Inghilterra e dalla Francia, che in un breve giro di anni seppero creare imperi sterminati in Asia, in Africa e in Oceania. Alla corsa alle colonie non si sottrasse nemmeno l’Italia, per quanto fosse necessario anzitutto migliorare le condizioni di vita degli Italiani stessi.
L’INGHILTERRA: Disraeli si dedicò all’espansione coloniale, con il deciso appoggio della regina Vittoria e di gran parte dell’opinione pubblica. Disraeli instaurò una politica estera aggressiva e finalizzata a consolidare il prestigio dell’Inghilterra nel mondo. Riportò una serie di successi, annettendo le isole Fiji, facendo proclamare la regina Vittoria imperatrice dell’India, intraprendendo guerre contro i Boeri (1899-1902 i boeri vengono scacciati da Johannesburg e mandati verso l’interno: D’Orange e Transvaal, terre poi scoperte ricche di diamanti) , gli Zulu e gli Afghani, acquistando dal viceré d’Egitto quasi la metà delle azioni del canale di Suez, per poi procedere nel 1882 alla sua occupazione e grazie a una convenzione stipulata con il governo turco il possesso di Cipro. Disraeli dette inizio a una politica di sostanziale autonomia delle colonie, pur legandola in una più ampia confederazione di Stati, uniti sotto la corona britannica (COMMONWEALTH).
FRANCIA: Insieme all’Inghilterra realizzò due spedizioni navali in Cina, conclusesi con importanti concessioni commerciali da parte di Pechino. Inoltre estese i possedimenti francesi nell’Oceano Pacifico (Nuova Caledonia), nell’Africa occidentale (Senegal) e in Estremo Oriente (Indocina). Tuttavia subì un grave scacco in Messico, dove nel 1861 intervenne militarmente insieme all’Inghilterra e alla Spagna con l’intento di rivendicare la restituzione dei consistenti prestiti concessi alla repubblica messicana. I francesi appoggiarono apertamente l’opposizione interna conservatrice e clericale, fermamente decisa a rovesciare il regime liberale del presidente Benito Juàrez. Napoleone III si proponeva di creare un “impero latino” in terra messicana. Quando nel 1862 Spagna e Inghilterra si accordarono con Juàrez sul pagamento dilazionato del debito, Napoleone III fece proclamare imperatore l’arciduca Massimiliano d’Asburgo. La situazione divenne però ben presto insostenibile per la Francia, sia per la crescente opposizione interna nei riguardi di Massimiliano, sia per l’aperta ostilità dell’opinione pubblica francese. Così Napoleone III ritirò il corpo di spedizione e Juàrez ebbe via libera per riconquistare il potere e battere lo sfortunato Massimiliano, fucilato a Queretaro nel 1867.
Il contrasto fra le due maggiori potenze coloniali, Inghilterra e Francia, assunse alla fine del 19° secolo proporzioni di una rilevante gravità. L’espansione verso l’interno delle due potenze procedeva secondo due linee direttrici diverse: quella nord-sud inglese, tendente a stabilire un collegamento tra l’Egitto e il Sud Africa; e quella ovest-est francese, mirante a unire le colonie atlantiche con quelle presenti in Africa orientale. Nel 1898 le due direttrici si intersecarono, allorché una colonna francese s’incontrò a FASCIODA con un reparto inglese, che risaliva verso il Sudan. Lo scontro armato però non avvenne perché il governo di Parigi impartì alle truppe l’ordine di abbandonare Fascioda. La Francia intendeva così evitare gli incalcolabili danni di una guerra coloniale.

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